lunedì 20 ottobre 2014
“Woman is the nigger of the world”, di John Lennon
Nel mare magnum, nel grande mare
del rock sono poche le azioni in cui troviamo dichiarazioni di vera
stima verso le donne. Chi abbia letto il precedente post “musicale”
Gli uomini del rock di fronte alla donna,
avrà già visto come io abbia cercato d'affrontare tale tema.
Eppure,
canzoni “pro-donna” esistono e secondo me, esprimono
sull'argomento il punto di vista più maturo e rispettabile da parte
di quei rockers che vedono nella donna un essere che possiede un
valore ed una dignità che prescinde dall'amore
e dalla passione. In tali canzoni la donna figura soprattutto come
amica o eventuale
compagna di strada.
Bene,
credo che John Lennon con la sua Woman is the nigger of
the world sia stato il primo a
parlare delle donne da questo punto di vista, denunciando soprattutto
il modo in cui esse
sono trattate da certi, presunti uomini.
Il
titolo del brano è volutamente provocatorio: nigger è
infatti il dispregiativo per “nero”; così Woman is the
nigger of the world significa
“la donna è la negra del mondo.”
Secondo me
il pezzo è costruito su un riff di rock-blues, peraltro impreziosito
da frequenti interventi di sax, che hanno funzione sia ritmica che
melodica.
All'inizio
il cantato di Lennon fa quasi pensare ad un brano romantico, ma
capiamo subito che tira tutt'altra aria se canta:
“We make her paint her face
and dance
if she won't to be a slave,
we say that she don't love us
if she's real, we say she's
trying to be a man
while putting her down, we
pretend that she's above us,
Le facciamo
truccare la faccia e ballare/ se lei non vuol essere una schiava, le
diciamo che non ci ama/ se lei è reale (sé stessa), diciamo che sta
cercando d'essere un uomo/ mentre la buttiamo a terra (umiliamo)
fingiamo che ci sia superiore.
La canzone
continua in un crescendo di rabbia e di accuse rivolte all'uomo, così
anche la voce di Lennon si fa più aspra... mentre il tempo del brano
si fa incalzante ma mantenendosi sempre cadenzato, accompagnando
quindi il cantato senza sovrastarlo.
Si
chiamano in causa la costrizione da noi imposta alla sola donna della
responsabilità e della crescita dei figli, si ricorda come
vogliamo confinarla in casa: “Then we complain that she's
too unwordly to be our friend”,
poi ci lamentiamo che lei ha troppa poca conoscenza del mondo per
essere nostra amica.
Così,
lei è “the slave for the slaves”,
la schiava per gli schiavi. Infatti, qualsiasi uomo, qualsiasi sia il
suo grado di sfruttamento economico, di isolamento sociale, politico,
etnico, di repressione religiosa, culturale ecc., è però certo di
poter a sua volta reprimere, dominare o manipolare almeno una
persona: la donna;
spesso, la sua.
Non
di rado, tutto ciò sfocia nella violenza:
”Yeah... allright... hit it!”,
sì, benissimo... colpiscila! Del resto, una volta che l'uomo abbia
cancellato la sensibilità, l'intelligenza e la voglia di
indipendenza della donna, “perché” non dovrebbe disporre anche
della sua integrità fisica?
Addirittura,
il testo inglese ha hit it,
non hit her. Con hit
her vogliamo dire colpiscila,
colpisci lei. Ma in
hit it, it è un
neutro che designa
oggetti, cose ecc. E' come se si dicesse: colpisci quella
cosa. Come se si trattasse di
una pietra, una porta, un muro. E niente di tutto questo prova dei
sentimenti, o dolore... quindi con quell'hit it si
abbassa la donna al rango di cosa inanimata.
Ma
Lennon afferma che se credi che la donna sia schiava, allora: “Think
about it... do
something about it”, ed
inoltre “scream about it”,
pensaci... fai qualcosa ed urlalo.
Ora,
questo non è facile anche perchè Lennon dice ad ognuno di noi:
“Take a look at the one you're with”,
dai uno sguardo a quella con cui stai.
Certo,
anche lui dovette lavorare su sé stesso: ma quando Lennon accusava
di qualcosa gli altri, lo faceva dopo aver prima corretto appunto sé
stesso.
Comunque
trovo ancora la canzone attualissima: non solo per come può vivere
la donna in Paesi fondamentalisti sul piano religioso; questa sarebbe
una considerazione troppo facile.
No,
penso che il brano sia ancora molto attuale anche in Paesi cosiddetti
democratici e liberi, che però non fanno granché per contrastare la
visione della donna come oggetto di piacere sessuale e purtroppo,
come disse una volta lo scrittore Massimo Carlotto (riferendosi al
nord-est) come sostitutivo della tangente...
Un
ringraziamento speciale a Yoko Ono per aver coniato, a fine anni '60,
la frase che dà il titolo alla canzone (che risale invece al 1972).
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Ciao Riccardo,
RispondiEliminacresce lo sgomento nel condividere le parole di questo post, ma una delle frasi che più precipitano nell'abisso della discriminazione colpevole e violenta è "... hit it!”, quel cambio dal pronome personale al neutro rende, con due sole lettere, il senso della espoliazione di qualunque identità umana, è la fine. Cambierà mai tutto ciò?
Marilena
Grazie, un post molto bello, peraltro anche oggi sui quotidiani..."Milano srangola la fidanzata poi telefona ad un amico"...
RispondiEliminaUn post pubblicato in un momento storico davvero drammatico per le donne; ma poi davvero ci sono stati dei periodi tranquilli per noi? Quasi quasi avrei paura di rinascere e se dovessi scegliere, sceglierei di essere un uomo; e io ho avuto molte belle opportunità e una vita decente, eppure, non vorrei tornare indietro per non dover soffrire ancora perché donna. E se continuo a lottare è solo per garantire a mia figlia (e a tutte le nostre figlie) un ambiente solido e più tollerante.
RispondiEliminaComunque, sì, tornando alla canzone di John, una partenza morbida e sognante, uno stile romantico e parole taglienti fino a far male e un finale che urla dolore...
Alla fine, risulta straziante.
Ciao Riccardo, a presto. :)
rif. fata confetto
RispondiEliminaCiao, Marilena.
Mi fa molto piacere il fatto che abbia colto tutta la brutalità di quel “hit it!”
Temo proprio che molit maschi, condizione questa che non equivale sempre e comunque a quella di “uomini”, abbiano/abbiamo ancora tantissima strada da fare.
Perché solo la consapevolezza di certi errori/orrori può impedire che continuino a ripetersi: si tratta di un lavoro lungo, faticoso e che dovrebbe condurre molti ad ammettere, senza troppi giri di parole, la propria... inumanità.
E ad ammettere che l'uomo diviso dalla donna (diviso soprattutto sul piano spirituale e “amicale”) è un uomo a metà, che nessun complesso di superiorità o scoppio di violenza potrà mai colmare.
Solo quella consapevolezza potrà condurre certi “uomini” a trattare la donna come una persona e non come una Barbie di carne... spesso da distruggere nel corpo, nella psiche o in entrambe le realtà.
rif. Vera
RispondiEliminaGrazie a te, Vera... e grazie per la visita.
Raggelante la notizia che riporti: è come se l'orrore, per certi, sia diventato un fatto normale, quasi un qualcosa di cui si può parlare così, tanto per fare conversazione...
Spero che l'amico abbia avuto il buon senso (di umanità) di correre a denunciare l'assassino.
Ma coi tempi che corrono, chissà...
rif. Linda
RispondiEliminaCredo e temo che questo momento storico non sia molto diverso dal passato.
Per certi versi, potremmo forse dire che si tratta di un momento addirittura peggiore!
Nel dir questo penso per esempio al fatto che talvolta vi sono addirittura delle donne che giustificano le violenze compiute dai loro figli, magari ricorrendo alla giustificazione (?!) che certe mogli o fidanzate “mancano di rispetto” a loro amati figlioli, pardon energumeni...
Salutone e sì, a presto, molto volentieri!
Ci credi? Amo (letteralmente, tanto si rivela costantemente per me un'ispirazione) John Lennon (e pure Yoko Ono), ma questo pezzo non lo ricordo...
RispondiEliminaOra vado a vedere se lo trovo su youtube perché, dopo questo tuo post illuminante, non posso non averlo.
E' una lunga strada, tutta ancora in salita, per la donna.
E ti dirò, temo che l'opera di corruzione dei simboli e dei valori operata quotidianamente dai media, abbia riportato indietro la donna rispetto anche solo rispetto a pochi anni fa.
Ma John ha avuto una grande compagna, ed era su molte cose più avanti di parecchio rispetto sia ai suoi tempi che di certo ai nostri...
rif. Rossland
RispondiEliminaLo troverai senz'altro, appartiene al periodo newyorkese dei due grandi artisti: un periodo unico, a dir poco..
(Grazie molte molte molte per il “post illuminante”!).
Condivido totalmente la tua analisi: la visione mercificata, volgare e senz'altro avvilente della donna che i media spacciano per vera, eccitante ecc. ecc. contribuisce a fare della donna un essere quasi inanimato.
Così, soprattutto le persone più immature arrivano alla conclusione che questa donna-non donna possa essere impunemente picchiata, violentata, ridicolizzata...
Molti uomini non capiscono questo fatto e molte o almeno alcune donne vedono nella negazione della loro dignità quasi un fattore di autopromozione o di “carriera”...
Grazie Riccardo, speriamo di avere molti Riccardi e Lennon... e molte donne capaci di meritare la vostra stima! Tutti dobbiamo crescere spiritualmente :)
RispondiEliminaciao!
Maria
(ho condiviso il brano su facebook)
rif. Alicemate
RispondiElimina... Soprattutto, molti Lennon!
Comunque hai proprio ragione: dobbiamo crescere, tutti, spiritualmente. Molte volte questo è difficile perché l'egoismo in cui viviamo e di cui viviamo, diventa per molti di noi quasi una seconda natura... se non una prima!
Salutone