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giovedì 30 giugno 2016

Simpatico infernale valzer italiano


In Piazza della Loggia, a Brescia,
nessuno dica che non ci sia,
che non ci sia stata la democrazia:
là si è lavato il sangue della povera gente...
subito dopo averlo sparso!
Le prove fanno male,
le prove non sono belle:
ecco perché furono eliminate
e qualcuno rise a crepapelle.

I nuovisti sono tanti,
i nuovisti sono sempre nuovi:
anche quando sono vestiti di nero,
poi di rosso finto-finto
quindi di schermi tv e risate telecomandate
o anche di comico qualunquismo.

A Bologna salta in aria una stazione
ma è stato solo un cerino:
lo dice chi è da venerare
e noi lo dobbiamo anche stare ad ascoltare,
a Bologna bruciano 80 vite
ma gli armadi che si devono aprire
sono a prova di ogni cacciavite.

Pasolini fatto a pezzi ed anche di più
come se un ragazzotto qualsiasi
potesse essere più forte di Manitù,
riapri per un momento l'inchiesta
ma chiudila subito,
ci sono occhi e cervelli che...
vedi Gramsci ma vedilo bene
per 20 anni non devono funzionare,
ancora meglio se puoi farli crepare.

A Portella della Ginestra la Sicilia era bella,
soprattutto quando i mitra iniziarono a cantare:
allora fu l'apocalisse
ma per certi un'apoteosi, un gran trionfo...
in questo caso la strage made in Italy
stracciò quelle a stelle e a strisce.

Il cugino del bandito Giuliano
disse al giudice:
“Ma non lo sa, signor presidente,
che noi, lo Stato e i carabinieri
siamo come il Padre, il Figliolo e lo Spirito Santo?”
Non aveva letto né Abelardo né Tommaso
ma forse sapeva qualcosa
e non parlava a caso.

Ora tu comandante seduto in poltrona
con in mano un bicchiere di whisky di malto
pensi che con questi miei strali
io abbia perso un po' di smalto,
forse tu pensi che non posso
accusare tutti d'essere dei pescecani,
certo tu pensi che devo stare calmo
se non voglio fin d'ora
una bella lastra di poetico marmo...

Ma come Pasolini ti dico: “Io so.”
Io che come lui non ho le prove
ti dico: segui il filo del sangue,
segui la polvere della droga,
segui lo squallido profumo del sesso a pagamento
e non mancare di notare
la cenere di voti rubati, bruciati o negati
e la brace ormai spenta
di libri fatti a pezzi
perché denunciavano certa violenza,
segui il bagliore equivoco di tv vendute
e vedrai da te
chi ha scatenato
questo simpatico, infernale valzer italiano...
questo infernale valzer, che non è un mambo.


domenica 5 giugno 2016

“Infanzia, adolescenza e prime esperienze di Giacomo Casanova, veneziano”, di Luigi Comencini (1969)


Principali interpreti: Leonard Whiting (Casanova), Maria Grazia Buccella (la madre), Raoul Grassilli (don Gozzi), Senta Berger (Fiammetta Cavamacchie).
Seguiamo il famoso seduttore ed avventuriero dall'infanzia al momento in cui, sui 20 anni, decide di gettare la tonaca alle ortiche per diventare uno sfrenato libertino.
Ma in che cosa può consistere, oggi, il fascino di quest'uomo... a 218 anni (1798) dalla sua morte?
Secondo me la risposta è: Venezia. Perché in quell'intrico di stradine, canali, vicoletti, campielli, in quell'intreccio di palazzi più o meno in rovina, nei meandri di quell'architettura orientaleggiante, splendida, pericolante e pericolosa che è una scommessa giocata e vinta contro il mare, sembra che si possa vivere qualsiasi avventura.
E pazienza se come ricordano Marcello Brusegan, Maurizio Vittoria ed Alessandro Scarsella nel loro Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità di Venezia, il “Gazzettino” denuncia la tendenza di certa cinematografia a ridurre la città a: “Sfondo-bordello” delle proprie intollerabili farneticazioni.”
Certo, forse la venerazione per il sesso di Casanova era qualcosa di malato, ma credo che in lui cerchiamo soprattutto Venezia; ed insieme a quella, diamo la caccia anche alle nostre ossessioni... religiose, culturali, familiari etc. etc.: non solo, quindi, a quelle erotiche.
Ed anche quando si tratta di queste ultime, forse quel che ci tormenta davvero è la paura della morte. E' del resto quel che si chiede Bukowski nel suo romanzo Donne, se appunto il sesso frenetico non sia poi un'illusione con cui si spera di sconfiggere la Falciuta.
Comunque, Casanova è stato anche un letterato, forse anche di buon livello; le sue Memorie (scritte in francese) sono una lettura godibile e denotano uno stile sicuro e raffinato. Quando poi (come vediamo nel film) si reca in convento per conferire con le suore, lo fa in buon latino.
L'inizio, in modo che fa quasi il verso al film muto e/o in bianco e nero, ricorda le origini della famiglia Casanova; come avrebbe detto mia nonna: “Non erano farina da far ostie.” La mamma, per es., abbandona quasi subito il piccolo Giacomo, per seguire la “scandalosa” carriera teatrale. Una volta tornata a Venezia, si dà da fare, con impegno poco penelopiale, per mantenere lui ed altri 3 figli... avuti ognuno con uomini diversi.
La brava e procace signora non ci mette molto per scaricare un'altra volta il figlio: stavolta col pretesto di inviarlo a Padova per gli studi.
Comencini non mostra solo la Venezia ricca ed aristocratica, ma anche quella miserabile ed abbruttita dalla fame e dominata da ignoranza e superstizione, con un popolino che assiste a spaventose operazioni chirurgiche come se si trovasse a teatro.
E' una Venezia ed un tempo in cui i nobili folleggiano in sontuosi palazzi ma chi prende i ragazzi a pensione (come capita a Giacomo) li fa dormire per terra e li nutre con cibo avariato.
Il severo ma onesto ed intelligente don Gozzi scopre il valore del ragazzo, così lo fa studiare finché non diventa abate.
Passato al servizio del potente senatore Malipiero, Giacomo accede ad una vera cucina e ad una ricca biblioteca. Presso il senatore, egli ha inoltre modo di studiare i appunto i potenti, e magari anche di indirizzarli alla vita cristiana; ma le fiamme della carne bruciano...
Prima il pur casto incontro con una novizia poi quello, carnale, con la sensuale e giocosa Fiammetta, mettono in crisi la sua vocazione. Del resto, già mentre predicava, Giacomo riceveva bigliettini d'amore!
Il colpo di grazia alla sua vita religiosa sarà poi inferto dalle cugine della novizia...
Discreta protagonista del film è la musica: talvolta soffusa come una luce riposante e confortante, talaltra briosa come un bel mix di Mozart & Vivaldi.
La recitazione degli attori e delle attrici: mai sopra le righe, ma mai fredda; anzi naturale anche nelle vicende più rocambolesche.
Il Casanova di Comencini è un bel filibustiere, ma tutto sommato, onesto: capisce di non esser fatto per la vita religiosa, così evita l'ipocrisia e la simulazione.
Infine: Comencini aveva a disposizione donne come la Buccella, Tina Aumont, Silvia Dionisio...
Per non parlare di Senta Berger, che con la sua gioiosa e giocosa sensualità, ha meritato davvero l'appellativo di Venus viennensis, Venere viennese. L'unico appunto che potrei rivolgere al regista, è solo quello d'averla fatta comparire (stavo per scrivere apparire) poco... Peccato!
Comunque, Comencini non ha abusato dell'avvenenza delle signore, puntando molto di più sulla trama.
Per me, anche a distanza di 47 anni, questo film ha mantenuto tutta la sua freschezza: il sapiente intreccio, poi, del registro drammatico e di quello brillante ne ha fatto (secondo me), un classico.