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giovedì 3 luglio 2014

La discussione filosofica (17/a parte)


Come visto nella 16/a parte, l'eccesso di critica (o ipercritica) considera deboli o false le tesi altrui ed innalza quasi un altare a sé stessa.... che identifica senz'altro con la verità. Così l'ipercritica finisce per contraddirsi perché ritiene di non dover sottoporre le proprie tesi a nessuna procedura di controllo e di verifica. Le tesi in questione, solo perché sono le proprie, sono dall'ipercritica considerate automaticamente vere.
A proposito di quelli che Abelardo definiva iperdialettici, appunto il maestro Bretone osservava: “Essi non usano, ma abusano dell'arte dialettica. Noi infatti condanniamo la falsità della sofistica, non la conoscenza della dialettica.”1
E sempre Abelardo si collegava al S. Agostino del De doctrina christiana che diceva: “Si deve tuttavia evitare la smania del contrasto dialettico ed una certa puerile ostentazione della propria capacità di trarre in inganno l'avversario.”2
Ma a me pare che la definizione latina usata da Agostino e ripresa da Abelardo renda di più: infatti, “smania del contrasto dialettico” va benissimo come senso, ma il testo appunto latino dei due recita libido rixandi; il che rimanda alla libidine (o voluttà) ed alla rissa. E' come se una sola espressione racchiudesse un piacere quasi fisico nello scontrarsi con l'avversario, che si cerca di “sottomettere” come per soddisfare una sorta di violenta sensualità... sia pure di tipo intellettuale, quindi più raffinata ma proprio per questo, in un certo senso più perversa...
Niente insomma di più lontano da un vero amore o da una reale ricerca delle verità, che anzi sembra presentarsi come subordinata al soddisfacimento di una vanità o di una libidine.
Nell''800 si occupò anzi preoccupò di questo problema anche Goethe, che a proposito della dialettica osservò: “Purché questa capacità e queste arti dello spirito non siano così spesso male impiegate e utilizzate per rendere vero il falso e falso il vero. Certo- ribatté Hegel, “questo accade, ma soltanto ad uomini che hanno lo spirito malato.”3
Il problema è quindi più che filosofico ed oggettivo, di tipo morale-personale: ha insomma a che fare con una visione distorta della filosofia e del rapporto con gli altri esseri umani. Queste persone sono animate (come minimo) da superbia. Una persona come questa vuole: “Esaltare il proprio nome a causa di una qualche novità e si vanta di fare affermazioni inusitate, che si sforza di difendere contro tutti, per sembrare superiore ad ogni altro, o perché la sua posizione non venga confutata e non appaia inferiore alle altre.”4
Circa costoro Abelardo aggiunge: “La loro arroganza è talmente grande che credono non esista nulla che non possa essere compreso dalle loro piccole ragioni.”5
In questa polemica Abelardo aveva certo in mente anche Roscellino.6 Roscellino cioè quello che come ricordato nella 15/a parte aveva dimostrato tutta la sua delicatezza e solidarietà umana sbeffeggiando appunto Abelardo per la sua menomazione sessuale e classificandolo così come “quasi” uomo.
Bene, ma l'ipercritica può condurre anche alla sua assoluta mancanza: il 2° pericolo cui ho accennato nella 14/a parte e verso la fine della 16/a.
Secondo Platone, infatti, si può diventare misologi cioè persone che odiano o rifiutano i ragionamenti “come certi che diventano misantropi.”7 Infatti tra il rifiuto o l'odio per gli altri uomini (misantropia) e quello per i ragionamenti (misologia) esiste un legame strettissimo, che nasce anziché da un atteggiamento sereno ed equilibrato, da un eccesso di fiducia misto forse ad una certa ingenuità.
Cedo ora la parola al Socrate di Platone, scusandomi per la lunghezza (però necessaria) delle citazioni.
“Non c'è male peggiore di questo odiare ogni discussione. Misologia e misantropia nascono nello stesso modo. La misantropia nasce quando si è riposta eccessiva fiducia in qualcuno, senza conoscerlo bene, ritenendolo amico leale, sincero, fedele mentre poi, a poco a poco, si scopre che è malvagio e infido, un essere del tutto diverso. Quando questa esperienza si ripete più volte, specie con quelli che stimavamo più fidati e più amici, si finisce, dopo tante delusioni, con l'odiare tutti e col credere che in nessun uomo vi sia qualcosa di buono.”8
Ecco quindi genesi e sviluppo della misantropia, un'esperienza davvero dolorosa e che spesso può toccare tanti di noi. Al di fuori della filosofia, il poeta latino Catullo canterà con grande sofferenza del foedus, quel “patto” che certi rivelatisi tutt'altro che amici, hanno spezzato o tradito.
Approfondiamo la relazione tra misantropia e misologia.
“Quando uno presta, cioè, troppa fede a una tesi e la ritiene buona senza conoscerla a fondo e poi in un secondo momento, gli sembra falsa, a volte anche a ragione, ma a volte anche a torto, e quando questo gli capita spesso (…). Ebbene, Fedone, sarebbe una cosa veramente deplorevole se, con tutte le tesi vere e sicure che vi sono e vengono riconosciute tali, soltanto per il fatto che ci imbatte in altre che, pur essendo sempre le stesse, ora ci sembrano vere ora false, si finisse per dare la colpa non a se stessi ed alla propria incapacità ma, per la stizza, agli argomenti e si passasse tutta la vita a odiare e maledire ogni discussione privandoci, così, della verità e della conoscenza della realtà.”9
Superfluo ogni commento, direi.
Insomma: ipercritica da una parte e totale rifiuto della critica dall'altra conducono alla medesima conclusione o al medesimo atteggiamento... cioè a non filosofare.
Chi si serve dell'ipercritica assolutizza il proprio pensiero, lo vede appunto come assoluto e superiore a quello di ogni altro essere umano: il che equivale a fare appunto del proprio pensiero qualcosa di divino, cosa questa impossibile o assurda.
Chi si dia al totale rifiuto della filosofia, si priva di ciò che come essere sociale e razionale, lo caratterizza.


Note

* Ho pubblicato su questo blog le precedenti parti di questo post rispettivamente: la 1/a il 25 /03/2008; la 2/a il 4/4/2008; la 3/a il 17/6/2010; la 4/a l’11/10/2011, la 5/a il 27/11/2011;
La 6/a il 15/11/2012; la 7/a l'8/12/2012.
Il riepilogo di questo post (sino alla 7/a parte) è stato pubblicato il 21/02/2013.
Ho pubblicato l'8/a parte il 20/03/2013 e la 9/a il 14/09/2013; la 10/a il 5/10/2013, l'11/a il 30/10/2013, la 12/a il 16/11/213.
Il riepilogo di questo post (dall'8/a all'11/a parte) è stato pubblicato il 13/12/2013.
La 13/a parte è stata pubblicata il 19/01/2014 e la 14/a l'8/02/2014.
La 15/a è stata pubblicata l'8/03/2104 e la 16/a il 13/06/2014.

1 Pietro Abelardo, Teologia del sommo bene, a cura di Marco Rossini, Rusconi, Milano, 1996, p.100.
2 P. Abelardo, Teologia del sommo bene, op. cit., p.100.
3 Eckermann, Colloqui con Goethe, 18 ott. 1827, in Eric Weil, Filosofia e società, Vallecchi Editore, Firenze, 1965, p.13. Il corsivo è mio.
4 P. Abelardo, Teologia del sommo bene, op. cit., p.105.
5 P. Abelardo, Teologia del sommo bene, op. cit., p. 107.
6 Ibid., p.280, n.16. Per una visione più completa degli “pseudodialettici” cfr. Ibid., p.280, n.17.
7 Platone, Fedone, Garzanti, Milano, 1980, XXXIX, p.130.
8 Platone, Fedone, op. cit., XXXIX, p.130.
9 Ibid., XXXIX, pp.131-132. I corsivi sono miei.


4 commenti:

  1. Ho trovato interessante e ben scritta questa dissertazione tra ipercritica e totale rifiuto di ogni ragionamento, quello che tu chiami "misologia". Io posso osservare tali atteggiamenti quotidianamente, quando ascolto parlare di politica: c'è chi ritiene la propria come la verità assoluta o il rimedio perfetto per i mali che ci affliggono e c'è chi , invece, come me, si è stufata di cambiare idea ogniqualvolta le azioni di quel tal politico contraddicevano le sue precedenti dichiarazioni.
    Noto anche la libidine che provano alcuni a controbbattere le tesi altrui facendo valere le proprie, "un piacere quasi fisico nello scontrarsi con l'avversario, che si cerca di “sottomettere” come per soddisfare una sorta di violenta sensualità... sia pure di tipo intellettuale, quindi più raffinata ma proprio per questo, in un certo senso più perversa..."
    Non ho mai provato questa sorta di "piacere", che pur contraddistingue la natura umana, perchè sono convinta che la verità assoluta non esiste, ma ci sono tante verità quanti sono gli individui.
    E' stato un piacere comunicare un po' con te, spero che avrai la pazienza di leggere il mio chilometrico racconto e spero di non annoiarti troppo. Saluti.

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  2. rif. Paola D.
    Ringrazio per la stima, Paola!
    Io penso che le sole, chiamiamole così "stelle fisse" che dobbiamo avere (in politica come in filosofia, in arte come nella vita generalmente intesa) debbano essere: la giustizia, l'uguaglianza, il rispetto, la bellezza ed ovviamente, la libertà.
    Libertà che senza quegli altri valori, diventa solo arbitrio e prepotenza, inganno e spesso, anche crudeltà.
    Ho già letto il tuo racconto, che non mi annoiato affatto, credimi!
    Tra non molto "passo" da te per farti sapere che cosa ne penso.
    Intanto, ti saluto anch'io.

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  3. Mi piace che , tra le stelle fisse , hai inserito anche la bellezza: a me , che sono una cultrice della bellezza, fa molto piacere.

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  4. rif. Paola D.
    Sì. infatti la bellezza è quel che rende la vita degna di essere vissuta e goduta.
    Bellezza intesa come stile (ma non come sfoggio di eleganza), bellezza intesa come armonia, interiore ed esteriore, bellezza intesa come sincerità.
    Buon fine settimana!

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