Non a tutti piacciono Kafka e le sue opere: considerano noioso l’uomo e (bontà loro) noiosissime le altre.
Del resto, c’è chi la pensa così anche a proposito di Joyce e di Dostoevskij.
Naturalmente non si tratta d’Autori tra i più facili, perciò certe reazioni sono anche comprensibili.
Ma secondo me, rispetto a Joyce ed a Dostoevskij Kafka possiede una “giocosità” che gli altri due compari non hanno.
Certo, dobbiamo intenderci sul concetto di “giocosità”: una volta, in tv Lella Costa disse che mentre Franceschino Kafka leggeva agli amici “Il processo”… rideva a crepapelle! Frantzischeddu doveva avere uno strano senso dell’umorismo, dato che nel “Processo” non ho mai capito che cosa ci fosse da ridere.
Il che mi porta ad affrontare il classico tema: gli scrittori sono pazzi? Nel mio caso la risposta è semplice: modestamente, sì.
Penso tuttavia che si possa dire che molti scrittori siano pazzi, ma per scippare una battuta a Totò, non sono scemi.
Ora, nella “Relazione” mi diverte la bizzarra serietà con cui il protagonista racconta i suoi “trascorsi” scimmieschi. Io non mi sono mai sentito così… voglio dire, una scimmia? Sì, però la questione è troppo dolorosa e non voglio parlarne benché come vedete (o meglio, come leggete) l’abbia quasi fatto.
Comunque, nella “Relazione” mi piace il tono tra il divertito ed il distaccato del protagonista, l’uomo che ci introduce nella sua passata esistenza, quando osservava il mondo degli esseri umani.
Dico che tutto questo mi piace anche perché Kafka sa mantenere un certo equilibrio tra quei due “registri” ed in casi come questi, l’equilibrio è una delle cose più difficili. Infatti, si rischia spesso di oscillare tra la farsa ed il gelo.
Ed ora la finisco qua sebbene voglia continuare.