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martedì 20 maggio 2008

Sogni e sassate

Considero fondamentali la fantasia e la grinta: i sogni e le sassate, appunto.
Quando penso alle sassate, devo dire che l’immagine non è simbolica ma dannatamente fisica. Ricordo le sassaiole cui da bambino e da ragazzino ho gentilmente partecipato.
Sì, perché anch’io, proprio come i miei amici lanciavo sassi col proposito di colpire i nemici. Ho centrato teste, è stata centrata la mia: in quest’ultimo caso, chi mi conosce assicura che i danni sarebbero evidenti e quel che è peggio, permanenti.
Scherzo? Un po’.
Ora, non voglio certo esaltare la violenza ma le sassaiole facevano parte dell’apprendistato d’ogni ragazzo che vivesse in periferia.
Chiaro, adesso è diverso… ora si usano le pistole.
Lo so, come il protagonista di Ricordi dal sottosuolo di Dostoevskij scherzo, dico sul serio, poi mi scuso per la mancanza di serietà ma anche per la troppa serietà.
Quindi mollo il Maestro per ingarbugliarmi nella rete delle mie buffonate e dei miei sermoni, furibondo perché in tutto quel pasticcio mi rimangono impigliati il piede nei ricordi, la gamba nel futuro, il naso nel presente e così via.
Ma insomma, di quali sassate parlo? Semplice: ora la vera sassata consiste nel reagire alla freddezza ed all’ingiustizia.
Adesso passiamo ai sogni, alla fantasia.
Attraverso la scrittura inseriamo all’interno di una realtà difettosa qualcosa che ne dilata i confini: perciò contribuiamo a migliorarla. Ma la scrittura non deve essere solo delirio, favole e leggende in libera uscita; anche, ma non solo.
Molta buona letteratura è impegnata e l’impegno le giova, le giova moltissimo: pensiamo almeno a Brecht ed a Pasolini. Venendo a scrittori più recenti, notiamo questo anche in GB ’84 di David Peace, un romanzo in cui egli dimostra rare doti di introspezione psicologica, nel raccontare il grande, purtroppo sfortunato sciopero dei minatori britannici contro la Thatcher.
Del resto, talvolta anche Autori in apparenza disimpegnati finiscono per non esserlo: penso al Joyce del Ritratto dell’artista da giovane. Il protagonista del romanzo si scontra con un mondo pieno di ipocrisia da cui vorrebbe liberarsi attraverso l’arte; questa è stata poi la ragione di vita dello stesso Joyce.
Eppure, nel denunciare fanatismo religioso, ipocrisie ecc., neanche il Dublinese può sottrarsi realmente al dovere dell’impegno.
Così, anche i sogni possono essere delle sassate. Uno immagina una realtà migliore… in tal modo comincia a rompere il vetro di quella in cui deve vivere. E talvolta le stesse sassate si rivelano dei sogni: spezzi le catene di una società ingiusta perché ne sogni una che si basi sul rispetto e sulla giustizia. Comunque, come scriveva Gramsci alla madre, dobbiamo evitare: “Una certa mollezza e un certo sentimentalismo che non sono molto raccomandabili in questo tempo di ferro e di fuoco, nel quale viviamo.”

2 commenti:

  1. Leggere queste righe mi fa venire voglia di rileggere Dovstoevski, Paolini e di decidermi invece a leggero Joyce.
    Ma sono così tanti quelli in fila, che aspettano di passare dalla libreria al comodino!

    Complimenti, questo spazio è davvero gradevole interssante.

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  2. Rif. maviserra
    Grazie per la visita. In effetti, riuscire ad invogliare (meglio non scrivere "trascinare") qualcuno alla lettura o alla ri-rilettura di grandi Autori, è il massimo! Solo, si scrive Pasolini, non Paolini, cara giornalista... Ehi, scherzo, non sono un pedante!

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