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domenica 25 luglio 2010

Woland, il simpatico Diavolo di Bulgakov (parte prima)


Nel romanzo di Bulgakov Il maestro e Margherita Woland è il Diavolo. Un Diavolo certo perfido, crudele, sottile ragionatore, poliglotta eppure… simpatico.
A dire il vero, Woland non fa niente per risultare simpatico e se vogliamo, non lo è davvero. Ma riesce a sembrarlo, anche perché si presenta e si comporta con apparente naturalezza, non forzando (o almeno non in modo pesante) gli altri personaggi ed i lettori a pensarla come lui.
Farebbe piacere incontrare, magari su una panchina di un parco o al bancone di un bar il Woland/Satana: discuterebbe con noi di filosofia in modo amabile e con linguaggio chiaro, lontanissimo quindi dal gergo degli specialisti.
Berrebbe qualcosa senza farsi pregare e ci informerebbe, premuroso, della nostra futura e tragica fine… Così come fa nel romanzo con Berljoz, annunciandogli “forte e contento”: “Lei sarà decapitato!”1
Comunque a questo mondo e forse anche nell’altro ci sono tante persone originali, no?
Certo, uno deve stare attento a parlare del Diavolo: soprattutto se (come Bezdomnyi) chiama la polizia e dice: “Qui parla il poeta Bezdomnyi, dal manicomio.”2 Del resto, è arduo non finire in manicomio quando si parla di qualcuno che ha conosciuto Ponzio Pilato o che si sa che faceva colazione con Kant.3
Ora, la naturalezza ed apparente semplicità del Diavolo bulgakoviano si trova ancor più nel romanzo. Ricordo che a 12-13 anni trovai in un’antologia di letteratura alcune pagine del 2° cap. de Il maestro e Margherita, quello in cui Pilato interroga Gesù per la prima volta.
Ricordo la sensazione di pace e l’interesse che provai nel leggere quelle pagine così profonde, confortanti e chiare, quindi tanto lontane dalle spiegazioni aride e cupe di insegnanti, catechisti ed adulti in genere.
Merito di Bulgakov, naturalmente, che con uno stile letterario classico ma non retorico né astruso seppe conquistare un ragazzino.
Poi certo vendetti (come Pinocchio!) quell’antologia e dimenticai il nome dell’A. ed il titolo del romanzo. Ma il ricordo di quelle pagine lette dal 12 o 13enne che fui non mi lasciò più.
Un romanzo, Il maestro e Margherita che mescola tra loro con diabolica bravura piani spazio- temporali molto differenti.
Infatti, Bulgakov alterna la Gerusalemme dell’epoca di Gesù alla Mosca degli anni ’30 del XX secolo e ci porta in luoghi fuori dallo spazio e dal tempo.
Ma egli affronta anche temi e situazioni molto terrestri (adulteri, furti, omicidi) tratta questioni filosofiche, teologiche, descrive atti e rituali di magia nera, si lancia nella satira contro il potere ecc.



Note

1) Michail Afanasevic Bulgakov, Il maestro e Margherita, Bur, Milano, 2006, p.39; per l’effettiva fine di Berljoz cfr. M.A. Bulgakov, Il maestro e Margherita, op. cit., pp.74-75.
2) M.A. Bulgakov, op. cit., p.103.
3) Ibid., p.36.

martedì 6 luglio 2010

Conversazione lugliolina col mio Interlocutore Immaginario


Era una mattina di luglio; del 6 luglio, per la precisione. I gabbiani svolazzavano; a volte sembra che non sappiano fare altro…forse perché sono uccelli.
Mi compiacqui di questo pensiero: benché non me lo dicesse nessuno, ero una persona molto intelligente, con frequenti punte di genialità.
Ma forse non me lo diceva nessuno perché non lo ero.
Comunque, se capivo almeno questo, la cosa doveva significare che non ero esattamente un mentecatto (ma forse questa è un'affermazione azzardata).
Insomma, nella vita uno deve sapersi accontentare: anche del proprio, insignificante valore; magari, un giorno o l’altro riesce a valere qualcosa.
Per esempio, mica Beethoven immaginava che sarebbe diventato un grande; quando l’ho conosciuto io, era un ragazzetto insignificante. Non sapeva neanche fischiettare un salmo in maniera decente!
E Kant? Ricordo che una volta Woland, il simpatico Diavolo di Bulgakov gli disse: “Professore, lei si farà ridere dietro!”
Ma poi, il ragazzo ha scribacchiato qualcosa di sopportabile.
Lui e Ludovico Van Bee insistevano con me perché scrivessi o componessi. Ma non ho mai avuto fiducia in me stesso; alla fine, lascio sempre perdere.
Cercai una panchina e stranamente, la trovai. Sedetti. Arrivò il mio Interlocutore Immaginario; la sua aria di sicurezza mi diede (come sempre) sui nervi.
“Ciao Riccardo, come va?”
“Mah… così così. Senti, andiamo a fare un giro? Ho la macchina qua vicino.”
“Ma tu”, osservò, “non guidi.”
“E’ vero, ma se è per questo tu non esisti: eppure parlo con te. Quindi…”
“Va bene, Ric, dammi solo il tempo di chiamare Pamela Anderson oppure zia Gesualda.”
“A quest’ora non le trovi, sono andate a fare la spesa. Su, non farmi perdere tempo… in macchina ho 3 cd dei Rolling Stones.”
I.I. mollò sia Pamela che Gesualda. Bravo tipo, quell’I.I.: forse perché non mi somiglia molto.
Io sembro un bravo ragazzo ma in realtà sono un tipaccio: l’anno scorso ho ucciso 2 scarabei senza versare una lacrima.
Certo, ho anche sterminato a colpi di pancia una gang di narcotrafficanti colombiani; ma quella è stata ordinaria amministrazione.
Partii sgommando… per essere uno che non aveva mai guidato, guidavo con la sicurezza criminale di un tamarro cresciuto nei bassifondi di Los Angeles, California.
I.I. estrasse il suo dispositivo per la preparazione della camomilla al cactus, ma gridai: “Metti via quella roba! Odio la droga!”
“Obbedì balbettando: “Non… non ti conoscevo così selvaggio.”
“Ho passato molti momenti difficili sia come aiuto-lavapiatti che come ricettatore di scaldabagni arrugginiti. E la cosa mi ha indurito. Adesso chiama la fidanzata di Kafka. Subito!”
“Ma è morta da decenni.”
“Questo non è un problema mio…”, sogghignai minaccioso.
Non sarò mai stato un tipo molto intelligente, ma di sicuro sono uno che sa farsi rispettare. L’unica seccatura è quella maledetta mancanza di fiducia in me stesso.
Comunque, quel dannato I.I. avrebbe dovuto abbassare la cresta, accidenti! L’avevo tagliata a galli molto più duri di lui.