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giovedì 21 maggio 2015

Lucia e Gertrude


Questo è un semplice canovaccio, una traccia per delle lezioni sul Manzoni.
Da qui il carattere volutamente schematico, forse anche semplicistico dello scritto.
Perciò, abbiate pazienza!

Si tratta di due figure di donna che si pongono tra loro in in rapporto di netta antitesi, di forte contrapposizione... e questo sotto vari punti di vista.
Intanto, Lucia è una giovane, giovanissima donna: una ragazza o poco più.
Possiamo invece ritenere che Gertrude (la “monaca di Monza” e che Manzoni chiama anche “la signora”) sia una donna matura, ma non anziana: potrebbe avere un'età compresa tra i 40 ed i 50 anni.
Del resto, nei Promessi sposi il “barocciaio” (colui che guida il baroccio, sorta di carro) che scorta Lucia e sua madre al monastero1, dice della Signora: “Non è che sia la badessa, né la priora; che anzi, a quel che dicono, è una delle più giovani.”2
Dunque tra Lucia e Gertrude esiste una forte differenza di tipo anagrafico. Inoltre, Lucia è una donna del popolo; in più, è lombarda.
Gertrude appartiene ad una famiglia nobile e d'origine spagnola.
Sempre il barocciaio, infatti, afferma: “I suoi del tempo antico erano gente grande, venuta di Spagna, dove son quelli che comandano; e per questo la chiamano la signora (…); e i suoi d'adesso, laggiù a Milano, contan molto, e son quelli che hanno sempre ragione.3
Qui troviamo quindi delle differenze anche di tipo sociale e di gestione del potere: la Lombardia del '600, infatti, era un dominio spagnolo (come del resto buona parte del sud-Italia, Sardegna e Sicilia incluse).
Lucia è una donna molto religiosa, ma conosce pochissimo il mondo, gli uomini, il potere, la vita in generale.
Gertrude ha subito la religione e soprattutto la vita monacale, che le è stata imposta dalla famiglia. Vive la religione con una certa insofferenza o con scetticismo, perché per lei è sinonimo di clausura forzata.
In monastero conosce la passione amorosa. Arriva addirittura al punto di rendersi complice di un omicidio: è il caso della conversa (laica che provvedeva a servizi e lavori manuali in convento), con cui Gertrude ha un'aspra discussione. La conversa affermò che: “Lei sapeva qualche cosa e, che a tempo e a luogo, avrebbe parlato.”4
Il qualche cosa era la storia tra Gertrude e l'amante, Egidio.
Altre differenze quindi tra Lucia e Gertrude sono di tipo religioso ed erotico. Per Lucia l'amore era regolato dalle norme della Chiesa e col suo Renzo, si manteneva in stato di totale castità.
Le differenze dunque tra le due donne sono notevoli: Lucia si presenta quasi sempre come il classico personaggio piatto, nel senso che la critica letteraria assegna a questo tipo di personaggi; qualcuno cioè che nel corso della narrazione, non presenta reali cambiamenti per quanto riguarda il comportamento, il carattere, il pensiero, il linguaggio ecc. ecc. e che quindi tende sempre ad una certa uniformità.
Sempre nell'ottica della critica letteraria, Gertrude appare invece come un personaggio a tutto tondo: da laica a monaca (benché contro la sua volontà), da monaca a donna che pecca gravemente, a figura che “s'era ravveduta”5 (convertita) fino ad assumere quasi i tratti della santa.
Ma per non essere troppo severi con Lucia, dobbiamo riconoscere che il Manzoni attribuisce il merito del sugo (il senso) del romanzo tanto a Renzo quanto a lei.
Infatti Lucia, dopo aver sentito ripetere più volte da Renzo quel che lui aveva imparato da tutte le loro vicende (in sostanza, il valore della prudenza), obietta: “E io_ disse un giorno al suo moralista, _ cosa volete che abbia imparato? Io non sono andata a cercare i guai: son loro che son venuti a cercar me.”6
E qui, Lucia tocca un punto molto complesso: il problema del Male, che spesso risparmia i malvagi, ma travolge gli innocenti. Qui, davvero Lucia dimostra una maturità di pensiero che da una come lei non ti aspetti.
Inoltre, lei rivela anche un sottile senso dell'umorismo quando rivolgendosi a Renzo, lo punzecchia così: “Quando non voleste dire, _ aggiunse, soavemente sorridendo, _ che il mio sproposito sia stato quello di volervi bene, e di promettermi a voi.”7
Alla fine gli sposi arrivano alla seguente conclusione, cioè che: “I guai vengono bensì spesso, perché ci si è dato cagione”8 cioè per nostra responsabilità.
“Ma che la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli lontani; e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore. Questa conclusione, benché trovata da povera gente, c'è parsa così giusta, che abbiamo pensato di metterla qui, come il sugo della storia.“9
Questa è la tradizionale visione religiosa della vita che il Manzoni, ormai lontano dagli ideali illuministi della giovinezza, arrivato all'età matura abbraccia in pieno.
Accoglierà quella visione anche la convertita Gertrude: anche se penso che la sua figura e quella di Lucia vadano valutate nello sviluppo di tutto il romanzo, non solo in base al suo finale.


Note

1 Alessandro Manzoni, I promessi sposi, a cura di Enrico Ghidetti, Feltrinelli, Milano, 2014, cap.VIII, p.107.
2 A. Manzoni, I promessi sposi, op. cit., cap. VIII, p.107.
3 A. Manzoni, i Promessi sposi, op. cit., p. VIII, p. 107. I corsivi sono miei.
4 A. Manzoni, I promessi sposi, op. cit., cap. X, p. 134.
5 A. Manzoni, I promessi sposi, op. cit., cap. XXXVII, p.457.
6 A. Manzoni, I promessi sposi, op. cit., cap. XXXVIII, pp.471-472. Il corsivo è mio.
7 A. Manzoni, I promessi sposi, op. cit., cap. XXXVIII, p.472. Il corsivo è mio.
8 A. Manzoni, I promessi sposi, op. cit., cap. XXXVIII, p.472.

9 A. Manzoni, I promessi sposi, op. cit., cap. XXXVIII, p.472. Il corsivo è mio.  

sabato 16 maggio 2015

Quando il calcio si avvicina all'arte


So che questo titolo vi sembrerà delirante: che legame, vi chiederete, ci sarà mai tra il calcio e l'arte?
Sta a vedere, penserà qualche mio ex-collega di facoltà, che questo qui crede che Michelangelo sia stato un attaccante della Fiorentina, o che Dostoevskij sia il portiere dello Zenith di S. Pietroburgo. E così via.
No, in realtà non sono così rimbambito; be', magari lo sono, ma non in cose come queste.
Torniamo quindi all'oggetto di questo post: la vicinanza tra calcio ed arte. Qualche giorno fa ho seguito in tv la semifinale di andata della Champions League, Barcellona-Bayern Monaco.
Ora, io (benché latino), preferisco il calcio nord-europeo, soprattutto quello olandese, inglese e tedesco. Certo, non possiede la nostra fantasia, ma a me piacciono la velocità,, i cross, il pressing, i tackles (contrasti), i tiri da lontano, l'arrembaggio: insomma, lo sport che si fa rock 'n roll. Sono un romantico, lo so.
Comunque il calcio olandese, a partire da Sua Immensità Johannes Cruijff, ha rivoluzionato il calcio moderno: anche quello latino.
Inoltre, mi annoia tutta questa enfasi sui blaugrana: si potrebbe dire rossoblu, no? In ogni caso, mio figlio li adora. Vabbe'.
I bavaresi hanno chiuso il 1° tempo sullo 0-0: uova fritte, così descriveva questo punteggio il mio ironico padre.
Inizia il 2° tempo. Il Bayern, intelligentemente, evita di farsi schiacciare nella propria metà campo, dalla quale anzi esce spesso, ricacciando i catalani indietro di alcune decine di metri. Ma se non erro, gli uomini di Monaco non hanno mai prodotto vere occasioni da gol.
Al contrario, i temibili barcellonesi hanno “punto” varie volte.
Eppure, questo anche grazie all'antipaticissimo (per me) ma bravissimo (per parecchi, sottoscritto incluso) Neuer, il portiere del Bayern, il punteggio non si schiodava dallo 0-0.
Finché, come in una favola calcistica, l'orologio non arrivò a toccare i ¾ di partita: eravamo insomma arrivati al 75° minuto; ne mancavano solo 15 alla fine del match. Il gioco catalano, fatto di una sapiente ma essenziale ragnatela di passaggi e di micidiali verticalizzazioni, ogni tanto sembrava sfiorare il gol.
Ma una perfida fattucchiera bavarese, che regna da secoli sulla Foresta Nera, tramava diabolica contro la classe cristallina degli esorcisti catalani.
Però al 77° minuto il pallone fu raccolto dai piedi di Messi, il magico Leo. Egli, benché abbia avuto i piedi baciati dalle Muse del calcio e sebbene in possesso di finte e dribblings ubriacanti come il nettare e l'ambrosia degli Dei, non tentò lo slalom.
No, figli miei; no, figlie mie.... egli tirò.
Trovandosi ai 16-18 metri, diede appena uno sguardo alla porta, dove l'arcigno Neuer (da autentico nibelungo) vigilava e presa la mira, con disarmante disinvoltura tirò in porta. E segnò.
Il volo della sentinella del bunker tedesco si rivelò inutile: il pallone, ben angolato ma soprattutto calciato con somma maestria, filtrò tra gli insuperabili rovi della foresta monacense, andando a riposare (soddisfatto e beffardo) in fondo alla rete.
Barcellona 1, Bayern 0.
Si scatena, sugli spalti e sul campo, la gioia di tifosi e giocatori.
Ma non era ancora finita: l'1-0 lasciava ai discendenti di Beckenbauer ancora molta, troppa speranza (in vista del match di ritorno). Occorreva dunque un nuovo miracolo.
Correva così il minuto 79 quando San Leo ricevette il pallone sulla fascia destra; se lo portò avanti con indifferenza. L'argentino, con gaucha sicurezza, arriva in area, “punta” il pur bravo Boateng, con una finta lo butta letteralmente a terra e col destro pennella un pallonetto rinascimentale che lascia Neuer di stucco, di sale e così via.
Barcellona 2, Bayern 0.
Ora, dovete sapere 2 cose... la prima: Messi è mancino, proprio come me e Gigi Riva. La seconda: quando in una semifinale ti trovi sul 2-0 contro un Bayern, la cosa più sensata da fare è controllare il risultato, per affrontare il ritorno con una certa tranquillità.
Ma i folletti catalani decidono di continuare a giocare, così al 94°minuto, è arrivato anche il 3° gol: firmato da mago Neymar che trovandosi a tu per tu con Neuer, lo ipnotizza e piazza un rasoterra quasi irridente, nella sua apparente semplicità.
Barcellona 3, Bayern 0.
Certo, tra i bavaresi mancavano Ribery e Robben. Ma forse, la settimana scorsa, non avrebbero potuto fare molto neanche loro.
Il ritorno a Monaco è finito 3-2 per il Bayern perciò il Barcellona incontrerà nella finale di Berlino la Juventus. Francamente, quel giorno non vorrei essere nei panni dei bianconeri...