mercoledì 31 dicembre 2014
I miei possibili, passabili ed impossibili anni
Bambino di 6 anni o poco più
affrontavo il gelo degli inverni
scrutando il cielo
e disegnando o scrivendo con le
dita
sui vetri della mia finestra.
Bambino che veleggiava verso il
suo futuro da ragazzino
vidi una miniera
che sorgeva tra le agavi ed il
mare,
la vidi soltanto
o ci entrai per visitarla
ma iniziai ad intuire qualcosa.
Cominciai a capire
sentendo la voce stanca ma
appassionata di mio padre
parlarmi di camionette della
polizia
che travolgevano operai e
dimostranti...
mi trovavo sulla strada
che conduceva da quella del
ragazzino che ero
a quella
dell'uomo che sarei diventato.
Per molto tempo le fiamme
dell'Inferno ed il loro terrore
sono state mie fedeli e purtroppo
corrisposte amanti,
molto tempo dopo iniziai a
liberarmene
ma dovevo ancora perfezionarmi
nel mestiere dello spiritual
pompiere!
Il 1973 è stato un bell'anno...
oserei dire felice
ma
non certo nel Cile del maledetto Pinochet!
Il
1977 sulle strade e nelle piazze d'Italia
è
stato di piombo
ma
dentro io mi sentivo di legno.
Il
1789 è stato un grandissimo anno,
ma
so che
bisogna
lavorarci sopra sempre:
deve
essere 1789 tutti i giorni, tutti gli anni.
A
mezzanotte Robespierre mi citofona...
è
un po' alticcio.
Gli
dico:
“Max,
Maximilien, se hai con te delle donne
ricorda
che sono un marito felice.”
Lui,
ridendo:
“E
sei sicuro che lo sia anche tua moglie?”
Ma
quando sale da me
ha
con sé solo tre damigiane di sidro:
niente
mesdames né
mademoiselles, nessuna
chatte, nessuna gatta.
Accendiamo
la tv e scoliamo il sidro,
Max
perde il suo senso dell'umorismo
solo
quando l'Austria Vienna segna un gol
contro
il suo amato Paris St. Germain... ah, putain!
Oggi, 31
dicembre 2014 mi trovo ancora qui,
un professore
& una specie di scrittore
che insegna
stimolanti e preziosissime verità
a ragazzi cui
interessano
quanto un
pezzo di fango secco,
eppure sono
ancora qui
a sognare
tamburi, sax e chitarre nella notte:
con
un'armonica in una mano
un libro in un
piede
ed una
tagliente ma dolcissima penna nell'altra mano.
Aspetto il
nuovo anno
sperando che
porti vita, salute, lavoro, musica,
amore e gioia
e sogni di una
giustizia che non resti
sempre e
soltanto un sogno
ma che diventi
incubo per gli ingiusti,
aspetto il
nuovo anno
sperando che
ci si rimetta in marcia tutti quanti
per costruire
un mondo
che non sia
più un orrendo miscuglio
di caserme,
carceri, manicomi e sacrestie medievali.
Perciò
stappiamo tutti una bella bottiglia
ed alla salute!
Spediamo
l'amarezza ed il dolore sulle lune di Saturno
perché non è
da lunatici
sperare e
lottare per un mondo ed un vivere
un po' meno
immondi...
be', crepi
l'avarizia: per niente immondi!
mercoledì 24 dicembre 2014
La miglior-peggiore bevanda di Natale
Il pasticciaccio è cominciato
qualche anno fa.
Camminavo al tramonto su e giù
per il porto di Cagliari, pochi giorni prima di Natale, ridendo delle
luci e dei canti, dei sorrisi e della falsa allegria della gente.
Odiavo quella
allegria ma odiavo molto di più la prospettiva che potesse essere
vera: la sola realtà
che amo è il dolore..
quello che provano i lavoratori, gli immigrati, i vecchi, i
disoccupati, gli orfani, i malati, i galeotti; insomma, gentaglia del
genere.
Be',
ad un certo punto un tipo con la sua dannata barba bianca mi ha porto
una fiaschetta dicendo: “Bevi, figliolo.”
Pensavo
che fosse uno di quei vecchi marinai che si ostinano ancora a cercare
un imbarco e che io ed i miei amici ci divertivamo a torturare... ma
sbagliavo: perché dopo pochi sorsi, quella bevanda (che sapeva di
pino, miele, neve, ed acquavite) mi fece venire una strana voglia.
Così
corsi in consiglio regionale, chiesi la parola ed anche se ormai non
ero più sindaco da anni ma amministratore delegato della Dermud,
confessai; dissi tutto dei falsi in bilancio, dei pestaggi di operai
e sindacalisti camuffati da “scontri” con la polizia, vuotai il
sacco sui ricatti sessuali cui costringevamo le dipendenti, rivelai
la vecchia storia dei marinai le cui torture era possibile scaricare
da internet, ovviamente a pagamento.
Le
prove che fornivo erano così schiaccianti che perfino i miei
complici di abusi, torture, cocaina e sfruttamento dovettero ordinare
il mio ed il loro arresto seduta stante.
Qualcuno
venne a trovarmi in carcere. Il vecchio dalla fiaschetta maledetta me
ne fece trovare un'altra: la passai in giro... e ricominciò la
schifosa mania dell'onestà e della verità!
In
poche ore, solo in Sardegna, furono arrestate centinaia tra
consiglieri regionali e provinciali, alti ufficiali dell'esercito e
della polizia, avvocati, amministratori delegati, prefetti, vescovi,
commercialisti, banchieri...
Come
se fosse un vampiro,
ogni bevitore di verità sentiva
il bisogno di costringere altri a bere quella tremenda bevanda!
La
follia del confessare arrivò fino a Roma: il governo crollò in 3
ore e 5 minuti.
Il
presidente della repubblica si autoaccusò in diretta tv di
tradimento della Costituzione, frode fiscale, accordi con la neomafia
e tentato golpe.
Fu
però salvato dall'accusa di fabbrica clandestina di acquavite:
quello era era un reato mio,
al quale ero molto affezionato!
Venne
a trovarmi in carcere la cancelliera tedesca Teufelin von Blut... con
un antidoto, che però non funzionò. Un secondino le offrì un
goccetto e tra le tante, pessime cose che la von Blut confessò,
saltò fuori la prossima costituzione di un “partito postnazista”
e la soppressione del parlamento europeo, che sarebbe stato appunto
sostituito “per circa 30 anni” da quello tedesco.
Fu
assassinata dal direttore della Cia, che voleva impedire a quello del
Fmi di dire quel che sapeva su certi golpe, fondi neri ecc.;
purtroppo, quando si spara, il fuoco amico esisterà sempre.
Ma
ha fatto veramente scalpore la notizia di alcuni scontri a fuoco,
avvenuti in piena Wall Street, tra bande di mafiosi, massoni,
banchieri ed analisti finanziari.
Oggi,
23 dicembre, il presunto Santa Klaus è in volo verso New York; si
prevede il suo atterraggio sul tetto della Grand Central Station per
le 22 del 24. Inoltre, egli ha indetto una riunione all'Onu (ore 23
circa) con tutti i leaders della Terra; quei pochi ancora a piede
libero.
Nel
recarsi al Palazzo di vetro qualcuno gli ha urlato: “Babbo
Natale, tu non esisti!”
E
lui: “Se è per questo, caro Mattia Cenci, fino a poco fa c'era chi
pensava che non esistessero neanche i diritti dei lavoratori e della
povera gente. Vergognati, giovanotto!”
Così
Babbo Natale è stato scortato da una pattuglia di poliziotti-gospel
all'Onu, dove parlerà tra non molto.
Ma
abbiamo una notizia d'agenzia. Il maledetto ha dichiarato pochi
secondi fa: “Cari amici e care amiche, l'effetto della mia
grappetta durerà pochi altri giorni. Cominciate ad inventarvi
qualcos'altro, non potete affidarvi sempre a Babbo Natale...”
giovedì 18 dicembre 2014
Pasticciando sulla musica medievale
Secondo me la musica medievale
possiede una musicalità molto particolare, un ritmo cioè che anche
nei brani più veloci, ha la capacità di rallentare,
contrarre, in qualche
modo sospendere il
tempo.
Non
a caso, sia certa letteratura colta del M. E. che molti miti e
leggende appunto del Medioevo ci consegnano il racconto di persone
letteralmente infatuate dalla
musica e soprattutto dalla danza:
infatuate proprio nel senso di persone colpite da un sortilegio o da
un incantesimo lanciato loro da una fata o
da una strega.
Per
esempio, (questo si trova anche in Sardegna) leggiamo o sentiamo di
persone che una volta entrate nel cerchio davvero magico
della musica, sono poi costrette a ballare in tondo e da quel
cerchio, in teoria per secoli,
non potranno uscire se non per un intervento esterno... un intervento che potremmo definire quasi
miracoloso.
Talvolta
tramite la musica si tenta addirittura di ingannare la
morte: questo è stato ben
intuito e rappresentato da Branduardi nel brano Ballo in fa
diesis minore, peraltro
introdotto dalle launeddas
(strumento e canne tipicamente sardo) suonate dal maestro Luigi Lai,
che hanno un suono direi ipnotico.
Dall'ascolto
della musica medievale ho ricavato questa impressione, come tale del
tutto soggettiva, personale: si tratta di una musica che a differenza
di stili moderni come il rock, il blues, il reggae, il jazz, il rap,
la techno o come la stessa musica melodica e la canzone d'autore,
prevede un uso massiccio sia del
ritmo sia della
melodia.
Invece,
io penso che ognuno degli stili citati sia prevalentemente ritmico o
prevalentemente melodico.
La
musica del M.E. no, al suo interno troviamo un ritmo incalzante,
martellante. Al contempo, da essa si libera una melodia davvero
armoniosa e che rilassa stupendamente.
Io
ascolto spesso il disco Canti d'amore al tempo dei
trovatori, dell'Ensemble
musicale il Monocordo: se
potete, cercatevelo; è un ottimo esempio di quello che ho tentato di
dire.
Al
momento non mi sento in grado di parlarvi adeguatamente degli
strumenti che si
utilizzavano nella musica medievale, ma a livello generale posso
dirvi che i suoi canti, le sue ballate ed anche i pezzi strumentali,
ricordano un po' la musica orientale.
Del resto, uno strumento a fiato come per es. la ciaramella,
probabilmente aveva origini arabe o egizie.
Ma
i nostri amici medievali sapevano anche imprimere alle loro melodie
un ritmo trascinante, nel cui cuore pulsavano le percussioni.
Beh,
per oggi basta così.
Alla
prossima!
venerdì 12 dicembre 2014
Sorella Povertà
I suoi
frati... strano, ormai questa parola gli sembrava sempre più
lontana dall'idea e dalla pratica della fraternità.
E comunque
l'aveva detto loro chiaramente: non dovrete avere beni personali, l'Ordine non deve possedere ricchezze, terreni né edificare
grandi chiese o monasteri. Un pazzo… buono, pio, puro, tutto
quello che si voleva: ma pur sempre un pazzo, ecco che cosa era per
tanti.
Ma negli
ultimi tempi lui, Francesco, iniziava a vedere sempre più chiaro nel
futuro... ed in quello vedeva l'oro, l'argento, il velluto, la
seta, le pietre preziose, i terreni, le case, le opere d'arte: fiumi
anzi mari di ricchezze che affluivano a quei conventi che avrebbero
dovuto essere rifugi di poveri, operai e mendicanti.
Vedeva tutto
questo ed insieme, come un ronzio che si faceva sempre più forte,
fino a diventare frastuono, chiasso insopportabile, rimbombo odioso
ed assordante, sentiva le motivazioni di questo volgare anzi
diabolico arricchimento...
“E' tutto per la maggior gloria di Dio. E'
per garantire sostentamento anche al povero. E' per aiutare i potenti
ad essere umili. E' per cambiare il cuore del ricco. E' per
annunciare meglio il vangelo.”
Ma perle,
quadri e zaffiri potevano spacciare per vera la conversione di
uomini e donne che sdraiati su letti di scandalosa
ricchezza e di decadente lussuria, si godevano le sofferenze della
povera gente?
Non gli
piaceva neanche questa gara nell'erudizione che secondo lui,
dimostrava più che amore per la teologia ed il vangelo, superbia e
spirito di contesa. Sì, perché non c'era filosofia né teologia
nella ricerca del cavillo, del sofisma. Non c'era amore o ricerca
della verità in quelle fortezze di libri che tenevano fuori chi non
fosse filosofo, teologo, canonista ecc. Non c'era
ombra d'amore o di verità, in fortezze come quelle.
“Ho
trovato”, pensò tra l'amareggiato ed il divertito, “più spirito
cristiano nel sultano ed in tanti musulmani che in questi fratres.”
A volte,
mentre vagava da solo nei boschi, incontrava dei ragazzi e delle
ragazze: si erano dati alla macchia per per sfuggire alle guardie del
vescovo ed a quelle dei vari nobili.
Una volta uno
di loro gli disse: “Francesco, non puoi cambiare un mondo di ladri,
truffatori ed assassini solo con l'amore. Ci hai provato, ma...”
“Ho
fallito.”
“Noi non
siamo nessuno per dirti questo”, intervenne una donna, “anche
perché il tuo fallimento è superiore al successo di certa gente. Ma
vedi, padre Francesco, quando l'amore non funziona allora possono
servire altri sistemi, altre cose.”
“Per esempio
le armi?”
“Perché
no?”, riprese un altro. “Pensaci: quanto dovrà aspettare la
povera gente perché sia trattata in modo umano? Papi e re ingozzano
di carne i loro cani, ma lesinano il pane secco ai contadini. Il
povero dovrà avere pazienza in eterno, dovrà tremare di fame,
freddo e paura mentre il ricco gli lancerà con sdegno regale una
monetina?”
Forse quei
ragazzi, quelle ragazze avevano ragione, ma allora che cosa bisognava
fare? Incendiare il mondo non col fuoco dell'amore ma con quello
della guerra, stanare il ricco non con le parabole ma con le spade?
In effetti, per quanto ancora si poteva chiedere al povero pazienza e
rassegnazione, magari mentre stava seppellendo i suoi figli morti per
la fame e per il gelo?
“Dunque ci
benedici, padre Francesco?”, chiese una ragazzina.
“Ah, figlia, che cosa mi chiedi... non capisco: perché un
rivoluzionario dovrebbe aver bisogno di benedizioni? Sono stato in
Terrasanta e lì c'era gente che con la benedizione della croce,
quella croce ha sporcato di sangue. Fate quello che ritenete più
giusto ma per farvi benedire dai poveri, non da me o da Dio... anche
perché spesso non riesco più a capire nessuno dei due!”, concluse
lui con un mesto sorriso.
Uscì dalla
sua cella ma fatti pochi passi capì che ormai era troppo vecchio per
inoltrarsi un'altra volta nel bosco.
Sedette su un
masso muschioso, la schiena contro un albero e canticchiò piano,
molto piano una melodia che sentiva dalla madre, quando era bambino.
Sorrise pensando a quanto era dolce il suono della lingua francese.
Iscriviti a:
Post (Atom)