Non sceglievo quell’itinerario neanche perché dietro la magione dell’anziana donna si nascondessero tesori di pirati oppure architettonici. Carloforte è sempre stata una graziosa cittadina, un angolo di Liguria trapiantato dalla storia in Sardegna ma privo di veri tesori.
Però avevo scoperto una stradina stretta tra due file di palazzi, larga al massimo 2 metri… era poco più di un corridoio. In quella strada (o strettoia?) c’era un panificio. Di mattina presto l’aroma del pane caldo era meraviglioso e rimbalzava da un muro all’altro. E mi piaceva percorrere quella stradina proprio perché era così stretta e quasi nascosta.
Penso che la letteratura (e la sua funzione) sia molto simile a quella specie di corridoio: passare dove non passa nessuno, prendere vie strette e che in apparenza possono far perdere del tempo, entrare in budelli che sembrano assurdi, esplorare… vicoli ciechi.
Sopra di noi mura altissime, mura da un lato e dall’altro, voci che dalla piazza arrivano attutite mentre quelle provenienti dalle case ci assordano. Stretti dallo spazio e dal tempo, impossibilitati a comunicare, assediati da voci che sono rumori… è la vita nostra e degli altri ed è anche la letteratura.
Ma scegliamo d’entrare in quel caos per capirlo e per cercare d’esplorare tutte le possibilità ed i sentimenti che la logica non può afferrare, legata com’è ai meccanismi dell’evidenza e del principio di non-contraddizione.
E questo compito è arduo anche per la filosofia, perché perfino la filosofia più “folle” è tenuta alla dimostrazione.
La letteratura no, lei può inoltrarsi in qualsiasi vicolo e trovare vie di fuga anche dove pare che vi siano solo mura, voragini e tagliole. Con lei possiamo far marameo allo spazio ed al tempo, entrare nella mente di Gilles de Rais (Barbablù), nelle giornate di Jack lo squartatore e nella grande e tragica storia d’amore di Eloisa ed Abelardo.
La via è stretta, certo; ma dice bene Santucci in Come se: “La fantasia, Klaus, ricordare, profetare, capovolgere, scappar di trappola. E’ questa la redenzione.”
In ogni caso i romanzi e le poesie sono degli sguardi che vanno in molte direzioni e raggiungono molti tempi, cambiano strada, prendono strane scorciatoie, suonano spartiti pieni di note mai inventate ma non per questo inesistenti.
Questo bellissimo post mi ha fatto pensare a Maugham diceva che ogni produzione di un artista era il frutto di un'avventura della sua anima...
RispondiEliminaLeggendo il tuo bel post condivido e rivivo quelle tue antiche sensazioni...
RispondiEliminaLa mattina era per me quasi un rito, correre ancora in pigiama e con i capelli arruffati nel balconcino che si affaciava sulla stradina-vicolo. Proprio sotto la casa dei nonni c'era il panificio, è una sensazione che rimane... quel profumo...Un odore persistente e allo stesso tempo carezzevole, quello della farina e del pane lievitato durante la notte, il profumo fragrante del pane cotto in quegli antichi forni di paese, il vociare allegro e talvolta piacevolmente sguaiato che seguiva i ritmi vocali e dialettali dei tabarchini...il via-vai di persone e bambini scanditi dal rumore dei passi e del camminare con gli zoccoli, che hanno creato nella mente una musica caratteristica di quei tempi estivi, che hanno accompagnato le nostre vacanze di bambini spensierati e curiosi, lontani dalla nostra città, in "Sardegna"...
Ricordi che resteranno per semre idelebili...
Grazie!
Miriam
Rif. anonimo
RispondiEliminaA ripensarci ora, certi ricordi potrebbero sembrare fiabeschi o inventati; eppure, come sappiamo sono estremamente reali.
E’ difficile che al giorno d’oggi, molti bambini abbiano (o avranno, quando saranno adulti) ricordi di questo tipo…
Tutto questo, naturalmente, aggiunge a questa gamma di ricordi, pensieri e sensazioni ancora più fascino.
E per la formazione di una persona che poi si è dedicata alla scrittura come il sottoscritto (e che scriveva già da allora, benché non ancora con la penna) si è trattato di un’esperienza unica.
Buon sabato!
Rif. dailygodot
RispondiEliminaD’accordo al 100%, Daily e Maugham.
Certo, dall’esterno quell’”avventura dell’anima” può sembrare poco appassionante o comunque non molto significativa.
Ma in realtà, per chi vive l’avventura in questione, può essere determinante.
Col tempo rivestiamo i nostri ricordi di elementi anche “colti”: il che va benissimo, beninteso. Se per esempio io ripenso a quel vicolo o stradina, associo la cosa a certi racconti (forse al “Pendolo”?) di Edgar Allan Poe, con le pareti che iniziano a chiudersi sul protagonista.
Ma rimane tutta l’importanza di ciò che ha dato il “la” alla famosa avventura. Ciò che magari ci ha condotto a leggere Poe, Dostoevskij ecc. nonché a tentare di scrivere qualcosa.
Buon week-end!
debbo dirti che ho amato molto la tua definizione della funzione della letteratura.
RispondiEliminaun saluto, affettuoso.
Lascio i miei auguri di buona Pasqua.
RispondiEliminaA dire il vero qui la festività sembra non essere arrivata con tutto quello che sta succedendo a pochi passi da me...ma vabbè..
Poche parole.
A presto!
rif. emma
RispondiEliminaTi ringrazio, Emma. Penso davvero che la funzione appunto della letteratura sia il più possibile metalogica e trasversale.
Del resto, ho appena finito di vedere "I demoni di S. Pietroburgo" di Montaldo"...
rif. guernica
RispondiEliminaContraccambio gli auguri, carissima.
Spero di cuore che la tragedia che colpito l’Abruzzo (ma penso, tutti gli italiani) non faccia altre povere, sfortunate vittime.
Lo spero tantissimo.
Un abbraccio.
Ciao. Passavo di qua per caso e ho tentato di concentrarmi sul tuo discettare di letteratura, ma ero distratto dall'Isola di San Pietro. Mi è tornata in mente la sensazione di splendido isolamento che solo l'isola di un'isola può darti. E mi è venuta nostalgia di Carloforte. mi sa che ci torno...
RispondiEliminarif. splendidiquarantenni
RispondiEliminaSì, Carloforte è davvero straordinaria, dal punto di vista da cui la descrivi tu. Io direi: un’isola nell’isola, come una sorta di matrjoska naturale…
Io non ci vado da un po’, ma ti consiglio davvero di tornarci. “U paize” (il paese) lo merita!