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venerdì 7 dicembre 2007

Note su Pablo Escobar (parte prima)

Su Internazionale di ottobre ho letto un servizio sul colombiano Pablo Escobar(1949-1993): forse il narcotrafficante più famoso di tutti i tempi; di sicuro, il più spietato. Mescolate Sonny Corleone, Nerone o Caligola, aggiungete un po’ di Peròn, condite con vari problemi psichiatrici, allungate il tutto con le dovute dosi di mammismo e sessismo tipiche di (quasi) ogni maschio latino… ed il boss dei narcos è servito.
La vita di Escobar sembra scritta da Benni o da Fo; certo, in essa manca l’elemento comico e paradossale che troviamo in loro. Ma non si possono far uccidere circa 4mila persone (per certi furono almeno il doppio) e reggere un impero economico-criminale in modo paradossale e comico. Ciò non toglie che nella vita del boss fossero presenti elementi anche grotteschi: di un grottesco macabro, se esordì come ladro di lapidi! Del resto, per una sorta di nemesi una volta morto, qualcuno rubò la sua lapide. Un passaggio di testimone; magari un testimone piuttosto pesante…
La carriera di Escobar proseguì, come per ogni delinquente che si rispetti, come ladro di macchine, contrabbandiere di sigarette ecc. Comunque, dalla foto segnaletica scattatagli in occasione del primo arresto (nel ‘76 per contrabbando di coca) egli sorride sereno ed il suo faccione ispira simpatia. 27enne, sposerà la 15enne Victoria Henao che rimarrà sempre l’amore della sua vita... eppure alla sua morte 700 donne, molte delle quali sarebbero state sue amanti, misero il lutto.
Ma sul lavoro Don Pablo non tollerava debolezze. Faceva uccidere i suoi nemici: che fossero narcos rivali, politici o giornalisti scomodi, non importava; di fronte alla morte (la loro) per lui erano tutti uguali. Prima d’essere eliminato, chi aveva tradito doveva assistere alla tortura e successivo assassinio di moglie e figli. Escobar faceva torturare e mutilare perfino i neonati. A volte ordinava ai figli dei suoi nemici di dare il colpo di grazia al padre, che era stato torturato per ore. Spesso eseguiva la sentenza di persona.
Ma per i poveri era un santo: fece costruire dei quartieri popolari, nella sua tenuta di Antioquia piantò un milione di alberi. Fu eletto in parlamento(!) con 1 gruppo liberale e proclamato da un’importante rivista colombiana “Robin Hood di Antioquia.” Tutt’ora si dubita della sua morte (avvenuta in uno scontro con la polizia) o almeno si aspetta la sua resurrezione. C’è chi racconta: stavo morendo ma mi è apparso Don Pablo, vestito di bianco; ora io vivo.
Passò dalle semplici sparatorie, torture e mutilazioni all’uso sistematico delle bombe: nell’attentato al palazzo di giustizia di Bogotà (6 novembre ’85) morì 1 centinaio di persone. Ormai Escobar teneva in ostaggio il Paese e perfino un altro sanguinario come il boss del cartello di Cali, Gilberto Orejuela (detto El ajedrecista, lo scacchista) lo definì “uno psicopatico megalomane.” A fine novembre ’89 Escobar fece saltare in aria un aereo, 107 le vittime; pensava che a bordo ci fosse il candidato presidenziale Gaviria. Del resto, aveva già fatto uccidere 1 ministro della giustizia e Galàn, altro candidato alle presidenziali.

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