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martedì 18 dicembre 2007

La biblioteca dell’alchimista di Stefano Benni

Oggi l’inverno si è ricordato di Cagliari; molto gentile da parte sua, ma avrei preferito 1 po’ di scortesia. Certo però che il clima è un tipo strano: ho avuto davvero freddo solo una volta ed al sud… a Taranto in novembre, per il Car. Comunque, stamateina ho piazzato la caffettiera sui fogli e l’inedita Excalibur mi sta riscaldando, bella fumante, il tavolo e la cucina tutta. Bene!
Mentre i monaci benedettini di Santo Domingo de Silos cantano il Viderunt omnes ed il De ore leonis, vi parlerò del racconto di Benni Il nuovo libraio, contenuto ne L’ultima lacrima (Feltrinelli, Milano, 1994). Il vecchio libraio non riesce a mettere + insieme i soldi per l’affitto, così deve passare la mano; la Libreria dell’alchimista finisce in quelle dell’immobiliare Vinvesto e del suo “dinamico” proprietario, il cav. D’Alloro. Costui, non pago di mietere allori economici, vuol ora trebbiarne di culturali se dichiara che dalle mura della Libreria avrebbe potuto intraprendere attività ben + remunerative. Ma egli ama la cultura e soprattutto esser considerato suo amico.
Quella frasetta rivela tante cose. Con la cultura è come con una donna: ti importa della sua considerazione, non di quella degli altri. Tuttavia, grazie all’ottimo D’Alloro, nuovo direttore diventa l’accademico prof. Acanti, + o meno insigne che sia. Nuovi criteri di catalogazione, 4 linee telefoniche, smaltimento non di rifiuti ma di antichi capolavori e rarità, una nuova porta, sicurissima, cocktails letterari ecc.: sulla Libreria piomba 1 tornado.
A sera l’insigne è solo e stanco ma soddisfatto. Ride del suo predecessore, il vecchio Solari. La Libreria mantiene 1 che di medievale, al massimo di secentesco… alcuni suoi lati rimangono in ombra, ogni tanto Acanti sente strani rumori, pare che le pareti lo stringano. L’insigne ride di Solari, uomo che spesso non vendeva libri da cui pure avrebbe potuto ricavare milioni ed ai quali parlava, o che “accompagnava” alla posta ed accarezzava, quando proprio doveva spedirne qualc1. Per me, se Solari avesse parlato ad 1 fucile da caccia (per pernici o per extracomunitari) ciò sarebbe sembrato normale. Inoltre Solari, che coi libri aveva 1 rapporto affettivo, anzi affettuoso, in base a certe sue simpatie poteva vendere libri rarissimi a prezzi stracciati ed a qualche cliente parlava in latino.
Dopo alcune ore la sera diventò notte (lo fa spesso) ed Acanti cominciò ad innervosirsi: gli sembrava che i libri lo spiassero; anzi, finì per convincersi d’essere odiato da quei noiosi rottami culturali. 1 volume tratta del processo e dell'assoluzione di certi assassini di una rivolta bracciantile. Costoro sono assolti per insufficienza di prove; cose che potevano accadere nel 1823, certo. Poi, quelli avevano semplicemente sgozzato dei contadini che volevano pane e chissà che altro, razza di rompiscatole. Curioso: Il giudice che assolse i sicari si chiamava Acanti.
L’A. del libro, l’alchimista Fulcanelli, auspicava che il suo testo potesse preservare almeno la memoria di quei contadini e minacciava chi si fosse opposto a tale disegno. L’insigne, con accademico e bottegaio scetticismo, pensa a quanto ricaverà dalla vendita del libro. Inoltre “filosofa” sul fatto che la storia cancellerebbe ogni traccia e parola.
Qui Acanti sembra il ragioner Fantozzi, che quando vede uno centrato in pieno da una fucilata, commenta: “Il tempo cancella tutto”. Ma i libri ed i topi faranno giustizia.

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