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giovedì 24 dicembre 2020

Parlando del Natale (e non solo) col mio Interlocutore Immaginario

 

“Ciao, Riccardo! Da quanto tempo!”

“Ciao, I.I. Tutto bene?”

“Non c'è male. Che cosa succede qui da voi? Su, racconta.”

“Beh, avrai sentito parlare del covid 19. Si è ammalata ed è morta tanta gente. Perciò, francamente preferirei parlare d'altro, se non ti dispiace.”

“Va bene, ma vorrei dire almeno questo: avete sprecato i mesi estivi senza far niente: non avete potenziato gli ospedali, aumentato i posti-letto né prevenuto i nuovi contagi. Ma avete continuato a sprecare soldi e tempo in acquisto e produzione di armi.”

“Hai ragione, I.I., hai mille volte ragione.”

Vedendomi avvilito disse: “Comunque sono sicuro che ce la farete. E dimmi, come va il lavoro? Ho sentito dire che sei tornato a Cagliari ed in una scuola di Cagliari.”

“Sì, e sono molto contento: stavo benissimo anche a S. Antioco; c'era un grande senso di comunità, laggiù. Certo, la sveglia alle 4.30 del mattino era pesantuccia...”

“Direi! Invece come va nella nuova scuola.. anche con la DAD (o DID)?”

“Io ho continuato ad andare, col ragazzo che seguo. Ma eravamo solo io, lui, le bidelle e pochi altri: in tutto, 10-15 persone. Desolante, in un edificio molto grande e che spesso, aveva anche i riscaldamenti spenti.”

“Più che desolante! E senti, come procede il nuovo romanzo? Poi vorrei anche sapere di che cosa parli.”

“Procede bene. E' ambientato a Cagliari nel 1657 ed il protagonista è un giudice dell'Inquisizione in incognito. Il problema (ma solo all'inizio) è stato calarmi nel personaggio; insomma, cercare di ragionare come un uomo del '600. Comunque, per fortuna è pieno di 'felici' contraddizioni. Per fortuna, sebbene durante i processi lui ordini spesso la tortura, ad un certo punto eliminerà del tutto le punizioni fisiche ai danni dei suoi operai e contadini. Farà addirittura frustare il suo amministratore, che aveva accusato ingiustamente un contadino.”

“Vedo che non la smetteresti più di parlare di questo romanzo. Ma ora dimmi, che cosa stavi ascoltando?”

“Una raccolta dei Beatles.”

“Grandi! E quali brani consiglieresti per Natale? Non solo di quel gruppo, però.”

“Ecco, vediamo... Santa Claus is coming to town di Springsteen e della “E” Street Band, I am waiting dei Rolling Stones, Imagine e Jealous guy di John Lennon, Downtown train di Tom Waits, Summer of sorcery di Little Steven, Stop and smell the roses di Ringo Starr, Radici di Guccini, La fata di Bennato...”

Sì, va bene, Riccardo: ho capito.”

... tornando ai Beatles, All my loving, Girl, Help!!!, Hey Jude...”

Ma questo non la finisce più!”

... Rock 'n roll girls e Searchlight di John Fogerty, Magic bus degli Who...”

Sì, va bene: ho capito. Io vado, buon Natale e buon anno a tutti!”

martedì 8 dicembre 2020

Streghe e vampiri in Sardegna

 

Probabilmente, chi vive sulla Penisola o chi comunque non abbia molta familiarità con le tradizioni popolari sarde, non sa che quaggiù abbiamo alcuni miti e credenze piuttosto inquietanti.

Certo, tra i non-sardi, molti avranno visto alcune immagini o danze dei Mamuthones. Ora, quelli costituiscono un discreto “assaggio” di ciò di cui voglio parlarvi oggi.

Intanto, direi che in Sardegna il confine tra strega e vampiro è piuttosto labile, davvero sottile. A complicare le cose, forse potremmo anche dire che da queste parti, è labile anche la distinzione tra la strega (bruscia) e la fata (jana); ma questo è un discorso che ci porterebbe lontano. Così, oggi parleremo soltanto di streghe e vampiri.

Nella sub-regione del Campidano, di cui Cagliari è la città più rappresentativa, oltre che capoluogo della Sardegna, la strega è chiamata coga (plurale is cogas). Già qui è possibile scorgere una somiglianza direi perfetta col classico vampiro. Leggiamo infatti in Cabiddu: “Le streghe arburesi succhiano il sangue per puro istinto di malvagità.”1

Per sdrammatizzare mi sia consentito dire che spero almeno questo, cioè che le “arburesi” (donne di Arbus, cittadina che si trova non in Campidano, bensì nel Sulcis-Iglesiente), abbiano abbandonato da tempo certe pessime abitudini. Non mi piacerebbe scoprire d'aver avuto, in famiglia, certe diaboliche parenti... infatti, il ramo paterno della mia famiglia era proprio di Arbus!

Tuttavia, le prime vittime delle cogas di Arbus (che forse là hanno o avevano un altro nome) sono i bambini, soprattutto i neonati ed anche le puerpere. Le benemerite streghe di Arbus evitano di cibarsi del sangue dei bambini, che ricacciano “sulla cenere del focolare domestico.”2

Tutte le altre ne vanno invece orribilmente ghiotte, tanto che: “Si sentono irresistibilmente attratte verso le culle dei neonati, quasi sempre la notte stessa del battesimo per togliere dalla loro fronte gli olii santi e dalle loro vene il sangue innocente, a preferenza dalla punta della lingua.”3

Nota bene: in Sardegna si parla di cogas (streghe), ma anche di cogus (stregoni).

Per quel che ho potuto capire, ed in omaggio ad una macabra forma di... femminismo ante litteram (o di eterno maschilismo?), la coga era forte e crudele almeno quanto il suo omologo maschio (cogu).




Note


1 Andrea Mulas, Una sottil virtù diabolica. Gli esseri che succhiano sangue nella cultura popolare della Sardegna, Arnaldo Forni Editore, Sala Bolognese, 1992, p.20. Per il Cabiddu citato cfr. G. Cabiddu, Usi, costumi, riti, tradizioni popolari della TrexentaEditrice Fratelli Fossataro, Cagliari, 1965, p.60.

2 A. Mulas, Una sottil virtù diabolica, op cit., p.20.

3 A. Mulas, op. cit., p.20.