Il 2 agosto del 1980
dell'esplosivo distrusse la stazione ferroviaria di Bologna. 85 i
morti, oltre 200 i feriti.
Si tratta di una tragedia che non
potrò dimenticare mai e che nessuno potrà mai cancellare.
Già, perché in Italia, per un
malinteso senso della “modernità” e di buonismo che però con la
bontà non c'entra
niente, si tende a negare o almeno o a minimizzare tutto.
Risultato? Le
giovani generazioni, di quella e di tante altre stragi (Portella
della Ginestra, 1947; piazza Fontana, Milano 1969; piazza della
Loggia, Brescia, 1974 etc. etc.) non sanno e non vogliono sapere
niente.
Ed
in questo clima di ignoranza, cinismo, menefreghismo, ed altre
porcherie assortite, a ben pochi e non solo giovani, interessa sapere
e capire. Quasi a nessuno
interessa che siano smascherati e condannati i mandanti.
Eppure,
non dobbiamo cedere al pessimismo, soprattutto a quello che può
farci dire: tanto non si saprà mai niente; tanto, andrà sempre
così. Del resto, quello è anche fatalismo, il credere cioè che
esista un fato, un
destino che nessuno potrà cambiare. Mai.
Inoltre, è
falso dire che sulle varie stragi non si sia mai scoperto niente. E'
quanto contesta, per es. a proposito di piazza Fontana
l'ex-magistrato Giuliano Turone.1 Alcune cose si sanno e gli
esecutori di stragi terrificanti sono stati acciuffati. Alcuni legami
tra questi mostri ed altri che appartenevano alla medesima area ed
allo stesso “intreccio” (formazioni neofasciste, servizi segreti
deviati, alcuni politici, P2, mafia, militari o funzionari di Paesi
esteri) sono stati provati.
Ora, per
motivi di spazio non riprodurrò tutta la lunga, complessa e
contraddittoria sequenza dei vari processi. Del resto, l'11 febbraio
2020 la procura generale della Repubblica di Bologna ha chiuso la
nuova inchiesta sulla strage. E probabilmente vi saranno anche altre
inchieste.
Nel corso di
tanti processi, alcuni che furono condannati all'ergastolo per il
“delitto di strage”, furono prima assolti poi di nuovo
condannati. Emersero complicità, coperture, si scoprirono depistaggi
e finanziamenti da parte di uomini dello Stato, di Licio Gelli etc.
etc.
Il
quadro è quindi estremamente caotico, spesso perfino assurdo.
Tuttavia, a distanza di tanto tempo, sono stati riconosciuti
colpevoli di
quell'orrore i terroristi neofascisti Fioravanti,
Mambro, Ciavardini e Cavallini.
Abbiamo
quindi gli esecutori materiali.
Abbiamo anche qualcuno che fu condannato per depistaggio
come: Licio Gelli; Pietro
Musumeci, generale del Sismi (il servizio segreto italiano) legato
alla P2; il tenente colonnello Belmonte ed il faccendiere Francesco
Pazienza.
Ma
non è ancora tutto. Come infatti scrive sull'Espresso
Paolo Biondani: “Ora la
procura generale aggrava le accuse contro i vertici della P2: Licio
Gelli e il suo tesoriere Umberto Ortolani sono considerati 'mandanti'
e 'finanziatori' della strage.” In questo c'è una logica: “Gelli
ha depistato le indagini perché lui stesso ha
pianificato la strage. D'intesa con Ortolani, il cervello finanziario
della P2, accusato di aver procurato tra cinque e dieci
milioni di dollari usati per
finanziare i terroristi neri e comprare complicità di apparati dello
Stato, politici di estrema destra e servizi segreti, militari e
civili.2
Del resto, la
vicinanza di Gelli al fascismo era di antica data: ricordiamo che
egli fu l'ultimo federale di Pistoia del Pnf (partito nazionale
fascista).3
Inoltre,
la “volpe argentata”4 Carla Costa, che “decedeva l'11 ottobre
1980 in circostanze poco chiare”, si ritiene che sul finire del
1979 stesse “svolgendo una indagine sui trascorsi
repubblichini di Gelli.”5
Né
i legami di Gelli col fascismo si limitarono al solo ambito italiano,
infatti: “Molto discussi furono gli ottimi rapporti che Gelli
intraprese con il generale e presidente argentino Roberto Eduardo
Viola e l'ammiraglio Emilio Massera durante il periodo della
dittatura nel paese sudamericano (1976-1983).” Così: “Pochi
giorni dopo il golpe, Gelli, sostenitore dei militari argentini,
ricevette una lettera da parte di Massera, dove quest'ultimo espresse
'la sua sincera allegria'
per come tutto si fosse sviluppato secondo i piani prestabiliti.”
Ed
a dimostrazione dei buoni rapporti, il Gran Maestro della P2 ottenne
dalle autorità argentine anche un passaporto diplomatico.6
Del
resto, da noi esistettero legami senz'altro organici anche
tra altre figure del vecchio e del nuovo fascismo. Per es.: “E'
interessante notare che uno degli addestratori della struttura
militare coperta di Ordine Nuovo, nei tardi anni sessanta, era
appunto un ex-ufficiale del battaglione Np della X Mas.”7
Perciò, in
Italia la contiguità ed affinità tra fascismo e neofascismo non è
mai stata solo di tipo nostalgico: ha fornito addestramento militare;
ha portato ingenti somme di danaro; ha fatto sviluppare e ha coperto
strutture eversive e scatenato terrificanti attentati terroristici.
Tutto
questo, con un fine ben
preciso, per fortuna fallito. Infatti, dopo il 2 agosto l'allora
sindaco di Bologna Zangheri si chiedeva che cosa si fosse voluto con
quel massacro e concludeva che forse si voleva: “Suscitare una
reazione violenta, per poi, dopo averla provocata, preparare le
condizioni della repressione”8
Insomma:
suscitare l'orrore e la rabbia della popolazione, che una volta scesa
furiosa nelle piazze, avrebbe “costretto” le autorità a
spazzarla via da quelle stesse piazze con l'esercito. Da lì
all'instaurazione di un regime di tipo greco o cileno, il passo
sarebbe stato breve. Del resto, il modello era proprio quello di un
colpo di Stato come quello realizzato dai colonnelli greci nel 1967.
E per questo si organizzavano anche dei campi paramilitari.9
Certo,
per centrare l'obiettivo bisognava compiere azioni terribili. E fin
dagli ultimi mesi del 1969(!),
l'intenzione era di: “Organizzare attentati dimostrativi ai
treni che impressionassero
l'opinione pubblica e favorissero un rovesciamento
politico.” Del resto non
bisognava temere conseguenze perché “erano coinvolti i servizi
segreti di sicurezza italiani.”10
Risulta
evidente come qui cada la possibilità di intendere la politica, la
vita in società ed il diritto in modo anche solo minimamente morale
e civile. Del resto, come è
stato purtroppo osservato, in Italia lo stragismo
è sempre stato considerato (e perfino codificato, per es. dal
Machiavelli) come fatto del tutto “normale” perfino dalle classi
dirigenti.11
Fatto quindi a
cui ricorrere sia per conquistare sia per mantenere il potere. Ed in
un quadro che gronda letteralmente sangue, chi può curarsi
dell'infiltrazione di gruppi neofascisti, mafiosi, collegati a
servizi segreti deviati etc. etc.?
Sorge
anzi il sospetto (se non la certezza) che questa infiltrazione
diventi spesso collaborazione,
che si richiede, accoglie e ricambia con grande gioia e non minore
riconoscenza.
Concludendo:
dal 2 agosto 1980 sono passati 40 anni, ma si comincia finalmente a
scorgere almeno una verità storica.12
Su quella giudiziaria e
relativa ai mandanti,
speriamo di non dover attendere altri 40 anni; anche perché a 98
temo che non sarei neanche più in grado di capirla.
Note
1
Giuliano Turone, Prefazione a Antonella Beccaria, Piazza
Fontana. I colpevoli, PaperFirst,
Roma 2019, p.12.
2
Vanessa Roghi, La strage di Bologna aspetta ancora il
lavoro degli storici,
Internazionale, 2 agosto 2020. Purtroppo, Gelli e Belmonte sono
morti: il 1° nel 2015 , il 2° nel 1998.
3
Vincenzo Vasile, Turiddu Giuliano. Il bandito che sapeva
troppo, Roma 2005, p.90 n.11.
4
L'”allevamento delle volpi argentate” era una rete di donne-spie
fasciste. Cfr. Le volpi argentate
in www.sicurezzanazionale.gov.it
5
V. Vasile, Turiddu Giuliano,
op. cit., p.90 n.11. Il corsivo è mio.
6
Per i fatti citati cfr. Chi era Licio Gelli e che cos'era
la P2, a cura di Ermes
Antonucci, La Stampa, 16 dicembre 2015. Il corsivo è mio.
7 V. Vasile,
op. cit., p.90 n.10. Np sta per “Nuotatori-paracadutisti.” Il
corsivo è mio.
8
V. Roghi, La strage di Bologna,
art. cit.
9 Per tutto
questo cfr. A. Beccaria, op. cit., p.78.
10 A.
Beccaria, op. cit., p.63. I corsivi sono miei. Il riferimento ai
servizi si trova nella Sentenza n.15/61, p.671. Cfr. A. Beccaria, op.
cit., p.63 n.70.
11
Saverio Lodato-Roberto Scarpinato, Il ritorno del Principe.
La criminalità dei potenti in Italia,
Chiarelettere, Milano 2017, pp.46-48, 52-54.
12
Vanessa Roghi osserva però che finora sulla tragedia di Bologna i
nostri storici non hanno prodotto molto, ove si eccettuino Cinzia
Venturoli, Storia di una bomba,
Castelvecchi 2020 e forse anche Miguel Gotor, L'Italia nel
novecento, Einaudi, Torino 2019.