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sabato 24 dicembre 2016

Le mie palle di Natale


Una delle prime immagini che ho del Natale è, in effetti, una situazione: bambino, nella mia camera ed al buio, passo un dito sul vetro appannato... stupendomi del fatto che si potesse scrivere anche così.
Secondo me quella situazione rispecchia molte bene quella strana, meravigliosa ed in certo senso anche logorante esperienza della scrittura, che come diceva egregiamente Artaud, può anche essere una malattia. Ma una malattia (aggiungo io) da cui chi scrive spera proprio di non guarire mai!
Tuttavia, secondo me la scrittura equivale proprio a tracciare segni e figure su un vetro appannato: in poco tempo, i nostri dialoghi, le nostre metafore, immagini etc. etc. possono dissolversi o scomparire. Così, come volte, capita anche alla vita.
Tutto sommato, del Natale non mi dispiace neanche l'aspetto forse meno importante: i pranzi, le cene, i regali, la musica e così via.
Certo, per chi è solo e/o malato, c'è poco da festeggiare... E diciamo la verità, a loro pensiamo poco perfino a Natale.
Inoltre, questa che dovrebbe essere una grande festa religiosa e popolare, è stata trasformata in un rito consumistico.
Quanto all'essere “tutti più buoni” proprio in questa occasione... lasciamo perdere! Bisognerebbe esserlo sempre, mi pare.
Ma non voglio salire sul piedistallo di una bontà che peraltro, non posseggo.
Allora dico: il Natale può darci la possibilità di essere almeno un po' meno ottusi, indifferenti e cattivi. E sia chiaro, questo vale anche per me.
Nello stesso tempo, non voglio cadere nell'altro errore: quello cioè di fare, su questa festività, del sarcasmo: magari per sembrare un tipo realistico, “moderno” o addirittura, cinico.
Questo anno, nella letterina che ho scritto a Babbo Natale ho chiesto (da quella persona originale che sono) le stesse cose di sempre: pace, lavoro, giustizia e salute. Per me e per tutti, perché se stai bene tu mentre gli altri stanno male, allora sì che sei cinico! E sei anche qualcos'altro che per spirito natalizio, preferisco che rimanga nella mia penna...
Ultima palla di Natale: mi piace immaginare che quando saremo seduti a tavola, in qualche modo, in un modo cioè che non so spiegarvi neanch'io, ci siano anche tutte quelle persone che per malattia, età o disgrazia hanno dovuto lasciarci.
Diceva nel suo libro Utopia Thomas More che i nostri cari, solo perché muoiono, non per questo vanno davvero via: essi anzi rimangono vicino a noi. Semplicemente, non li vediamo.
Quindi, perché non pensarla così?
Questo pensiero mi sembra il modo migliore per trascorrere il Natale o almeno, tutt'altro che una palla di Natale.




domenica 18 dicembre 2016

"Caino", di Josè Saramago


Si tratta di un romanzo dello scrittore portoghese e premio Nobel per la letteratura 1998 J. Saramago (1922-2010). Il suo Caino è un uomo che benché non sia certo fiero d'aver ucciso il fratello, è fortemente turbato dalla “giustizia” del Signore.
Nel denunciare quella giustizia, il Caino di Saramago discute con Dio a per tu e spesso, dal testo, spunta un umorismo sottile e gustoso.
Per es. il primo battibecco tra Adamo ed Eva, dopo la cacciata dal Paradiso terrestre, mette in luce una donna per niente sottomessa al marito...
“Su ciò che il Signore possa o non possa, non sappiamo niente.” (Adamo).
“In tal caso, dovremmo forzarlo a spiegarsi, e la prima cosa che dovrà dirci è il motivo per cui ci ha fatto questo e a che scopo.” (Eva).
“Sei matta.”
“Meglio matta che paurosa.”
“Non mancarmi di rispetto”, gridò Adamo, “io non ho paura, non sono pauroso.”
“E io nemmeno, dunque siamo pari, non c' è altro da discutere.” (Eva).
“Sì, ma non ti scordare che chi comanda qui sono io.”
“Sì, è ciò che ha detto il signore”, convenne Eva, e assunse l'aria di chi non aveva aperto bocca.
In seguito Eva si sente davvero bene perchè: “Sperimentava, nello spirito, qualcosa che forse era la felicità, o che almeno somigliava molto alla parola.”
Ecco: la parola, che in greco si dice logos, termine che significa anche ragione.
Vi è poi della simpatica malizia quando lei, che insieme allo sposo muore proprio di fame, va a cercare del cibo alle porte del Paradiso... ed avviene una sorta di seduzione da parte del cherubino di guardia. O fu Eva a sedurre lui?
Comunque: “Quando Abele nascerà, tutti i vicini si stupiranno del roseo biancore con cui è venuto al mondo, come se fosse figlio di un angelo, o di un arcangelo, o di un cherubino, non sia mai.”
I rapporti poi tra Caino ed Abele saranno pessimi. Abele parla di sé come di un essere superiore e le sue offerte al Signore sono sempre accettate alla grande; quelle di Caino, invece... L'Abele di Saramago, più che una povera vittima innocente, sembra un dannatissimo Gastone: sì, proprio il rivale di Paperino. Vien voglia di spaccargli la faccia, o la testa.
Dio scopre Caino che però Lo accusa d'aver permesso il fratricidio. La contro-accusa di Caino è insidiosa, così Dio non lo punisce riconoscendo la sua “parte di colpa” nella morte di Abele e col segno che gli imprime sulla fronte, gli garantisce che nessuno gli farà del male.
Da quel momento Caino attraversa vari luoghi e si imbatte in diversi personaggi di primo piano: Lilith, bella e focosa; Noè con la sua famiglia; la torre di Babele; Abramo; Sodoma e Gomorra, Lot e sua moglie; Giobbe ecc. ecc.
A proposito di Sodoma e Gomorra, Caino osserva che sì, da quelle parti non si trovava un solo giusto: ma nella loro distruzione furono massacrati anche i bambini. Perché?
Il romanzo prende di mira anche la giustizia umana: per es. la condanna a morte di uno “schiavo traditore” non deve turbare Lilith, in dolce attesa. Così: “Il risultato fu una sobria esecuzione per impiccagione davanti a tutta la popolazione della città.”
Troviamo anche delle questioni sociali: per es., Caino va in cerca di lavoro come pigiatore di argilla.
“Quanto guadagnerò”, domandò Caino.
“I pigiatori guadagnano tutti uguale.”
Ma io, quanto guadagnerò.”
“Questo non riguarda me, in ogni caso, se vuoi un buon consiglio, non domandarlo subito, non è ben visto, per prima cosa devi dimostrare quanto vali, e ti dico anche di più, non dovresti domandare niente, aspetta che ti paghino.”
“Se pensi che sia meglio, farò così, ma non mi sembra giusto.”
Qui non conviene essere impazienti.”
Piuttosto attuale, no?
Mi fermo qui perché il romanzo, sebbene di sole 142 pp., è molto divertente e nello stesso tempo, profondo. Non gustavo da molto un libro così...