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venerdì 27 agosto 2021

Nuvole e vento, di Antonella Pingiori

 

Si tratta di 13 racconti che hanno tutti in comune 2 elementi: la brevità (il più lungo è di sole 10 pp.); lo stile, sempre molto elegante e scorrevole, ma con ogni parola al suo posto... in quella che sembra facile naturalezza.

Questa 2/A considerazione mi porta a ripetere una cosa certo nota, ma nondimeno sacrosanta: scrivere bene dei bei racconti è molto più difficile che scrivere un bel romanzo.

Perché dico questo? Semplice. Il racconto, soprattutto quello breve, necessita di un tocco apparentemente leggero e comunque, particolare.

Il romanzo no, o magari, meno: è una sorta di “bestione” nel quale possiamo inserire digressioni, salti spazio-temporali, dialoghi, riflessioni, descrizioni etc etc. E' un bizzarro congegno per far funzionare il quale si può anche ricorrere al colpo di scena o al Deus ex machina: per es., ecco che l'amico che credevamo morto in realtà è vivo, e sta bussando alla nostra porta; 10 anni o 238 pagine dopo.

Ma passiamo finalmente a Nuvole e vento, titolo che indica il nostro tentativo di “dare un ordine al mondo”, in pratica un senso. Ma spesso, tutto questo si rivela vano o frustrante.

Tuttavia,in Antonella c'è sempre questa tensione verso la ricerca appunto di senso e così, il tentativo di combattere il caos ed il dolore.

Prendiamo per es. il racconto La lettera anonima. Spesso si parla (ma senza conoscere quel mondo dall'interno) della pretesa fannullaggine che sarebbe “tipica” del mondo della scuola. Fannullaggine che potrà certo riguardare qualcuno: ma come potrà riguardare qualsiasi altra persona appartenente a qualsia altro campo lavorativo.

Bene, il protagonista del racconto è un professore che col suo mix di menefreghismo, prepotenza ed incompetenza, si resa odioso agli occhi di genitori, degli alunni e colleghi.

Disgustata da tutto questo, una collega chiede a sé stessa: “Dobbiamo sempre sopportare i prepotenti e farci mettere i piedi in testa? Eh, no! A tutto c'è un limite.”

Decide quindi di scrivere una lettera anonima.

Ora, l'azione era già abbastanza spregevole, ma la donna supera perfino questo livello di spregevolezza... aggiunge, infatti, alla missiva dei particolari non solo scandalosi, ma anche falsi.

A questo punto, stop.

Posso però aggiungere almeno questo: qui l'Autrice ci invita a riflettere sulle conseguenze delle nostre azioni, che a volte nascono da un civismo più malinteso che altro.

Comunque, nel libro troviamo anche molto umorismo: non quello però di grana grossa, volgare ed in definitiva insopportabile come quello che ci ammannisce troppo cinema e tanta tv. No, si tratta di osservazioni fatte apparentemente en passant, ma che lasciano il segno.

Qui penso soprattutto a Brunetta. Costei, non aveva parlato fino al 5° anno di età. Oltretutto, la piccola rifiutava con grande ostinazione il tipico cibo destinato ai suoi coetanei: “Così era passata dal latte al miglio, che la bambina sottraeva al canarino di casa.”

Ma arriva appunto il giorno del suo 5° compleanno.

La mamma aveva preparato una torta a base di fiori di zucca e l'aveva poi decorata con fettine di cetriolo e foglie di basilico.”

E poi, il miracolo: la bambina, che fino a quel momento non aveva ancora spiccicato una sola parola, esclama: “Io voglio vivere per raggiungere la perfezione!”

Segue quindi una cascata di frasi, sapientemente pronunciate ed articolate. Esultanza dei parenti: “Mentre Brunetta tenendo la manina alzata, con gesto benedicente, si volgeva verso tutti e ringraziava con un piccolo ed elegante gesto del capo.”

Non sembra di vedere un mix del papa, di Berlusconi e di Sophia Loren? Quando ho letto quel passo mi trovavo sul bus e per poco non scoppiavo a ridere con esiti a dir poco imbarazzanti!

Gli anni passano, Brunetta diventa docente di tedesco: è la tipica collega che-sa-tutto e che è- sempre-aggiornata.Per difendere (a suo modo) i diritti delle donne, entrerà anche in politica...

Altro bel racconto, pieno di sottile umorismo e di tenerezza, è Maria la bella e l'omino matto. Maria, docente di filosofia, è bella, intelligente, dinamica, ma “impegnativa.”

E: “Qualcuno le aveva detto era una donna troppo impegnativa e che, davanti alle donne impegnative, gli uomini han paura e scappano.”

Lei, infatti, rimaneva puntualmente sola. Ci credereste che addirittura un uomo: “Fascinoso ed intraprendente, al primo appuntamento aveva ritenuto opportuno accompagnarla a visitare una mostra bovina, dato che le mucche erano la sua vera passione?”

Eppure, questo racconto, punteggiato com'è di osservazioni anche taglienti sul rapporto uomo-donne, vola verso qualcosa di inaspettato.

Antonella non manca poi di ironizzare si chi “crede” di essere credente, ma in realtà, assume verso il prossimo e verso le stesse donne un atteggiamento ipocrita e contraddittorio. E' il caso de Uomini di Dio? Libera me, Domine.

In effetti, la protagonista spera che il Signore la liberi da chi utilizza come altrettanti armi: “I paroloni, le citazioni in latino, i concetti di alta teologia.”

Ma ce n'è, come in Parole di cera, anche per alcuni “baroni della facoltà”, come per es. un docente di filosofia teoretica che dopo aver parlato quasi senza costrutto per 40 minuti, vien liquidato con una sola domanda da Serena... l'antica fiamma del protagonista.

Nel prossimo post finirò di analizzare Nuvoel e vento, ma per non togliervi il gusto della sorpresa e della scoperta, non esaminerò in dettaglio i restanti racconti.

A presto!

mercoledì 4 agosto 2021

Storia di una bomba, di Cinzia Venturoli*

 

Sono passati 41 anni dalla strage alla stazione di Bologna, che vide il barbaro assassinio di 85 persone ed il ferimento (in alcuni casi gravissimo) di altre 200. Per quanto possibile, da quando ho aperto questo blog, ho cercato di ricordare quella tragedia ogni volta che ho potuto. E continuerò a farlo sempre. Continuerò e non con un senso di stanchezza o in modo “rituale”, scontato etc. etc., come pure da noi si sarebbe tentati di fare.

Invece continuerò con convinzione e con la giusta indignazione, perché considero mio preciso dovere sul piano storico e morale, ricordare quegli innocenti. Esiste, infatti, un legame tra i vivi ed i morti che il filosofo Benjamin definiva così: “Un'intesa segreta fra le generazioni passate e la nostra.”1

Io penso che faccia parte di questa intesa: ricordare quei morti; esecrare chi si sporcò le mani del loro sangue; esecrare anche chi per tanti anni aiutò gli assassini a sfuggire alla giustizia.

In tutto questo c'è ancora posto per esprimere il mio profondo sconcerto verso chi (pur applicando beninteso la legge) ha scarcerato personaggi come Mambro e Fioravanti... personaggi che pure in precedenza erano già stati condannati ad otto (Fioravanti) ed a nove ergastoli (Mambro). Per il 1° la pena è “estinta” dal 2009; per la 2/a lo è dal 2013. 2

Ora , io non sono un giurista: sono un cittadino comune che comunque rispetta sentenze e decisioni dei giudici, ma mi amareggia che a costoro sia stato permesso di tornare in libertà dopo aver totalizzato ben 17 ergastoli complessivi.

Poi, durante il processo chi andava a testimoniare vedeva: “Sta gente che sghignazzava dietro le sbarre, sembrava che se ne fregassero.” E: “Ridevano, prendevano in giro noi, gli avvocati.” Il bambino di un testimone chiese al padre: “Papà, perché quei due là si baciano? E mi indica Mambro e Fioravanti.”3

Fioravanti, che oggi si definisce “ex-criminale”, si considera innocente per Bologna, ma riconosce (bontà sua) di avere sulla coscienza trentatré vittime di precedenti omicidi. Del resto, già il 9 gennaio del 1979 non si fece scrupolo di sparare: “Contro alcune donne che stavano conducendo una trasmissione”, e neanche di: “Lanciare delle bombe a mano nella sezione del PCI dell'Esquilino.”4

In ogni caso, il curriculum non certo vitae bensì mortis dei due è tragicamente ricco.5

Tuttora, sia loro sia altri che sono stati accusati e condannati per aver partecipato alla strage negano qualsiasi responsabilità. Una delle “motivazioni” a favore della loro innocenza dovrebbe consistere nel fatto (tra l'altro estremamente cinico) che tanto avevano già ucciso molte altre persone, quindi perché non avrebbero dovuto ammettere anche questa carneficina?

Ma la “motivazione”, inconsistente sul piano logico, odiosa sul piano morale e priva di validità su quello giudiziario, è stata agevolmente smontata (se non ridicolizzata) dai giudici.6

Naturalmente, ci si chiede come sia possibile che i mandanti di un abominio del genere non siano mai stati individuati. Ancora, ci si chiede quali siano stati quei mandanti.

Penso che sia evidente che questi quesiti rimandino al quadro della strategia della tensione. Questa definizione che fu: “Coniata sei giorni prima della bomba di piazza Fontana dal giornalista Leslie Finer dell'”Observer”,7 indicava una situazione che ai più giovani potrebbe far pensare ad uno scenario da film d'azione o di spionaggio. Purtroppo in Italia, nel periodo compreso tra il 1969 ed i primi anni '90, i morti ed i feriti sono stati un fatto tragicamente reale.8

Si trattava di una: “Strategia eversiva basata principalmente su una serie preordinata e ben congegnata di atti terroristici, volti a creare in Italia uno stato di tensione e una paura diffusa nella popolazione, tali da far giustificare o addirittura auspicare svolte di tipo autoritario.”

Quanto alla bomba di piazza Fontana essa: “Costituì la risposta da parte delle forze più reazionarie della società italiana, di gruppi neofascisti, ma probabilmente anche di settori deviati degli apparati di sicurezza dello Stato, non privi di complicità e legami internazionali, alla forte ondata di lotte sociali del 1968-69 e all'avanzata anche elettorale del Partito comunista italiano.”9

Ora, dobbiamo agli italiani del tempo nonché ai loro partiti e sindacati di riferimento, non essere cascati nella trappola di invocare misure autoritarie (tribunali speciali, pena di morte, massiccio ricorso alla tortura, sospensione se non soppressione di parlamento e Costituzione), né nell'aver ceduto alla tentazione di abbandonarsi a rivolte cieche o a vendette sommarie. Tutto questo non avvenne né prima né dopo il 1980, quando pure responsabilità e complicità di alcuni in lunghi anni di stragi e depistaggi pure risultarono evidenti.

Del resto, bisogna combattere una certa mentalità fatalista secondo la quale né della strage di Bologna né di tutte le altre, si saprà mai niente.10 In realtà, che si scopra o meno qualcosa non dipende dal Fato, dal destino: dipende da uomini e donne in carne ed ossa, non da entità astratte, metafisiche. Nell'Iliade perfino Elena ha il coraggio (sia pure per poco) di ribellarsi alla sorte decisa per lei dalla dea Afrodite.11

Ma non i personaggi del mito, della letteratura o della mitologia bensì investigatori e giudici umani hanno accertato e stabilito la realtà dei fatti: non romanzesca né letteraria. Essa ha visto la condanna dei “NAR Mambro e Fioravanti.” Inoltre: “Ufficiali del SISMI Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte e il faccendiere Francesco Pazienza furono condannati per calunnia aggravata, ovvero per aver messo in atto azioni di depistaggio.”12

Ancora: il 9 gennaio 2020 un altro membro dei NAR cioè Gilberto Cavallini è stato condannato: “In primo grado per concorso in strage e nel corso del processo sono stati messi in luce i legami fra uomini dei servizi segreti e i gruppi del terrorismo neofascista; mentre scriviamo non sono ancora state rese pubbliche le motivazioni delle sentenze e si dovranno attendere i successivi gradi di giudizio per avere una sentenza definitiva, ma possiamo dire che il processo non ha mostrato per ora discrepanze con le precedenti sentenze definitive che riguardano la strage.”13

Purtroppo, da una recente inchiesta, è risultato che della strage sanno poco gli stessi studenti bolognesi.14 Nè sono i soli. E parlare ai giovani di questi fatti ingenera in loro reazioni di noia, se non addirittura di fastidio. Che questa non sia una vittoria del terrorismo neofascista?

Del resto, quanti di noi informano i giovani di certi drammi? Se nei giovanissimi l'ignoranza è in parte scusabile, in noi adulti (insegnanti, educatori, genitori etc. etc.) tollerare e/o incoraggiare quell'ignoranza è totalmente colpevole. Ben vengano quindi testi come quello della Venturoli che per fortuna, insieme a quelli scritti anche da altri Autori, dicono come siano andate le cose. Forte è in me, infatti, il timore espresso da Benjamin: “Anche i morti non saranno al sicuro, se egli vince.”15

Il filosofo si riferiva all'”Anticristo”, da lui forse inteso più che in senso religioso, come sinonimo di male, colpevole oblio, barbarie economico-sociale etc. etc. Del resto, nel momento in cui permettiamo che si perdano la memoria ed il ricordo di chi fu assassinato, peraltro senza nessuna colpa, ci rendiamo complici di quella che io considero un'autentica profanazione del cuore e dell'anima di quegli innocenti.

D'altronde, in Paesi come per es. la Germania, si sta assistendo da tempo ad una vergognosa opera di cancellazione di prove e ricordo dei crimini nazisti, nonchè dell'opposizione ad essi.16

Stiamo quindi ben attenti a che anche da noi non si arrivi a qualcosa di simile: la cosa avrebbe poi una sua logica... Del resto, all'epoca della strategia della tensione (ricordiamo certo che è esistito anche un terrorismo “rosso”17, benchè non ricorresse a metodi stragisti) Bologna era considerata il centro della sinistra italiana. Colpire quindi quella città aveva un senso politico e simbolico ben preciso, così come secondo me lo ha ora il silenzio che ammanta quella ed altre stragi. Quante altre volte, infatti, si parla di esse al di fuori dei giorni in cui ricorre il loro anniversario?

Attenzione dunque a non dimenticare, se non vogliamo renderci complici di certa barbarie. Lo dobbiamo ai nostri morti, lo dovremo sempre a tutti quegli innocenti.


Note

*

Inizialmente questo post doveva essere una recensione al testo della Venturoli, ma poi data la complessità e l'intreccio di temi che la strage di Bologna comportava, appunto il post è diventato un piccolo saggio sul terrorismo neofascista.

Sono però rimasti i frequenti riferimenti al libro della studiosa bolognese e del resto, l'impianto di questo scritto deve parecchio al suo lavoro.

Inoltre, ho cercato di seguire il più possibile il metodo della Venturoli, fatto di scrupoloso lavoro storico-documentario ed animato da grande passione civile.

1 Walter Benjamin, Tesi di filosofia della storia, in W. Benjamin, Angelus novus, a cura di Renato Solmi, Giulio Einaudi editore, Torino 1995, tesi 2, p.76.

2 Cinzia Venturoli, Storia di una bomba. Bologna, 2 agosto 1980: la strage, i processi, la memoria, Castelvecchi, Roma 2020, p.134.

3 C. Venturoli, Storia di una bomba, op. cit., cfr. rispettivamente le pp.117 e 118. Il corsivo è mio.

I due assunsero atteggiamenti gravemente derisori e provocatori anche verso il giudice Mancuso e verso la Corte, così come del resto fecero anche: “Durante il dibattimento per l'omicidio del giudice Amato.” C. Venturoli, op. cit., p.118.

4 Ibid., p.133. Cfr. nella stessa pagina il profilo psicologico-criminale della persona citata come formulato dai giudici. Però costui, nell'ambito della formazione neofascista dei NAR (nuclei armati rivoluzionari) si trovava in buona compagnia: per es. della stessa Mambro e di altri.

5 Curricula criminali di Francesca Mambro e Giuseppe Valerio Fioravanti, in www.stragi.it

6 Per tutto questo cfr. C. Venturoli, op. cit., pp.130-131.

7 Cfr. Antonella Beccaria, Piazza Fontana. I colpevoli, PaperFirst, Roma 2019, p.36.

Si ricorda qui ai più giovani che il 12 dicembre 1969 a Milano, preso i locali della banca nazionale dell'agricoltura sita appunto in piazza Fontana, una bomba fatta esplodere da elementi neofascisti causò la morte di 18 persone ed il ferimento di altre 88.

Oltre al testo citato cfr. almeno il sito www.piazzafontana.it spec. gli articoli di Fortunato Zinni Piazza Fontana, non è solo una piazza di Milano; La verità storica non basta; Finalmente un giudice a... Milano. E piazza Fontana?

8 La Beccaria osserva poi che che in occasione della strage (23 dicembre 1984) del Rapido 904, accanto alla costante presenza neofascista, si è rilevata anche la presenza della mafia. Comunque, nella strage citata, i morti furono 16 ed i feriti 267.

9 Per tutto questo cfr. www.treccani.it Strategia della tensione. Dizionario di storia (2011). I corsivi sono miei.

Zinni, nell'art. Finalmente un giudice parla di esecutori appartenenti alla “galassia neofascista” che agirono con la: “Complicità di militari italiani e americani e dei servizi segreti (la Cassazione ribadisce anche questo). Zinni ricorda poi come nei processi per stragi originate dalla strategia della tensione abbia sempre pesato: “La sistematica attività di depistaggio (nel caso di Brescia, l'interferenza del Sid nel sottrarre documenti scottanti è stata fatale).”

Il 28 maggio 1974 a piazza della Loggia a Brescia, alle 10.12 del mattino durante un comizio antifascista, una bomba causò la morte di otto persone ed il ferimento di altre 100. L'attentato fu rivendicato dalle formazioni neofasciste “Ordine Nero” e “Anno Zero-Ordine Nuovo”; cfr. www.vittimeterrorismo.it Cfr. anche www.strageabrescia.it

Ottima sintesi della situazione e della positiva conclusione in sede processuale in www.ilfattoquotidiano.it Su piazza della Loggia ora sappiamo la verità, art. di Gianni Barbacetto, 28 maggio 2019.

Infine, la sigla SID stava per Servizio Informazioni Difesa; cfr. www.sicurezzanazionale.gov.it La nostra storia: spec. il paragrafo Il sistema nazionale di sicurezza e intelligence nel secondo dopoguerra: 1948-2007. Come il SISMI anche il SID rimase in attività fino al 2007.

10 Al riguardo, illuminante la lettura della Prefazione dello scrittore Carlo Lucarelli a C. Venturoli, op. cit., pp.6-9. Notevole anche quanto scrive l'ex-giudice Turone: cfr. Prefazione a A. Beccaria, op. cit., pp.9-12.

11 Omero, Iliade, a cura di Franco Ferrari, testo greco a fronte, nuova traduzione, Mondadori, Milano 2018, Canto III, vv.395-412.

12 C. Venturoli, op. cit., cfr. rispettivamente le pp. 128 e 129. Citazione tratta dalla sentenza della suprema Corte di cassazione a sezioni penali unite, 23 novembre 1995.

13 C. Venturoli, op. cit., p.150.

14 Ibid., pp.179-180.

15 W. Benjamin, Tesi di filosofia della storia, op. cit., 6/a, p.78. Corsivo dell'A.

16 Monika Zorn, Uccisi due volte. Nella Germania unificata è in atto la “soluzione finale della resistenza antifascista, Zambon Editore, Francoforte sul Meno-Verona, 2009.

17 Giovanni Fasanella Alberto Franceschini, Che cosa sono le B.R. Le radici, la nascita la storia, il presente, Bur, Milano 2004.