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sabato 21 maggio 2016

L'amore e la dialettica


Era passato tanto tempo da quando lei e Pietro erano stati giovani e la vita sembrava tutta una musica, una poesia, una danza, una lunga festa, anzi una gioia infinita.
Lei ricordava ogni minuto, ogni istante di quel periodo felice... le lunghe letture, le conversazioni accese ed insieme amabili, le lunghissime notti d'amore ed anche l'amore fatto nei luoghi sacri... cosa però di cui non si era mai pentita, come gli aveva scritto. Certo, scandalizzandolo.
Poi Dio aveva mostrato uno dei Suoi tanti volti: il più crudele.
Così, a vent'anni, su comando del suo amato Maestro Pietro Abelardo, prese la via del monastero.
Forse pochi avrebbero mai saputo che nel pensiero di quel profondissimo filosofo, il suo Pietro, c'era anche tanto della piccola Eloisa.
La parola dialettica non aveva forse come senso e radice la parola due? Due: un uomo ed una donna che come lei e Pietro si erano amati, insieme avevano riflettuto e con-diviso tutto.
Allora che meraviglia poteva o doveva destare il fatto che la filosofia del grande Abelardo fosse frutto anche dell'amore che l'aveva legato alla sua donna?
Ma per amor suo lei, Eloisa, era disposta a lasciare a lui tutta la gloria.
Le rondini volavano sopra le torri di Notre-Dame, si rincorrevano nel cielo disegnando figure di una geometria strana, incredibile, imprevedibile... eppure dolcissima: quasi come le poesie che le scriveva il suo Pietro, il più grande Magister (maestro) e filosofo di Parigi e forse d'Europa.
Per lei, veder scorrere la Senna era sempre un grande spettacolo. Un fiume, pensava, è davvero un simbolo del tempo... quell'acqua che scorre e va, instancabile, e che non torna più...
Smise di pettinarsi per qualche istante e pensò che doveva aver detto qualcosa di simile... chi, forse Eraclito?
Sono così, rifletté, anche la vita e l'amore: almeno quando è sincero... ogni bacio, ogni abbraccio è sempre nuovo e sempre diverso, una continua sorpresa: eccitante e confortante insieme.
E così dovrebbe essere anche la filosofia.
Prevalevano invece i saccenti, gli uomini e le donne dal cuore freddo e dalla mente piena di formule ammuffite. Vincevano i cavillatori che si ritenevano furbi: e lo erano, ma solo in quanto manica di imbroglioni... corvacci sleali che ti costringevano a giocare a carte scoperte, mentre tenevano le loro ben coperte!
Volgari anzi volgarissime cornacchie che si avventavano sul tuo cuore per beccare via ogni grammo di sentimento, viscidi serpenti che soffiavano sulla tua mente per avvelenare col loro fetido fiato ogni traccia di sincera ricerca della verità.
Ma il mio Pietro ha detto: “Dichiariamo che tutto ciò che esporremo non è verità ma ombra della verità. Solo Dio conosce ciò che è vero; io ritengo invece di dover dire ciò che è verosimile.”
E per quanto riguarda me, io accetterò qualsiasi angoletto di cielo il Signore vorrà, spero, riservarmi.
Tutto il resto non è che vanità, dolore, solitudine, equivoco, pericolo e molte volte, anche angoscia... spesso mortale.
Si tratta di pietanze che noi due abbiamo gustato ad nauseam, davvero fino alla nausea; ma l'amore e la dialettica sono cibi senz'altro migliori.
Io sono serena: accada quel che deve e soprattutto, ciò che è giusto. Solo il tempo, quel grande fiume, porterà ad ognuno il premio o la condanna.
Almeno, questo è quel che credo.


venerdì 6 maggio 2016

Nuovi pensierini dal bus


Probabilmente leggerete questo pezzo verso maggio, ma al momento è aprile: il 4.
Mi trovo su un bus, sto andando (so che non ci crederete) in biblioteca... biblio per gli amici. Sono le 18.12.
Devo effettuare il prestito interbibliotecario per ottenere il libro di Primo de Lazzari Le SS italiane. Sì, come italiani siamo riusciti a non farci mancare neanche questa infamia!
Prenderò in prestito anche un testo sulla vita di Salgari: Giovanni Arpino Giuseppe Antonetto, Vita, tempeste, sciagure di Salgari il padre degli eroi.
Pare che da qualche tempo si stia cercando di riabilitare la figura e l'opera del “capitano”, scrittore ed uomo del quale, al di là del valore letterario dei romanzi, va tutto il mio rispetto. Ma anche di questo lavoro, così come di quello sulle SS italiane, parlerò nei prossimi articoletti.
Comunque sono le 18.32 e nella mia estasi d'inchiostro, ho sbagliato fermata; sto tornando indietro per prendere il n°3.
Giornata nuvolosa, sapete? Anche calda, dicono. Ma in fondo, ci sono 18-20 gradi: io reggo benissimo fino a 35 e bene fino a 40.
La biblio che sto per abbordare è la Provinciale Emilio Lussu, che sorge sull'area che fino a qualche anno fa ospitava il vecchio manicomio... per i cagliaritani (e forse anche per gli altri sardi di qualsiasi generazione) Villa Clara. Ogni volta che mi inerpico su per la collina alla cui sommità si trova la biblio, mi prende sempre una grande, grande tristezza...
Oggi è l'8 di aprile, sono le 16.45, c'è un bel sole ma un vento piuttosto freddo. Mi piacerebbe addormentarmi su una sdraio, con un plaid e Vivaldi in sottofondo, alle cui Stagioni potrebbero unirsi l'armonica di Neil Young ed il clavicembalo di Scarlatti.
Dal balcone di casa osservo il castello di S. Michele; mi chiedo che cosa potesse pensare un medievale, che dal castello osservasse la campagna sotto di lui: che ora è città...
Sono le 17.10 o forse le 17.12. Comunque avremo altre 2 ore di luce, forse 3. Vorrei andare a passeggio cum familiam meam e poi scrivere, scrivere, scrivere: ma il lavoro scolastico è ancora tanto ed il mio senso del dovere non mi lascia in pace. Purtroppo o per fortuna!
Mi concedo solo qualche minuto per ricopiare “in bella” (sì, ho parecchio del maestrino, lo so!) queste righe e poi... di nuovo al lavoro.
Sono le 17.26 e l'8 di questo mese alias aprile finirà tra circa 5 ore e mezzo.
Comunque, buonasera a tutte, buonasera a tutti!