venerdì 24 aprile 2020
Josef Mayr-Nusser, martire del nazismo
J. Mayr-Nusser nacque a Bolzano il
27 dicembre 1910. Dopo esser rimasto orfano di padre frequentò
l'Istituto Tecnico Commerciale e lavorò: “Come impiegato, prima
presso la ditta 'Eccel' e, in seguito, presso la 'Ammonn.' A 20 anni
è chiamato al servizio militare italiano, in Piemonte e poi in
Sardegna.”1
Egli fu uno dei pochi sudtirolesi
che votarono contro
l'annessione alla Germania dei
territori conquistati dopo la I guerra mondiale dall'Italia....
conquista, quella, su cui fu molto critico perfino il patriota Cesare
Battisti. Egli, infatti, italiano ma di nazionalità austriaca
e dagli austriaci condannato a
morte per “alto tradimento”, scrisse: “Riterremmo stoltezza
vantar diritti su Merano e
Bolzano. Certi italiani confondono troppo facilmente il Tirolo col
Trentino e con poca logica vogliono i confini d'Italia estesi fino al
Brennero.”2
Dunque
il Sud-Tirolo è sempre stato un territorio di lingua e cultura
tedesca, passato all'Italia solo perché il nostro Paese sconfisse
l'Austria durante la Grande Guerra; ma tuttora
(legittimamente) gli altoatesini non si considerano italiani.
Ai
tempi di Nusser, molto probabilmente il loro legame con la cultura
tedesca era ancora più forte, perciò la scelta di rimanere con
l'Italia non fu certo facile: quei pochi che votarono contro
l'annessione alla Germania furono considerati “traditori” e
“Venivano apostrofati come “walsche” (italianacci bastardi)."3
Beninteso,
chi scelse di rimanere con l'Italia sapeva di rimanere con un Paese
che era comunque fascista.
Un Paese che per 20 anni userà il pugno di ferro con gli
italiani-italiani (chiamiamoli così), che negli anni '30 aveva
compiuto su popolazioni africane atti di grande crudeltà,4 e che
grazie agli archivi della sua polizia faciliterà al nazismo
deportazione e sterminio degli ebrei italiani5 e combatterà al
fianco della Germania nazista.
Però
io penso che se Nusser e pochi altri scelsero di rifiutare il giogo
hitleriano, questa scelta non dipese certo dal fatto che
ritenessero... dolce quello di Mussolini, ma probabilmente dalla
convinzione (sotto il fascismo italiano) di poter contrastare quei
regimi. Ed infatti Josef: “Entrò a far parte dell'unico gruppo
organizzato di resistenza al nazismo e al fascismo attivo sulla
direttrice del Brennero: L'Andreas Hofer Bund.”6
Secondo
Rocchetti: “Fu anche a causa di questo suo impegno militante e
politico che Mayr-Nusser venne arruolato a forza nelle divisioni
dell'esercito nazista.”7
E
non solo nell'esercito nazista, ma nel corpo militare più spietato
della storia: le S.S.
Ma una volta inviato a Konitz, nella Prussia occidentale, egli dà
prova di straordinario coraggio. Infatti: “Rifiuta di prestare
giuramento a Hitler, perché lo ritiene 'incompatibile con la fede
cristiana.' Allora accusato di 'whermachtszerstzung', cioè di
attività volte a erodere la compattezza delle forze armate, è
sottoposto a carcerazione preventiva a Danzica. Quando il fronte
russo si avvicina, è destinato alla deportazione nel campo di
concentramento di Dachau.”8
Come
aggiunge Rocchetti: “Josef, spossato dalla fame e dalla
dissenteria, muore, con il vangelo tra le mani, sul treno, la notte
del 25 febbraio 1945.”9
Il
livello morale ed intellettuale dell'uomo è ancora oggi fonte di
grande insegnamento per tutti noi. Egli avrebbe ben potuto, come
membro della piccola borghesia di lingua tedesca, restarsene
tranquillo a coltivare la spregevole virtù dell'attendismo.
Questo, mentre attorno a lui morivano ogni giorno migliaia e migliaia
di persone e molte altre soffrivano fame, sete, tortura ed
umiliazioni di ogni tipo.
Invece
Nusser scelse di dire nein,
no. Rifiutò di ingrossare la vergognosa schiera degli indifferenti,
contro i quali in un celebre articolo si scagliò Antonio Gramsci...
per il quale la non-qualità di costoro cioè l'indifferenza era il:
“Peso morto della storia.”10
Josef,
da cristiano di nome e di fatto, dato che anticamente il termine
christianus aveva il
significato oltre che teorico-religioso anche pratico-sociale di
seguace di Cristo,
rifiutò di mettersi al servizio della terribile macchina da guerra
nazista. Infatti: “Giurare per odiare, per conquistare, per
sottomettere, per insanguinare la terra?
Giurare per rinnegare la propria coscienza, giurare per piegarsi ad
un culto demoniaco, il
culto dei capi, innalzati a idoli di una religione sterminatrice?”,
si chiese. “Signor maresciallo, io non posso giurare.”11
Parole
stupende, queste. Parole che andrebbero meditate da tutti e
soprattutto da chi in modo davvero ottuso, persiste in un'assurda
ammirazione del nazifascismo, forte della non meno assurda
giustificazione che: “Però c'era ordine.”
Chiunque
invece sappia che quell'”ordine” era nient'altro che violenza
cieca e bestiale, nata dalla convinzione che esistessero popoli
interi da sottomettere e massacrare, dovrebbe pensare all'esempio
fornito da Mayr-Nusser ed al suo martirio.
A meno che
costui o costei non pensi che gli esseri umani siano solo bestie, con
cui dunque si possa “trattare” solo col bastone... perché di
fronte a concezioni fondate sulla zoologia (peraltro la più
crudele), qualsiasi discorso di tipo etico, morale ed anche
religioso, storico o sociale, risulta del tutto inutile.
Note
1 Non giuro a Hitler,
di Francesco Comina, San Paolo, 2000. Si trova sul sito dell'ANPI
digitando questo titolo. Articolo pubblicato il 10 dicembre 2010.
2
Scritti politici di
Cesare Battisti, vol.II, pp.96-97, cit. in Don Lorenzo Milani,
L'obbedienza non è più una virtù,
a cura di Carlo Galeotti, Millelire Stampa Alternativa, anno II,
numero 5-6 del 30 marzo 1994, p.35. Il corsivo è mio.
3
L'uomo che disse no a Hitler finalmente beato,
di Daniele Rocchetti. L'articolo si trova sul sito delle ACLI e si
trova digitando il titolo citato. Nusser è stato di recente appunto
beatificato dalla Chiesa cattolica. Benché non certo con un
significato così dispregiativo, il termine “walsche” si trova
anche nel libro di Lilli Gruber Eredità. Una storia della
mia famiglia tra l'Impero e il fascismo,
Rizzoli, Milano 2012.
4
Cfr. Angelo Del Boca, I gas di Mussolini,
Editori Riuniti, Roma 1996.
5
Su questo aspetto, nonché sulla responsabilità di tanti “studiosi”
nella formulazione delle deliranti argomentazioni dell'antisemitismo
italiano, e sulla responsabilità in questo della gran parte dei
nostri accademici, cfr. Franco Cuomo, I dieci. Chi erano
gli scienziati che firmarono il manifesto della razza,
l'Unità/Baldini Castoldi Dalai, Roma 2008.
6
L'uomo che disse no a Hitler,
art. cit.
7
Ibidem.
8
Non giuro a Hitler, di
F. Comina, art. cit.
9
L'uomo che disse no a Hitler,
art. cit.
10
Per tutto questo cfr. Antonio Gramsci, Le opere. Antologia,
a cura di Antonio A. Santucci, Editori Riuniti/l'Unità, Roma 2007,
pp.23-25. L'art. si intitola naturalmente Indifferenti.
11
L'uomo che disse no a Hitler,
art. cit. I corsivi sono miei.
lunedì 13 aprile 2020
"Folsom prison blues", di Johnny Cash
Folsom
prison blues cioè il
blues della prigione di Folsom è una canzone che il grande cantautore
statunitense Johnny Cash compose nei primi anni '50.
Musicalmente
parlando, il brano è non allegro, ma comunque molto trascinante;
strumento-base è la sola chitarra acustica, però possiede una forte
carica drammatica. Sostenuto poi dalla voce solenne ma dolente di
Cash, spazza via qualsiasi pensiero frivolo o superficiale.
Il
protagonista esordisce parlando di un treno che arriva “rotolando”
attorno alla curva e dichiarando che lui non vede più il sole da
chissà quando, perché si trova chiuso nella prigione di Folsom.
Certo,
ci troviamo nell'universo delle canzoni carcerarie, ma i versi di
Cash sono forti, anche molto amari, però sempre essenziali.
Esprimono ira e dolore per la perdita della libertà, ma senza
sfociare in pentitismi e senza mai degenerare in assurde
recriminazioni, maledizioni ecc. ecc.
Esattamente
all'opposto, è come se il protagonista osservasse sia la sua attuale
condizione sia la sua vita precedente con un certo distacco,
addirittura con una punta di umorismo. Egli ricorda infatti come da
piccolo la madre gli dicesse sempre di fare il bravo e di non giocare
con le pistole. Ed in inglese, son (figlio)
e guns (pistole) hanno
quasi lo stesso suono.
Ma
l'umorismo di cui
parlavo diventa quasi satanico quando
il carcerato afferma: “Sparai ad un uomo a Reno solo per vederlo
morire.”
Nessuna
ricerca di pietà da parte dell'omicida: solo la lucida
consapevolezza del crimine commesso, presentato nella sua brutalità.
Forse, se
scavassimo in fondo alle reali motivazioni dell'assassinio,
scopriremmo che c'è la volontà da parte di un uomo di trasformare
la morte di un suo simile in un macabro spettacolo. Probabilmente è
quello che accade quando quegli esseri umani perdono la
percezione del legame che appunto li lega agli altri: a quel punto,
la violenza finisce per esplodere in modo quasi naturale.
Comunque, la
canzone presenta la fredda ira del carcerato che: 1 sente ogni giorno
il treno (simbolo di libertà) che corre vicino alla sua prigione, in
cui sa che dovrà rimanere per sempre; 2 e sa anche che in un
lussuoso vagone-ristorante i ricchi bevono “caffè e fumano grandi
sigari.” E che questa gente continui così, è quello che lo
“tortura.”
Ma a questo
punto, il cantato di Cash continua a mantenersi calmo, quasi stoico:
il protagonista di Folsom si limita a dichiarare che se
tornasse in libertà ed il treno fosse suo, lui lo sposterebbe un po'
più in là lungo i binari... lontano dalla prigione. In modo che il
triste fischio del mezzo si porti via la sua tristezza.
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