Questa sola parola d’amore, che affidava quasi con vergogna ad un mezzo di comunicazione a lei tanto estraneo come la scrittura, sarà da Bonaria ripetuta anche quando subirà schiaffi, insulti e maledizioni da Gigliola, la “brava” moglie e madre di famiglia.
Bonaria è la sola figura di donna degna di questo nome: dal suo amore per Guglielmo non ha mai cercato né cercherà (come insinua perfidamente Gigliola) di trarre dei vantaggi… economici, sociali o di qualsiasi altro tipo. Per Guglielmo lei ha affrontato il malanimo ed i pregiudizi della gente. Lei, “la profumiera”, come sarà etichettata da uno dei figli di Speranza, ha amato un uomo che le era di molto superiore per cultura e classe sociale.
Ma in lui Bonaria amò l’uomo, non l’affermato professionista, lo studioso o il benestante; del resto è così che si ama e questo, Gigliola non può capirlo.
Ma nella coscienza di Bonaria una cosa era chiara: quando si ama tutti i concetti di “decoro”, convenienza ecc. non hanno alcuna validità. Pur senza aver mai letto Nietzche, lei sapeva che ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male. Poi, il sentimento che li legava non li conduceva certo a commettere dei reati.
Ora, sotto il peso dell’opinione pubblica decisero di lasciarsi. “Ma non perché ci siamo scocciati l’uno dell’altra: ci siamo messi paura della moglie, dei figli… abbiamo avuto paura della gente. La gente fa paura. Ci hanno messo sotto inchiesta, a me e a quel povero Guglielmo.
Così lei chiese di farsi “trasferire alla succursale di Milano”; avrebbe lasciato Gugliè ed anche Napoli, la sua città e tutti gli amici ed i parenti. Per Bonaria, infatti, il prolungarsi del loro amore poteva significare la “rovina” professionale di lui.
Ai colti ma sarcastici riferimenti di Gigliola (la Dama delle Camelie, Giulietta e Romeo) replica: “Signò, voi siete istruita, io no. Io sono figlia di portinaia: mammà fa la guardiaporte. Mio padre non l’ho mai conosciuto. Tutti questi nomi… Alfredo e Violetta, Giulietta e Romeo…non mi dicono proprio niente.”
Ciao Riccardo... sono andata prima a recuperare i vecchi post su Eduardo... e poi ho letto questi!
RispondiEliminaChe dire... forse questa è una delle opere più contemporanee di Eduardo... con l'alta percentuale di laureati disoccupati... eh già... laurearsi non basta... e non bastava agli occhi di Eduardo... in un periodo in cui era realmente un traguardo. E invece no... contrariamente al suo cognome "Speranza" le speranze di Guglielmo si affievoliscono nel corso dei 3 atti. I cognomi e l'equivalenza tra "significato" letterale ed emotivo... poi sono un'altra caratteristica imperante... la critica di quello che apparentemente per Eduardo era solo un pezzo di carta (ed è solo un pezzo di carta!) si nota anche nell'incontro con i dottori Bianco Rosso Nero... che esprimono tutta la diffidenza di Eduardo in questi personaggi le cui opinioni... sullo stesso caso, sono tanto contrastanti.
L'ultima opera di Eduardo, (del 73?)poi fa eco alla raccolta in cui uscì: "La cantata dei giorni dispari", che riprende quell'operetta barocca che con toni comici racconta una realtà tragica... nel caso di Eduardo "senza speranza".
Triste che sia stato un tale premonitore... triste per noi... che solo più di 30 anni dopo abbiamo capito quanto siano altri esami quelli che valgono... che poi... l'abbiamo capito veramente?!
Mi sento molto "Bonaria"....ma,non so se è un bene o un male di questi tempi!
RispondiEliminaLeggo molto ,ma,non conosco i tuoi libri...rimediererò :)ciao
rif. dailygodot
RispondiEliminaSono d'accordo, Daily: in quest'opera Eduardo si è dimostrato davvero un premonitore.
Inoltre, per lui sembra che ogni nostro giorno valga anche meno del classico "pezzo di carta" (comunque da Speranza ottenuto con impegno ed intelligenza).
Ogni giorno si presenta come un esame continuo ed impietoso, ogni estraneo e talvolta gli stessi familiari, sembra che facciano parte di un'eterna "commissione d'esame." Una commissione che avvelena i nostri giorni ed inquina le nostre, peraltro sudatissime, gioie.
Non conosco "La cantata", che ho solo sentito nominare ma che mi procurerò senz'altro. Comunque a'dda passà a nottata... si dice così?
Eh sì si dice così! Buffo che tu abbia scelto proprio questa citazione... perchè Napoli Milionaria è proprio la prima opera della cantata! Che tra le più famose opere contiene: Filumena Marturano, Questi fantasmi, Le voci di dentro, De Pretore Vincenzo, La paura numero 1, Il sindaco del rione Sanità e Sabato, Domenica e Lunedì... oltre ad alcune opere solitamente ritenute minori... ma comunque belle!
RispondiEliminarif. natalibera
RispondiEliminaPenso che sia comunque un bene... non solo di questi tempi.
Dico questo perchè da "Bonarie" si soffrirà, ma alemeno si ama in modo autentico.
Ti ringrazio per la fiducia... incosciente (no, scherzo!) che dimostri per i miei libri e benevenuta sul blog. Verrò presto sul tuo.
rif. dailygodot
RispondiEliminaLa frase che ho citato è stata, per la sua... significatività "adottata" un po' da tutti: anche dai non napoletani.
Conosco le altre opere di Eduardo tranne però "La paura numero 1".
Questi giorni ho preso in prestito "Il Sindaco" con Anthony Quinn, che si dice sia tratto dal "Sindaco del Rione Sanità"... ma non so se sia vero.
Ciao
Sì il Sindaco è "liberamente tratto" dal Sindaco di Rione Sanità... molto liberamente se posso dire.
RispondiEliminaLa paura numero 1, parla di Generoso che vive nella paura della TERZA guerra mondiale, subisce lo scherzo del fratello Arturo che ne annuncia lo scoppio in un finto giornale radio... i 3 atti si svolgono sulle reazioni di Generoso e famiglia a questa prospettiva... non ti anticipo altro... per non rovinarti il finale!
Ti dico solo che forse non è tra le migliori... fu commissionata da e PER Gino Cervi che poi vi rinunciò perchè la vedeva discontinua... però è completamente appianata dalla recitazione di Eduardo nella messa in scena televisiva e non.
rif. dailygodot
RispondiEliminaQuesti remakes o rifacimenti che dir si voglia sono spesso discutibili.
Magari, a me piace molto anche l'ottimo Quinn; per ora gli darò fiducia, poi vedremo...
La "paura numero 1", prendo atto della tua valutazione. Certo però che Eduardo doveva avere un tantino il dente avvelenato con la famiglia, o con certe idealizzazioni di essa! E forse non aveva neanche torto.
Ah, guarda che t'ho inserita nel blogroll.
Ciao.
Beh direi! La differenza più evidente poi, tra due comici/autori napoletani spesso accomunati per periodo... e spesso per un certo parallelismo nei temi e nelle opere... ossia Eduardo e Totò, entrambi poi in Napoli Milionaria, era proprio l'amarezza del primo... che arrivava quasi a essere cattiveria, Peppino De Filippo ricordava un morso datogli dal fratello... quando erano abbastanza grandi... e la tristezza del secondo, che però nonstante la strana saga familiare, gli amori gli adulteri, non riusciva a resistere all'incanto della famiglia numerosa... si racconta che un mendicante imbrogliasse continuamente Totò, dopo che questo aveva avuto una certa fortuna, dicendogli che a casa aveva 3,4,5,6,7 figli... ogni mese ne aggiungeva uno... Totò doveva essere consapevole della cosa... ma nel dubbio... gli dava ogni volta 1000 lire... all'epoca un capitale! Mentre Eduardo... durante la guerra si rifiutò di incontrare Totò e lo stesso fratello Peppino, quando rastrellavano anche alcuni attori di rivista... come lo erano allora.Peppino si offese a morte... proprio nel carattere dei De Filippo... si dice che Totò, un po' malignamente... scoprì prima dove si nascondesse... e poi lo andò a cercare dicendogli che i tedeschi cercavano proprio lui! Ovviamente era uno scherzo... o molte bellissime commedie non sarebbero state scritte. La differena è solo questa.... le opere di Eduardo, dietro battute memorabili, hanno amarezza e un pizzico di diffidenza... quelle di Totò la tristezza dei bambini.
RispondiEliminarif. dailygodot
RispondiEliminaA dire il vero, anch'io ho sempre pensato che soprattutto in Eduardo vi fosse parecchia amarezza. Il suo carattere, poi, doveva essere... aspretto.
Non so se sia vero, ma ho sentito che una volta qualcuno cercò di far incontrare lui e Troisi... un incontro, pare, fatto di poche e smozzicate frasi, monosillabi e "bofonchi."
Penso che in Totò vi fosse molta malinconia e come dici tu, "la tristezza dei bambini"... anch'essa però fonte di dolore.
Umh... forse aveva ragione Lennon quando diceva che "il genio è dolore." Basta, meglio che metta su qualcosa dei Rolling Stones o mi intristisco anch'io!
Ciao
Io li ho sempre paragonati rispettivamente al clown Augusto (Eduardo - triste e "arrabbiato") e il clown Bianco (Totò - triste e malinconico). Infatti è il paradosso del clown e del comico (di quello bravo... Troisi compreso): per far ridere a porte chiuse devi piangere! La storia di Troisi l'ho sentita anch'io... ma anch'io non so se sia vera o meno.
RispondiEliminaP.S. Mi son dimenticata di ringraziarti per il blogroll... noterai che ti ho aggiunto anch'io!? ;)
rif. dailygodot
RispondiEliminaSì, mi sembra davvero un bel paragone.
Strano, vero, che il far ridere sia così imparentato con la tristezza?
Ricordo un racconto di Heinrich Boll, uno dei miei scrittori preferiti. Il racconto si intitolava "L'uomo che ride" e parlava proprio di questo.
Guarda che mi hai ringraziato, per il blogroll! Ho notato che hai fatto altrettanto ed ora COLGO L'OCCASIONE per ringraziare anch'io.
Oggi Sabato 24 gennaio 2009 ore 21 ho avuto una fortuna con la effe maiuscola. Sì perchè ero partito per curiosare sul blog di riccardo che mi aveva postato un suo commento ad un mio post e che ti leggo? la corrispondenza, pubblica per carità, tra due persone che amano Eduardo, Totò e compagnia bella. In questo fatto sta la mia fortuna perchè anch'io ammiro moltissimo Totò ed Eduardo. Di ques'ultimo mio figlio mi ha regalato undici DVD dei suoi lavori mentre altri due li avevo già. Purtroppo di questi dvd non fa parte SABATO, DOMENICA E LUNEDI'(quella commedia in cui si discuteva di chi faceva il sugo migliore) che riuscii a vedere una prima volta qui a Roma, Teatro Eliseo e poi qualche tempo fa in TV, se non sbaglio a LA7, dove non c'era Eduardo ma altri attori tra i quali Sofia Loren. Ho fatto del teatro, a livello amatoriale e una delle prime commedie in cui recitai giovanissimo fu A CHE SERVONO QUESTI QUATTRINI? (guardandosi allo specchio:"Chi ti dice che sia una disgrazia?"). A poco più di 40 anni interpretai il protagonista di QUEL PICCOLO CAMPO di Peppino De Filippo.
RispondiEliminaInsomma il teatro napoletano in genere, quello di Edoardo in particolare, ha sempre avuto per me un'enorme attrattìva.
Purtroppo sono scivolato in cose personali che c'entrano poco con gli argomenti da voi così ben espressi.
Devo però aggiungere un'ulteriore dettaglio personale: io sono nato nel 1930 a Roma dove ho vissuto fino ad oggi e mi sono chiesto più volte il perchè di questo mio amore per il teatro di Eduardo ma non ho mai trovato una risposta, tenendo conto anche del fatto che non sono napoletano e non so parlare quel dialetto così musicale, almeno per me.
Ringrazio per la pazienza e saluto entrambi molto cordialmente.
E' tutto terribilmente attuale...è inutile dire che non esistono più classi sociali, cosa che si fanno per essere "come gli altri" o che non si sfida più il pensare comune...anche in amore. Forse anzi, tutto è diventato più subdolo.
RispondiEliminaPer me ci sono stati alcuni autori che avevano davvero una sorta di chiaroveggenza, una capacità di vedere non i costumi dell'epoca, ma la natura umana.
rif. il monticiano
RispondiEliminaBenvenuto su questo blog, Monticiano e grazie per le belle parole!
In effetti, anche a me piacciono molto Totò ed Eduardo; direi di più: LI AMMIRO:, ammiro cioè il loro umorismo, mai banale e lo sguardo disincantato, spesso sofferto che lanciano sulle persone e sul mondo.
Sono inoltre molto contento che tu porti all'interno di questo blog la tua esperienza (di vita e di attore). Saranno anche "cose personali" ma di esse c'è bisogno, quando si tratta di argomenti come questi che in effetti, ci appassionano tanto; perciò qui non si richiede l'impersonalità.
Condivido l'amore per il teatro di Eduardo benchè sia sardo (erano campani i miei bisnonni ma non li ho mai conosciuti). Questo amore, per me, dipende dal fatto che Eduardo era un genio universale: come Pirandello o Brecht.
Grazie a te, torna pure quando vuoi.
rif. sara
RispondiEliminaCiao, Sara. Condivido, i temi trattati da Eduardo sono attualissimi.
Il dominio del "subdolo", poi, sembra che sia diventato quasi... onnipotente. E forse questo influenza le stesse classi sociali, che se esistono, esistono in una continua frammentazione.
L'amore, poi, per la sua natura di sentimento così elevato, è quello che finisce per subire i danni peggiori.
Eduardo, dici bene, come altri Autori (pochi) è stato chiaroveggente: ha saputo vedere certa meschinità, certo egoismo.
Bonaria...mi verrebbe da dire, un nome un destino!
RispondiEliminaIn effetti ne ha sopportate in nome dell'amore, da Gigliola e dalla gente che non si risparmia certo nell'etichettare senza conoscere.
Eduardo, come sempre si dimostra figlio del suo tempo, ma anche dei nostri tempi, poichè purtroppo certi meccanismi, sono duri a morire.
Mi conforta sapere che "ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male" e che anche l'estrema scelta (che poi forse tanto scelta non è) di lasciarsi sia stata compiuta in nome di quell'amore che, in questa veste di "abbandono del campo", troverà pochi consensi.
Per come la vedo io, amare a volte vuol anche dire saper lasciar andare.
Ciao Riccardo, a presto!
rif. elle
RispondiEliminaL'amore è LA realtà più bella che possa esistere, eleva al di sopra di noi stessi e fa di due, una sola persona.
Certo, parlo del vero amore, che non può essere egoistico o sfociare nell'annullamento dell'altro... Rammento un film con E. Bèart che affrontava il tema della gelosia; in quella pellicola, l'amore diventava a causa dell'uomo una forma di schiavitù e si tramutava per la donna in una fonte di sofferenza.
Sono d'accordo con te: amare significa anche lasciar andare l'altro/a mentre come diceva W. Allen, sembra che certi stiano insieme più che altro per farsi dispetto!
Nel caso degli "Esami", la meschinità e l'invidia raggiungono vette... inarrivabili.
A presto, cara Elle!