Eppure, ogni volta che sento squillare il mio fisso o il cellulare comincio ad ululare come un lupo mannaro. Perché, mi chiederete, hai qualcosa da nascondere? Macchè, nulla (a parte la pancia).
Tra l’altro, l’editore mi ha comunicato il gradimento di meus libro, via telefono. E quelle non molte volte che ho avuto qualche incarico come insegnante o collaboratore culturale, il lieto annunzio (lavorativo) mi è arrivato sempre via telefono. Idem e dulcis in fundo, per la nascita di mia figlia.
Ho come familiari, parenti, amici e conoscenti delle bravissime persone, da cui ho ricevuto aiuto nei momenti difficili. E modestamente, ne ho avuto parecchi.
Quando sul display si accende il nome di mia moglie, il mio cuore ammattisce. Altro che Little Tony!
Allora perché mi urta tanto lo squillo telefonico? E’ questo, infatti, il punto: so che il telephonus è pressoché indispensabile; ma non sopporto quel petulante trillo.
Direte: metti il vibro. Sì, bravi, così ho i Rolling Stones o il canto gregoriano a tutto volume e chi lo sente, il dannato vibro? Certo che date proprio dei bei suggerimenti! Ri-suggerirete: metti una musichetta o uno squillo piacevole. Mi dispiace, non funziona: il mio cellulare irradia L’inno alla gioia di Beethoven, eppure sui miei nervi ha l’effetto della sgommata di un tir.
Insomma, tra me ed il telefono c’è odio. Eterno.
Quando squilla il maledetto affare, mi sembra d’essere un evaso su cui stiano per mettere le mani tutte le polizie del mondo. Vi sembra bello? Vi sembra giusto? Io penso di no, anche perché rispondo sempre. Ululati o meno. E quello, sì, insomma, l’apparecchiaccio come mi ricompensa? Continuando a squillare!
Mah, non so più che cosa fare.
Comunque fatemi uno squillo; magari ne parliamo.
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