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venerdì 1 novembre 2019

Diario di alcune ore di una domenica sera


Settembre sta per finire i suoi giorni, ma leggerete queste righe molto tardi.
Come sto?
Bene, soprattutto perché ho ricevuto un incarico anche questo anno, e nella stessa scuola e città dell'anno scorso: il liceo delle scienze umane “Lussu” di S. Antioco.
E' il 3° anno consecutivo che ottengo una cattedra, il che significa che lavorerò fino al 30 giugno; dalle mie parti, nella pur bellissima Sardegna, è quasi un record.
Se poi pensiamo che da noi la disoccupazione giovanile si aggira come una schifosa iena attorno al 40%, mi vien quasi da pensare che sono fortunato, a non essere più giovane.
Ovviamente, auguro ai giovani di trovare immediatamente un lavoro stabile, ben pagato e che dia loro tante soddisfazioni, ma la situazione che vivono o meglio che subiscono, è quella. E purtroppo (scelta questa quasi obbligata), molti di loro hanno ripreso ad emigrare.
L'avrò già detto ma è così.
Mah, passiamo a qualcosa di meno deprimente.
In questo momento mi trovo alla stazione di Carbonia, una città a 17 km da S. Antioco... in attesa della corriera delle 20.34. Sono le 18.35. Non è il massimo lasciare la propria famiglia la domenica sera, ma domattina, a Cagliari, non troverei un treno che mi porti a scuola in tempo utile.
Del resto, 'sta faccenda dei treni mi fa pensare parecchio: fino al 1974, a S. Antioco il simpatico giocattolo di ferro, arrivava tranquillamente; poi è stato eliminato.
Ora, i binari su cui the train correva felice, sono stati trasformati in una pista ciclabile che a sua volta corre in mezzo alla laguna, ma non si poteva lasciare binari e treni ed a chi l'avesse voluta, regalare una pista ciclabile? Come diciamo sempre io e Keith Richards (il grande chitarrista dei Rolling Stones), se puoi avere il rock puoi avere anche il roll.
Del resto questa dei treni non è solo una faccenda, ma per i viaggiatori un vero problema. E pare che non riguardi solo S. Antioco: come leggevo in un testo di geostoria, ha funestato anche l'Argentina. Al riguardo, nella terra di Astor Piazzolla, di Messi e di Maradona, è stato coniato il termine ferrocidio... come dire assassinio delle ferrovie.
Pensate: decine e decine di km di binari soppressi, decine e decine di treni messi in qualche scatolone per vecchi arnesi. Ed ora la gente come fa? Ah sì, prende l'auto...
E gli anziani o anche chi sta male e non può più guidare?
Ed i minorenni e le minorenni che non possono ancora guidare?
C'è anche gente che ha l'auto guasta, o a cui costa troppo.
Ci sono poi persone come me (poche, ma ci sono) che hanno scelto di non guidare.
Inoltre, il treno favorisce la socializzazione tra le persone, la lettura, la scrittura, un ascolto della musica che non causa pericolosi incidenti ed anche il sonno, perché no?
Beh, per oggi basta così: tra bus cagliaritani, treni e corriere del Sulcis, sono in movimento dalle 17 ed ora si sono fatte le 20.03; ora vado a prendere la corriera per S. Antioco, che dovrei raggiungere verso le 21.15.
A presto!


venerdì 12 luglio 2019

Minestrone, mon amour!



Francamente, al minestrone preferisco di gran lunga la pasta alla carbonara (per non parlare dell'agnello arrosto o dei tortellini in brodo).
Perciò, il minestrone di cui parlo è uno zibaldone di pensieri, ricordi, impressioni su qualsiasi cosa mi salti in mente e fuori dalla penna.
Spero che il minestrone in questione possa convincere allieve ed allievi di quanto sia rilassante, e perfino divertente, l'operazione dello scrivere. Un'operazione fortunatamente non chirurgica, ma solo letteraria e forse, anche psicologica.
Sempre ammesso che io con la psicologia c'entri qualcosa.
Del resto, potrei benissimo non avere una psiche; quanto alla logica, meglio lasciar perdere.
Bene, mi trovo da settembre in una scuola molto lontana dalla mia Karalis Casteddu Caller Kar-El cioè Cagliari, ma molto vicina alla mia idea di scuola: colleghi e colleghe a cui posso collegare, insomma trasmettere, le mie idee di insegnante e (già che ci sono) anche di essere umano; allieve ed allievi che sanno che cosa sia il rispetto; bidelli e bidelle davvero amichevoli.
Comunque, stamattina il sole inizia a brillare (sebbene non a scaldare) come piace a me... ed il sole è uno dei miei migliori amici, soprattutto quando corro. “Marocchinu”? Forse. L'importante è che le soleil mi aiuti a sudare. Dimagrire è un po' più difficile, ma anche perdere acqua... beh, è un beginizio.
Stasera vedrò delle persone nel quartiere in cui abitarono i miei nonni ed anche il sottoscritto. Per fortuna il passato, intendo quello buono, non passa. Del resto, che cos'è il tempo? Solo un insieme di secondi, minuti, ore ecc. ecc.: però chi lo ha mai visto, the tempus?
Oggi a scuola si è parlato della reincarnazione. Ipotesi affascinante, ma anche inquietante: mi seccherebbe reincarnarmi, magari in un animale che potrebbe essere macellato in occasione del pranzo pasquale. Eppure, in tutto il mondo, alla reincarnatio crede un sacco e mezzo di gente
Bene, ora chiudo. D'altronde, se vuoi aprire, devi anche chiudere. Prima o poi. Bisogna solo cercare di farlo con eleganza, affinché la porta della scrittura non sia chiusa malamente. Sprangarla, poi, sarebbe anche peggio.


giovedì 25 aprile 2019

Fascismo e carattere nazionale


Quando si parla di fascismo, bisogna analizzare non solo le cause economiche, sociali e politiche che l'hanno condotto alla conquista del potere, ma anche quelle in apparenza meno gravi. Così, io penso che se un regime tanto rozzo e violento come quello fascista, che oltretutto si alleò con la Germania nazista poté durare 20 anni, ciò possa spiegarsi anche col carattere e coi costumi della maggior parte degli italiani (di entrambi i sessi). Beninteso, ci riferiamo a quanto, sia nel carattere sia nei costumi, vi era di meno nobile.
Intanto, osserviamo che gli italiani e le italiane dei primi decenni del '900 non dimostravano particolare interesse né troppa sensibilità per temi politici, morali, sociali e culturali: nemmeno per quelli più importanti o addirittura drammatici.
Qualcuno (temo a ragione) ritiene che questo disinteresse esista ancora e che abbracci anche i valori che dovrebbero essere “condivisi”: mi riferisco a quelli relativi alla democrazia, alla memoria storica ed al senso civico. Purtroppo: “ Per la memoria storica e per questi valori sembra che molte italiane e molti italiani non dimostrino attaccamento o dedizione paragonabile alle energie dedicate al lavoro, agli svaghi e al consumo.”1
Possiamo quindi (il che è piuttosto inquietante) parlare di una continuità nell'indifferenza e nel disinteresse che lega le antiche alle moderne generazioni. Ma per non allargare troppo il discorso, ora torneremo al punto da cui siamo partiti.
Già Gramsci denunciava: “L'apoliticità fondamentale del popolo italiano (specialmente della piccola borghesia e dei piccoli intellettuali) (…).”2
Ma il grande intellettuale e dirigente comunista non fa di questa “apoliticità fondamentale” una semplice astrazione filosofica o una caratteristica qualsiasi, comunque intesa: egli ne analizza invece le sue conseguenze, che erano tutte molto pratiche. Per Gramsci, infatti, quella apoliticità si presentava come: “Irrequieta, riottosa, che permetteva ogni avventura, che dava ad ogni avventuriero la possibilità di avere un seguito di qualche decina di migliaia di uomini, specialmente se la polizia lasciava fare o si opponeva solo debolmente e senza metodo.”3
Qui l'A. si riferisce alla cosiddetta “impresa di Fiume”, che comportò l'occupazione militare, peraltro del tutto illegittima, della città jugoslava. Tale “impresa” fu possibile perché dei soldati italiani avevano disertato e costituito una sorta di guardia pretoriana del poeta D'Annunzio. La cosa avvenne ad appena un anno (12 settembre 1919) dalla tragica esperienza della I guerra mondiale, mise l'Italia in forte imbarazzo di fronte a tutti gli altri Paesi ed evidenziò l'inefficienza del nostro esercito e del nostro governo nel bloccare immediatamente il D'Annunzio, oltre che nel neutralizzare complicità e connivenze.4
Non a caso, D'Annunzio fu uno dei fascisti della prima ora e : ”Pur tenuto a distanza da Mussolini”, che forse ne temeva le doti di iniziativa nonché il prestigio, “era osannato dal fascismo come uno dei suoi precursori più illustri.”5
Comunque, già Fiume illustrava alcuni dei tratti tipici del carattere italiano del tempo: l'avventurismo e la ricerca della “gloria”; la passione per le donne (non si sa quanto corrisposta); il ricorso alla violenza sull'inerme ed anche la sua umiliazione, per es. attraverso la somministrazione dell'olio di ricino; la diffusione di una simbologia che dimostrava l'amore per la letteratura di cappa e spada (i pugnali legati alla cintura, i teschi e le tibie incrociate) ed inoltre una conoscenza della storia romana ridotta a pochi ed approssimativi elementi (i labari, le aquile).6
Sul piano più propriamente politico, gli italiani d'allora avevano già fatto esperienza del trasformismo: quel passare disinvoltamente da un partito all'altro, da una coalizione all'altra... pratica che era stata legittimata dal ministro Depretis già col discorso di Stradella del 1882.7 Appunto il trasformismo permise a molti, che pure fino a poco tempo prima erano stati fieri avversari del fascismo, di mettersi al suo servizio. Il che non scandalizzava per niente la stragrande maggioranza dell'opinione pubblica, a ciò da lungo tempo assuefatta.
Questi cambi di casacca non nascevano però da laceranti crisi di tipo esistenziale né da lunghe e ponderate analisi giuridiche e politiche. Come leggiamo invece in Lussu, il problema era molto più prosaico.
Appunto Lussu raccontava di un ex-ufficiale di complemento in congedo. Ora: “Sorse improvvisamente una questione circa la contabilità di una cooperativa di cui egli era l'amministratore, e fu dispensato dalla carica. Egli si dimise dal partito e, pochi giorni dopo, s'inscrisse alla sezione fascista. Incontrandomi per strada mi spiegò che aveva bisogno di vivere e che i fascisti gli avevano promesso un pasto decoroso.”8
Dal quadro che cercato di dipingere, emerge un'Italia in cui i primi elementi mancanti sono coerenza e serietà, però il tutto si ammantava di retorica oppure si autogiustificava con l'evocazione della classica pagnotta. Ma ciò non deve far pensare al fascismo come a qualcosa di ridicolo. Esso, infatti, scatenava la violenza non appena poteva.
Per es., quando nell'ottobre del 1922 nel centro minerario di Iglesias, in Sardegna, i fascisti tennero uno dei loro “congressi”, prima attaccarono (verbalmente) francesi e jugoslavi. Ma poiché il livello verbale non soddisfaceva i seguaci di Mussolini: “Uno sfogo era necessario. E poiché nella città non vi erano né jugoslavi né francesi, i fascisti aggredirono gli operai socialisti.”9
Del resto, gli italiani e le italiane del tempo subivano una sorta di fascinazione per la retorica e per la figura dell'”oratore”, soprattutto per quello che parlava “a braccio”: un tipo umano nel quale il lato fisico e quello emotivo prevalgono quasi sempre su quello logico-critico.10 E tutto questo spiega la fortuna di Mussolini, che dal balcone di palazzo Venezia poteva pronunciare anche il discorso più banale e prendersi le pause più teatrali, sicuro comunque che tutto sarebbe stato accettato col massimo favore.
Inoltre, l'italiano e l'italiana del tempo erano molto sensibili al mito della virilità del dittatore fascista: mito che anche quando avesse avuto un qualche aggancio con la realtà, dimostrava comunque verso la figura della donna solo odio o disprezzo.
Ecco infatti qual era l'atteggiamento dell'uomo di fronte alle donne ed al sesso. Circa appunto le donne: “Non si preoccupava della loro pulizia e spesso egli, invece di lavarsi, si strofinava con acqua di colonia. Privo di qualsiasi inibizione ed egocentrico all'estremo, egli poco si preoccupava della comodità delle amanti o del loro piacere, spesso dando la preferenza al pavimento invece che al letto e senza togliersi i calzoni, né le scarpe. L'atto del tutto incontrollato si compiva solitamente in uno o due minuti.”11
Tuttavia, il ridurre il rapporto uomo-donna alla sola sfera genitale era tipico della sottocultura fascista, che a sua volta attingeva all'humus storico-culturale di quell'Italia. Ecco perché l'alleato di Hitler poteva permettersi di dire (come pare abbia fatto): “Le donne debbono tenere in ordine la casa, vegliare i figli e portare le corna.”12
Probabilmente, una battuta così volgare suscitava l'ilarità di molti italiani, il che la dice lunga oltre che sul loro maschilismo, anche sul loro senso dell'umorismo. Il discorso poi sull'umorismo ci conduce ad un altro tema: quello di come quei nostri connazionali credessero che si potesse scherzare su tutto ed anche disinteressarsi delle questioni più importanti, senza provare scrupoli morali o esistenziali di sorta.
Al riguardo Gramsci osservava: “I cittadini italiani ignorano persino che lo Stato esista: infatti non sanno come funziona, non sanno come dovrebbe funzionare in ossequio alle leggi fondamentali (…) e, dinanzi ad un atto dei poteri, non sanno dire se esso sia giusto o ingiusto, se leda o no (...) i diritti acquisiti dei cittadini(...). La libertà viene concepita in modo grottesco e puerile: non si arriva a comprenderla come garanzia per tutti, impersonalmente tutelata dalle leggi, che le autorità per prime debbono essere tenute a rispettare (...). L'Italia è la nazione carnevale, con una libertà, unica desiderata: la libertà di divertirsi.”13
Evidentemente, uomini e donne di questo tipo non avevano alcuna volontà né capacità di opporsi al regime fascista e forse, se l'Italia non fosse entrata in guerra al fianco della Germania e del Giappone, quel regime sarebbe sopravvissuto a lungo: come accadde a quello di Franco in Spagna, che finì solo con la sua morte, nel 1975.
Si capisce così quanto avesse ragione Gramsci, quando scriveva che nella Storia, l'indifferenza di tanti crei dei “nodi” che poi “solo la spada può tagliare.”14 E tutte le tragiche vicende della II guerra mondiale, come già prima (dal 1936 al 1939) durante la guerra civile spagnola, provano la verità di questa affermazione.
Del resto, la ferocia del regime fascista, che esordì con gli attacchi armati alle cooperative (rosse e bianche), i pestaggi, gli omicidi, le devastazioni, le umiliazioni, gli stupri e che continuò con la marcia su Roma, la soppressione del parlamento, il sostegno militare al golpista Francisco Franco, le leggi razziali, il confino e l'assassinio degli avversari politici, l'invasione e le atrocità compiute dalle sue truppe in Africa orientale e dulcis in fundo, la guerra combattuta a fianco dei nazisti tedeschi e dei militaristi giapponesi, ebbene, tutto questo poteva finire solo con una reazione armata e violenta del nostro popolo. Senza la Resistenza non avremmo avuto neanche l'ombra di una democrazia (sebbene imperfetta) come la nostra.
Certo, il problema del carattere nazionale rimane. Nel 1867 un personaggio di un romanzo di Garibaldi raccontava che il popolino (allora chiamato popolaccio) assisteva alle condanne a morte come se si trovasse in un teatrino di terz'ordine. Leggiamo infatti: “Questo popolaccio mi nausea, esso ama ridere di tutto.”15
E questa tendenza cinica o sadica al riso, ha libero sfogo sotto regimi che coltivino l'indifferenza alle questioni sociali e politiche come perfetto puntello per il loro potere. Infatti: “Non parlate di politica, non ci pensate! pagate e spogliatevi di buona grazia per grassamente mantenere i vostri scorticatori. Poi di giuochi, di divertimenti, di prostituzioni ve ne lasceremo a dovizia.”16
In questo eterno carnevale, in cui i sensi sono di continuo stuzzicati e storditi, perché mai bisognerebbe o come si potrebbe pensare ad altro? Ed ancor prima che denunciasse questa situazione Garibaldi, nel 1824 Leopardi sviluppò un'analisi molto simile, quando scrisse: “Le classi superiori d'Italia sono le più ciniche di tutte le loro pari delle altre nazioni. Il popolaccio italiano è il più cinico de' popolacci.”17
Leopardi rilevava poi come questo cinismo conducesse ad un riso privo di rispetto per chiunque e per qualsiasi cosa; il che portava alla derisione più feroce e sfrenata. Per la maggior parte degli italiani e delle italiane del tempo, fatto salvo un ossequio puramente formale per l'autorità (spesso la più ingiusta e crudele), non esistevano valori morali, sociali e culturali. Del resto, in Italia non esisteva neanche una società con un suo centro e che si fondasse su un'effettiva legalità.18
In buona parte, questa era ancora la situazione italiana fino al 1922, anno della marcia su Roma. Ed in questo clima morale, sociale e culturale, il fascismo fu sostenuto da patronato, monarchia, esercito ed alti vertici della Chiesa.
D'altronde, qui tornano ancora buone le parole del Poeta, che (anticipando secondo me lo psicologo del '9oo Le Bon) scriveva che l'uomo: “Prova un certo piacere, un senso di riposo, un'opinione o una confusa immaginazione di sicurezza, ricorrendo all'autorità, assidendosi all'ombra sua, e pigliandola come per ischermo delle determinazioni sì del suo intelletto che della sua volontà, nella tanta incertitudine delle cose e della vita.”19
Sembra proprio di sentir parlare il Le Bon che nella sua analisi sulla psicologia delle folle sosteneva che esse erano dominate da una “sete di sottomissione.” Peraltro, questo concetto sarà ricordato dallo stesso Freud.20

Conclusioni

Con quanto detto sinora ho cercato di dimostrare come il fascismo, che evidentemente servì alle classi dirigenti del tempo per mantenere il loro potere, ed opporsi a qualsiasi protesta e rivendicazione dei lavoratori, poté far questo anche grazie al sostegno appunto di quelle classi, ma anche grazie al fatto di incontrare sulla sua strada persone che perlopiù non avevano coscienza dei loro diritti.
Delle persone abituate a considerarsi dei re e delle regine in famiglia o tra gli amici, ma ben felici di essere trattati in società come dei sudditi.
Ovviamente, tutto ciò dipendeva da secolari condizioni di arretratezza sociale e culturale, nonché da condizioni non meno brevi di abbrutimento morale. Il fascismo non fece niente per combattere tale stato di cose; se possibile, lo aggravò.
Ma io credo che già il brutale assassinio (1924) del deputato socialista Matteotti iniziò ad illuminare le coscienze di molti. Altrimenti non si spiegherebbe come mai tanti uomini e donne abbiano salvato non pochi antifascisti, ebrei, abbiano dato rifugio a partigiani, soldati Alleati ed in parecchi casi si siano uniti/e alla Resistenza... quando sapevano bene che rischiavano la morte, la tortura o entrambe.
Insomma, la Storia non è mai scritta una volta per tutte: il regime fascista, con quello nazista e quello giapponese, sembrava invincibile. Ma fu distrutto. Inoltre, non è dato una volta per tutte neanche il carattere nazionale di un popolo, che come nel caso del nostro, nei momenti decisivi ha saputo felicemente contraddirsi.
Eppure, certe tendenze vanno ricordate e denunciate: soprattutto oggi, quando da più parti arrivano pericolosi segnali di amnesie storiche ed addirittura risorgono (non solo in Italia) partiti e movimenti che riecheggiano pericolose parole d'ordine.




Note

1 Marco Palla, Mussolini e il fascismo, Giunti, Firenze 1996, p.152.
2 Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, a c. di Valentino Gerratana, Einaudi, Torino 1975, p.1201.
3 A. Gramsci, Quaderni del carcere, op. cit., p.1201.
4 Per un quadro almeno generale del problema cfr. Rosario Villari, Storia contemporanea, Laterza, Roma-Bari 1978, pp. 414 e 469. Cfr. anche Emilio Lussu, Marcia su Roma e dintorni (1945), Società Editrice l'Unione Sarda, Cagliari 2003, pp.23-24.
5 M. Palla, Mussolini e il fascismo, op. cit., p.66.
6 L'impresa di Fiume, 16 marzo 2014, in www.ilpost.it
7 Trasformismo: un patto contro i transfughi, in www.corriere.it, 22 luglio 2017. Per una trattazione più estesa cfr. R. Villari, Storia contemporanea , op. cit., pp.292-294.
8 E. Lussu, Marcia su Roma e dintorni, op. cit., p.50. Il “partito” cui si fa riferimento è il Partito Sardo d'Azione.
9 E. Lussu, op. cit., p.59.
10 Questo aspetto è stato affrontato da qualche parte dal Gramsci dei Quaderni.
11 Robert Katz, Morte a Roma (1967), Editori Riuniti, Roma, 1996, p.61.
12 La donna durante il fascismo, in Anpi-Lissone.over-blog-com Il corsivo è mio.
13 Antonio Gramsci, Sotto la Mole (1916-1920), Einaudi, Torino 1960. Lo scritto è del 1918.
14 Antonio Gramsci, Indifferenti, in A. Gramsci, Le opere. Antologia, a cura di Roberto Santucci, Editori Riuniti/L'Unità, Roma 2007, p.23.
15 Giuseppe Garibaldi, Clelia: il governo dei preti, a cura di Riccardo Uccheddu, Davide Zedda Editore, Cagliari 2008, p.76.
16 G. Garibaldi, Clelia: il governo dei preti, op. cit., p.233.
17 Giacomo Leopardi, Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'italiani, cura di Maurizio Moncagatta, Feltrinelli, Milano 1991, p.58.
18 G. Leopardi, Discorso, op. cit., p.49 e sgg.
19 G. Leopardi, op. cit., p.55 n.9.
20 Cfr. rispettivamente Gustave Le Bon, Psicologia delle folle (1895) e Sigmund Freud, Psicologia delle masse e analisi dell'Io (1921), Tascabili economici Newton, Roma 1995, p.73.


domenica 7 aprile 2019

Dama Natura

Benchè il XII sec. non sia stato per la maggior parte delle persone un’epoca… vivibilissima, comunque durante tale epoca il rinnovamento culturale conobbe grandi momenti.
Per esempio, in vari punti della Philosophia mundi (“Filosofia del mondo”) Guglielmo di Conches attaccava quanti criticavano l’uso della ragione e della ricerca di cause naturali nell’investigare appunto sulla natura. Costoro consideravano con sospetto anche le indagini di tipo più scientifico, quelle cioè che non richiedevano particolari giustificazioni di tipo religioso o teologico.
Con una certa amarezza, Guglielmo scrive che se tali persone sanno che qualcuno investiga basandosi solo sulla propria ragione, haereticum clamant, lo proclamano eretico. E’ evidente che così la ricerca rischia di rimanere bloccata per generazioni… con ripercussioni piuttosto negative anche sul piano della fede.
Del resto proprio il libro della Genesi insegnava che il mondo, l’uomo e la sua stessa ragione erano stati creati da Dio. Dunque in tutto ciò esisteva una certa bellezza e razionalità.
Era perciò arduo capire quale male o colpa vi fosse nell’investigare su realtà così positive, la cui positività era “garantita” dal loro Creatore.
Dirà perciò Guglielmo: “Ignorando le forze della natura, vogliono che rimaniamo impaniati nella loro ignoranza, ci negano il diritto alla ricerca e ci condannano a rimanere come zotici in una fede senza intelligenza” (M.D. Chenu, La teologia nel XII secolo, Jaca Book, Milano, 1999, pp.30-31).
Osservo che Guglielmo respinge l’idea di una fede cieca così come faceva non solo il suo contemporaneo Abelardo, ma come nell’XI secolo faceva già Anselmo d’Aosta che diceva: “Credo ut intelligam”, capisco per poter credere.
Del resto, Anselmo aggiungeva: “E’ negligenza non cercare di intendere ciò che si crede, dopo che ci si è confermati nella fede” (cfr. Proslogion, 1; Cur Deus homo, I,2).1
Livello strettamente filosofico a parte, il problema dell’indagine razionale sulla natura prendeva anche accenti di commossa poesia se Alano di Lilla, nel De planctu Naturae (“Il lamento della natura”) chiamava appunto la natura genitrixque rerum e regula mundi, genitrice delle cose e regola del mondo.
Ottimo quindi Chenu quando dichiara: “Diciamo allora Natura, con la maiuscola, perché eccola personificata, come una dea” (M.D. Chenu, op. cit., p.35. Il corsivo è mio).


Nota

1) Il termine Proslogion significa “colloquio.” Cur Deus Homo significa invece “Perchè un Dio Uomo, con riferimento evidente a Gesù Cristo.

martedì 26 febbraio 2019

La mia vita con Wanda


Incontrai Wanda una sera
quando la notte sbadigliava ancora,
lei scendeva e saltava dal suo treno di sogni
che correvano ridendo e piangendo
proprio come faceva lei
quando i suoi occhi brillavano
della sua luce intermittente.

Non conoscevo ancora il sapore dei suoi baci
né quello delle sue lacrime,
non gustavo ancora il suo amore
o quello della sua voce
quando cantava canzoni di rabbia, di speranza e di lotta
con le dita agili ed esperte
che correvano
dal mio corpo alla sua chitarra,
ma se cantava o mi accarezzava il viso
mi sembrava d'esser nato con lei.

Ora è difficile ricordare
ed ancor più capire
perché tutto sia finito
ed in quale voragine siano stati inghiottiti
i nostri corpi, i nostri cuori
e quello che ci illudevamo
fosse il nostro amore
ed il progetto che scolpivamo su noi due,
ma ogni giorno, ogni notte, ogni sera ed ogni treno
penso a quelli che eravamo
ed a come ritrovare quel filo
che collegava le nostre strane, imperfette vite
e che io e Wanda
per paura o troppo ed assurdo amore
abbiamo tagliato e sporcato.

domenica 23 dicembre 2018

Buon Natale da me e dal mio Interlocutore Immaginario


Sole su tutta Cagliari, sia pure servito da Dama Natura con un cocktail di vento freddo e di nuvolaglia intermittente. Dama Natura, probabile parente di Madama Dorè, di cui parlava De André in Volta la carta, è una mia buona amica.
Potrei stare ore a: fissare il gioco del vento che increspa il mare; le colonne di pioggia intensa come nebbia che si sposta facendo da taxi ai fantasmi ed alle streghe; i raggi del sole che fanno scintillare i prati come una cascata di diamanti (scusa, James Bond).
A circa 48 ore dal Natale tutto o almeno molto risulta meno brutale, ottuso, folle ed assurdo.
Ci illudiamo tutti di essere meno brutali, ottusi, folli ed assurdi, ma poiché siamo soltanto degli esseri umani, appunto ci illudiamo soltanto. Ma chissà che a volte perfino le illusioni non ci aiutino ad aprire gli occhi. Magari chiudendoceli. Magari facendoci sognare. Ma se puoi scegliere tra i sogni e gli incubi, perché dovresti scegliere gli incubi? Comunque, una realtà priva di sogni vale quanto uno zero spaccato.
A Natale sembra una persona gradevole perfino il mio Interlocutore Immaginario.
Eccolo! Ha portato la chitarra, allora io estraggo l'armonica. Suoniamo e nessuno dei 2 bada alle stecche dell'altro.
Sai”, dice tra un blues e l'altro, “penso che tu abbia delle possibilità. E mi fa piacere sapere che stai lavorando anche quest'anno. Te lo meriti perché in fondo, sei un brav'uomo.”
Grazie, I. I.”
Però non montarti la testa... ho detto che in fondo sei un brav'uomo.”
Beh, I.I., è già molto che tu mi dica una cosa come questa.”
Già. Comunque cerca di volerti bene, Riccardo. O almeno, fingi.”
V bene, però questo vale anche per te.”
Ci proverò, Ric. Ci proverò. E ricorda che non c'è dolore che non possa essere consolato né solitudine che non possa trovare compagnia.”
I.I., ora la butti in retorica. In ogni caso, quello che dici a me vale anche per te: non scordare che siamo la stessa persona. Come tu mi ricordi sempre...”
“Ah, adesso chi è il polemico, il cavillatore, l'attaccabrighe?”
“Hai ragione. Senti, ora che cosa suoniamo?”
“Non lo so, Riccardo... magari una versione rock di Silent Night? Così ne approfittiamo per augurare buon Natale a tutti quanti.”
Scusate, vado a cercare il plettro della Befana, ma visto che ci vorrà del tempo... buon Natale!
“Buon Natale anche dall'Interlocutore Immaginario!”



sabato 15 dicembre 2018

Pazienza e buonanotte



Dalla mia finestra
osservo e contemplo l'erba umida di vento marino
e di sole malandato.
Assorbo con la mente, con gli occhi e col cuore
il respiro e le promesse del passato
e spero di respirare
anche i sogni di un futuro
meno acciaccato di questo presente.

Da antiche città di mare
non molto distanti da grandi, grandissimi centri
di lotta, di riscatto e di miniera,
da quelle antiche città
mi arrivano suggerimenti, risate, spunti, forse anche sputi
per qualcosa che dovrebbe
farmi vivere meglio.

Ah, ma non sono un cavolo di poeta ermetico:
sono solo
(l'avrò già detto ma lo ripeto)
un povero cristo che vorrebbe dare
alla classe operaia
il suo sacro cuore da buffone intellettuale.
Sempre meglio di niente, comunque.

Raccolgo la sabbia coi gomiti poi
lascio che scorra via tra le dita
del goffo violinista di rime, simboli e giochi di parole
che sono o
che fingo di essere
(la goffaggine è però autentica).

Strappo l'erba coi denti e coi guaiti della mia armonica,
mastico il vento dei ricordi
marciando col mio orgoglioso zoppichio
verso la misteriosa nebbia dei domani...
per il resto,
pazienza e buonanotte.



lunedì 19 novembre 2018

Spostarsi



Ci si può spostare per lavoro o per divertimento, ma nel 2° caso, troverei più corretto l'uso del termine “viaggiare.”
Invece spostarsi (per lavoro) è diverso.
Certo, cambi posto anche quando viaggi per divertimento, ma qui appunto il divertimento e l'esplorazione turistica fanno accettare il cambiamento. Tranquillamente.
Però per vivere dobbiamo mangiare e per mangiare dobbiamo lavorare. Perciò, alla fin fine, viaggio e lavoro sono le classiche facce della stessa medaglia.
Certo, se per lavorare ti tocca emigrare, allora la faccenda diventa davvero pesante. E purtroppo, spesso non hai scelta.
Oggi, però, non parlerò del dramma dell'emigrazione: parlerò solo del fatto di spostarsi. Lo so, il preambolo è stato lungo; tuttavia necessario.
Ora, questa operazione di andare da un punto all'altro può esser fatta in diversi modi e soprattutto, con diversi mezzi: auto, bus, metro, treno, moto, nave, corriera, bicicletta.
Scarto il bus e lo slittino da neve perché a Cagliari nevica al massimo una volta ogni 25 anni. Scarto anche lo yacht: sono un precario della scuola; tutt'al più, potrei saltare sulla barca di qualche pescatore.
Aereo o elicottero, nisba: sempre per ragioni economiche.
Ma potrei salire in groppa ad un gabbiano o a quella di un fenicottero.
Scarto anche i pattini perché non ci so andare.
Quanto poi a recarmi al lavoro in monopattino, non parlatemene neanche: temo che se i miei studenti mi vedessero arrivare a scuola tutto trafelato coi miei soliti e svariati chilogrammi di libri, penne, quaderni, fotocopie ed il trolley a rimorchio, perderebbero qualsiasi rispetto verso il sottoscritto. E la cosa più strana, è che ce l'hanno.
C'è anche un altro problema: questo post è diventato troppo lungo, perciò vi parlerò di come io mi sposti per andare a guadagnarmi la benedetta pagnotta... un'altra volta.
Per il momento godetevi 'ste righe. Almeno, spero che lo facciate.



domenica 21 ottobre 2018

I mostri che non ti aspetti


Ci sono dei libri che non ho letto per molto tempo, ma che grazie al cinema, sono diventati famosissimi. Per essere più precisi, lo sono diventati certi personaggi, dei quali ormai pensiamo di sapere già tutto. E probabilmente, questo ci fa provare una sorta di rifiuto alla sola idea di prendere in mano i libri di cui sopra. Qui penso soprattutto a Frankenstein ed a Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde.
Ora, il vero nome di “Frankenstein” è la Creatura. Ma temo che l'averlo rappresentato su tutti gli schermi con in testa un (sia pure fornitissimo) negozio di ferramenta, con cioè tutta una serie di chiodi, viti e bulloni, lo abbia trasformato in un personaggio tragico ma anche ridicolo.
Comunque, l'anno scorso ho letto appunto Frankenstein ed ho visto che era ben più di un romanzo dell'orrore.
Non a caso, parlerò di due autentici miracoli. Il 1°: quando la sua Autrice cioè Mary Shelley scrisse il suo romanzo più famoso, era una ragazza di 19 anni; il 2°: in una trentina di pagine (dal 10° al 17° capitolo), la Creatura del dr. Frankenstein butta fuori tutto il suo dolore, la sua rabbia, infelicità, frustrazione e solitudine.
Ed in questo la Shelley dimostra doti di introspezione psicologica degne di uomini o donne più grandi di 20 o 30 anni, con alle spalle molteplici esperienze di vita e carriere letterarie di prim'ordine.
Sentiamo infatti come la Creatura si rivolge al suo creatore, quando gli chiede una compagna. Importante: nel far questo, appunto la Creatura non inveisce, non urla né attacca fisicamente lo scienziato ma ragiona sul proprio dolore e cerca di convincerlo facendo appello al suo cuore ed al suo intelletto.
“Oh, Frankenstein(...). Ricorda che io sono la tua creazione: io dovrei essere il tuo Adamo, e sono invece l'angelo caduto, che tu privi della gioia senza alcun misfatto. Dovunque vado vedo una felicità dalla quale sono irrimediabilmente escluso. Io ero caritatevole e buono: la sofferenza ha fatto di me un demonio.”1
Quale mostro parlerebbe così?
Inoltre, la Creatura cita Milton, Plutarco, Goethe ed alcuni antichi legislatori. Descrive i meccanismi attraverso i quali imparò il linguaggio e nel definire il “sistema della società umana”, afferma: “Udii della divisione della proprietà, della ricchezza immensa e della squallida povertà; della classe sociale, del lignaggio e del sangue nobile.”2
Soprattutto dopo aver trovato il diario del suo creatore, scopre d'aver suscitato appunto in Frankenstein un terribile sentimento di raccapriccio, se esclama: “Creatore insensibile e senza cuore! Mi avevi dato percezioni e passioni e poi mi avevi gettato via, oggetto di disprezzo e di orrore per l'umanità.”3
Si sente simile al Diavolo, poiché dichiara: “Tutti, a parte me, riposavano e gioivano: come Satana mi portavo un inferno dentro e, non trovando alcuna comprensione, provavo il desiderio di sradicare gli alberi, spargere intorno a me sterminio e distruzione e di sedermi poi a godere di quella rovina.”4
Le argomentazioni e le confessioni della Creatura sono piene sia di fuoco sia di logica. Ma per il momento, fermiamoci qui.
Inoltre, dovrei parlare anche di Jekyll ed Hyde.
Ma ci sarà tempo...


Note
1 Mary Shelley, Frankenstein, ovvero il Prometeo moderno (1818), Gte Newton, Roma, 1996, a cura di Stephen Jones, p.69.
2 M. Shelley, Frankenstein, ovvero il Prometeo moderno, op. cit., p.81.
3 M. Shelley, op. cit., p.93.
4 Ibid., p.91. Il corsivo è mio.

mercoledì 19 settembre 2018

Chi beve inchiostro campa 200 anni



Prendo la penna anzi la brandisco e scrivo, ispirato da una canzone di Andy White che parla della ricerca della tomba di Joyce.
Poco prima avevo ascoltato Billy Bragg: lui cercava non una nuova Inghilterra bensì una nuova ragazza; quando vuoi cambiare il mondo, l'autoironia rende la lotta divertente e salva dai pericoli del fanatismo. Sì, penso proprio che sia così.
Mi tuffo, quasi sprofondo in fondo ai miei scaffali, disperatamente teso alla ricerca di libri che non ricordo di avere.... come una specie di Quasimodo ingobbito a cercare campane; però di carta e probabilmente, suonato come loro.
Forse domani sarò a scuola ma oggi continuo a vagabondare nel mio particolare miscuglio di sogni, incubi, progetti, preghiere, racconti, versi poetici e qualcuno (temo) anche animalesco.
Secondo mia moglie, la gente non capisce il mio umorismo. Il che potrebbe anche essere vero, ma non per questo rinuncio a farlo brillare... per quanto (talvolta) possa risultare arrugginito.
D'altronde, che cos'è l'umorismo se non un modo per sopportare il mondo, la vita ed addirittura sé stessi?
Scivolo giù serpeggiando per le strade biscianti immaginando che la mia armonica sia un miracoloso paciugo di sax, violini e chitarre elettriche e spero, spero davvero di non diventare un giorno o l'altro uno di quei tipacci in canottiera che se la prendono col mondo: con questo e con l'altro.
Ma... e se quel giorno fosse già arrivato? Meglio non pensarci. E meglio non farlo arrivare.
Scrivere: che cosa vale di più? Tra le cose spirituali, regge il confronto con la musica.
Un confronto o parallelo con le cose carnali... beh, quello non lo faccio; non puoi paragonare tra loro cose tanto diverse. E poi, il confronto in questione non sarebbe neanche decente. Non so se mi spiego. Ma penso di sì.
Comunque, ora vorrei nuotare in fiumi di champagne made in cannonau. E vorrei farmi una bella bevuta di inchiostro, perché come sa chiunque non lo voglia ignorare, chi beve inchiostro campa 200 anni.
Se poi l'ho già detto, pazienza.

giovedì 2 agosto 2018

Strage di Bologna: finalmente i mandanti?


Sulla strage della stazione di Bologna, quando dell'esplosivo causò la morte di 85 persone ed il ferimento anche molto grave di altre 200, non si sono mai scoperti i mandanti. Del resto, non lo sono stati neanche quelli di tante, troppe altre stragi.
Sia chi indaga su questi tragici fatti sia il cittadino comune, si imbatte in sigle ed entità tra loro anche molto diverse, che rimandano però ad una realtà avente una sola costante: l'aver sempre agito nell'ombra e sempre contro la democrazia. Mi riferisco a neofascisti, settori della massoneria, uomini dei servizi segreti deviati, fondatori di organizzazioni segrete, mafia e criminali comuni che però si mettevano volentieri al servizio dei soggetti citati.
Così, l'impressione che ricaviamo un po' tutti è di una pazzesca confusione. Una confusione che non ci fa capire per niente chi abbia dato certi ordini; perché lo abbia fatto; da chi sia stato coperto prima, durante e dopo la strage.
Allora molti pensano di esser sprofondati all'interno di un tragico mistero, che per la sua oscurità ed assurdità, non potrà mai esser svelato.
Tuttavia, il perché qualcuno debba ordinare certi massacri, dovrebbe essere chiaro. L'obiettivo? Creare nel Paese un clima di terrore tale, per uscire dal quale le persone accettino o addirittura chiedano a gran voce qualsiasi misura... anche la più antidemocratica. A quel punto, respinte le masse dalla vita democratica, il lugubre intreccio di certi interessi & personaggi avrebbe in pugno tutto.
Ma finalmente: “L'avvocato generale Alberto Candi e il sostituto procuratore generale Nicola Proto”, hanno iscritto: “I primi nomi nelle scorse settimane, dopo aver sentito diversi testimoni e aver svolto rogatorie in Svizzera sui conti correnti riconducibili al venerabile maestro della loggia P2 Licio Gelli.”1
Ricordiamo che la loggia massonica P2 diretta da Gelli è stata considerata di natura eversiva, e pare che egli abbia avuto un ruolo nel colpo di Stato tentato tra il 7 e l'8 dicembre del 1970 dal capo della formazione repubblichina X MAS, Junio Valerio Borghese. Egli avrebbe ricevuto il contrordine appunto da Gelli: il che dà però un'idea del suo potere...2
Del resto, Gelli non fu mai estraneo al fascismo: infatti, a Pistoia, fu “l'ultimo federale del Pnf” (Partito nazionale fascista).3
Inoltre, non risulta che abbia mai preso la distanze dal regime mussoliniano né dal fascismo in generale; fu anzi in ottimi rapporti coi generali golpisti argentini. E dalle autorità argentine, ricevette “anche un passaporto diplomatico.4
Ancora: Gelli fu accusato di aver rivestito un ruolo attivo anche nel sequestro Moro, e comunque: “I principali posti di responsabilità all'interno dei servizi segreti erano occupati da uomini iscritti alla P2,come il comandante della Guardia di Finanza Raffaele Giudice.”5
Il quadro fin qui delineato potrebbe arricchirsi di molti altri, inquietanti, particolari, che vanno indietro nel tempo e che superano la figura di Gelli... benché egli non sia mai uscito da tale quadro. Appunto esso prevedeva la sopravvivenza di bande fasciste anche dopo la Liberazione; la raccolta di ingenti somme di danaro per la prosecuzione della lotta; “nuclei di sabotatori...”; movimenti di merci tra l'Italia e la Svizzera e coltivazione di conti bancari appunto in territorio elvetico; infiltrazione negli stessi partiti antifascisti di elementi che propugnassero le: “Tesi più paradossalmente radicali (…). Così, seminando sciagure su sciagure, suscitare il rimpianto del fascismo e, al momento opportuno... riacciuffare il potere.”6
Certo, il discorso è complesso, quasi folle... ma vicino a quel che leggiamo a proposito della follia di Amleto: in essa vi è “del metodo.”7 Ora però vorrei chiudere il cerchio.
Bene: “Sotto la lente dei magistrati è finito il cosiddetto 'documento Bologna',” un documento che “riporta il nome della città seguito dal numero di conto corrente di una banca svizzera e una serie di cifre affiancate da alcune diciture. Gli inquirenti a febbraio sono andati a Ginevra e hanno chiesto alle banche elvetiche tutte le informazioni su quel conto.”8
In attesa delle dovute risposte sono state però: “Sentite molte persone in veste di testimoni e qualcuno, che all'epoca era vicino a Gelli, ha raccontato di versamenti dai conti riconducibili all'ex capo della loggia massonica ad ambienti dei terroristi di estrema destra.”9
Entità dei versamenti in questione. Si parla di: “Milioni di dollari usciti dalla Svizzera tra luglio 1980 e febbraio 1981, e il documento ha l'intestazione 'Bologna 525779 xs', numero e sigle che corrispondono a un conto svizzero di Gelli.10
Inoltre: “Altre note, scritte a mano dal capo della P2, riguardano pacchi di contanti da portare in Italia: solo nel mese che precede la strage almeno quattro milioni di dollari.”11
Insomma, forse dopo 38 anni. stiamo arrivando ai mandanti. Certo, Gelli è morto, ma secondo me è comunque importante scoprirne almeno uno; probabilmente, il principale.
Però credo che non si debba considerare responsabile della carneficina del 2 agosto 1980 il solo Gelli, bensì tutto un insieme di forze che si sono opposte da sempre al benessere ed all'ascesa del nostro popolo. Una volta, come ai tempi di Bava-Beccaris o e di Mussolini, quelle forze agivano alla luce del sole; in tempi più recenti, hanno dovuto nascondersi e colpire nell'ombra. Ma non per questo si sono dimostrate meno feroci.
Dobbiamo però alla “tenuta” delle istituzioni democratiche ed alla maturità dimostrata dai lavoratori, se non abbiamo conosciuto soluzioni cilene o un revival del tragico ventennio.







Note

1 Il resto del Carlino, 23 luglio 2018, articolo di Gilberto Dondi, disponibile anche in rete col titolo Strage di Bologna, primi indagati nell'inchiesta sui mandanti.
2 Chi era Licio Gelli e che cos'era la P2, a cura di Ermes Antonucci, La Stampa, 16/12/2015.
3 Vincenzo Vasile, Turiddu Giuliano, il bandito che sapeva troppo, Roma 2005, p.90.
4 Chi era Licio Gelli, art. cit. Ancora nel 2008, durante la trasmissione su Odeontv Venerabile Italia, Gelli dichiarò fiero: “Io ho combattuto per il fascismo, sono fascista e morirò fascista.”
5 Chi era Licio Gelli, art. cit.
6 Per tutto questo cfr. V. Vasile, Turiddu Giuliano, il bandito che sapeva troppo, op. cit., pp.90-94 ed anche pp.95-99.
7 William Shakespeare, Amleto, Fabbri Editori, Milano 1985, atto secondo, scena seconda, p.161.
8 G. Dondi, Strage di Bologna, art. cit.
9 G. Dondi, Strage di Bologna, art. cit.
10 Strage di Bologna, così servizi segreti deviati e P2 aiutarono i terroristi, L' Espresso on-line, 28 luglio 2018.
11 Strage di Bologna, così servizi segreti deviati e P2 aiutarono i terroristi, art. cit.

martedì 31 luglio 2018

Un discreto 31 luglio


Luglio è quasi finito, ma ovviamente, questa non è colpa mia.
Sono qui, nel mio regno (la cucina) con un programmino niente male: scrivere qualcosa per alimentare il mio blog denutrito con in sottofondo Tracy Chapman, B.B. King, Corelli, Vivaldi e Telemann.
Purtroppo, Tracy mi ricorda il periodo del militare, in cui conobbi il grande sergente Pilia (non lo dico ironicamente) ed alcuni cari amici, però si concluse con la morte di mio padre.
Vabbe', lasciamo perdere.
Con Fast car la Chapman scrisse una canzone che prima o poi commenterò su questi telematici schermi.
Sorseggio il caffè. Sono in piedi dalle 7.45.Chi me lo fa fare? Perché non dormo, dato che sono in vacanza?
Semplice: ho bisogno di impiastrare i fogli. E la bile va espulsa sotto forma di aggettivi, punti esclamativi, interrogativi, dialoghi, riflessioni... Sotto forma di scrittura, insomma.
Ma ecco che riappare I.I., il mio interlocutore immaginario. Spero che non abbia la luna storta... né altre parti del firmamento.
Ciao, Riccardo. Che cosa fai, come al solito perdi tempo scrivendo le tue scemenze?”
Aveva la luna storta. E magari anche qualche asteroide.
Ciao, Interlocutore. Beh, non posso certo scrivere le scemenze di un altro.”
Dovresti cercarti un editore in grazia di Dio e piantarla di rompere le scatole a tutti quanti.”
Non sopporto più editori che non rispondono mai.”
Andai al lavandino e lavai un bicchiere, la tazzina del caffè, il cucchiaino ed il piano cottura. Sono sempre stato uno dei tipi + disordinati di tutti i tempi, ma quando scrivo, odio essere circondato dal disordine.
Ecco, bravo... lava, lava... Vuoi un suggerimento? Cercati un lavoro come lavapiatti.”
Già fatto. Non mi hanno neanche risposto. Comunque, a settembre spero di riprendere ad insegnare: andrei (come sempre) ovunque. Se ricordi, ero disposto a trasferirmi perfino a S. Antioco, che si trova a 90 km da Cagliari.”
Sì, in effetti non ti ho mai considerato un poltrone. Però non ti sai... accidenti, non ti sai vendere! Se sul mercato uno non sa fare una cosa come quella, è finito. Finito, bello mio. Kaputt.”
Io sono sempre stato finito: però anche in questo, I.I., consiste la mia gloria o almeno, la mia fama.”
Gloria, fama? Ma se non ti conoscono neanche i tuoi parenti! Ieri sera ti ha incontrato zio Gino e ha pensato che fossi il suo idraulico.”
Risi, ma con notevole agilità finsi di aumentare il volume della radio. In realtà scivolai alle spalle di I.I. e ringhiai: “Non muoverti o ti pianto un aggettivo nella schiena.”
Ma Ric...”
Zitto! Un'altra parola e ti taglio la gola con un superlativo. Ora sparisci. In questa casa nessuno può venire a disturbare il sottoscritto, soprattutto quando scrive ed ascolta della musica!”
Sparì.

venerdì 29 giugno 2018

Da questa terra di roccia e di vento


Spingo avanti il mio niente
ma, sai, sto benissimo...
anche perché potrebbe andare peggio che malissimo.
Da questa terra di roccia e di vento
un giorno, bello o brutto, mi sono alzato
ed ho iniziato a correre...
qualche volta perfino a camminare.

Perché da questa terra di roccia e di vento
dove la gente muore d'amore, di vendetta o di zero lavoro,
ho imparato a nascondere le lacrime
e purtroppo, perfino la gioia.

Apro il mio cuore ed il blues si accomoda,
chiudo i miei occhi ed i vecchi sogni ritornano...
sogni di giustizia e di verità
che però, sia chiaro,
nessuno potrà realizzare solo con baci e sorrisi.

Perché questa terra di roccia e di vento ci ha insegnato
che nessuno, davvero nessuno regala niente
ed a chi ha troppo,
quel troppo bisogna strappare...
anche col ferro e col fuoco, se necessario.

Ridicolo becchino di me stesso,
trascino ogni giorno un carretto pieno di ossa e di incubi,
ma tutto questo non mi rende amaro o cattivo...
solo consapevole di quel che mi ha reso uomo
e di quel che ancora dovrò fare per rimanerlo...
o per diventare un uomo migliore di quello che sono...
su questa terra, su questa terra di roccia
su questa terra di roccia e di vento.

lunedì 21 maggio 2018

Pioggia, ruote, pozzanghere ecc. ecc.


Alle 07.15 di oggi 21 maggio, a Cagliari piove. Ed anche molto. In questo periodo e per la mia città, questo fatto è piuttosto inconsueto. Da noi è abbastanza raro che piova in dicembre, figuriamoci a fine maggio e con questa abbondanza.
Però niente da eccepire sulla pioggia: talvolta, d'estate, per le scarse o talvolta inesistenti piogge, rischiamo il razionamento dell'acqua. Quindi, anche io come tanti miei concittadini, canto Singing in the rain.
Purtroppo, the rain trasforma molta gente in altrettanti piloti di Formula 1. Persone che magari di solito non superano i 60 km/h, quando piove diventano delle saette su ruote.
Il che non è per niente piacevole per chi (come il sottoscritto) viaggia solo in pulman e/o in corriera, e di mattina presto si trova alla fermata dell'uno o dell'altra... e si trova letteralmente innaffiato dall'acqua delle pozzanghere che gentili piloti e pilotesse, gentilmente gli schizzano addosso. Che cosa significa, questo? Che cos'è... la pluvialità come stimolo alla velocità automobilistica?
Buoni concittadini, stimate concittadine che vi inoltrate nella giornata con indomito spirito lavorativo, commerciale, esplorativo ecc. ecc., una preghiera: non inzuppate più questo ormai stagionato precario della scuola. Mentre sfrecciate col vostro consueto eroismo, siate indulgenti con chi nei suoi romanzi & racconti, vi celebra con affetto.. sia pure, talvolta, anche con qualche stilettata satirica.
Del resto, anche il sottoscritto satirizza sé stesso. Molto. Parecchio. A volte, perfino volentieri.
Comunque, tutto bene. Amo la pioggia. Adoro sentire Lady Rain tintinnare sui tetti e rimbalzare sui vetri delle finestre. Apprezzo ancor di più la pioggia, che come si chiedevano i Creedence, chi potrà fermare (Who'll stop the rain?), quando corre sulla Terra scortata da una certa foschia... e da un'improvvisa nebbia. Sarà il mio gusto per il misterioso, il gothicus o addirittura per lo spaventoso. Chissà.
Comunque, ora sono le 11.25 e sto tornando a casa; tra corriera e pulman vari, non arriverò prima delle 12.30.
Sto attraversando Capoterra, una cittadina a 13 km da Cagliari. Le campagne appunto di tale cittadina sono molto rilassanti, se accarezzate dalla pioggia. Cabuderra (in sardo) è stata dotata dal Gran Capo che sta nei Cieli di alcune montagne, che in inverno sono avvolte da nebbie e nuvole che spesso, nascondono le cime appunto delle mountains.
In questo momento la strada sta pensando bene di condurmi da Capoterra verso la spiaggia che si trova in località “Giorgino” e già che c'è, il simpatico nastro d'asfalto attraversa anche parte della laguna di Santa Gilla.
A poca distanza vedo il porto-canale, che purtroppo chiuderà (ma spero proprio di no!) tra non molto...
Alla mia sinistra ecco Sa illedda (L'isoletta, sempre in sardo) ed il ponte che conduce a Cagliari. Mi preparo per scendere: tra poco raggiungeremo la stazione delle corriere.
A presto!

mercoledì 25 aprile 2018

Alcune riflessioni sul fascismo


Il fascismo sorse in Italia il 21 marzo del 1919. Finì dopo la Liberazione avvenuta il 25 aprile e dopo l'esecuzione (28 aprile) da parte dei partigiani del suo fondatore, Benito Mussolini.
Egli aveva preso il potere il 31 ottobre del 1922, in seguito alla marcia su Roma di tre giorni prima; tuttavia, tale marcia non fu certo contrastata dalla monarchia, dall'esercito, dall'alta borghesia e dal governo del tempo, allora guidato da Facta.1 Essa fu quindi più che una dura ed avversata azione militare (benché i fascisti fossero piuttosto agguerriti), un giocare per così dire sul velluto. Ma evidentemente, questo non toglie nulla al suo carattere profondamente intimidatorio ed antidemocratico.2
Comunque, un discorso sul fascismo non può prescindere dalla figura del suo capo. A rigore, si potrebbe parlare di “mussolinismo.” Probabilmente egli incarnò molte delle tare tipiche dei membri di certe classi del nostro Paese.
Come scrisse, infatti, Gramsci, già da quando l'allora socialista Mussolini avrebbe potuto guidare i lavoratori durante la “settimana rossa” del 1914: “Egli era allora, come oggi, il tipo concentrato del piccolo borghese italiano, rabbioso, feroce impasto di tutti i detriti lasciati sul suolo nazionale dai vari secoli di dominazione dagli stranieri e dai preti: non poteva essere il capo del proletariato; divenne il dittatore della borghesia.”3
Gramsci sottolinea inoltre quel: “Roteare degli occhi nelle orbite che nel passato dovevano, con la loro ferocia meccanica, far venire i vermi alla borghesia e oggi al proletariato.”4
Si trattava di un insieme di atteggiamenti volti ad impressionare, più che a convincere; a dirigere l'attenzione verso la figura di un mitico combattente, non ad orientare il pensiero verso i problemi reali. Egli si fece chiamare “duce”, dal latino dux che significa comandante, generale; l'uomo vedeva sé stesso come una sorta di invincibile condottiero romano. Forse un nuovo Giulio Cesare, chissà.
Ma Mussolini non guidò personalmente la marcia su Roma: raggiunse la capitale senza correre alcun rischio viaggiando in vagone-letto.5
Forse durante la settimana rossa egli dimostrò del coraggio. Si trattava però di qualcosa di puramente fisico, dote questa che lo calava nel ruolo dell'uomo duro, pronto a guidare scontri e rivolte. Non vi era però in lui la capacità morale ed intellettuale del vero capo, cioè l'attitudine al ragionamento, la disponibilità all'ascolto, la capacità di accogliere in una sintesi anche posizioni magari contrarie alle sue.6
Del resto, diede prova del suo preteso coraggio quando travestito da soldato tedesco, cercò di fuggire dall'Italia.7 Ancora: la prova dell'amore provato da lui e dal suo regime per il Paese, è dimostrata dalla creazione della repubblica di Salò... quella che fu: “In realtà uno Stato fantoccio,  un regime collaborazionista dei tedeschi.”8
Le crudeltà commesse anche da italiani, sia pure fascisti, nei confronti dei loro connazionali nonché l'interiorizzazione di stili di comportamento nazisti (sul piano simbolico come su quello pratico), risultano già dal fatto che il regime repubblichino si prestò alla creazione di SS italiane.9 Tutto questo condusse ad un'ondata di massacri, devastazioni, saccheggi, furti, stupri, torture: il che fu sempre sostenuto ed anche compiuto dai repubblichini. Del restò, come provò il gen. Karl Wolff, comandante delle SS tedesche in Italia, il Mussolini di Salò era totalmente controllato da lui e da funzionari nazisti.10
Esiste comunque un filo che lega dall'inizio alla fine il fascismo a sé stesso ed al nazismo: la sua natura, che era profondamente violenta. Ancor prima della marcia su Roma, bande fasciste si erano abbandonate a centinaia di atti di violenza contro avversari politici, avevano incendiato sedi di giornali e di cooperative, umiliato e seviziato uomini e donne ecc. ecc.11 
Subito dopo la conquista del potere, Mussolini dichiarò che avrebbe potuto fare del parlamento, da lui definito “aula grigia e sorda”, un “bivacco “ per i suoi “manipoli.”
Ed infatti, dal '22 fino alla fine della guerra, parlamento e libertà democratiche non esisteranno più; dal 1935 al 1939 sulla sola Etiopia, le truppe fasciste lanciarono anche sui civili, “non meno di 500 tonnellate di aggressivi chimici”12; tutto questo, benché i vertici del fascismo fossero pienamente consapevoli d'aver sottoscritto la Convenzione con la quale si erano impegnati“a non fare uso dei gas.”13
Ancora: “Spesso i carnefici italiani si fanno fotografare in posa dinanzi alle forche o reggendo per i capelli le teste mozzate dei patrioti etiopici.”14 Fucilazione di civili, stupri, torture, avvelenamento dei pozzi ecc. ec. Furono in quel periodo la regola.
Dal 1936 al 1939 l'Italia fascista appoggiò militarmente, insieme alla Germania nazista, la ribellione del generale spagnolo Franco contro un governo democraticamente eletto; nel 1938 varò le leggi razziali contro gli ebrei; nell'aprile del 1939 occupò l'Albania; nel maggio sempre del '39 firmò il Patto d'Acciaio: l'alleanza col nazismo.
Nel 1940 entrò in guerra a fianco di Hitler e del Giappone... guerra che si concluse con la distruzione di tantissime nostre città, con la morte ed il ferimento di centinaia di migliaia di persone, la distruzione di infrastrutture, impianti industriali,, opere artistiche ecc. ecc.
Questo è stato il fascismo. Ed è bene che nessuno di noi lo dimentichi. Mai.

 


Note

1 Al riguardo, si è giustamente parlato di “fiancheggiatori” che comprendevano buona parte di quella che allora rappresentava la classe dirigente. Cfr. Marco Palla, Mussolini e il fascismo, Giunti, Firenze, 1996, p.25.
2 M. Palla, Mussolini e il fascismo, op. cit., pp.28-29.
3 Antonio Gramsci, “Capo”, in Antonio Gramsci, Le opere. Antologia, a cura di Antonio A. Santucci, Editori Riuniti/L'Unità, Roma, 2007, p.144.
4 A. Gramsci, “Capo”, op. cit., p.144.
5 Cfr. Roberto Battaglia Giuseppe Garritano, Breve storia della Resistenza italiana, Editori Riuniti, Roma, p.7; M. Palla, op. cit., p.29.
6 A. Gramsci, op. cit., pp.143-144.
7 M. Palla, op. cit., 141.
8 M. Palla, op. cit., p.136; Tale “Stato” nacque dopo l'8 settembre 1943. Per il regime di Salò cfr. M. Palla, op, cit., pp.136-139; R. Battaglia G. Garritano, op. cit., pp.117-123; Lutz Klinkhammer, Stragi naziste in Italia. 1943-44, Donzelli, Roma, 2006, pp.146-148. Per sottomissione di Mussolini al nazismo, nonché per massacri, torture ed atrocità di varia natura, cfr. Primo de Lazzari, Le SS italiane, Teti Editore, Milano, pp.45-80.
9 Cfr. P. de Lazzari, Le SS italiane, op. cit., pp.81-116.
10 P. de Lazzari, op. cit., pp.71-72.
11 Per tutto questo cfr. M. Palla, op. cit., pp.19-22; R. Battaglia G. Garritano, op. cit., pp.5-7; Federico Chabod, L'Italia contemporanea (1918-1948), Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 1961, pp. 60-61.
12 Angelo Del Boca, I gas di Mussolini, Editori Riuniti, Roma, 1996, p.20.
13 A. Del Boca, I gas di Mussolini, op. cit., p.38.
14 Ibid., p.47.

venerdì 30 marzo 2018

Buona Pasqua a chi lo merita


Oggi il cielo è pieno di nuvole. Diciamo pure che è un totale lenzuolo di nuvole, il che mi fa venire un sonno pazzesco.
Però ecco che liquido the clouds (le nuvole) e cerco di mettere un po' d'ordine in casa.
Soprattutto nel salotto, che è pieno come sempre di libri, giornali, appunti per scuola, cd, carta di caramelle, penne che non scrivono più e cassette. Musicassette, come si diceva una volta; mica cassette di frutta o di verdura, chiaro?!
Bene: dopo un'oretta di lavoro, il tavolo del salotto non sembra più una discarica comunale, ma appunto un tavolo. E va bene, me lo dico da solo: quando voglio sono anche bravo a mettere ordine.
In questo momento sto ascoltando un disco de The Klezmatics, Jews with horns: si tratta di musica appunto klezmer, cioè un particolare miscuglio di melodie ebraiche, slave e jazz molto originali e divertenti.
Molto bello Freyt aykh, Yidlekh, che significa Siate felici, ebrei. Un brano se vogliamo anche ballabile, sorretto e portato sempre più su (se l'udito non mi inganna) da trombe, clarinetti ed altri strumenti a fiato, nonché da una batteria allegra e saltellante.
Altro molto brano bello è Heyser Tartar-tants, Danza Tartara. Qui oriente, jazz e burlesque si fondono in qualcosa di talmente divertente, che a me ricorda certe comiche di Chaplin.
Potrei parlarvi anche di altri brani, come per esempio In kampf, un canto di lotta dei lavoratori ebrei, scritto in America nel 1889. Ma sarà per una prossima volta.
Ora sto pensando al fatto che il mio ennesimo contratto scadrà il 30 giugno; se non altro, un mese di lavoro in più rispetto al passato. Poi però, sarò daccapo con la ricerca di un altro contratto. Vede, mr. Lou Reed, ci sono molti modi per camminare sulla wilde side, il lato selvaggio. Purtroppo, la disoccupazione è uno di quelli.
Comunque stasera sto bene... tra poco andrò a comprare il vino binu wine vin vinus oinos wein etc. etc.
Presto sarà Pasqua, ma non sarà una Pasqua di resurrezione per gli operai di Livorno; spero però che esista un Paradiso dei lavoratori in cui possano riposare davvero. Possibilmente, senza passare per l'Inferno che hanno dovuto vivere quaggiù. Le righe che ho scritto oggi, per quello che valgono, sono per loro.

mercoledì 28 febbraio 2018

“American idiot”, dei Green Day


Si tratta di un rock senza fronzoli, tutto centrato su basso-chitarra-batteria, e con al centro una voce aggressiva il giusto. Un rock di quelli che ormai, in giro si sentono sempre meno.
A me questo brano ricorda parecchio la musica dei Clash, ma come uno che si riallaccia ad una tradizione, non come una volgare scopiazzatura. Un po' come certe canzoni di Ryan Adams possono ricordare qualcosa di Neil Young, o Ruminations di Conor Oberst, il Dylan di Blonde on blonde o quello di Desire.
Ripeto: il pezzo si basa tutto su una ritmica basso-chitarra molto serrata, sostenuta da una batteria essenziale... un drumming che fa pensare ad un durissimo metronomo. Nel brano, si inseriscono poi degli improvvisi stop di tempo e dei violenti strappi di chitarra: insomma, la chitarra si blocca di scatto e nello stesso modo, riparte. L'effetto complessivo è spiazzante ed insieme esaltante.
Il testo non è meno diretto della musica. American idiot significa “idiota americano.” Billie Joe Armstrong, cantante e chitarrista del gruppo, canta spesso: “Non voglio essere un idiota americano.” Egli aggiunge che non vuole una nazione succube dei nuovi media, quindi chiede ad ognuno: “Senti il suono dell'isteria?”
Il pezzo condanna i “sogni televisivi del futuro” e denuncia un “nuovo tipo di tensione” che manipola le menti e condiziona le azioni delle persone... . spesso in modo davvero invasivo
Così, per rifiutare un incubo in cui non vorrebbe vivere nessuno, Billie ripete fiero: “Non voglio essere un idiota americano” e vede una nazione: "Controllata dai media/ la nazione dell'informazione e dell'isterismo/ che dilaga nell'America idiota.”
In effetti, la mania di trovarsi a tutti i costi sui cosiddetti social e di filmare, registrare e fotografare qualsiasi cosa... anche fatti ed ambienti ben poco interessanti (spesso solo quelli), ebbene, tutto questo ci impedisce di conoscere davvero la realtà. Soprattutto, ci impedisce di vederla in modo critico e personale.
Ma come cantano i Green Day, anche per smentire un ottimismo spesso illusorio: “Non tutto deve andare bene per forza.”
Purtroppo, spesso finiamo un po' tutti per uniformarci a questo discutibile miscuglio di ottimismo a buon mercato e di tecnologia, che talvolta utilizziamo con poco buon senso. Allora anche un bel rock vecchio stile può contribuire a svegliarci un po'.
Inoltre, secondo me è molto utile il confronto tra American idiot e Working class hero di John Lennon, che non a caso è stata ripresa qualche anno fa dai Green Day in versione rockeggiante. Il pezzo di Lennon, infatti, denunciava una tendenza a rimbambire la gente con un uso distorto di sesso, alcol e tv.
Sempre Lennon, stavolta in Remember, attaccava la mania di sognare una società di “divi del cinema.”
In breve: secondo me, nel loro pezzo i Green Day hanno saputo fondere protesta sociale e rock; quello che sa e vuole usare chitarra, basso e batteria come altrettante “armi” e che ci fa ballare coi piedi, ma senza calpestare il nostro cervello. E magari, neanche quello degli altri.