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lunedì 20 maggio 2013

La chiamano crisi (2/a parte)


Proseguiamo. In un suo articolo, Fabio Sebastiani1 riporta dati davvero impressionanti. Alcune cose sono in parte note, benché spesso ci siano proposte dai media in modo soft: per es. calo di consumi, produzione industriale, crescita di disoccupazione e cassa integrazione ecc.
Ma i dati e la situazione cui Fabio fa riferimento vanno ben oltre... egli, infatti, riporta quanto dice Walter Ricciardi, direttore dell'Osservatorio nazionale sulla salute dell'Università cattolica di Roma, il quale dichiara che spesso in Italia si rinuncia non a beni voluttuari, a sfizi o al lusso ma a cure mediche.
Un esempio lampante viene dalle cure dentali, con un aumento delle persone che perdono i denti e non li sostituiscono, anche perché l'odontoiatria in Italia è quasi esclusivamente privata.”2
Ricciardi suggerisce (ma questo lo verificano parecchi di noi di persona) che cure di quel tipo e che avvengono appunto in ambito privato, sono troppo costose. E chi non lavora o lavora quando può, deve rinunciarvi.
Sempre secondo i dati dell'Osservatorio, “dall'inizio della crisi è aumentato l'utilizzo di farmaci antidepressivi (da 8,18 dosi giornaliere per 1000 abitanti nel 2000 a 35,72 nel 2010).”3
E non basta, perchè come dice Fabio: “Agli effetti diretti sulle persone si aggiungono quelli dei tagli ai servizi sanitari.” Egli cede di nuovo la parola a Ricciardi che conferma, rilevando come i tagli producano una situazione che spesso impedisce di intervenire con successo in casi particolarmente drammatici come per es. i tumori alla mammella.4
Ma la crisi non ha pessimi effetti solo in Italia. Infatti, secondo Martin Mckee della London School of Hygiene, le misure di austerity “non hanno risolto i problemi economici e hanno creato grandi problemi sanitari. Non è solo la disoccupazione a peggiorare la salute, ma anche la mancanza di un sistema di welfare.”5
Sì, perché dalle cifre riportate dalla rivista Lancet risulta che “il tasso dei suicidi nei 15 Paesi che facevano parte dell'Ue prima del 2004, che stava calando, dal 2008 in poi ha ricominciato a salire, e ora è del 20% più alto rispetto al minimo toccato nel 2007.”6
Certo: “Nei Paesi colpiti dalla crisi il tributo è più alto, con ad esempio un 40% in più in Grecia, ma anche in Inghilterra si stima che siano almeno mille le vittime della crisi dal 2008 al 2010.”7
Ed appunto in Grecia, “si segnala un forte aumento dei casi di Aids dovuto allo stop ai programmi di fornitura di siringhe, ma anche l'arrivo di malattie come malaria, dengue e Tbc che 'approfittano' della carenza di risorse sanitarie.”8
Ma attenzione: il rapporto dei medici di Lancet afferma che: “Nonostante le perdite massicce nel sistema sanitario, l'Islanda ha rifiutato le misure prescritte dal Fondo monetario internazionale_ in questo Paese la popolazione è addirittura più sana rispetto a prima della crisi.”9
Sempre stando a Lancet i tagli alle spese per la salute dispiegheranno tutti i loro peggiori effetti solo tra qualche anno; quindi questo è solo l'inizio...
La stessa commissione Ue denuncia quanto i tagli alla spesa sociale abbiano gravissime ripercussioni su salute, lavoro, istruzione ed innovazione tecnologica... ed il rapporto Ue segnala il fallimento della riforma Fornero delle pensioni.10
Del resto che il governo “tecnico” abbia fallito anche sul piano del lavoro è provato dalla disoccupazione. Ancora: i dati comunicati da Eurostat, dopo aver posto in luce come appunto la disoccupazione sia in Spagna “fissa al 26%, in Portogallo al 17%, mentre in Grecia è al 26%, aggiunge che “nei 17 Paesi dell'Eurozona febbraio è stato il mese dei record: i senza lavoro sono 19 milioni, il 12% della forza lavoro attiva.”11
E l'Italia? Per l'Istat abbiamo “solo” l'11,6% di disoccupazione, ma essa risulta in crescita di 1,5% punti negli ultimi dodici mesi.”12
Inoltre, col 37,8% siamo terzi in Europa quanto a disoccupazione giovanile e nel 2012 abbiamo dovuto registrare ogni giorno la perdita di 1641 posti di lavoro.13 E il ministero del lavoro afferma che sempre nel 2012 hanno perso appunto il lavoro ben 1.027.642 persone!14
Per Francesco Garibaldo, ex-direttore dell'Ires (Istituto di studi e ricerche economiche e sociali) questo drammatico quadro nonché la stessa crescita dei licenziamenti, che sono stati 329259 solo nell'ultimo trimestre, sono un effetto della riforma Fornero. Per Garibaldo, infatti, “quella riduzione delle tutele dell'articolo 18 ha dato il via libera a tutta quella serie di licenziamenti anche individuali.”15
Ricordiamo che l'art.18, prima della sua radicale modifica, prevedeva il licenziamento “per giusta causa e giustificato motivo”; prevedeva inoltre la “reintegra” cioè il ritorno (su sentenza del giudice) al lavoro per chi fosse stato ingiustamente licenziato.



Note

1 F. Sebastiani, Coesione sociale a rischio, 28/03/2013, controlacrisi.org
2 F. Sebastiani, art. cit. Il corsivo è mio.
3 F. Sebastiani, art. cit. il corsivo è mio.
4 F. Sebastiani, art. cit.
5 Fabrizio Salvatori, controlacrisi.org, 28/03/2013.
6 F. Sebastiani, art. cit. Il corsivo è mio.
7 F. Sebastiani, art. cit. Il corsivo è mio.
8 F. Salvatori, art. cit.
9 F. Salvatori, art. cit. I corsivi sono miei.
10 Roberto Ciccarelli, Il manifesto, Caduta libera e veloce, 27/03/2013.
11 R. Ciccarelli, Il manifesto, 3/04/2013.
12 R. Ciccarelli, art. cit.,
13 R. Ciccarelli, art. cit.
14 La stampa.it, 8/04/2013.
15 Controlacrisi.org, 8/04/2013. Anche La stampa concorda sul fatto che in Italia il problema non consistesse di certo nella sostanziale abrogazione o svuotamento dell'art.18; cfr. La stampa.it, 8/04/2013.

mercoledì 8 maggio 2013

“Cinque pezzi facili”, di Bob Rafelson


Il film è del 1970 e segue di un anno Easy rider, ma questo non è ambientato nel mondo degli hippies e della contestazione.
Il protagonista, Robert Dupea (un Jack Nicholson ben più misurato di quanto non sarà nel resto della carriera) si presenta come il classico “antieroe”: beve, è spesso sarcastico o anche offensivo, perfino in presenza della sua donna corteggia le altre, è incline all'ira...
Così, sarebbe facile liquidarlo come il classico tipaccio da tenere alla larga... ed il più a lungo possibile.
Ma Robert (Bobby per gli amici) è un uomo molto più complesso.
Intanto, egli lavora come operaio in un campo petrolifero in California. Questo, benché sia nato in una ricca famiglia borghese del nord degli USA; le sue origini sono sottolineate anche dal secondo nome, Eroica: che ricorda la Terza sinfonia di Beethoven.
Soprattutto i Dupea figli (oltre a Bobby, anche Carl e Tita) sono musicisti classici, a quanto pare dotati di un certo talento.
Però Bobby ha tagliato i ponti con la sua famiglia, con la sua “rispettabilità”, col suo insieme di bon ton, compitezza, convenzioni ed opprimente serietà: il che, per lui, soffoca ogni autentico slancio vitale.
Egli non è comunque un parassita: la sua vita come operaio e come compagno di Rayette ( che lavora come cameriera in un ristorante) non è certo facile.
Il punto è che Bobby è un uomo inquieto, profondamente insoddisfatto di tutto e di tutti: anche di Rayette, sebbene lei lo ami davvero. Certo, lei è un po' svampita e coi suoi atteggiamenti da gattina, troppo (come diceva una mia amica) ovvia.
Ma l'atteggiamento talvolta sprezzante di lui non deriva da moralismo o da intellettualismo: se avesse desiderato una donna “seria”, “colta” ecc., sarebbe rimasto nell'elegante cerchia e magione dei Dupea.
Infatti, sia pure a modo tutto suo, Bobby rispetta Rayette: quando per una grave malattia del padre il Nostro torna per qualche giorno dai suoi, attacca così una “intellettuale” che tratta Rayette da idiota per il suo sentimentalismo e perché parla di tv:
“Tu, brutta cretina, razza di strega, non sei degna di stare nella stessa stanza in cui c'è lei!
Del resto, ancora prima di tornare a casa, Bobby era intervenuto dando e prendendo botte in difesa di un amico e compagno di lavoro che era stato aggredito da due che poi, scopriremo, erano dei poliziotti.
Ed interviene nello stesso modo per “salvare” la sorella (che molto probabilmente ha delle pulsioni sadomaso) dall'infermiere che assiste Dupea padre.
Un antieroe quindi piuttosto complesso, Bobby: rifiuta la sua donna, la sua famiglia, il suo stesso talento come pianista, gli amici... che  in fondo considera soltanto dei compagni di baldoria, eppure si batte per loro.
Ma l'inquietudine che lo tormenta è una brutta bestia, se come dirà al padre: “Io mi sposto di continuo, non perché stia cercando qualcosa di particolare, ma per andar via dalle cose che andrebbero a male se restassi.”
Così, Bobby mi fa pensare al personaggio di Hellhound on my trail di Robert Johnson, che sente d'avere un Cerbero alle calcagna se canta: “Devo restare in movimento
 i blues calano come se grandinasse.”
Purtroppo, quel Cerbero si annida dentro la persona: muoversi è inutile, o serve solo finché l'Hellhound, il cane dell'Inferno, non riprende a mordere...
Così la cognata Catherine, con cui il Nostro ha una breve ma sentita storia ed a cui chiede d'andare via, gli spiega con gentilezza ma anche con fermezza che se non lo segue, ciò non dipende dal suo legame col fratello o dai suoi impegni come musicista (lo è anche lei) ma proprio da come è lui.
Infatti gli dice: “Se una persona non ha amore o rispetto per sé stesso, la sua famiglia, il lavoro, i suoi amici, con quale diritto lo pretende o lo chiede agli altri?”
A suo modo Bobby prova tutto questo: ma in modo troppo incostante. Forse con Catherine avrebbe almeno cercato di cambiare... ma si può cambiare completamente fino a diventare un altro?
Comunque, per me questo è un gran film: oltre che per la trama e per Nicholson, anche per la bravura (non solo per la bellezza) di Rayette, interpretata da Karen Allen e per quella di Catherine: una intensa e naturalissima Susan Anspach, che da sola meriterebbe quintali di post.
Ottima anche la colonna sonora, curioso mix di musica classica e di country.
Infine sono straordinari i paesaggi del nord degli USA, probabilmente ripresi tra fine autunno ed inizio inverno.
Non vi dico altro per non sciuparvi l'inquieta magia del film.
Buona visione!