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martedì 23 dicembre 2008







Riguardo al Natale ho sentimenti e sensazioni contrastanti. Da una parte è un festa ed un periodo dell’anno che amo molto, benché non sappia definire il motivo in modo logico.
Il più ovvio consiste nel fatto che il periodo in questione coincide di solito con quello che insieme alle ferie d’agosto, regala a mia moglie un po’ di tempo libero. Certo, ci sarà senz’altro chi ne ha di meno, ma poiché mi mujer è la sola che ho (di questo sono piuttosto contento e spero lo sia anche lei) penso soprattutto ai giorni che possiamo trascorrere senza stress di sveglie, piccoli Sioux da accompagnare e riprendere da scuola, asilo e palestra entro e non oltre una cert’ora, pasti “ingombrati” da preoccupazioni lavorative ecc.
Del resto, quando (come il sottoscritto) si lavora a singhiozzo ed in più si scrive, talvolta ci si può trovare su una lunghezza d’onda differente da quella della propria signora; il che difficilmente è un bene.
Comunque mi piace anche (sarà il lato infantile che sopravvive in qualcuno dei miei cassetti affettivi o mentali) sentire la musica degli zampognari. O forse, degli zampognari mi piacciono i calzettoni: Cagliari è una città umidissima perciò ai natalizi musicanti invidio i rustici ma confortanti calzettoni.
Vedo già il titolo su qualche Bollettino neo-esistenzialista della Sardegna: “Nostro collega adesca zampognari, li illude con fallaci promesse di facili guadagni come gruppo-spalla della sua rock-blues band (peraltro scioltasi 20 anni fa), li costringe a ripetuti festini a base di vino ed insalate di tonno in scatola e pomodori, poi ruba loro i calzettoni; molti dei quali, usati.”
Ma il periodo natalizio mi dà anche della malinconia: mi fa pensare più del solito oltre che a mio padre, anche al mio amico Maurizio, vero blood brother (fratello di sangue) che più o meno in questo periodo andò ad esplorare nuove prospettive di lotta e di vagabondaggio.
Penso a loro quando in Bobby Jean ed in No surrender Springsteen canta: "Ce ne andavamo camminando sotto la pioggia e parlavamo del dolore/ che nascondevamo al mondo."; penso davvero a loro quando lui dice: “I visi giovani si fanno tristi e vecchi/ ed i cuori di fuoco diventano freddi.”
Ma ora stop alle malinconie: sto per scendere dal bus, destination bibliotheque, obiettivo Le ore di Michael Cunningham: ne ho sentito parlare su un blog e voglio vedere se merita d’essere omaggiato dai miei occhietti angelici e benedicenti.
In ogni caso, tanti auguri a tutti e a tutte!
P.S: gli zampognari stanno scappando a migliaia…



sabato 20 dicembre 2008

La mia, personalissima, hit parade


Odio radermi e pettinarmi. Ma lo faccio, anche se mi rado… di rado. Comunque lo faccio più che altro per smentire certe ipotesi di recente formulate a “Superquark”: cioè che sarei 1) l’anello mancante nella linea evolutiva; 2) una via di mezzo tra un porcospino ed uno spaventapasseri. Solo per questo, mi infliggo il duplice tormento pettine-rasoio.
Odio anche l’umido, tranne quando si parla di anguille in umido (che mia nonna chiamava, mi pare, ziminu). Vedete, l’umido è molto peggio del freddo; puoi coprirti quanto vuoi, ma col cavolo che passa! Non passa neanche col formaggio. Ci vorrebbe del vino o dell’acquavite ma poi chi lo sente, il fegato?
L’alternativa che ho proposto a me stesso (ogni tanto mi chiedo consiglio) consiste nel bere cose molto calde e benché non sia astemio, non alcoliche e nel lavarmi con acqua bollente. Dopo che esce dal bagno il sottoscritto, ci vuole il faro antinebbia.
Spregio “Paperissima”: la trovo crudeluccia, con tutti quei bambini che si schiantano a terra.
Mi dispiace molto non vedere più on stage talenti veri come Alice: è, penso, la sola persona che nel cantare Prospettiva Nevski regga il confronto con Battiato.
Non sopporto le risate in studio né i comici che ridono durante le loro gags; Totò è stato il Socrate della comicità, ma forse non commetteva certe gaffes. Posso perdonare solo Proietti e talvolta, Benigni.
Non sopporto che mi si metta fretta: penso che per combinare qualcosa si debba ponderare con calma. Ma non sono a favore dell'ozio. Mai. Per limitarci alla questione-arte, ho conosciuto tanti che lavoravano ad un'infinità di racconti, romanzi, pièces teatrali ecc. e non hanno terminato niente di tutto questo. Avevano fretta. Così non si soffermavano sulle cose con calma e scavando finchè dovevano.
Mi fanno ridere i: palestrati; le gattine; quelli che parlano solo di calcio (ma non ci giocano mai); quelli che venerano i pc; quei medici ed avvocati e sono tanti a cui devi chiedere la traduzione.
Mi lasciano esterrefatto i librai che non sanno niente di libri.
Non sopporto chi va allo stadio per distruggere quello ed i tifosi avversari; quand’ero ragazzino, la partita era una festa, non un party tra serial killers.

martedì 16 dicembre 2008

Come Charlot col cagnolino


Per me lo scrivere è legato a qualcosa che precede la lettura e la scrittura; un fatto primordiale, se vogliamo. Chi mi conosce potrebbe (con un misto di malizia e di affetto) confermare questa affermazione e vedere nella mia passione per la scrittura un che di animale o di pre-umano.
Ohi, ora che ci penso qualcuno potrebbe dir questo (ma accantonando l’affetto) anche per altri lati della mia vita che non riguardano la scrittura. Meglio sorvolare...
Bene, già prima che diventassi ‘sto lupo mannaro che si nutre di carta & inchiostro, mi piaceva ascoltare. Chi ascolta sente e talvolta, capisce. E magari, di quello che sente, coglie degli aspetti che trova interessanti; a me interessavano anche cose che non capivo.
Vedete, da piccolo trascorrevo le vacanze con la famiglia a Carloforte, il paese di mio padre. Circa un’ora d’auto da Cagliari a Portoscuso, poi 40 minuti di traghetto e dall’isola de Sardynia eccoci su quella di S. Pietro: un’isola nell’isola e… liguroparlante. Nessun poliglotta, a casa mia, ma mi piaceva sentire: a Cagliari il sardo parlato dai miei nonni, dai miei genitori l’italiano ed a C’ forte il dialetto ligure.
Quando, con molta fatica iniziai ad intrufolarmi nei meandri del carlofortino (u tabarkin) notai che racchiudeva uno humor fracassone ed anche quando i c’ fortini parlavano italiano, venato di malinconia, quasi chapliniano.
Infatti una delle gags di mio padre e di sua sorella, zia Maria, era dire: “Come Charlot col cagnolino.” Sì, spesso per illustrare una situazione drammatica e paradossale concludevano con quel riferimento cinematografico. Il notaio aveva perso il portafogli al ristorante; no, gli era caduto nella buca dei musicisti, a teatro; macchè, le bretelle gli si erano impigliate nelle corde del contrabbasso; nooo, era inciampato tra le gambe della nonna del prete, che l’aveva preso ad ombrellate. Insomma: “Come Charlot col cagnolino.”
Io ascoltavo e senza saperlo, iniziavo a scrivere; poco importa che scriva perlopiù storie di fantasmi, viaggi nel tempo, sbronzette ed altre cosette + o meno autobiografiche. Conta lo spirito, il fatto che certo inconsciamente creavo storie che andavano in altra direzione ma seguendo quello spartito.
20 anni dopo, da militare, ebbi tra i compagni di guardie e zanzare Mario, un ragazzo + giovane di me e tabarkin. Anche lui citava Charlot ed il cagnolino! Mario ed il tipo che lavorava in cucina mi facevano ridere molto e soprattutto M. ideava delle gags (io “lo somigliavo” a B. Keaton); per es. si piazzava gli occhiali storti o di traverso, così faceva pensare a qualche scienziato pazzo di certi film di fs di serie b. Il cuoco, invece, talvolta capitava al centralino con una cravatta di cartone, da lui confezionata.
Una volta Mario mi parlò di C’ forte, che in inverno era molto triste e dei … suicidi che in esso avvenivano. Ma quando chiesi lumi su questo ad un’altra delle mie zie, lei stranegò. Anzi, quasi mi inseguì lanciandomi contro ombrelli, mattoni, mattarelli ecc. Insomma, come Charlot col cagnolino.

martedì 9 dicembre 2008

Papillon in versione pappagalli


Ecco che cosa mi è successo pochi giorni fa, mentre ultimavo uno dei capitoli del mio nuovo libro. Come i frequentatori del blog sapranno, o almeno avranno intuito, quando sono a casa le cose che faccio spesso sono: infastidire moglie e figli; scrivere. La mattina di una settimana fa ero solo; potevo soltanto scrivere.
E mentre le mie distorte ma spero anche musicali frasi finivano di depositarsi sul foglio (penna, cervello e caffettiera fumanti) ho visto che in balcone zampettava… uno dei nostri pappagalli!
Avrete letto o visto “Papillon”, il romanzo o il film; io vidi il film, con Dustin Hoffman e Steve Mc Queen. Avrò avuto 10 anni e magari ne avrò capito poco, ma a distanza di 36 anni ho ancora di quel film buone sensazioni; l’ho rivisto anche dopo, comunque… così come “Piccolo grande uomo.”
Non credo che il nostro pappagallo abbia mai visto “Papillon” ma anch’egli, come il suo protagonista… tentò la fuga. Io dovetti lasciare il caffeinico tepore della cucina, la mia penna, i fogli, la radio e correre in balcone a bloccare il gallopappa. Veloce consulto telefonico con my woman: codice rosso, stoppare el papp con un secchio.
Intanto, là fuori il sole scompare ed inizia a piovere, tirare vento ed io, come Gesù Bambino, al freddo ed al gelo; ma con minore bontà. Immaginavo già che dal palazzo di fronte si sarebbe affacciata la tipa del provveditorato, sapevo che la donna che io (tra me e me) chiamo “Signora Comma xy bis”, avrebbe sibilato: “Pro-fes-so-re! Ma che fa, alla sua età si mette a tormentare le bestiole? E 2 anni fa ha anche sbagliato un codice di una scuola su 30!”
Il giardiniere, piuttosto sarcastico: “Non lo chiami “professore”, signora: non ha una cattedra perché lui le brucia per via del freddo, quel rammollito!”
Il postino, estraendo la fionda d’ordinanza: “Lasci in pace quel povero pappagallo, è un collega dell’ufficio reclami… è un uomo che lavora anche se tecnicamente, non è un essere umano.”
Intanto, pioggia e vento aumentavano ed io, sempre più al freddo ed al gelo. Comunque tenevo il pennuto all’angolo, entrambi svolazzavamo di qua e di là, ma la sua fuga da Ucchedduraz rimaneva un sogno.
Poi arrivò la femme che dopo aver presentato al pappagaho un modulo prestampato, lo convinse a desistere. Tutto bene, quindi. Ma io vedevo e sentivo i condomini ridacchiare, dietro le tendine delle finestre. E la Signora Comma ecc., ero sicuro che stesse affilando la stilografica…


domenica 30 novembre 2008

Spazio ai Lettori - n° 7 del 2008


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Brani tratti da commenti particolarmente significativi o che si prestano ad ulteriori interventi da parte di coloro i quali vorranno interagire e approfondire i temi trattati. Un click sul titolo dell’articolo Vi condurrà ai testi integrali e Vi consentirà di inserire il Vostro pensiero.

Grazie a tutti Voi


mercoledì 26 novembre 2008
“Un caso pietoso”, di James Joyce

dailygodot ha detto...Colore testo
... Che il timore del binomio isolamento/morte fosse realmente la più grande paura di Joyce?

alessandro perrone ha detto...
A mio parere il sentimentalismo è un arma a doppio taglio, da un lato ottunde l'intelligenza delle persone, ma dall'altro le umanizza.Il sentimentalismo è quindi, materia pericolosa, è come il tritolo, può servire a scavare gallerie, ma anche a far saltare in aria le persone.

Elle ha detto...
Nessuno è in grado di amare veramente l'altro se prima non ama se stesso, un amore che non è autocompiacimento, bensì è spogliarsi da qualsiasi forma di egoismo o possesso in favore dell'altrui libertà.

tic ha detto...
…e vale la pena di imparare a leggere solo per poter leggere DUBLINERS...

kinnie51 ha detto...
… perchè il sentimento è l'unica cosa che dà il senso alla vita senza il quale essa non è che una lenta agonia in attesa del Nulla che ci attende.

lunedì 17 novembre 2008
Fine di pino

Miriam ha detto...
Non voglio apparire ottusa di fronte al problema che riguarda la pericolosità reale di alcuni alberi, ma almeno perchè non si richiede un sopraluogo con una perizia competente, prima di emettere la sentenza di morte per pino e i suoi parenti? Continuando così, finiremo per vivere dentro scatolette di cemento e i giardini condominiali saranno uno spettacolo per gli occhi di grandi e piccini: fiori, piante e alberi saranno di plastica o di qualche ultimo ritrovato all' avanguardia, almeno così non ci sono radici e rami pericolosi, non sporcano i pavimenti di foglie secche, non ci sarà bisogno di pagare il giardiniere e...ciliegina sulla torta: saranno tutte....piante perenni!

alessandro perrone ha detto...
… Certamente è chiaro che sia ormai necessario un nuovo modello di sviluppo, la fine del dissipamento delle risorse naturali e di un arresto al consumismo sfrenato a cui, malgrado la crisi, ancora stiamo assistendo. Nel concetto di decrescita, però, c'è a mio modo di vedere, una sostanziale mancanza di prospettiva, soprattutto riguardo il paradigma su cui dovrebbe basarsi la società futura…

domenica 9 novembre 2008
Riffs, donne ed uragani

alessandro perrone ha detto...
… non è male però, neanche la lettura di un altro "uragano" o meglio di una "femmina uragano" che il Banco del Mutuo Soccorso ha dato nel brano: "750.000 anni fa....l'amore?" dal album Darwin. Roba dell'altro secolo, ma ancora forte.

Elle ha detto...
… tra queste tue righe mi è subito venuta in mente un'altra chitarra "distorta il giusto", di quel distorto che è musica, che più musica non si può!Sto parlando di Jimi Hendrix e la sua Foxy Lady nella quale ritrovo le stesse note graffianti e gli stessi accordi ruvidi di Like a hurricane….

venerdì 31 ottobre 2008
“Una relazione per un’Accademia” di Kafka

dailygodot ha detto...
... come è paradossale il fatto che Raskolnikov si costituisca proprio quando l'ha fatta franca, è assurdo come K. vede e vive la burocrazia! Ancora più paradossale se si pensa, che in effetti sono molto realistici!

venerdì 24 ottobre 2008
Cose che ho sognato

Dolores ha detto...
.. E' più facile accettare i propri fallimenti sull'onda di un populismo 'alla rovescia'. E' più comodo cavalcarlo sull'onda di opinioni e pregiudizi piuttosto che usare il cervello per analizzare fatti in base alla realtà…

Nicola Andrucci ha detto...
… In Italia il revisionismo non è mai finito e ora vorrebbero fare passare che il fascismo non sia stato poi così male, i veri delinquenti sarebbero stati i Partigiani. Ecco, in un'Italia così io non voglio più svegliarmi!

euclide ha detto...
… Evidentemente hai sognato ad occhi aperti oppure non hai dormito affatto preso da incubi per aver letto il giornale e il testo di una nuova legge....

mercoledì 15 ottobre 2008
Guardare e camminare

l'altra effe ha detto...
.. Dici che il dolore si attacca e così facendo trattiene il tempo..Non ci avevo mai pensato. Però è vero, il dolore è la prova tangibile di qualcosa che è già accaduto e ci ha fatto male, mentre la gioia può essere anche desderio e attesa, dunque futuro..

Elle ha detto...
.. una giornata brutta pesa sul piatto della bilancia mille volte di più di una buona, una delusione rimane molto molto più a lungo rispetto ad un evento piacevole, l'eco di un'offesa risuona per molto tempo rispetto ad un complimento ricevuto…

Isabella ha detto...
… Nel nostro cammino l'importante è non perdere sè stessi. Sembrerò cinica, ma a volte anche essere coerenti nell'errore è sintomo di serietà ….

mercoledì 26 novembre 2008

“Un caso pietoso”, di James Joyce


Spesso sui giornali, alla radio, alla tv o su internet ci imbattiamo in un titolo come questo, che Joyce utilizzò per uno dei racconti di “Gente di Dublino.”
Il protagonista del racconto, James Duffy, è un uomo soddisfatto del suo lavoro e della sua vita… benché sia solo un cassiere di banca. Mangia e beve con moderazione, è un uomo di buone letture ed ogni tanto scrive qualcosa. Non è schiavo di particolari convinzioni o… convenzioni, passeggia in una solitudine priva sia di rimpianti sia di grandi sogni.
Una sera conosce una donna sposata, Mary Sinico e tra loro nasce una bella amicizia, fatta di confidenze, scambi di idee, passeggiate e che si mantiene su un piano platonico. Forse Mary idealizzava James, che infatti pensò che agli occhi di lei doveva “essere assurto a statura di angelo.” Ma un giorno in cui Mary gli concesse un gesto d’affetto, lui provò sorpresa e delusione, tanto da troncare con lei ogni rapporto.
Passano 4 anni, nel corso dei quali l’uomo continua a coltivare generiche velleità artistiche e filosofiche, sempre soddisfatto della sua routine. Ma una sera legge sul giornale della “Morte di una signora a Sydney Parade. Un caso pietoso.”
Si trattava di Mary, che nell’attraversare i binari era stata travolta da un treno. Da una testimonianza resa dalla figlia, risulta che negli ultimi tempi lei fosse ormai dedita all’alcol. James prova disgusto, così come prova disgusto al pensiero che “una volta aveva parlato con quella donna di cose che per lui erano sacre.” Arriva a considerarla uno di quei “rottami umani.”
Io trovo la freddezza di James, odiosa. Ma lui, assolutamente no: per lui è logica, segno di determinazione, di idee chiare, di totale rifiuto del sentimentalismo. Però ripercorrendo gli stessi viali in cui avevano passeggiato, comincia a provare disagio ed a percepire la presenza, quasi fisica, di Mary.
Improvvisamente il cuore di James è attraversato da una lacerante domanda, piena di rimorso; egli si chiede perché l’avesse “condannata a morte.” James è ormai consapevole del fatto che: “Un solo essere umano gli aveva mostrato un po’ d’amore e lui le aveva negato vita e felicità; l’aveva condannata all’ignominia, a una morte vergognosa.”
Ora James capisce come la mancanza d’amore, l’incapacità o la freddezza nel dare e nel riceverlo abbiano effetti devastanti sulla vita delle persone.
Lui sperimenta il Nulla, il buio che progressivamente invade e soffoca chi si sia sottratto all’amore… in nome di un feroce egoismo. Forse questa è un’anticipazione dell’Inferno: la totale lontananza dagli altri, fino a quando scompare perfino l’illusione delle presenza di una persona che una volta ci aveva amato.
Ora James: “Sentì d’essere solo.” E non si trattava più di una solitudine scelta, voluta; adesso quella solitudine era una condanna, fino alla sua morte. Fino al momento in cui nessuno si sarebbe ricordato di uno come lui. Mai più.

lunedì 17 novembre 2008

Fine di pino


2 o 3 settimane fa, i condomini del palazzo di fronte al “mio” hanno deciso di eliminare uno dei “loro” alberi. A me ed alla donna che incredibilmente mi sopporta, è dispiaciuto molto: l’albero era grande, bello e frondoso oltre ogni dire.
Non nego che i sunnominati condomini avessero le loro ragioni: per esempio, su quell’albero si davano convegno stormi & stormi di cornacchie.
E diciamo la verità, il canto di quelle bestiacce è piacevole quanto una ninnananna eseguita alla chitarra elettrica da uno scimpanzé. Perciò, niente da dire.
Ma in seguito all’abbattimento dell’albero ho sentito voci… discutibili: che per es. sull’albero i topi avessero costruito non solo dei nidi, ma degli autentici quartieri… con tanto di impianti di illuminazione, terme, centri commerciali, svincoli ferroviari, depositi merci ed assi mediani di scorrimento.
Fortunatamente, qualcuno si è premurato di smentire tali farneticazioni.
Si è così parlato, in modo senz’altro più realistico, di radici giganti che da quel palazzo raggiungevano l’anfiteatro romano, per (durante il tragitto) sollevare il castello di S. Michele e dondolarlo come uno jo-jo.
A me ed a mia moglie, che per i primi 6 anni di ménage abbiamo abitato in un quartiere pieno di officine, questo “realismo” non ha detto granché; quell’albero giustiziato ci ha tolto la sensazione di vivere in campagna.
Ora, quando scrivo (come sempre in cucina) dalla finestra vedo qualche chiesa, case non finite, il campo dietro al quale vado a correre, il cimitero, strade e scorci di montagne.
Un po’ mi sto abituando al nuovo panorama. Ma solo un po’… e non so se mi piacerà.
I gent.mi sig.ri condomini avranno avuto le loro ragioni, per assassinare quell’albero; non discuto.
Ma non sarebbe stato possibile venire incontro alle loro ragioni senza stroncare l’albero?
Chissà.

domenica 9 novembre 2008

Riffs, donne ed uragani


Ci sono dei rock che secondo me si segnalano per una particolarità: il riff. A me, ma forse anche ad altri alcuni pezzi continuano a rimanere in mente come un’ossessione proprio per quei pochi accordi (di solito, di chitarra) che “aprono” e riprendono il pezzo, in un certo senso cucendolo.
Anche per questo in me ci sarà sempre posto per “Layla” di Clapton, “Satisfaction” degli Stones, “Proud Mary” dei Creedence, “Adam raised a Cain” di Springsteen, “Johnny B. Goode” e “Roll over Beethoven” di Chuck Berry, “How I wish” di Keith Richards con gli X Pensive Winos… e poche altre.
Oggi voglio parlarvi di “Like a hurricane” di Neil Young.
Si tratta di un pezzo che comincia con una chitarra distorta ma distorta il giusto: il distorsore non è la via per la terra promessa. A quel punto, tanto varrebbe amplificare un trapano. Ma “Like a hurricane” si presenta con quei 2-3 accordi iniziali, certo distorti ma non esagerati.
Poi il brano lievita: come una tromba d’aria che giri su sé stessa fino ad attirare a sé tutto quel che trova, ma che poi si stacca sempre più da terra… volteggiando sul disastro… e contemplandolo con un crudele sorriso.
Le note sparate dalla chitarra di Young spazzano l’aria come brevi ma micidiali raffiche di mitra. Ascolto “Like a hurricane” e capisco che cosa intendeva Townshend quando diceva: “Il rock non ti fa dimenticare i tuoi problemi, ti fa ballare sulla tua tomba.”
Il protagonista pensa d’aver visto una donna “in a crowed hazy bar”, in un affollato bar fumoso; è colpito dai suoi “occhi bruni che volgono al fuoco”. Per lui, lei è ”come un uragano”; lui vuole amarla ma sente che sta per essere “blown away”, spazzato via.
Il pensiero corre a tanti bar e locali, fuori piove forte e tira vento, qualcuno è stanco, amaro e stracciato, aveva 20 anni e forse è invecchiato male o invano, ma le note della chitarra incalzano per ricordare quella (forse illusoria) sensazione di conforto che presto svaniva…
Lui vede lei come un uragano e percepisce la “calma” nei suoi occhi. C’è quel “momento” in cui lui pensa: “Hai toccato le mie labbra/ quel sentimento perfetto/ quando davvero il tempo scivola.”
Ma l’amore di “Like” svanisce ed alla fine il contatto si rivela falso o illusorio; lui continua a desiderarla ma sente che sta per essere spazzato via.
Lei è forse la donna-maga o la strega, femme fàtale, se vogliamo, che troviamo (come dice Elliott Murphy) da “Pretty woman” di Roy Orbison a “Fire” di Springsteen.
Ma di questo riparleremo.

venerdì 31 ottobre 2008

“Una relazione per un’Accademia” di Kafka


Leggere e ri-leggere “Una relazione per un’Accademia” di Kafka, quest’uomo che pare abbia tanto amato ed odiato Praga (Praha), la sua straordinaria città, è qualcosa che nel tempo non manca di appassionarmi.
Non a tutti piacciono Kafka e le sue opere: considerano noioso l’uomo e (bontà loro) noiosissime le altre.
Del resto, c’è chi la pensa così anche a proposito di Joyce e di Dostoevskij.
Naturalmente non si tratta d’Autori tra i più facili, perciò certe reazioni sono anche comprensibili.
Ma secondo me, rispetto a Joyce ed a Dostoevskij Kafka possiede una “giocosità” che gli altri due compari non hanno.
Certo, dobbiamo intenderci sul concetto di “giocosità”: una volta, in tv Lella Costa disse che mentre Franceschino Kafka leggeva agli amici “Il processo”… rideva a crepapelle! Frantzischeddu doveva avere uno strano senso dell’umorismo, dato che nel “Processo” non ho mai capito che cosa ci fosse da ridere.
Il che mi porta ad affrontare il classico tema: gli scrittori sono pazzi? Nel mio caso la risposta è semplice: modestamente, sì.
Penso tuttavia che si possa dire che molti scrittori siano pazzi, ma per scippare una battuta a Totò, non sono scemi.
Ora, nella “Relazione” mi diverte la bizzarra serietà con cui il protagonista racconta i suoi “trascorsi” scimmieschi. Io non mi sono mai sentito così… voglio dire, una scimmia? Sì, però la questione è troppo dolorosa e non voglio parlarne benché come vedete (o meglio, come leggete) l’abbia quasi fatto.
Comunque, nella “Relazione” mi piace il tono tra il divertito ed il distaccato del protagonista, l’uomo che ci introduce nella sua passata esistenza, quando osservava il mondo degli esseri umani.
Dico che tutto questo mi piace anche perché Kafka sa mantenere un certo equilibrio tra quei due “registri” ed in casi come questi, l’equilibrio è una delle cose più difficili. Infatti, si rischia spesso di oscillare tra la farsa ed il gelo.
Ed ora la finisco qua sebbene voglia continuare.

martedì 28 ottobre 2008

Annuncio ai naviganti


Come suggerisce il vecchio bluesman greco Eraclito, "panta rei" cioè tutto scorre; pare che questo si possa applicare anche ai computer, più o meno personal.
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lunedì 27 ottobre 2008

A proposito dei commenti


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venerdì 24 ottobre 2008

Cose che ho sognato


Stanotte ho sognato che se nelle fabbriche gli operai bruciavano vivi, era colpa della loro “distrazione.”
Ho sognato gente che moriva in banche che esplodevano, non c’erano colpevoli, ma i parenti delle vittime dovevano pagare le spese.
Ho sognato un Paese che bruciava i campi zingari e voleva prendere le impronte digitali ai bambini rom.
Ho sognato gente che scappava da Paesi devastati da guerre, miseria e carestie sorvegliata da guardie armate e trattata come bestie rognose.
In questo incubo si esaltava “l’eroismo” di mafiosi pluriomicidi.
Ho sognato milioni di persone sbavare dietro le curve delle veline e sui dribblings dei calciatori ma ringhiare non appena si accennava alla cultura ed alla giustizia.
Ho sognato ex-presidenti della Repubblica invitare alcune delle cariche più alte dello Stato a far massacrare studenti e “maestrine-ragazzine.”
Ho sognato che io e tanti e tante, dopo aver studiato una vita non trovavamo uno straccio di lavoro… o per trovarne uno, dovevamo strisciare.
Ho sognato che gli alleati dei nazisti erano paragonati a chi li combatteva.
Mi sono svegliato e… ho visto che era difficile capire la differenza tra quel che avevo sognato e la realtà.

mercoledì 15 ottobre 2008

Guardare e camminare


Guardo fuori da una finestra
e vedo una piccola nebbia crescere…
Il tempo passa,
come mi dicono tutti
con incredibile intelligenza…
il tempo passa e ferisce
dico io,
ma quel che è peggio,
il tempo passa per ferire
ed affezionatosi al tuo dolore, rimane.
Cammino per strade e tra persone
che mi hanno visto bambino
ed altre che fingono e fingono e fingono
di non avermi visto diventare uomo,
cammino odiando ora come sempre l’ingiustizia,
la superbia, la freddezza e l’ipocrisia.
Sono però una specie di profeta
che non crede alle sue stesse profezie.
Ascolto il suono delle mie risate
ma una cosa o meglio tre, so:
non fingo,
non ho mai imparato
e continuerò a guardare ed a camminare.

lunedì 6 ottobre 2008

Cani e cagliaritani


Una storia che sembra inventata.
Un po’ di tempo fa armai la mia borsa di libri e fogli ed andai a prendere il bus; non viaggio mai “disarmato”: in sostanza, leggo e scrivo sempre, anche sul pulman.
Mi stavo arrovellando da dieci minuti sull’inizio di un racconto, quando dopo poche fermate salì un tale… accompagnato da un cane. Ma non si trattava di un cane qualsiasi bensì di un ciclopico cane lupo.
Ora, non appena l’uomo ed il cane salirono a bordo, demmo tutti qualche segno di nervosismo: il cane poteva creare grossi problemi; comunque, su un mezzo pubblico non può salire neanche un barboncino.
Bene, l’autista disse al membro più “intelligente” della strana coppia: “Mi scusi, signore, ma è tassativamente proibito salire nonché sostare con un animale a bordo della vettura.”
Linguaggio, questo, piuttosto burocratico ma ne converrete, civile e sensato.
Replica dell’irregolare: “Oh, guardi che questa non è mica una bestia! E poi non è neanche un animale, come lo chiama lei.”
“Perché, lei come lo chiama?”
“Io lo chiamo cane.”
“Ma un cane è un animale, non le pare?”
“E questo cosa c’entra? Guardi che il cane ha fatto tutti i vaccini!”
“Va bene, però un cane come quello è pericoloso comunque. Può mordere.”
La replica è stata incredibile.
L’uomo si è avvicinato all’autista e col più strascicato degli accenti cagliaritani ha detto: “Oh, guardi che non la morde il cane. La mordo io!”

martedì 30 settembre 2008

Spazio ai Lettori - n° 6 del 2008

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Brani tratti da commenti particolarmente significativi o che si prestano ad ulteriori interventi da parte di coloro i quali vorranno interagire e approfondire i temi trattati. Un click sul titolo dell’articolo Vi condurrà ai testi integrali e Vi consentirà di inserire il Vostro pensiero.

Grazie a tutti Voi


lunedì 22 settembre 2008
John Lennon e Yoko Ono contro il bagismo (parte seconda)

daemonia ha detto...
…. se una persona ha ispirato un'altra a fare una cosa, vuol dire ke questa persona è veramente importante per l’altra. L'amore fa sempre grandi cose e coinvolge in ogni ambito.

Fac ha detto...
…. non ho mai digerito il fatto che John Lennon sia diventato un'icona su cui Yoko Ono si aggrappa di continuo…

Elle ha detto...
… "cherchez la femme"...forse è vero che accanto ad ogni grande uomo c'è una grande donna. Una coppia di artisti Yoko e John che formano quasi un'entità a sè stante, ovvero c'è l'uomo e artista John Lennon, c'è la donna e artista Yoko Ono e poi c'è una terza identità Yoko e John insieme, miscela esplosiva…

martedì 9 settembre 2008
Pericolose confusioni

Emma ha detto...
…non credo che gli ultimi saranno i primi e non prego.Credo che ci siano altri modi per avvedersi degli scempi fatti e di quelli che si compiono tutti i giorni.

Melania
ha detto...
…. Mantenere la memoria di ciò che è stato. Sempre.

Chiara ha detto...
… QUESTA Italia, di questo momento, non si rialzerà per molto tempo, perchè qui nessuno a voglia di pensare, ragionare, sacrificarsi.. Si ha solo voglia di trovare (creare!) un nemico e combatterlo, scaricando tutte le colpe su questo nemico, che assume diverse forme.. basta che sia "diverso".

Tic ha detto...
… cosa significa visione 'condivisa' della storia o, peggio, 'memoria condivisa'?

francesca ha detto...
… Credo che una delle cose più terrificanti sia il revisionismo storico.

mercoledì 27 agosto 2008
In diretta dal mio castello al mare

Isabella ha detto...
… se si va in un luogo con lo spirito di adattare se stessi a tutto ciò che lì si trova come modo d'essere e si abbandona la velleità di imporsi, credo che si possano scoprire ed imparare molte cose...

domenica 17 agosto 2008
John Lennon e Yoko Ono contro il bagismo (parte prima)

luciano ha detto...
Confesso che non ho ben capito cosa volesse dire Lennon con questo bagism. Forse che non dovremmo fossilizzarci in un solo interesse e in un'unica specializzazione?

lunedì 22 settembre 2008

John Lennon e Yoko Ono contro il bagismo (parte seconda)



John & Yoko parteciparono anche al Rock ‘n roll Circus Show dei Rolling Stones; con loro c’erano Eric Clapton alla chitarra, Keith Richards al basso e “qualche violinista pazzo.”
Ma come, il leader dei Beatles che partecipava ad una (sia pur prestigiosa) iniziativa degli Stones, ma tra i due gruppi non divampava odio eterno? Un altro “borsismo.”
Più o meno in quel periodo i coniugi Lennon suonarono a Londra con altri grandi musicisti (tra questi Billy Preston e Keith Moon, l’immenso batterista degli Who).
Circa il concerto in questione sappiamo che si trattava di un concerto per l’Unicef. Inoltre alcuni brani eseguiti da Lennon and company avevano qualcosa che poi, come dichiarò sia lui sia musicisti della generazione successiva, anticipava qualcosa del punk e della new-wave. Forse il tutto ispirò chi avrebbe poi fondato gruppi come B 52’s, Dead Kennedy’s…
Inoltre, John & Yoko composero brani in stile reggae come Sisters oh sisters quando a New York il reggae era ancora sconosciuto; peraltro, trovo che la stessa Give peace a chance richiami un po’ il tempo del reggae; collaborarono con Frank Zappa; in Mind games (1973) John suona anche la slide guitar; ancora, talvolta mr. Lennon fa con la chitarra elettrica cose un po’ d’avanguardia o comunque “acide” (forse non le sue migliori, d’accordo); nel marzo del ’75 collaborò a Fame di David Bowie.
Yoko, che molti considerano (secondo me del tutto a torto) “la strega”, scrisse il libro Grapefruit che come riconobbe Lennon, insieme al suo amore ed alla sua vicinanza lo ispirò moltissimo per la composizione di Imagine. Del resto, io penso che a sua volta la stessa Imagine possa aver ricevuto ispirazione dalla lettura (fatta dai Lennon o anche dalla sola Yoko) di alcuni passi del Tao- teh-ching di Lao Tzu.
Insomma, John & Yoko non hanno mai coltivato il bagismo.
Nello stesso tempo penso che ogni artista, sebbene debba cercare di ampliare i propri orizzonti mentali e culturali, debba essere consapevole (è anche una questione di realismo e di umiltà) di quale sia la sua principale, autentica dimensione. Al riguardo, Lennon dichiarò: “So bene d’essere un musicista di rock ‘n roll, se è questo che intendi.”

sabato 13 settembre 2008

I libri: dove, come trovarli e vivere felici


Decine, forse centinaia di migliaia di persone (per non dire due o tre fans) mi hanno chiesto dove beccare i miei libri , così ecco l'informazione richiestami. Ma prima di tutto, ditemi: siete dotati di becco? Ok.
Allora, per beccare i libri, ancora freschi (quasi macchiati) di stampa, vi rimando alla relativa pagina web curata dall'editore, in cui troverete l'elenco dei punti vendita:
Mi direte: ma non potevi dircelo subito, prima e direttamente? Certo che potevo: ma non sono mica un istruttore dei marines!
Comunque, i libri sono disponibili presso parecchie librerie: anche sulla penisola ed all'estero. Sì, non si trovano solo in Sardynia, questa terra circondata da un meraviglioso mare e piena di felici (felici?) disoccupati.
Tra l'altro, non molti sanno che in qualsiasi rispettabile libreria è possibile esercitare i diritti riservati ai 'consumatori' di libri e un serio libraio dovrebbe essere tenuto a ordinare il libro richiesto a fronte dei dati essenziali: titolo-autore-editore o anche del solo codice ISBN ovvero per i testi in questione:
Titolo :Dante avrebbe lasciato perdere
Autore :Riccardo Uccheddu
Editore:La Riflessione
ISBN :978-88-95164-56-4
Titolo :Lune a Scoppio
Autore :Riccardo Uccheddu
Editore:La Riflessione
ISBN : 978-88-62110-75-4
Titolo: Il gioioso tormento
Autore: Riccardo Uccheddu
Editore: La Riflessione
ISBN: 978-88-62112-58-1
Terminando con lo stress informativo, vi faccio sapere che i libri possono essere acquistati anche sul web:
direttamente sul sito dell'editore:
oppure presso alcuni dei maggiori siti dedicati alla vendita di libri on-line.Ecco alcuni indirizzi:
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Sito : http://www.webster.it/
pagina : Dante avrebbe lasciato perdere
pagina : Lune a Scoppio
pagina : Il gioioso tormento

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Sito : http://www.unilibro.com/
pagina : Dante avrebbe lasciato perdere
pagina : Lune a Scoppio
pagina : Il gioioso tormento

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Sito : http://www.internetbookshop.it/
pagina : Dante avrebbe lasciato perdere
pagina : lune a scoppio
pagina : Il gioioso tormento
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e altri prossimamente.
Le pagine di riferimento sui siti web sono spesso gestite in modo dinamico quindi se la pagina indicata non punta al libro in questione o risulta inesistente si può accedere alla home page del sito e utilizzare il campo 'ricerca libro'.

Forse i navigatori esperti ringhieranno come Gattuso leggendo le indicazioni per loro scontate ma spero che queste possano essere d'aiuto a quanti come me arrancano anche con la jurassic technology.

martedì 9 settembre 2008

Pericolose confusioni



Per il ministro La Russa “anche i militari della Rsi combatterono per la difesa della Patria.” Affermazione lontanissima dal vero.
Come ha infatti replicato l’Anpi Nazionale (associazione nazionale partigiani italiani) è una “verità storica inoppugnabile” il fatto che “c’è chi si è battuto per ridare libertà e dignità alla nazione, i partigiani, i 600mila militari deportati nei campi di concentramento nazisti e le truppe angloamericane.”
Vi fu poi chi si batté “per riaffermare un dominio assoluto e criminale, ricorrendo anche a stragi di civili innocenti e deportazioni, cui parteciparono attivamente i militari della repubblica di Salò già considerati dall’allora legittimo governo italiano collaborazionisti dei nazisti e quindi perseguibili penalmente.”
Il discrimine dunque sul piano storico-morale è nettissimo. Ed il fatto che i repubblichini ritenessero “soggettivamente”, come dice il ministro di combattere per la Patria non cambia nulla poiché “oggettivamente”, come dico io, combatterono coi nazisti contro chi voleva la democrazia. Il fascismo condivise sempre la politica di potenza scatenata da Hitler.
E già prima che l’Italia seguisse Hitler nella II guerra mondiale, il fascismo aveva manifestato tutta la violenza della sua natura: dalla marcia su Roma fino a schierarsi coi nazisti e con Franco (’36-’39) contro il legittimo governo spagnolo, causando 1 milione e mezzo di morti. Dall’attacco alla Libia alle guerre coloniali, con l’uso massiccio di gas, ricorso sistematico a torture, fucilazioni di civili, decapitazioni, stupri… Ci sarebbero i libri dello storico Del Boca.
I beni prodotti nella Rsi prendevano la strada della Germania, insieme ad impianti industriali e migliaia di italiani che deportati nel Reich per sostenere il suo sforzo bellico, là lavorarono come schiavi per morirvi in massa. Kesserling, comandante in capo delle forze armate tedesche di occupazione in Italia, in un’ordinanza dichiarò “il territorio dell’Italia a me sottoposto territorio di guerra” e subordinò a sé “le autorità e le organizzazioni civili italiane.” Furono poi affidate ad autorità tedesche le province di Udine, Gorizia, Trieste, Bolzano Trento e Belluno: tutte zone sottratte all’autorità di Salò che mancava quindi d’autonomia sul piano politico-amministrativo ed aveva ceduto al tedesco ampie zone di territorio italiano.
L’esercito Rsi fu quasi tutto assorbito dai nazisti e si trovò al comando di Kesserling; idem per gli altri uomini… che dipendevano dall’aviazione tedesca. Addestramento, armamento ed azioni armate erano anch’esse in quelle mani; Salò mancava d’autonomia anche sul piano militare.
Ma la Rsi gareggiò in ferocia col suo padrone: nacquero delle SS italiane di cui riporto il giuramento: “Davanti a Dio presto questo sacro giuramento: che nella lotta per la mia patria italiana contro i suoi nemici, sarò in maniera assoluta obbediente ad Adolf Hitler, supremo comandante dell’esercito tedesco, e quale soldato valoroso sarò pronto in ogni momento a dare la mia vita per questo giuramento.” Tremenda, la serie di violenze, torture e stupri commessa da costoro e dai repubblichini.
Così, come disse Don Milani: “Rispettiamo la sofferenza e la morte, ma davanti ai giovani che ci guardano non facciamo pericolose confusioni fra il bene e il male, fra la verità e l’errore, fra la morte di un aggressore e quella della sua vittima. Se volete diciamo: preghiamo per quegli infelici che, avvelenati senza loro colpa da una propaganda d’odio, si son sacrificati per il loro malinteso ideale di Patria calpestando senza avvedersene ogni altro nobile ideale umano.”

mercoledì 3 settembre 2008

I “Colloqui invisibili” di Carmen Salis



Protagoniste del romanzo “Colloqui invisibili” (Davide Zedda Editore) di C. Salis sono Silvia, sua figlia Bibi (Roberta) e la madre e nonna delle due, Anna.
Silvia è una tossicodipendente. Ma diversamente da tanti romanzi che parlano di “tossici” (termine che molti usano in senso dispregiativo) l’opera di Carmen non ruota attorno alla droga. E questa è la sua originalità e la sua forza.
Rispetto per es. a “Christiane F.: noi, i ragazzi dello zoo di Berlino”, “Colloqui” si situa altrove. Infatti, benché la vita di Silvia sia condizionata dalla dipendenza, la chiave scelta da Carmen non è “tossicologica” ma psicologica.
Silvia compare innanzi tutto come figlia da sempre in crisi con la madre e come donna che a sua volta sente inadeguata sé stessa, come madre ed appunto anche come donna.
Perciò, di fronte al suo disagio, il fatto che sia una tossicodipendente non è determinante. Lei poteva anche non incontrare mai la droga, ma questo non l’avrebbe aiutata a risolvere le sue difficoltà; gliele avrebbe al massimo rese più sopportabili.
Lo stile scarno del romanzo che spesso suggerisce, più che dire esplicitamente, rende al meglio questa difficoltà ad accettarsi sofferta dalle protagoniste.
La stessa Bibi, pur col candore dei suoi 9 anni, comincia ad intuire qualcosa del dolore di Silvia ed inizia ad interrogarsi sul senso delle liti tra sua madre e sua nonna. Anche lei inizia a soffrire e vede come spesso l’amore consoli ma non salvi.
Forse, Silvia ed Anna sono più vicine di quanto non sembri. Per procurarsi la dose, Silvia è costretta a prostituirsi; Anna si guadagna da vivere con lavori pesanti, anche umilianti: il “migliore” dei quali è quello di donna delle pulizie nelle case dei ricchi. In fondo, entrambe alienano sé stesse: Anna attraverso lo sfruttamento lavorativo, Silvia attraverso la dipendenza.
Ma tra loro non c’è mai un confronto franco, aperto: ci sono scontri, recriminazioni, invettive reciproche. Un dolore che però non esplode in modo che chiarisca le cose definitivamente, ma che anzi lascia strascichi di ulteriore dolore e rancore.
Eppure, il romanzo ha una sua poesia, è pervaso da una malinconia talvolta struggente per ciò che poteva essere e non è stato, per quelle parole e quei gesti che si volevano dire e fare… per tutto ciò per cui è mancato il “coraggio.”A modo loro, Anna e Silvia si vogliono bene; ma non amano sé stesse. Rimane però la loro volontà di capire ed i loro colloqui… invisibili ma pieni per così dire di urgenza e di bisogno d’amore. Rimangono il candore di Bibi e la sua paura, rimane il senso di liberazione di Silvia.

mercoledì 27 agosto 2008

In diretta dal mio castello al mare



Benché solo per il 46° consecutivo, neanche quest’anno ho potuto visitare la Costa Smeralda. Ma poiché posseggo un castello, da quello vi comunico le mie impressioni balneari.
Bene, si sa che in estate la Sardegna subisce delle irresistibili invasioni: dal mare e dal cielo; irresistibili perché pacifiche.
Negli ultimi 3mila anni abbiamo subito parecchie invasioni con contorno di guerre, sfruttamenti ed umiliazioni varie. Ecco perché il sardo tende ad essere diffidente verso il “kontinentale.” Ma di fronte a chi ci visita con canotto e secchielli e non con spade e fucili, tanto di cappello.
Purtroppo, spesso molti miei conterranei sono così gentili verso i non sardi da risultare quasi servili. Sì, quell’assurda mania di magnificare ed insistere su: bellezze del nostro mare, bontà di nostri vini, formaggi, arrosti ecc., quell’assillare con continui inviti a casa propria, quella maggiordomesca propensione ad offrirsi come guide marine e/o montane… Disgustoso!
Ma c’è anche il classico rovescio della medaglia: il sardo-cinghiale che non parla, grugnisce; is sardus (i sardi) che non sorridono, fanno ghigni da becchini. Il sardo che vorrebbe scaraventare in mare tottus is kontinentalis, socievole quanto un latitante.
Così, mentre dagli spalti del mio castello osservo la fauna balneare, arrivo alla conclusione che siamo esagerati in tutto, nella gentilezza come nella riservatezza; o sdolcinati come gli hawaiani di qualche film con Elvis Presley, o scontrosi come una congrega di vecchi eremiti.
Comunque, mentre l’estate sarda va mi piace molto “spiare” le varie parlate regionali. Vediamo… avevo sempre trovato aspro il suono del toscano ma ora (sarà che perché ho visto per il 2° anno consecutivo una coppia d’amici) lo trovo piuttosto armonioso, “c” aspirate comprese. Inoltre, l’ex-compagna (originaria di Lucca) del mio amico Carlo ha una musicalità vocale forse superiore a quella di altre parlate toscane.
Trovo ancora simpatico e rilassante l’emiliano che inoltre, a parte questo, mi pare stia prendendo qualcosa del lombardo.
Il veneto mi colpisce per toni che ricordano lo spagnolo e per la velocità… 200 parole al secondo, un vero record olimpico.
Per oggi è quasi tutto, qui, dal mio castello.
Alla prossima puntata, amigus.

mercoledì 20 agosto 2008

S.o.s.: neve su tutta la Sardegna!



Una decina di giorni fa il mio amico Lello Sanna, direttore della rivista letteraria “Prospettive di Nevskij” dissertava sul finale dei “Morti” (The Dead) di Joyce. Devoto, Lello diceva: “Pensa che finale struggente… Nevicava su tutta l'Irlanda, su tutti i vivi e su tutti i morti.
Osservai che era un finale tristissimo ma Lello si offese… forse anche da parte di Joyce.
Comunque, il giorno dopo squillò il mio cell.; era Lello che felicissimo, urlava: “Hai visto?! Hai visto?! Guarda fuori dalla finestra!”
Gli spiegai che non potevo poiché avevo dormito in cantina, ma che sarei sceso in strada a vedere che diav… e lui: “La neve! Ric, c’è la neve! La neve a Cagliari, come nel racconto di Joyce!”
Osservai che Kalaris non si trovava in Irlanda ma lui respinse (con una risata ululante) questo mio distinguo geografico.
Cercai di uscire dalla cantina ma non ci riuscii: la neve aveva bloccato la porta.
Chiamai mia moglie che con la consueta efficienza mi informò che a) da noi questa era la 1/a grande nevicata dal '56; b) avevo fatto bene a trascorrere la notte in cantina, purchè però avessi messo un po’ d’ordine “in quella jungla di libri, armoniche e palloni.”
Poi il cell. si è spento per sempre; ora io e la mia signora comunichiamo via mail.
Fa freddo, fa molto freddo. Del resto, chi ha mai visto la neve a Cagliari ed in estate? Ho freddo!
I soccorsi, le strade ecc., tutto bloccato; Nessuno può uscire di casa né andare al lavoro; porti, aeroporti e ferrovie: tutto chiuso.
In pochi giorni la temperatura è scesa di 30 gradi.
Dei coraggiosi, o per meglio dire, teppisti, hanno assaltato negozi e supermarket. Le autorità hanno proclamato il coprifuoco e la legge marziale.
In rete si continua a parlare della Sardegna come del regno del sole e del mare.
Le autorità, certo col lodevole proposito di non intristire l’opinione pubblica (è noto quanto siano amati sardi e non settentrionali in genere) sulla nostra sorte stendono un velo pietoso.
Inoltre, si vuole evitare l’imbarazzo di fornire spiegazioni su questo probabile inizio di glaciazione.
Ma io ho freddo, ho tanto freddo!
Vi prego, aiutatemi!
Salvatemi!

domenica 17 agosto 2008

John Lennon e Yoko Ono contro il bagismo (parte prima)



Negli anni ’70 John Lennon e Yoko Ono parlavano di bagism da bag, borsa; potremmo quindi tradurre questo termine con “borsismo.” Ma spieghiamo meglio il significato di bagism.
Come una volta dichiarò lo stesso Lennon, ognuno di noi vive in una bag: chi nella borsa del poeta, chi in quella del rocker, del pittore, dell’attore ecc. In tal modo si rinchiude in un suo, personale e non necessario ghetto.
Ora, non è mai necessario nessun tipo di ghetto, ma lo è ancora meno quello (“specialistico”) in cui si rinchiude un artista che quasi per definizione dovrebbe sottrarsi a qualsiasi limitazione, censura o autocensura.
John Lennon e Yoko Ono hanno rappresentato senz’altro questa tendenza “anti-bagista”: da non confondersi però col tabagismo, l’intossicazione (cronica?) da tabacco. Ah ah ah!
Ma come mi dicono spesso i miei figli: “Smettila di scherzare sempre, papà!” Ok, tigrotti…
Ora, per non allargare troppo il discorso, qui voglio evitare di trattare il tema del bagismo morale, culturale, religioso ecc.; voglio parlare solo di bagismo/antibagismo artistico, benché anche quest’ultimo possa avere delle implicazioni morali, culturali, religiose e naturalmente, eccetera.
Bene, nel 1969 sir Lennon e la signora Ono-Lennon misero insieme, letteralmente dalla sera alla mattina un gruppo che avrebbe dovuto suonare a Toronto, in Canada per un “rock ‘n roll revival”. Sarebbero state presenti anche vecchie e nuove glorie come Jerry Lee Lewis, detto the killer, Chuck Berry, i Doors e tanti altri.
Nel gruppo capitanato dai Lennon c’era gente come Eric “slowhand” (mano lenta) Clapton e Klaus Voorman, che prima di diventare bassista faceva l’illustratore di copertine di dischi, laggiù ad Amburgo. Lennon, la Ono e gli altri non avevano mai suonato tutti insieme; fecero le prove in aereo. Fu un successo.
Conclusero il loro concerto con un brano di Yoko, Don’t worry Kyoko e verso la fine del pezzo John disse alla band di puntare le chitarre verso gli amplificatori e “lasciarli stridere.” Niente “inchini alla Beatles”, insomma.

lunedì 11 agosto 2008

“Il labirinto del fauno”



Il film Il labirinto del fauno (2006) del regista messicano Guillermo Del Toro è ambientato in Spagna nel 1944, 5 anni dopo la vittoria di Franco nella guerra civile. Nel viaggio che porterà la ragazzina Ofelia insieme alla madre Carmen dal patrigno Vidal, appunto Ofelia ritrova un sasso che da lei ricollocato nella stele dedicata ad un fauno, la pone in comunicazione con un mondo magico.
Ma ecco il mondo di Ofelia: l’uomo col quale la madre (in attesa di un figlio) si è risposata è un ufficiale franchista. Vidal, che di… vitale ha ben poco, è indifferente alla difficile gravidanza della moglie; per lui conta solo che il parto si concluda con la nascita di un figlio… maschio. Il resto, sentenzia, è una “sciocchezza”; così accoglie tranquillo la morte della moglie poiché il maschio arriva. Egli uccide brutalmente dei semplici sospetti, tortura con gusto, dà sontuosi ricevimenti a cui partecipano i maggiorenti del paese, tuona contro l’idea di uguaglianza.
Durante uno di quei ricevimenti un sacerdote giustifica ogni atrocità commessa sui repubblicani dicendo che Dio ha “pensato alle loro anime”; la sorte dei loro corpi è irrilevante.
Il film è molto bello sia nel narrare la fase storica e reale, quella cioè della disperata resistenza degli ultimi repubblicani ai fascisti spagnoli, sia in quella fantastica che vede Ofelia impegnata in varie prove magiche, indicatele dal fauno. Fotografia e scenografia (infatti premiate con l’Oscar, insieme al trucco) ci presentano due mondi estremamente reali, la finzione cinematografica sembra ben poco “finta.”
Le stesse sembianze fisiche del fauno, figura poi positiva, sono inquietanti. E’ come se il mondo reale, col suo male ed il suo dolore influenzasse quello fantastico trasmettendo quindi ad una realtà a cui Ofelia (che ignora d’essere Moana, figlia del re del mondo sotterraneo, cui dovrà tornare) simile male e dolore. La luce del film, quasi fisica, è anche cupa: ricorda certe atmosfere di El Greco, suggestioni di Toledo…
Il film contiene vari ed incrociati riferimenti mitologici, religiosi e simbolici. Il nome Ofelia evoca il personaggio dell’Amleto; le fate appartengono al mondo delle fiabe ed a quello di tante culture e religioni antiche; il fauno sta a metà tra l’umano, l’animalesco ed il fantastico; Vidal è vitale nel negare la vita; ancora, Ofelia-Moana ricorda il mito greco di Demetra e Persefone, ecc.
Può sembrare un limite del film il fatto che il mondo reale e quello fantastico non si compenetrino e che talvolta sembri di seguire 2 film differenti; nel senso che il mondo fantastico sembra subire il male di quello reale, ma tra i due non c’è vera fusione.
Però Il labirinto ha i suoi punti di forza più nei singoli elementi che lo compongono che nel suo insieme; certo, spesso un’opera d’arte vive di quelli, poiché non è tenuta ad essere ben collegata attraverso parti e nessi che facciano capo ad una sorta di architettura o di progetto.

martedì 5 agosto 2008

Michelle Shocked, una donna per niente shockata



In realtà Michelle Shocked si chiama Karen Michelle Johnston. Il suo è 1 nome d’arte e deriva dall’espressione shell shocked, usata per i reduci che soffrono di sindrome da stress post-bellico. Ma io penso che quel nome contenga anche 1 riferimento autobiografico: all’età di 22 anni, la madre la fece internare in manicomio. Non conosco i motivi ma posso immaginarli… Michelle era una bella ragazza e taglio alla mohicana, piercing, amore per il rock ed altre “passioncelle”, politica inclusa, non dovevano accordarsi troppo con la morale dell’austera signora.
Comunque, tutta la vita della brava Michelle si identifica con quelli che possono sembrare gli stereotipi d’arte e rock: laceranti incomprensioni in famiglia, anticonformismo, grane con la polizia, amori distrutti, costruzioni di mondi e parole attraverso la fantasia… lei ha una laurea in letteratura… e viaggi. La signora ha girato gli USA, l’Europa, forse anche il Messico ecc.
In lei è notevole la capacità di padroneggiare vari stili musicali: un lp come Captain Swing fonde armoniosamente rock, blues, rockabilly, jazz, country ed appunto swing, il tutto reinterpretato secondo propri gusti ed esigenze. Michelle, per es., non ama il jazz + sperimentale e “colto”… stile Coltrane, Mingus, Davis ecc.; preferisce il Dixieland. Meno male: quando dicevo io cose del genere, passavo per 1 buzzurro! Ora sono 1 buzzurro in buona compagnia.
Talvolta le storie della Shocked sono autobiografiche, penso a Memories of East Texas: infatti benché lei sia nata a Dallas, che si trova nel nordest dello Stato, molti suoi ricordi (memories) sono legati al Texas orientale.
Memories, contenuta in Short sharp Shocked (precedente a Captain Swing) inizia rievocando le “rotolanti colline di verdi pini/ in primavera ricoperte di narcisi selvatici” ed è una sorta di elegia texana. Il Texas appare e scompare attraverso tanti luoghi cui Michelle accenna in modo pieno d’affetto ed anche di malinconia. Ma vi è anche della rabbia, come quando, riferendosi forse ad una certa ristrettezza mentale di alcune persone, dice: “Guardo indietro e chiedo a me stessa/ perché diavolo hai permesso che distruggessero il tuo spirito?/ Sai, le loro vite correvano in circoli così piccoli.”
Ma le storie cantate dalla Shocked partono dalla sua vita per poi prendere anche altre strade: molte sono romanzate. Del resto, lei ha sempre dichiarato il suo amore per la letteratura.
Nello stesso tempo, Michelle è un’artista che sa mantenere un certo equilibrio tra realtà ed invenzione: sotto questa luce inquadrerei la dichiarazione, che può aver irritato i fans di Dylan, secondo la quale non apprezzerebbe molto l’arte di quest’ultimo perché fa “troppe canzoni non sense.” In seguito lei ha spiegato chiaramente che con questo non intendeva certo denigrare Dylan. Del resto io, da fan di Dylan, devo riconoscere che spesso i versi dell’uomo di Duluth richiedono un arduo lavoro interpretativo.
Concludo ricordando una bella immagine usata da Michelle in If love was a train, contenuto in Short sharp Shocked: “Se l’amore fosse un treno mi butterei sui binari.”

mercoledì 30 luglio 2008

Spazio ai Lettori - n° 5 del 2008



Brani tratti da commenti particolarmente significativi o che si prestano ad ulteriori interventi da parte di coloro i quali vorranno interagire e approfondire i temi trattati. Un click sul titolo dell’articolo Vi condurrà ai testi integrali e Vi consentirà di inserire il Vostro pensiero.

Grazie a tutti Voi.

mercoledì 23 luglio 2008
Principi, principesse e streghe a New York

tania 01ha detto...
… l'ho visto questo film. abbastanza bello. mi piaceva molto che all'inizio le immagini fossero nei disegni 'classici' di disney…
Irish Coffee ha detto...
… non l'ho visto ma mi è stato consigliato generalmente preferisco la lettura al grande schermo leggendo la trama mi rendo conto che la visione sarebbe interessante…
burberry ha detto...
… Mi ero ripromessa di guardarlo, poi ci si sono messi di mezzo i miei figli e pure il marito, accusandomi di essere ridicola!

mercoledì 16 luglio 2008
La mia vita con l’inchiostro

emma ha detto...
… interessantissima questa tua panoramica sulla tua infanzia, la lingua come collante e come sfida…
l’altra effe ha detto...
,,, penso che le parole possano avere un potere creativo, non solo descrittivo. Magari il mondo che costruiscono è fantastico, ma chi può dire se sia più "vera" la realtà, e non invece la fantasia?
Isabella ha detto...
…Ogni ruga è un segno lasciato dal tempo, un ricordo, un'attimo di vita vissuto...è esperienza...
daemonia ha detto...
…. Bisogna dire che l'italiano ha tante "sottolingue", chiamiamole così, oppure chiamiamoli comunemente dialetti, e in se' stessa l'italiano è una lingua complicata…..

sabato 12 luglio 2008
Il ritorno di Tendy

jiri ha detto...

… Ma possiamo dire della simpatia quel che diceva Brecht della pazienza: finisce…
franco ha detto...
… E comunque, perchè dovremmo moderarci nella pazienza e nella simpatia? Io credo che ci siano già abbastanza ire e tristezze, a questo mondo...

sabato 5 luglio 2008
Intervista con Edoardo Pisano di “TCS” A “Target”

rip ha detto...
Tutto di autobiografico, niente di personale. Non ricordo chi l'ha detto, ma è un'ottima norma letteraria...

lunedì 23 giugno 2008
Dalla penna al mouse e viceversa. 10000 visitatori, baby!

Miriam ha detto...
Diventa quasi una sfida con sè stessi...superare gli ostacoli, i dubbi, le difficoltà...incontrare anche se virtualmente persone di ogni tipo, confrontarsi e perchè no, anche scontrarsi...

mercoledì 18 giugno 2008
Una prof sarda tra i terroristi

DZE ha detto...
E' un libro di clamoroso spessore. Capacità narrativa e conoscenza giornalistica avanzata fanno spesso intendere che l'autore non solo conosca molto bene i luoghi raccontati ma da l'idea che vi sia stato.

mercoledì 23 luglio 2008

Principi, principesse e streghe a New York


Da tempo un film non mi divertiva come il gustosissimo “Come d’incanto” del regista USA Kevin Lima.
Il film inizia come una favola: la classica strega/matrigna, piena di rabbia ed invidia per l’amore tra la bella Giselle e suo figlio, il principe Edward, concepisce un diabolico piano. Inoltre, la spregevole creatura sa anche che quando il “prence impalmerà” (concedetemi ordunque un tuffo nel delle favole linguaggio) la soave pulzella, costei diverrà regina e lei perderà il trono.
Si tratta anche di potere, dolci figlioli e dolcissime figliole.
All’inizio il film è un cartone; poi la matrigna, per liberarsi di Giselle la lancia in un pozzo che la condurrà in un “mondo senza lieto fine”: il nostro! Così, fine del cartone e welcome in New York, o realtà che dir si voglia.
La bella ed ingenua Giselle, una briosa e versatile Amy Adams, si aggira per N.Y. col suo linguaggio fiabesco, gli occhi sgranati, schivando ed incrociando vagabondi e scippatori, sempre col suo vaporoso ed esagerato abito da sposa bianco.
Da un lato abbiamo la Big Apple (N.Y.), la grande mela, formicolante di persone e situazioni, intrico di strade, vicoli e veicoli d’ogni tipo, dominata inoltre da fretta e competizione durissime; dall’altro abbiamo la futura regina, che spesso vediamo assumere un’aria perplessa, talvolta sgomenta.
Il contrasto tra New York, “mondo senza lieto fine” e la candida futura regina e promessa sposa è spassosissimo.
Ma Giselle non perde ottimismo e buonumore, certa che il suo Edward verrà a riprenderla per ricondurla “a casa.”
Lei ride, canta anzi gorgheggia quasi sempre e nell’appartamento dell’avvocato divorzista (interpretato da Patrick Dempsey) che suo malgrado è costretto “ad offrirle ricovero per la notte”, mette ordine … richiamando col suo canto ogni sorta di animali: dalle colombe alla blatte(!) che l’aiutano volentieri.
Per eliminare Giselle, la strega (una grande Susan Sarandon) sfodererà tutto l’armamentario del Male: dalle mele avvelenate (bel gioco, quello della città-mela ed i perfidi trucchi delle streghe) al trasformarsi in drago gigantesco e crudele.
Il film riserverà un lieto fine… non fiabesco ma non per questo meno favoloso.

mercoledì 16 luglio 2008

La mia vita con l’inchiostro



Da piccolo mi piaceva ascoltare la gente: mi piaceva sentire che cosa diceva ed anche come (mi piace tuttora).
Per es., tra loro i miei nonni materni parlavano sardo ma con me e coi miei utilizzavano l’italiano; un italiano direi senz’altro dignitoso e per quanto riguarda quello parlato da mio nonno Lazzaro, reso curioso da espressioni burocratiche ed amministrative che assorbì durante il servizio in polizia.
C’era poi il dialetto cagliaritano che a scuola ed in strada sentivo musicato ma talvolta abbaiato dai miei compagni, insieme a numerose varianti di sardo e di “italo-sardo.” Comunque, una volta, in 3/a elementare io ed un compagnetto siciliano confrontammo espressioni sarde ed appunto siciliane.
Da mio zio Romano, serissimo gesuita, sentii per la prima volta i misteriosi suoni del latino e del greco.
A Carloforte, il paese di pà, le mie avide orecchiuzze (che per il loro implacabile captare, la maestra di 4/a elementare definì “radar”) incontrarono un dialetto ligure. I carlofortini discendono infatti da antichi coloni appunto liguri che della terra di Colombo (il navigatore, non il detective) hanno conservato gelosamente dialetto e tradizioni. Carloforte, detto u paize, il paese, è forse l’unica comunità liguroparlante in Sardegna.
Ci sarebbe anche Calasetta, ma pare che il dialetto calasettano sia considerato un carlofortino (o meglio un tabarkin) corrotto o contaminato.
Ma in illo tempore non riflettevo molto sulla contaminazione, da intendersi come composizione di un’opera letteraria (in questo caso leggi: un dialetto) ottenuta fondendo elementi di varia provenienza. Infatti, prima dei 15-16 anni ero impegnatissimo a lanciare ed a schivare pietre; dopo quell’età, ero indaffaratissimo a combattere col concetto di contaminatio di Ennio.
Alle medie iniziai a studiare il francese poi per conto mio e sui testi di Dylan, l’inglese. Al ginnasio, misteri dolorosi mai gaudiosi col latino e col greco.
All’università progettai di imparare il tedesco (deutsch) ma “sprogettai” presto; però non ho perso la speranza: perché dovrei? Che cosa sono, l’ultimo degli ultimissimi?
Insomma, penso che uno scrittore, termine questo che per la 1/a volta voglio scrivere senza virgolette autoironiche, debba vivere ma anche ascoltare le parole della gente. Infatti, il mio romanzo Lune a scoppio ed i racconti de Dante avrebbe lasciato perdere sono pieni di lingue (e dialetti) che magari non so parlare davvero, ma attraverso esse vivono le persone che ho incontrato ed a cui ho voluto bene.

sabato 12 luglio 2008

Il ritorno di Tendy


Chi (a rischio della sua salute mentale) frequenti questo blog, circa 40 giorni fa avrà letto che Tendy, l’amato tendine del mio anulare sinistro si è infortunato ed è stato debitamente steccato.
La notte sentivo il povero Tendy ululare alla luna: “Liberami! Liberami, o dolce essere che con la tua lussureggiante scrittura strappi le ragnatele che da secoli soffocano le lettere sardo-cagliaritane… e financo quelle italiche! Liberami, generoso e fantasioso essere!”
(Tendy è sempre stato un po’ emotivo e scivola spesso in una retorica ottocentesca).
Io: “Ma Tendy, figliolo, perché ululi alla luna se poi ti rivolgi a me? E poi non posso liberarti: decide il medico, lo sai.”
Insomma, cercavo di farlo ragionare; ma era inutile.
Però 2 giorni fa Tendy è stato liberato. Osanna! Alleluia! Accendete ceri e soprattutto, non scatenate incendi.
Magari, l’infermiera mi ha lasciato un po’ perplesso: con le sue forbici ha “sbandato” 2-3 volte… e Tendy: “Attenta, drolla leggia!” (brutta imbranata).
Lei: “Scuuusi, si-gnoreee?!”
Io: “Niente, è solo che mio figlio è un po’ nervoso.”
“Suo fi-glio-oo?!”
“Sì, Tendy. Sa, è in corridoio e sta facendo un chiasso…”
L’infermiera ha scosso la testa poi ha liberato Tendy commentando: “Sembra un wurstel di suino.”
Avrei voluto far notare alla prestigiosa paramedica che esistono anche i wurstel di pollo e tacchino; inoltre avrei potuto interrogarla sulle sue competenze quanto a wurstel(n) di suini, veri e propri suini nonché circa salami, salsicce e salsicciotti vari.
Ma così il discorso avrebbe assunto una implicatio sexualis che forse era estranea al “discorso” della signora; signora che del resto, continuava a brandire quelle inquietanti forbici.
Bene, io e Tendy abbiamo salutato medico ed infermiera e nel raggiungere la fermata del bus, abbiamo ululato… al sole. Liberi, anche se tra 15 giorni avremo una nuova visita di controllo. Comunque bentornato a casa, vecchio mio; mi sei mancato.

sabato 5 luglio 2008

Intervista con Edoardo Pisano di “TCS” A “Target”



A fine maggio Edoardo Pisano, della tv “TCS” mi ha intervistato nell’ambito della trasmissione “Target”, spesso dedicata a temi culturali e letterari.
Era solo la mia 2/a volta (davanti ad un microfono e ad una telecamera) ma mi pare che grazie alla gentilezza ed alla professionalità di Edoardo e dello staff di “TCS”, le cose siano andate bene.
Edoardo, infatti, mi ha dato il giusto spazio, supportando e… sopportando il mio delirio letterario.
Scherzi a parte, Ed mi ha concesso l’opportunità di illustrare i temi di “Lune a scoppio”, un romanzo pieno di salti di spazio e di tempo, che mescola (umoristicamente) lingue e dialetti, talvolta inesistenti, un romanzo “abitato” da animali parlanti, che presenta incontri e scambi epistolari tra il Diavolo ed il protagonista ecc.
Di tutto questo avrei forse dovuto parlare in dettaglio ma l’ho fatto solo in generale: dir troppo poteva privare il romanzo del suo mistero… scoppiettante.
Una sola, umile preghiera: poiché qui, grazie a L “lupo di mouse” F potete seguire l’intervista, vi supplico di 1) ignorare il mio infernale accento cagliaritano; 2) sostituire al mio frankensteiniano viso quello di Robert Redford, Paul Newman, Raul Bova, Tom Cruise, Paul Mc Cartney (giovane) e così via.
Insomma, concentratevi solo sull’intervista.
Ma chi non seguirà i 2 punti della mia preghiera dimostrerà non solo di provare interesse per la letteratura, ma anche per il genere horror. Naturalmente, in questo caso avrà sempre la mia stima e simpatia eterne.
Ed ora, buona intervista!



Per selezionare i video sulla televisione ufficiale di
"La Riflessione-Davide Zedda Editore"

Intervista TCS Target
Menù/Browse on Demand/Scegli../Spot produzioni esterne/Target Uccheddu(7min)

Presentazione 'Lune a scoppio'
Menù/Browse on Demand/Scegli../Presentazioni/Riccardo Uccheddu(31min)

Intervista al volo
Menù/Browse on Demand/Scegli../Interviste/Riccardo Uccheddu(1min)


lunedì 30 giugno 2008

Spazio ai Lettori - n° 4 del 2008


Brani tratti da commenti particolarmente significativi o che si prestano ad ulteriori interventi da parte di coloro i quali vorranno interagire e approfondire i temi trattati. Un click sul titolo dell’articolo Vi condurrà ai testi integrali e Vi consentirà di inserire il Vostro pensiero.


Grazie a tutti Voi.

venerdì 13 giugno 2008
Quando finiva la scuola

Anonimo ha detto...
... Si può stare in una stanza ....si può stare in una spiaggia ..si può stare in un prato ma se nn si libera la fantasia e si sogna la vita diventa troppo brutta. Per esempio davanti a tante tragiche circostanze della vita se non sogni finisce che cadi in un baratro e non ne esci più….

Melania ha detto...
.... La fine delle scuole significava "mare", giochi, scherzi, gavettoni, nuove simpatie o “amori”.
Vedendo l'esperienza di mie figlie trovo notevoli differenze. Sentono molto meno la fine delle scuole e l'inizio delle vacanze. Non so bene il motivo ma è così. Hanno di più e si divertono di meno.

BrokingToKnow ha detto...
... Or dunque quando avete incontrato persone di cultura le avete definite tali quantisticamente in base a quanto 'sapevano' o gli avete radiografato l'animo per valutarne l'accrescimento in funzione del loro sapere?. Il nozionismo è stupido ma può essere utile. La cultura può essere limitativa, pericolosa, manipolatoria e creare divisioni se priva di saggezza. Ma per essere saggi occorre essere colti?...

Lucignolo ha detto...
... Non so radiografare le persone anche se a volte sarebbe utile riuscire a vedere in profondità come sono realmente...sarebbe tutto più semplice anche se francamente un po' monotono...

Paola R. ha detto...
... La lingua italiana è spesso affascinante in quanto ridondante di sinonimi ma in molti casi è limitativa in quanto ridondante di significati per singoli lemmi e l'etimologia aiuta molto ma può anche lasciar perplessi...

Michele S. ha detto...
….. intellettuali e opinionisti commettono due violazioni concettuali simmetriche e analoghe: da un lato gli uni si chiamano sempre “fuori”, gli altri sono già da sempre acriticamente “dentro”…

Fosco T. ha detto...
… Conosciamo il significato umanistico di cultura ma è innegabile che il termine 'colto' viene ormai utilizzato genericamente per definire 'persona dotta' e questo spoglia il termine proprio del suo valore umanistico che restringerebbe di gran lunga la cerchia delle persone 'Umanisticamente colte'…

martedì 25 settembre 2007

Nicola Menicacci ha detto...
... Tralasciare il Dylan ebreo significa sostanzialmente ignorare Dylan. Dylan non avrebbe potuto essere ciò che è se non fosse cresciuto all'ombra di quella cultura. Sarebbe qualcosa di diverso. E basta."Blood on the Tracks" è per tanti aspetti il capolavoro assoluto di Dylan. A mio avviso lo sarebbe stato ancora di più se alcuni brani, fra i quali la stessa "Tangled Up in Blue", non fossero stati ri-registrati a Minneapolis.Ma sono gusti.


rudy m.leonelli ha detto...
... E, a proposito di giovani: di Gramsci mi colpisce anche il fatto che, con la sua intelligenza versatile ed il suo sensibile interesse per "gli uomini viventi", abbia scritto, oltre a importanti lavori teorici, favole per bambini. Una materia che ha interessato altre grandi figure "anomale" come Oscar Wilde o Walter Benjamin...

giovedì 26 giugno 2008

Davvero un bel colpo dei Rolling Stones


In “A bigger bang” dei R. Stones troviamo dell’ottimo rock: rock in perfetto stile Stones, hermanos y hermanas. Perché, miei cari fratelli e care sorelle in Chuck Berry, in “Bigger” ritroviamo molto dello spirito e della lettera dei Rolling di “Exile on main street”. Di che cosa parla, il vostro scribacchino preferito? E’ presto detto.
Le chitarre. O meglio, la chitarra: quella di Keith Richards; la sua e quella di Ron Wood. Il riff aggressivo, sfrontato, martellante e che martella un ritmo che si pianta nel cervello, tanto da dire ai piedi: ballate, razza di delinquenti!
Come dice Springsteen in Jungleland, i ragazzi infiammano le chitarre like switch-blades, come coltelli a serramanico. Ascoltate solo i primi 2 brani di “Bigger””, Rough justice e Let me down slow poi ditemi se vi è rimasto un cm di pelle!
Il riff di quei pezzi, ma anche quello di Oh not you again è veloce ma preciso, duro ma non chiassoso; insomma, perfetto. Il basso di Darryl Jones non è 1 basso bum-bum ma un bel basso…
La batteria di Charlie Watts è puntuale e rocciosa come sempre: ascoltatela non solo nei rock del disco ma anche nella ballata-blues di Laugh in early died. Se uno ha suonato, magari solo a livello amatoriale (come ho fatto io) sa quanto sia importante un batterista che ti copra le spalle.
Paludi, ansie e sofferenza del blues strisciano fuori come un’anima dannata o come uno zombie in Back of my hand, quasi un omaggio a Muddy Waters. In Back la voce e l’armonica di Jagger sono taglienti ed espressive quanto quelle del maestro; molto buona la sua armonica anche in Infamy.
Del resto, in tutto “Bigger” appunto la voce di Jagger è forte, sicura ed essenziale: evita sia inutili ammiccamenti che urla sguaiate. E’ una voce che canta il rock, non fa spettacolo; ma se è uno spettacolo, lo è come la tragedia greca. Poi, il gran “lento“ Streets of love parla di tears, le lacrime di cui sono piene appunto le strade dell’amore, però senza sdolcinature.
Nel disco abbiamo anche un brano contro la guerra in Iraq, Sweet neocon e due prove alla voce di Richards, This place is empty e la già citata Infamy. La sua voce da crooner (cantante confidenziale) è calda e sincera. Sia in This place che in Back of my hand Jagger suona la slide guitar, in modo direi apprezzabile.
Rain fall down, pezzo funky, ricorda un po’ l’Harlem shuffle di Dirty works; sarà che a me il genere non piace molto, ma penso che Rain non sia il momento migliore del disco.
A parte questo, per me “A bigger bang” è uno dei migliori dischi degli ultimi 10 anni e vi conviene, ascoltarlo. Questa è un’offerta che non si può rifiutare…

lunedì 23 giugno 2008

Dalla penna al mouse e viceversa. 10000 visitatori, baby!



Quando circa 1 anno fa LF, con le sue doti simpaticamente telepatiche mi propose un blog, accettai con entusiasmo; è la storia della mia vita, quella. Voglio dire, entusiasmarmi per cose che desidero ma che non capisco.
Come i miei lettori sapranno, non sono una persona molto razionale. Non so perché sia così ma so che lo è. Molti penseranno che potrei fare la fortuna di folle intere di psichiatri ed anche di qualche esorcista. Nessun problema. Ma ho notato che talvolta (non so quanto certe fossero reali e sane provocazioni) ho ricevuto dei commenti che prescindevano dalla dimensione umoristica o almeno problematica e paradossale di certi post. Però il mondo è bello perché vario perciò o-k-a-y.
10mila visitatori sono tanti, in un annetto: quantomeno, se pensiamo che a volte ho trattato (in modo anche tecnico) argomenti filosofici e letterari; la pancetta, non intendo la mia bensì quella che cerchiamo in salumeria è certo più… appetibile. Eppure, neanche questo ha scoraggiato visitatori e commentatori.
Dalle statistiche avrei potuto vedere lo share dei post; l’ho fatto, cercando però di scordarlo subito: non volevo allora né ora capire che cosa potesse piacere… non intendevo né intendo mettermi a scrivere seguendo uno schema, quindi con la stessa spontaneità di un martello pneumatico.
Tuttavia, sinora nel blog pur non limitando la follia, ho evitato di dilungarmi su temi di cui mi occupo come “scrittore” o comunque come persona avente le sue “fissazioni”: non ho mai scritto post al 100% su Lennon, J.L.Hooker, “Solaris”, sia il romanzo di Lem che il film di Tarkovskij, la complessa e travagliata figura di Walter Benjamin, Springsteen, Socrate, il XII sec., John Fante, Luigi Santucci, Keith Richards, il calcio, Dostoevskij, Joyce, Flann O’ Brien, l’”Amadeus” di Forman, il “Dracula” di Coppola ecc.
Nei post accenno spesso a quei temi ma se mi ci dedicassi in modo sistematico, non scriverei più di nient’altro. Mi ci (dedicherò), sperando d’evitare quel pericolo, più avanti.
Il blog riceve più visite da Milano che da Cagliari; Milàn l’è un gran Milàn. Ma ho una spiegazione: kalaritani e kalaritanae sono troppo impegnati con bottiglie e coltelli; ogni tanto lasciateli stare, i coltelli e passate al mouse. Molte visite anche dalla capitale: Roma continua così a meritare l’appellativo di caput mundi. Frequenti visite anche da tante altre città della penisola: consentitemi di citare almeno Napule, Napoli; i miei bisnonni paterni erano campani e poi, che Italia (e che arte) sarebbe, senza Napoli?
Paesi esteri… primeggiano gli USA: che sia Little Steven, il calabrese di Boston, quello che si collega di più? Presenti anche G.B., Deutschland (Germania) poi India, Brasile, Francia, Israele, Romania, Marocco, Russia… troppo buoni, davvero.
Però neanch’io devo essere un vecchio rottame, penna e mouse alla mano, vero?
Comunque, grazie, thank you, danke schoen, merci, gracias, qoaqiba (spassiba)!
Dulcis in fundo, grazie anche a Silvana, mia moglie, la donna che eroicamente mi sopporta…

mercoledì 18 giugno 2008

Una prof sarda tra i terroristi



Il romanzo di Pietro Picciau “La recluta di Aden”, Davide Zedda Editore, rientra certo nel genere della spy-story; eppure, l’approccio dell’A. a tale genere è particolare. La “Recluta” ha due protagonisti principali: Bartolomeo Marreri, detto Bart e Sonia Frau, ricercatrice di storia medievale presso l’università di Cagliari.
Inizialmente pare che la Frau sia stata sequestrata ed arruolata da terroristi palestinesi. La simpatia (sul piano storico ed intellettuale) dimostrata dalla prof per la causa palestinese, rinforza nel lettore tale convinzione.
Marreri è un agente segreto… sovrappeso; non guida fuoriserie; alla guida, bloccato nel traffico “turistico” che ogni estate intasa le strade della Sardegna, suda ed impreca come chiunque; ha chiuso con la moglie e deve combattere con la figlia teenager; non ha mai storie di sesso facile nè gioca d’azzardo… E’ lontanissimo da James Bond o dall’eroe di “Mission impossible”. Ma è freddo, efficiente e quando serve, durissimo.
Forzando un po’ la lingua sarda, potremmo rendere Marreri con “zappatore” (dal verbo “marrai”, zappare); del resto, chi zappa scava ed un agente segreto, con la sua attività investigativa, cerca d’andare al fondo di cose che l’opinione pubblica non conosce. Bè, nomen est omen, il nome è un destino. Comunque, a Marreri i superiori affidano il compito di ritrovare Sonia, che a quel punto potrebbe esser già morta o diventata una terrorista.
Altro pregio del libro, oltre a quello d’allontanarsi dal “topos” del perfetto 007, è dato dal non indulgere l’A. sulla bellezza della Frau. All’inizio della "Recluta” Picciau parla di “un’espressione che le illuminò gli occhi verdi e profondi” (p.12); trovo questo veloce cenno perfetto, nella sua immediatezza. Poi l’A. passa ad altro.
Penso che nella rappresentazione del dramma israelo-palestinese il linguaggio de “La recluta” sia volutamente secco, essenziale. Il libro, che come ha detto il da tanti anni critico cinematografico del quotidiano “L’Unione Sarda” Sergio Naitza (e collega dell’A.) ha tempi filmici. Inoltre, nella "Recluta” la violenza compare senza inutili compiacimenti. Allo stesso attentato che nelle intenzioni dei terroristi dovrebbe colpire i leaders di Usa, Russia e Gran Bretagna, sì da “far esplodere il Medio Oriente”, sono riservati solo i cenni tecnico-militari di base.
Nel romanzo troviamo anche qualche momento quasi comico… nel corso di una attacco sferrato da vari Paesi ad una base di terroristi, un parà americano “fece un po’ di chiasso: infilò il piede destro e il recipiente andò a sbattere contro la portiera di un’auto parcheggiata a meno di un metro” (pp.210-211). L’episodio mi ha ricordato certi film western di Sergio Leone, nei quali la violenza si mescola a fatti ed inconvenienti spesso esilaranti.
Tuttavia, nel romanzo non mancano raids israeliani, attentati kamikaze, sparatorie, demolizione di case palestinesi… Così il quadro dipinto dall’A. è senz’altro tragico, ma fa parte di un bel romanzo… di cui non voglio anticipare altro, per non rovinare a nessuno la lettura.


domenica 15 giugno 2008

Spazio ai Lettori - n° 3 del 2008




Brani tratti da commenti particolarmente significativi o che si prestano ad ulteriori interventi da parte di coloro i quali vorranno interagire e approfondire i temi trattati. Un click sul titolo dell’articolo Vi condurrà ai testi integrali e Vi consentirà di inserire il Vostro pensiero.

Grazie a tutti Voi.

venerdì 13 giugno 2008
Quando finiva la scuola

Miriam ha detto...
"Ai miei tempi"....si sognava moltissimo, io mi sono salvata anche grazie ai sogni, chissà se oggi i nuovi scolari sognano ancora! Ma penso di si, i sogni rendono la vita più dolce, o no?

Lucignolo ha detto...
Non sempre la cultura eleva le persone, alle volte le limita e le chiude in preconcetti e le rende un po' dinosauri!

sabato 7 giugno 2008
Torna a casa, Tendy!

Melania ha detto...
A volte anche dalle cose meno piacevoli, come appunto il tuo spiacevole incidente, si riesce a trarre qualcosa di positivo.

mercoledì 4 giugno 2008
Sulle “Lettere dal carcere” di Gramsci

davide zedda ha detto...
… le lettere sono molto belle perchè fortemente sofferte e non hanno permesso a Gramsci di nascondere il proprio sentimento dietro le pesanti e difficili parole della politica e della filosofia politica del tempo.

sabato 31 maggio 2008
Islamic rap?

bakunin1269 ha detto...
Certo che molti, seduti nelle loro poltrone Italiane, non hanno una esatta percezione di come si vive, per esempio in Marocco. La cura migliore per guarire dall'equazione Islam = terrorismo = donne segregate, è farsi un viaggetto in Marocco, piuttosto che in Iran, o in Malaysia.

Maviserra ha detto...
.. è sicuramente anche attraverso la musica, la letteratura, l'arte che si può entrare in contatto con l'altro in modo più diretto, sono linguaggi universali che ci accomunano, un po' come parlare la stessa lingua.

lunedì 28 aprile 2008
Un Dylan che fantasmeggia in blues

Gianni Zanata ha detto...
… ciò che è inusuale è commentare un videoclip di Bob Dylan, tradizionalmente restio a farsi promozione in tv. Credo che – clip a parte – l’unica volta che Dylan è apparso sui teleschermi con l’intenzione di pubblicizzare l’uscita di un album sia stato nel 1984, al Letterman Show. Era appena uscito “Infidels” e lui si presentò davanti a milioni di americani facendosi accompagnare dai Plugz, un trio post-punk-rock della scena musicale di Los Angeles.