Ma in fondo, questo ottimismo a comando misto a mancanza di dubbi, puzza molto di poliziesco, di militare o almeno di giudiziario: “Risponda alla domanda!”
Conobbi questa mentalità già all’università, quando ad una domanda sulla Vera religione di S. Agostino risposi collegandomi a certi Greci (i neoplatonici), al che il docente: “Stia al testo.” Stia al testo? Ma parlare di quel testo senza rifarsi a quei Greci, sarebbe come parlare di un coltello fingendo che non abbia la lama.
Non dico che dobbiamo avere delle facce da funerale o rispondere a domande ed osservazioni tenendo delle conferenze, ma forse la realtà è un tantino complicata e non molto allegra. O no? Ma sento già la raffica di quesiti (debitamente protocollati): “Che significa “forse”, stia al testo! Un tantino, non molto? Ma quanto è complicata e poco allegra, la vita? Sia preciso!”
Nel racconto di Heinrich Boll La mia faccia triste il protagonista becca 10 anni di galera proprio per la sua faccia triste. 5 anni prima ne aveva beccati 5 per “faccia allegra”. Ecco, io mi sento spesso come quel poveraccio. Ovunque gente che sa quando essere triste, allegra o nessuna delle due, uomini e donne (ma non saranno robots?) che sanno a chi parlare, come e di che cosa.
Mi dispiace sinceramente che tu abbia avuto a che fare con tanti 'imbecilli' che dichiarino asociali o imbecilli sia i silenzi che i musi lunghi. Purtroppo si fa troppa confusione tra l'educazione ad una filosofia di vita che comporti un 'pensare positivo' e i reiterati suggerimenti ad indossare sempre e comunque la maschera del sorriso; sono cose molto diverse che conducono una a vivere meglio, l'altra a rischiare di apparire idioti davanti ai problemi della vita non solo nostra. Pensare positivo non significa cancellare i problemi o risolverli in via generale o soffocare il proprio senso critico; significa analizzare profondamente i problemi con la consapevolezza e la volontà di affrontarli da protagonisti e ricercatori di elementi positivi che portino a una loro soluzione o a una convivenza indolore col nostro essere e sentire. E questo è molto meglio che vivere i problemi da vittime succubi degli stessi accontentandoci di comporre litanìe o peggio introiettandoli fino a promuoverli implacabili virus causa dei nostri mali. Sorridere alla vita non significa sfoggiare dentature smaglianti per tutte le occasioni e se qualcuno lo intende in questo senso probabilmente non ne ne ha proprio afferrato il senso o questo gli è stato spiegato da qualcuno che ha divagato troppo senza 'stare al testo'. Anche a questo proposito esprimo la mia contrarietà alle generalizzazioni. Probabilmente quel docente voleva con quella domanda, valutare la tua conoscenza del pensiero di Agostino e non l'origine del suo pensiero, oggetto di altra eventuale domanda. Mi rifarei alla sintesi matematica per chiederti quanto fa 2+2. Risponderesti propinandomi la storia dei numeri arabi prima di arrivare al fatidico 4? Nel nostro dialogare c'è un tempo per argomentare e c'è un tempo per arrivare al sodo. Individuare l'opportunità dell'uno e dell'altro compete al nostro senso critico. Vedo dal profilo, che hai frequentato la filosofia e in essa il dubbio è sempre presente in varie accezioni. Io preferisco intenderlo come positivo motore di vita e stimolo alla conoscenza e non come freno autocastrante di una nostra qualsiasi decisione e soprattutto di ogni nostra scelta di vita. Se amiamo o giudichiamo saggio gongolarci nel dubbio non ha senso che viviamo nella società; potremmo tranquillamente isolarci in una caverna e incastonare nella roccia la nostra collezione di dubbi quotidiani. Qualcun altro provvederà a contribuire al girare del mondo. Se ancora non lo hai letto, di Heinrich Boll ti suggerisco Opinioni di un clown. Complimenti per il blog.
RispondiEliminaLorenzo (Mi)
Rif. Lorenzo
RispondiEliminaGrazie per i complimenti. Condivido la tua distinzione tra un reale “pensare positivo” ed i “reiterati suggerimenti ad indossare sempre e comunque la maschera del sorriso.” Condivido anche quanto dici appunto su quel “pensare.” Ma i reiterati suggerimenti prevalgono: a molti fa comodo avere dei sorridenti non pensanti da manipolare; vi sono poi altri che con quella maschera si automanipolano per non affrontare i problemi. Io criticavo questo. Comunque, il mio post si pone in una dimensione (anche) comico-satirica: la "generalizzazione” rientra quindi in quell’ambito.
La domanda del docente verteva sulla “Vera religione” (in generale); non era volta a valutare la mia conoscenza del pensiero di Agostino (in particolare). Perciò dovevo per forza accennare ad influenze neoplatoniche: in “quel” testo tanto presenti. L’uomo avrebbe dovuto distinguere tra una breve e necessaria frase, che stava diventando la risposta da lui richiesta, ed 1 tentativo di… melina.
Sul dubbio la penso + o meno come te; del resto, se non lo avessi inteso come “positivo motore di vita”, mi sarei buttato sotto 1 treno 20 anni fa. Inoltre, l’amico dubbio ci porta a non pensare che valiamo chissà quanto. Poi, chi fa “girare il mondo” è proprio chi dubita della validità delle cose così come sono: e cerca di cambiarle.
Tra le opere di Boll da me lette, credo che “Opinioni di un clown” sia la sua + riuscita e divertente; l’ho letta varie volte e sempre con molto piacere. Mi ci ritrovo molto, certo senza 1 grammo del genio di Boll. Quando (nell’ultimo cap.) il protagonista Hans Schnier va alla stazione con chitarra, sigaretta e cappello, nel suo modo folle e sognante decide d’affrontare la realtà: per es. senza impresario, come dire “senza rete.” Anche questo, per me, è un modo di utilizzare il dubbio positivamente. Comunque, nei prossimi post riparlerò di Boll. Ciao.