sabato 30 settembre 2017
Sogni, incubi, progetti: insomma, un sacco di scemenze
Prendo la penna e parlo di me,
prendo l'armonica
e faccio finta di suonare
(non bene che cosa o perché)...
prendo la rabbia, ma penso che
tante, troppe volte
sia troppo collegata al cervello
e prendo il cervello, ma temo
che spesso
sia troppo collegato alla
rabbia.
Litigo coi secoli che sembrano
trascorsi invano,
e litigo coi mie versi.
Bisticcio coi sogni che
diventano incubi
e coi progetti che non so come
né perché, si realizzano.
Continuo (mio sport preferito) a
pensare alla Morte.
Almeno,
ho smesso di pensare
all'Inferno.
E tu, carissimo Satana, a chi
pensi oggi
o
a chi penserai domani?
Faccio il surf sul filo spinato
dei miei sogni
e rimbalzo su sabbie di monotona
disoccupazione:
però devi essere un asso per
sbagliare sempre e di continuo,
per essere un Pelè del niente.
Poi mi riprendo,
dopotutto tiro il fiato ed anche
qualche pietra
alle ansie, alle paure ed alle
gioie che mi fanno marameo
più o meno da sempre o anche da
prima.
Be', a volte penso che
non sia male
saper sprecare così bene sè stessi!
lunedì 25 settembre 2017
Chiacchiere settembrine
Giorni fa, nel riordinare i miei
libri di filosofia e di testi di canzoni, appare il mio Interlocutore
Immaginario. Aveva portato un infermiere
della vicina clinica psichiatrica, che però liquidai con un
cagliaritano colpo di testa che gli ruppe il setto nasale.
Mentre l'infermiere smammava, I.
I. pulì il sangue che stava imbrattando un libro di S. Francesco e
commentò acido: “Sempre cordiale e collaborativo, vero, Riccardo?”
“Be'”, sorrisi stappando una
bottiglia di vino aromatizzato al limone, “tu mi porti un
infermiere di qualche specie di manicomio...”
Non ricambiò il sorriso però
afferrò il bicchiere che gli porgevo: sembrava un naufrago a cui
finalmente qualcuno avesse gettato un salvagente. Bevemmo in silenzio
quindi mi chiese che cosa stessi ascoltando.
“I Decemberists.”
Affermò che trovava molto
interessante quel loro miscuglio di folk, rock, blues e vari altri
stili musicali americani.
“Mi pare che nella loro
musica”, osservò con ammirazione, “si trovi anche qualcosa di
irlandese.” Aggiunse che la sua canzone preferita era Lake
song.
“Ma
forse, anche perché mi piace tutto quel che ha a che fare con
l'acqua; sai, Lake song significa
'la canzone del lago'.”
Annuii
e versai ad entrambi un altro bicchiere di vino limonalizzato. Poi mi
alzai e presa l'armonica, cercai di accompagnare i Decemberists.
I risultati non furono
esattamente esaltanti, così riposi lo strumento e gli feci
educatamente capire che dovevo scrivere.
“Insomma”,
ridacchiò, “devo levarmi dai piedi!”
“No, però
vorrei che smettessi di parlare per un po'. Pensi di poterci
riuscire?”
Per tutta
risposta lui prese da uno scaffale un libro di poesie e racconti di
Yeats e sparì in fondo al salotto. Sapeva che trovavo la letteratura
davvero stimolante quando si confronta oltre che con la realtà,
anche col fantastico, col soprannaturale e così via delirando.
“Rave on, rave on, John
Donne”, canticchiò, “delira,
delira, John Donne.”
Era una
citazione da una canzone del grande Van Morrison, ma gli imposi
comunque il silenzio. Macché. Peggio che andar di notte.
“Stai
pensando di continuare il romanzo che hai interrotto all'inizio di
agosto?”, chiese con aria indifferente.
Esasperato,
gli lessi qualche capitolo.
Lui ascoltò
con grande concentrazione poi commentò: “E' molto buono. I
dialoghi (perfino i più lunghi) non stancano. La psicologia dei
personaggi è credibile, davvero realistica. La scena poi in cui il
protagonista incontra Spinoza, è uno spasso.”
“Ma...?”
“Nessun
'ma.' Stai scrivendo una bella storia, dove hai messo umorismo,
cultura, sesso, lavoro ed una solitudine che il protagonista affronta
con coraggio e dignità. E le sue conquiste sono dipinte come delle
donne, non come delle
prede. Dovresti essere orgoglioso del libro che stai scrivendo.”
“Chissà
se la penserà così anche qualche editore...”
“Quello
dovrebbe essere l'ultimo dei tuoi problemi. Come diceva T.S. Eliot?
Per il genere umano non esiste che il tentare.
Un'altra cosa: nel romanzo ci sono anche molto alcol e molta
violenza, ma nel presentare questi elementi non dimostri nessun
compiacimento; ed appunto alcol e violenza arrivano sempre quando la
storia lo richiede.
Perciò, avanti così, caro me stesso... possibilmente, con un po' di
autostima.”
“Eh, per
quella penso che dovrò aspettare altri 55 anni...”
Scoppiammo
a ridere e stappammo una 2/a bottiglia di limone avvinato (speravo
non avvinazzato).
Ascoltammo la colonna sonora di C'era una volta in America
e quando vidi che si stava
addormentando, gli misi sulle spalle un plaid ed andai a dormire
anche io.
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