venerdì 30 giugno 2017
Lavorare per vivere
Dovrebbe essere scontato che per
vivere, gli esseri umani devono lavorare; ed in modo dignitoso.
Dovrebbe essere chiaro che il
lavoro deve essere retribuito in modo giusto, adeguato.
Dovrebbe essere chiaro che sul
posto di lavoro, le norme ed i contratti devono essere rispettati sia
dal lavoratore sia dal datore.
Dovrebbe essere evidente che
nessun datore possa usare la violenza fisica o psicologica nei
confronti di chi lavora.
Ma a queste più che ovvie
considerazioni, alcuni ribattono: “Belle parole. Tu vuoi fare della
filosofia, ma la realtà è un'altra cosa.”
Filosofia la mia? Può darsi, ma
se la intendiamo come un tentativo di capire, attraverso la ragione,
la realtà. Non si tratta quindi di qualcosa di “astratto.”
Infatti, che cosa possono fare gli esseri umani, che sono esseri
razionali, se non
utilizzare ciò che li caratterizza cioè la ragione?
Devono usarla per forza, perché quella è la loro natura: così come
è nella natura del pesce nuotare.
Ma
vediamola, questa realtà.
Oggi vorrei
parlarvi di una fatto gravissimo rivelato nei giorni scorsi da
giornali e tg. Come fonte sono ricorso a bari.repubblica.it del 19
giugno 2017.
I fatti.
Nel
Brindisino, sono state arrestate 4 persone che sfruttavano e
minacciavano, oltretutto approfittando del loro “stato di bisogno”,
15 donne che dovevano lavorare più di 8 ore al giorno “a fronte
delle sei ore e mezzo previste dal contratto.”
Dalla paga
sarebbero stati poi scalati 8 euro per il trasporto da Villa Castelli
(Brindisi) e da altri comuni del Brindisino e del Tarantino, per
essere condotte “nel Barese.” Così, dalla paga giornaliera di 55
euro, si scendeva a 38.
Aggiungo
che ipotizzando una settimana lavorativa piena, cioè di 7 giorni su
7, un'ora e mezzo (facciamo anche 2) di lavoro in più al giorno,
significa 14 ore a settimana di lavoro gratis.
Questa
pessima vicenda è emersa perché una delle donne ha raccontato agli
investigatori di essere stata picchiata
per aver chiesto “la regolarizzazione del contratto.”
Le persone
arrestate: “Michelangelo Veccari, la compagna Valentina Filomeno,
Grazia Ricci e Maria Rosa Putzu.”
Le 4 persone
arrestate gestivano un sistema tristemente efficiente: il giro era
gestito da Veccari-Filomeno, le altre 2 arrestate si occupavano una
di “procacciare la manodopera” ed un'altra, era una dipendente
dell'azienda ritenuta “committente.”
Il clima di
paura e di ricatto è stato provato anche dalle intercettazioni
telefoniche. In una una di queste si sente: “Alle femmine pizze e
mazzate ci vogliono, altrimenti non imparano”; in un'altra:
“Femmine, mule e capre tutte con la stessa testa.”
Non sappiamo
(benché pare che qualche giornale abbia avanzato questa ipotesi) se
via siano state anche minacce o avances di tipo sessuale, ma il
quadro mi sembra abbastanza pesante anche così.
Comunque,
in tante parti del sud, spesso la situazione di chi lavora nelle
campagne è questa: sfruttamento, botte, minacce, ricatti di vario
tipo. Non di rado, della gestione di questo genere di “lavoro” si
occupano mafie e camorra. E come sappiamo, molte aziende sono controllate da certe
organizzazioni.
Ma
talvolta, dati i profitti che
si possono ottenere con certi aiutini, forse si può parlare più che
di controllo, di una cordiale... collaborazione.
Stroncare
questo sistema feudale e mafioso è una delle emergenze di questo
Paese: non si può assolutamente ammettere che chi lavora nei campi
di ciliegie, nelle vigne o si occupa della raccolta dei pomodori,
debba vivere in condizioni semi-schiavistiche. Altro che filosofia!
lunedì 26 giugno 2017
"La più bella donna della città", di Charles Bukowski
Bukowski è stato spesso
accusato di aver trattato con eccessiva crudezza temi come l'alcol,
il sesso e forse, anche la violenza.
Ma poiché il mondo del Nostro
fu per buona parte della sua vita proprio quello della “suburra”,
in cui certe realtà andavano per così dire in onda in quel modo,
non si vede perché mai lui non avrebbe dovuto dire ciò che vide e
come lo vide. Uno scrittore o
una scrittrice inventa storie e nello stesso tempo, è anche uno
specchio della realtà.
Altra accusa
che gli è stata rivolta, quella di maschilismo; tuttavia, credo che
questo racconto possa smentirla agevolmente.
I
personaggi, infatti delle storie del Nostro, in realtà sono vittime
e carnefici di sé stessi. Inoltre, di fronte alle donne, essi hanno
la percezione (magari confusa) della propria inadeguatezza. Ed anche
quando troviamo casi di prevaricazione nei confronti appunto delle
donne, Bukowski non li presenta mai in modo che denoti approvazione o
complicità.
La più bella donna della
città è un racconto che apre
la raccolta Storie di ordinaria follia (trad.
it. del grande P.F. Paolini, 1975).
Ecco subito a voi Cass,
la protagonista: “Mezzindiana, aveva un corpo stranamente
flessuoso, focoso era
e come di serpente”, e del
resto: “Cass era fuoco fluido in movimento. Era come uno
spirito incastrato in una forma che però non riusciva a contenerlo.
I capelli neri e lunghi, i capelli di seta, si muovevano ondeggiando
e vorticando come il corpo volteggiava. Lo spirito, o alle stelle o
giù ai calcagni. Non c'era via di mezzo, per Cass. C'era anche chi
diceva che era pazza. Gli imbecilli lo dicevano. Gli scemi non
potevano capirla.”
Come
vediamo, qui Buk riproduce in modo davvero poetico la natura e
l'essenza di una donna non solo molto bella, ma piena anche di cuore
e di spirito. ”Dipingeva, danzava, cantava, modellava la
cera, e quando qualcuno era ferito, mortificato, nel corpo e
nell'anima, Cass provava
compassione per costui.”
Ed
ancora: “Di solito Cass era gentile con quelli più
brutti; i cosiddetti fusti non le dicevano niente.”
Le sorelle
erano gelose dell'ascendente che aveva sugli uomini, questi ultimi la
consideravano solo una preda sessuale ed un po' per tutti, era pazza.
Perché? Cass è una che come dico io, va in giro a cuore scoperto,
senza difese di sorta. In effetti, almeno l'80% di noi uomini, di
fronte a donne come lei non sa proprio che pesci pigliare.
Quando si
tratta di gestire un rapporto con donne anche non straordinarie come
una Cass, in noi subentra comunque uno strano mix di insicurezza,
aggressività, narcisismo, ansia ecc. ecc.
Invece il
protagonista del racconto dichiara: “Io ero forse l'uomo più
brutto della città, e magari questo avrà influito in qualche
modo.”
Cass
non vuol essere considerata solo per la sua bellezza, ecco perché si
sfregia con spilloni e cocci di bottiglia; è una sfida anche per il
suo amante, vuol vedere se a lui interessi anche lei,
oltre al suo corpo. Sfida questa raccolta e vinta, se lui dice: “A
me interessi tu e anche il
tuo corpo. Dubito però che gli altri uomini, perlopiù, vedano altro
oltre il tuo corpo.”
La
risata di Cass: “Quella sua risata – solo lei era
buona. Era come gioia sprizzata dal fuoco.”
Il rapporto
dei due amanti, benché sia disturbato da qualche lite, è però di
solito pieno di dialogo, di passione ed allegria. Loro non vivono
insieme, ma ogni volta che si ritrovano è tutto, di nuovo,
straordinario.
Inoltre, lui la aiuta ad uscire dal carcere quando vi
finisce per ubriachezza e rissa.
Attenzione:
ora racconterò la fine, perciò chi ama la sorpresa, salti queste
ultime righe.
Bene, lui le
chiede di mettersi definitivamente con lui, ma lei rifiuta. Lui
rispetta la sua decisione e non si vedono per una settimana. Una sera
scopre che si è suicidata tagliandosi la gola. Comincia a sentirsi
in colpa: se avesse insistito perché restasse da lui, se non si
fosse arreso...
“Cass, la più bella donna
della città era morta a vent'anni.”
Che lei sia
vissuta davvero o che sia stata solo una creatura di Bukowski, è
stata una gran donna. E ci voleva un grande scrittore per consegnare
a noi la grazia di Cass, la sua risata, la sua sensualità.
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