giovedì 2 ottobre 2014
“Il maestro di cerimonie”, di Arnon Grunberg
Il titolo del romanzo è stato
reso nella nostra lingua in modo molto libero: nell'originale
neerlandese (olandese) abbiamo Tirza,
che è il nome di una delle figlie appunto del Maestro.
Questa libertà si spiega forse col fatto che il protagonista si
chiama Hofmeester,
termine questo che in olandese significa appunto “maestro di
cerimonie.”
Ma veniamo al
libro.
Hofmeester è
un uomo che ha superato da qualche anno i 50, vive ad Amsterdam in
una strada elegante come la Van Eeghenstraat, che a sua volta si
affaccia sul Voldenpark. Di questo egli è piuttosto fiero. Ha una
bella casa, due figlie cui vuole molto bene ed un importante incarico
presso una prestigiosa casa editrice di Amsterdam.
Nella vita di
Hofmeester la cultura ha un ruolo preponderante: al punto che la sera
alla 14enne Tirza legge brani da Dostoevskij e da altri grandi Autori
dell'800.
Ma il Nostro,
peraltro uomo molto gentile e disponibile, come padre è troppo
presente: per es., idealizzando Tirza (un'adolescente come tante) la
spinge a suonare il violoncello, a praticare il nuoto, vorrebbe che
si immergesse in letture complesse ecc. Questa continua presenza
creerà alla ragazza seri problemi (per es. col cibo). Nel complesso,
la vita di Hofmeester è felice o almeno, tranquilla.
Le
cose cambiano quando dopo 3 anni (!) torna
a casa la bella e disinibita moglie del Nostro, che dichiara d'esser
tornata per “riprendersi” una vita che che secondo lei lui le
avrebbe rubato. Ma poi
la signora riconosce che è tornata perché è stata “scaricata”
dal suo ultimo amante e che i tanti che ha avuto, ormai non la
invitano più “neanche per un caffè.”
In un
drammatico ed insieme penoso tentativo di riunione familiare, lei
umilia (davanti a Tirza) Hofmeester parlando apertamente della sua
inadeguatezza come amante. Rimasti soli, la bella fedifraga lo
definisce “vecchio cavallo da traino”, insinua che in fondo è
omosessuale e che di fronte a lei era preso dal “panico” ecc.
Hofmeeester,
stoicamente ma forse anche stupidamente,
ingoia tutto ed anzi riprende la donna a vivere con sé.
Un
comportamento come questo sarebbe assurdo da parte di qualsiasi
uomo... ma le dinamiche di una famiglia e soprattutto quella
marito-moglie, possono sfuggire alla logica; talvolta, suggerisce
Grunberg, sfuggono anche all'amore. Illuminante al riguardo una frase
pronunciata in un racconto da un personaggio di Woody Allen: “I
miei genitori sono rimasti insieme per 40 anni; ma più che altro per
farsi dispetto.”
Hofemeester,
padre esemplare e grande lavoratore, riprende con sé la moglie
perché è “la madre delle sue figlie” ed è schiavo di un senso
del dovere quasi fatalistico. Ha cresciuto le figlie nel cruciale
periodo dell'adolescenza, lavora tutto il giorno, cucina, tiene in
ordine il giardino e la casa, segue le attività scolastiche,
sportive e ricreative delle ragazze... Tutto questo da solo e senza
un lamento.
Quando la
moglie lo abbandonò la difese dalla maldicenza di amici, colleghi e
vicini.
Comunque, pian
piano Hofmeester si rende conto di come nel corso di tutta la sua
vita sia sempre stato infelice, o almeno molto solo. E' sostenuto da
un umorismo che la sua famiglia non capisce ma che lo salva dalla
disperazione. Si tratta di un umorismo sottile, ma comunque non
cerebrale né troppo “intellettuale.”
Sembra che il
Nostro viva in un mondo tutto suo il che forse è anche vero: per es.
ad Ester (una ragazza con cui ha avuto una fugace avventura) regala
un testo di Tolstoj scusandosi perché l'ha trovato solo “in
traduzione tedesca.”
Ma il nostro
eroe soffre anche di grandi mali, imputabili (questa la sola
“attenuante”, ammesso che possano essercene) forse ad un disturbo
mentale che nella sua vita si fa strada con lo svanire delle
prospettive di carriera, con un licenziamento camuffato da
prepensionamento, oltre che un lento ma inesorabile scivolamento
nell'alcolismo.
Tra questi
mali rientrano una qualche inclinazione al razzismo ed alla violenza:
sia pure, quest'ultima, in parte latente.
Con questo
romanzo (che però contiene vicende molto più drammatiche di cui non
ho parlato per non rovinarvi la sorpresa) Grunberg ci ha consegnato
un antieroe che non viene dagli slums o dalle periferie di
qualche città degradata o del cosiddetto Terzo Mondo; arriva da una
delle città e da uno dei Paesi più prosperi ed evoluti
dell'Occidente.
Il maestro di cerimonie fa
riflettere, diverte, fa indignare ed anche quando affronta temi
letterari, filosofici e morali o scabrosi, scorre senza difficoltà.
Scusate se è poco!
Concludendo:
Hofmeester dichiara spesso che la sua generazione (in fondo, si
tratta più o meno della mia) ha cercato di
”abolire l'amore.”
A
tutte/i voi il compito di scoprire se questo sia stato possibile. O
desiderabile. O se lo sia.
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Ciao Riccardo,
RispondiEliminadalla presunta felicità iniziale ,man mano che scorre la vicenda si approda alla visione di un'esistenza infelice, mascherata da una facciata intellettuale che scivola in forme di degrado. Questo fa rifletter sull'apparenza, vissuta come alibi e copertura, e la sostanza dell'esistenza che contraddice il fragile schermo di normalità.
Mi unisco con piacere ai lettori del tuo blog.
Saluti
Fata C
rif. fata confetto
RispondiEliminaBenvenuta, Fata!
In effetti, la tua analisi coglie nel segno.
Aggiungo solo questo: a me il libro è piaciuto molto, ma proprio perché si tratta di un libro notevole, ho “nascosto” qualcosina... o anche più di qualcosina!
Ora mi accorgo di averlo fatto un po' troppo, perchè Hofmeester è anche un personaggio gradevole che per periodi di tempo abbastanza lunghi, sa resistere alla solitudine ed ai suoi mali (intendo i propri) con una certa dignità.
Il Nostro non è insomma solo un concentrato di qualità negative, come temo risulti dal post.
Ma purtroppo, quando cultura ed arte sono concepite e vissute in modo individualistico, escludendo quindi l'importanza di un rapporto autentico con gli altri...
rif. fata confetto
RispondiElimina... si finisce per chiudersi agli altri, come appunto fa Hofmeester.
P.s.: ora faccio parte anch'io dei tuoi lettori.
Poveraccio, incapace di librarsi un po'.
RispondiEliminaPasso per comunivarti il mio cambio di indirizzo.
Captalo e seguimi ancora, please.
Cristiana
rif. cristiana2011
RispondiEliminaPurtroppo, a molti la solitudine gioca brutti, anzi pessimi scherzi...
Però il romanzo vale, credimi. Vale tanto.
Capto volentieri il tuo cambio di indirizzo.
A presto!
Mi intriga! Forse perché è un po' la storia dell'inadeguatezza e della mediocrità che cercano riscatto nella vita altrui (figlie, coniuge).O forse la storia della solitudine di ogni persona. Mi piace... Un abbraccio, caro Riccardo.
RispondiEliminarif. Linda
RispondiEliminaSì, guarda, il protagonista è una specie di trickster, il "briccone divino" che si trova in tante culture antiche...
Strano ritrovare una personaggio del genere nella moderna Amsterdam, davvero molto strano!
Per un po' sa affrontare la solitudine con una certa dignità, poi le cose si mettono male... ma il libro diverte e fa pensare sempre e comunque.
Un abbraccio
Riccardo
Prendo nota Riccardo, non devo passare troppo da te o rischio di avere troppe cose belle da fare... no, se son belle non son mai troppe, solo devono aspettare il mio povero e piccolo tempo. Notte cara!
RispondiEliminaMaria
rif. Alicemate
RispondiEliminaTroppo buona, Maria!
In ogni caso, so bene quanto il tempo sia poco e spesso, insidiato da troppe preoccupazioni, ansie e (ma questo è in fondo un bene) lavoro.
Perciò non preoccuparti assolutamente, va bene?
Notte cara anche a te ed a presto.,