Ed anche chi non rientrava in queste che sono indicazioni indicative, di massima, nutriva comunque profondi ideali di giustizia e di libertà.
Persone di formazione culturale ed estrazione sociale spesso opposta combatterono insieme, dimostrando medesimo senso di abnegazione; ciò li portò a subire con grande coraggio torture e sevizie d’ogni genere… fino alla morte.
Nelle loro ultime lettere colpisce il senso di serenità da esse dimostrato nell’imminenza della fine; tante quasi si scusavano coi cari per il dolore che avrebbero causato con la loro morte.
Di rado (benché ciò sarebbe stato del tutto umano) cedono all’ira. Eppure, scriveva Antonio Fossati, a lui furono strappate le ciglia e le sopracciglia, le unghie delle mani e dei piedi, gli misero ai piedi delle candele accese” e fu torturato per giorni con l’elettricità1.
Leone Ginzburg, che “arrestato dalla polizia fascista” e “percosso e ridotto in fin di vita, muore a Regina Coeli di Roma il 5 febbraio 1944”2 non maledice gli aguzzini ma da vero intellettuale rivela alla moglie Natalia il suo dolore per la “facilità con cui le persone attorno a me perdono il gusto dei problemi generali dinanzi al pericolo personale”3.
Da vero intellettuale perché egli non abdica al dovere del ragionamento neanche di fronte alla concretezza del suo annullamento fisico; dimostra così che quel dovere non è qualcosa che riguarda solo i momenti di tranquillità.
Né Ginzburg era solo, in questo: l’operaio dell’astigiano Eusebio Giambone, che lavorò a Torino con Gramsci, fu arrestato dai fascisti e fucilato (il 5 aprile ’44) dalla Guardia nazionale fascista 4, scriveva alla moglie che il “corso della storia” non poteva essere bloccato dal terrore nazifascista.
E spiegava alla figlia: “Il tuo papà è stato condannato per le sue idee di Giustizia e di Uguaglianza”; “Per me la vita è finita, per te incomincia, la vita vale la pena di essere vissuta quando si vive onestamente, quando si ha l’ambizione di essere non solo utili a se stessi ma a tutta l’Umanità”5.
L’idea di una società fondata sulla giustizia e sull’uguaglianza diventa in uno che pure non è filosofo o letterato, filosofia viva, senza alcun distinguo e senza compromessi.
Repetita iuvant: chi era “colpevole” di combattere per la liberazione dell’Italia, prima d’essere ucciso subì terribili torture e sevizie. Ancora: il contadino Leandro Corona, di Maracalagonis (Cagliari) fu arrestato da SS italiane , processato perché “in ritardo di tre giorni sulla data di presentazione della chiamata alle armi” e fucilato dalla Gnr 6. Ed i nazifascisti trucidavano anche dei bambini 7.
In Italia simboleggia la barbarie nazista l’eccidio di Marzabotto. “Le SS si divertono a gettar bambini vivi tra le fiamme, a decapitare neonati sul seno delle mamme, a scempiar cadaveri”; Dall’8 settembre al 5 ottobre, il comune di Marzabotto lamenta 1830 morti, tra cui 5 preti.” 8
Questo con la copertura ed in vari altri casi, con l’attiva collaborazione fascista; oltre a SS italiane esistettero formazioni militari addestrate in Germania (divisioni Monterosa, Italia, San Marco, Littorio) o che comunque agivano di concerto coi nazisti (X Mas, Brigate Nere 9) che compirono anch’esse gravissimi crimini.
Nel lager della Risiera di San Sabba, presso Trieste furono sterminate 5mila persone e dirette a Buchenwald, Dachau ed Auschwitz transitarono “più di 25000.” 10 Anche qui comparivano SS italiane.
“L’ideale” nazista si fondava sulla tesi del popolo tedesco come “Herrenvolk”, popolo di signori 11; perciò guerra e genocidio sembravano sistemi logici o naturali per imporre al mondo il Nueordnung, il nuovo ordine12.
Alla fine della guerra l’Italia ebbe quasi 500mila morti, gli ebrei 6 milioni, gli zingari oltre 500mila… complessivamente, nel mondo le vittime furono 54 milioni… Ma dove esiste l’attuale democrazia (benché imperfetta) la si deve ai soldati Alleati, sovietici e ad partigiani di tutta Europa, uomini e donne che combatterono contro il nazifascismo.
Disse bene Guglielmo Jervis, ingegnere napoletano: “Non piangetemi, non chiamatemi povero. Muoio per aver servito un’idea”13.
Quale differenza tra le parole di Jervis e quelle di Mussolini, che ci trascinò in una guerra priva di ogni giustificazione ed a fianco dei nazisti; consapevole poi dell’impreparazione bellica del Paese e che con grande cinismo dichiarò che sarebbero bastate: “Poche migliaia di morti per far sedere l’Italia al tavolo della pace”…14.
1) Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana, Einaudi, Torino, 1975, p.3.
2) Lettere, op. cit., p.148; A. Milano, Storia degli ebrei in Italia, Einaudi, Torino, 1992, p.408; e tra gli ebrei italiani: “Nel 1946, le vittime accertate per deportazioni erano state settemilacinquecento e quelle per massacri in Italia, mille.” A Milano, op. cit., p.409.
3) Lettere, op. cit., p.148.
4) Ibid., p.140.
5) Ibid., p.143.
6) Ibid., p.84. La Gnr era la Guardia repubblicana fascista.
7) R. Bentivegna C. Mazzantini, C’eravamo tanto odiati, Baldini & Castoldi, Milano, 1997, pp.199, 279; R. Battaglia G. Garritano, Breve storia della Resistenza italiana, Editori Riuniti, Roma, 1997, p.110; M. Palla, Mussolini e il fascismo, Giunti, Firenze, 1996, pp.140-141.
8) R. Battaglia G. Garritano, op. cit., p.198, 199.
9) Ibid., p.222. Sulle SS italiane cfr. http://www.storiain.net/arret/num79/artic3.asp
10) Molto utile una ricerca in http://www.deportati.it/risiera_canale/default.html
11) E. Collotti, Hitler e il nazismo, Giunti, Firenze, 1996, p.110.
12) Ibid., p.108.
13) Lettere, op. cit., p.157.
14) R. Battaglia G. Garritano, op. cit., p.28; M. Palla, op. cit., pp.115-122.