Chi vuole ascoltare Dylan deve essere disposto ad ascoltarlo davvero. Puoi ascoltare altri senza dannarti troppo l’anima: la loro musica è gradevole, i loro testi non male; il che risulta più piacevole che stare 2-3 ore in coda all’ufficio postale. Con Dylan è diverso. Dylan è esigente. Gli altri si fanno ascoltare; lui no.
Ora, non è che se compri un cd del Bob decida lui tempi e modalità dell’ascolto. Comunque con lui non devi accendere solo lo stereo; per la sua musica devi mettere in moto orecchie, piedi, testa e cuore. Altrimenti Dylan ti sfugge.
Veniamo a Modern times: un disco che è una grande sintesi della miglior musica americana… rock, blues, jazz e che contiene echi di vaudeville, orchestre ed anche qualcosa di chapliniano… nel mix di stupore e disincanto che lo attraversa. L’esplicito riferimento del disco al capolavoro di Chaplin è quindi più che legittimo.
Modern, per me il miglior disco del Bob da parecchi anni si “apre” con Thunder on the mountain, un trascinante rock-blues in cui è stato scorto lo spirito di Johnny B. Goode di Chuck Berry. Infatti le chitarre di Stu Kimball e Denny Freeman guidano Thunder in un modo che fa ballare anche i morti. Ne parlavo ieri ad una mummia del V sec. …che sta ancora ballando!
L’attacco della canzone: una sontuosa chitarra blues. Poi il pezzo parte con un ritmo incalzante almeno quanto quello della Highway 61 che Dylan rifece con Mick Taylor. Ma forse Thunder è più agile: la voce del Bob scorre meglio, il suono è molto compatto, la band sembra che suoni con lui da secoli.
Thunder on the mountain cioè “tuono sulla montagna.” Molte culture e religioni associano al tuono l’idea di potenza della natura e manifestazione del divino. Talvolta nell’Antico Testamento Dio si fa “annunciare” da tuoni e lampi e lo stesso Cristo dice d’essere venuto “a portare il fuoco sulla terra” (Matteo 12,49). Dylan gioca spesso con simboli religiosi.. in Shelter from the storm (1975) afferma che una donna gli tolse la crown of thorns, corona di spine e che In a little hilltop village they gambled for my clothes, in un piccolo villaggio in cima a una collina si giocarono i suoi vestiti. Chiari i riferimenti alla Passione e Morte di Cristo.
Ai tempi della Rolling Thunder Revue (metà anni ’70) un giornalista chiese al Bob. “Perché Rolling Thunder Revue?” Lui narrò che un giorno stava pensando al nome da dare al tour quando sentì un tuono perciò, disse: “Tuono che rotola, mi sembrò il nome giusto.” Il giornalista osservò che quello nel linguaggio dei pellerossa significava la verità che parla. Ma forse Dylan lo sapeva già…
Bene, fin dall'inizio tutta la canzone è una successione di immagini concrete e visionarie: si nomina the art of love, l’arte dell’amore; cenno all’Ars amandi di Ovidio?
Il protagonista vuol riconquistare la sua donna; ma pensa alla giovane e bella Alicia Keys. Vorrebbe “reclutare” il suo “esercito negli orfanotrofi”, I’ll recruit my army from the orphanages ma dice d’essere andato “alla chiesa di St. Herman e d’aver pronunciato i voti”, I been to St. Herman’s church and I’ve said my vows; poi annuncia disinvolto che ha “succhiato il latte di un migliaio di mucche”, I’ve sucked the milk of a thousand cows: rima irriverente tra vows, voti e cows, mucche.
Intanto il tuono continua a rotolare mentre la gente fugge in massa: sta per scatenarsi una tempesta, un attacco terroristico, un’ondata di follia collettiva o che altro? Dylan, divertito e sarcastico, non risponde; già in Jokerman (1983) cantava you don’t show any response. Al Bob piace raccontare delle storie, non offrire risposte o responsi.