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martedì 6 novembre 2007

Il viaggio del dolore in W.B. Yeats

Quando penso all’Irlanda (Paese che prima o poi visiterò) mi vengono in mente le immagini del poeta William Butler Yeats (1865-1939).
Sì, fanno capolino anche Joyce ed ottimi musicisti: Van Morrison, gli U2, i Pogues, Sinead O’ Connor ecc. Ma Joyce era un po’ troppo freddo, forse cinico: nel dramma Exiles (Esuli) il protagonista e suo alter ego Richard Rowan è chiamato womankiller, uccisore di donne. Inoltre, il pur grande pop-rock dei musicisti citati mi esalta, ma fa volare via dalla mia mente i colori e le suggestioni di maghi, foreste, fate e violinisti che appunto trovo in Yeats.
Nel Nostro sono fortissime la potenza delle immagini e la capacità di cantare la malinconia ed il rimpianto. Penso che la sua poesia si trovi soprattutto sotto il segno di questi due sentimenti o stati d’animo. C’è anche dell’altro: ma poiché al momento non ho davanti una pinta di birra scura (Guinness o Kilkenny) ma solo un italianissimo caffè, voglio limitarmi a parlare di quei due sentimenti, che trovo soprattutto nella poesia Il mantello, la barca e le scarpe.
La poesia in questione consta di pochi versi, appena 15. Il tema è quello del dolore. Un misterioso interlocutore chiede al poeta che cosa stia facendo; egli risponde che fa “il mantello al Dolore”, poi che gli “fabbrica” una barca. Infine, il poeta dichiara che è intento a tessergli “le scarpe.” Qui il dolore è presentato come se fosse un uomo poverissimo e rifiutato da tutti: un profugo, un esule? Ma chi vorrebbe accogliere il dolore?
Se il fine della nostra vita è l’autoconservazione ed anche (si spera!) la felicità, solo un pazzo soccorrerebbe qualcuno che possa impedirla. Caino chiede a Dio: “Sono forse io il custode di mio fratello?” Certo, c’è molta differenza tra il ignorare il dolore di un altro ed ucciderlo. Ma talvolta ignorare quel dolore può equivalere ad un lento assassinio… Comunque, per Yeats “veloce sui mari giorno e notte/ veleggia l’esule Dolore,/ giorno e notte!”
Non so se Yeats abbia scritto questa poesia con intenti sociali o altruistici. Benché non lo si possa escludere, io credo che Il mantello, la barca e le scarpe contenga anche un elemento che definirei beffardo. Infatti, nell’ultima strofa le scarpe tessute dal poeta “con lana così bianca” servono per far arrivare il dolore improvviso e leggero. Ora, in questo vi è del negativo: sembra che Yeats voglia che soffrano anche gli altri. Ma la parola che chiude la poesia, leggero può significare un dolore sopportabile.
In una poesia così breve possiamo trovare tanti sensi, vie e significati. Penso che la varietà ed il mistero delle immagini di Yeats confermi la tesi di Socrate: un poeta compone per immagini, non per deduzioni logiche. E spesso anche oggetti non straordinari come mantelli, barche e scarpe possono vivere di vita propria… e condurre la nostra mente a stati d’animo ed associazioni mentali di cui non avremmo mai sospettato l’esistenza, o la possibilità.

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