giovedì 25 aprile 2013
“Oltre la parentesi”, di Aldo Accardo e Gianni Fresu (1/a parte)
Alla fine
della II guerra mondiale scatenata dal nazifascismo,
tra militari e civili si contarono oltre 55 milioni di morti;
innumerevoli i feriti ed anche i dispersi, pressoché totale la
distruzione degli impianti produttivi ed industriali di interi Paesi
nonché quella di parecchie città, cancellata la vita di 6 milioni
di ebrei europei. Tra il 1939 ed il 1945 fu quindi massacrato un
numero di persone pari a quasi tutta l'attuale popolazione del nostro
Paese.
Ciò
nacque da deliranti teorie circa presunti popoli “signori” che
per il loro “spazio vitale” avrebbero avuto il diritto
d'eliminare tutti gli altri1. Questo piano fu nazista ma godé
dell'appoggio dell'Italia fascista e di quello giapponese.
E'
allora doveroso chiedersi come mai si sia arrivati a tanto, anche
perché come scriveva l'ex-tenente di fanteria poi partigiano Pedro
Ferreira, processato e fucilato con altri partigiani “da plotone di
militi della Gnr”2, è fondamentale la “rieducazione
morale del popolo tutto, senza
la quale le forze demagogiche che hanno portato l'Italia nostra
all'odierna rovina riprenderanno il sopravvento”3.
La
storia, infatti, può anche concedere dei (benché camuffati) bis...
quando quel complesso intreccio che costituisce la società umana,
che talvolta può vivere in un “tempo di ferro e di
fuoco”4 non contrasta le forze
che lavorano contro la giustizia, la cultura e la solidarietà.
E
quelle forze, sebbene in sé stesse cieche, violente, irrazionali se
razionalmente usate
da chi può servirsene per i propri fini, possono far ripiombare il
mondo nella distruzione e nel caos.
Ecco
perché è importante parlare di rieducazione morale:
perché quando manca o si soffoca quella, insieme all'educazione
culturale, legale e storica,
allora si riaprono le porte al dilagare di qualsiasi arbitrio, di
ogni violenza... che magari si ammanta, ipocritamente, del bel nome
di Patria.
Per
me, uno dei maggiori meriti del testo di Accardo e Fresu consiste
nell'aver analizzato la genesi del fascismo da un punto di vista
molto ampio. Essi hanno cioè studiato quella genesi occupandosi
anche degli antecedenti storico-culturali
appunto del fascismo; con antecedenti intendo
quel complesso insieme di fattori non solo politici che
costituiva sia l'Italia del primo dopoguerra che l'Italia
risorgimentale e pre-risorgimentale.
Il
testo reca il sottotitolo Fascismo e storia d'Italia
nell'interpretazione gramsciana.
Ora, già “solo” il proposito di misurarsi con l'interpretazione
che del fascismo diede Gramsci cioè quello che “oggi” è “uno
degli autori più conosciuti nel mondo5”, uomo inoltre che “a
livello internazionale” occupa “un posto di assoluto rilievo tra
i grandi pensatori della storia dell'umanità”6... già questo
meriterebbe un certo rispetto. Rispetto che gli AA meritano tutto:
per la finezza d'analisi ed anche per la chiarezza
espositiva.
Inoltre, gli AA esaminano anche le interpretazioni di studiosi da
quella gramsciana lontani.
Il
punto che mi ha maggiormente interessato e nel discutere il quale (nota bene)
innesterò anche mie
considerazioni,
è quello che vede già dall'Unità
del
Paese un forte deficit
di democrazia.
Infatti, fin dal suo sorgere il Regno d'Italia non prevedeva che
sulla carta
autentici
meccanismi parlamentari, né appunto il parlamento poteva esercitare
un effettivo controllo sul governo: l'ultima parola spettava sempre
al re;
questo anche quanto alla nomina del primo ministro, alla “revoca
non motivata
del mandato”7 ecc. E spesso un governo poteva prescindere
da
una definita maggioranza
parlamentare”:
il che “fu determinante
nel consentire, nel luglio del 1922, la nomina di Mussolini.”8
Si
può così parlare di una debolezza intrinseca, strutturale
della
politica e del parlamento italiani, che di democratico e di
costituzionale avevano ben poco già prima
dell'avvento
al potere di Mussolini: anzi, quel deficit di democrazia permise
tranquillamente l'instaurazione del regime fascista.
Il fascismo non fu quindi, come sosteneva il pur grande
filosofo Benedetto Croce, una “parentesi “ nella storia d'Italia,
una “crisi morale” in un corpo per il resto sano ecc.9 Questa
tesi, poi rielaborata anche da intellettuali tedeschi10 riduceva
fenomeni storici tragici come il nazifascismo a generiche
questioni morali, psicologiche o di coscienza, non cogliendo così il
profondo collegamento tra democrazie gravemente imperfette ed in
nuce già violente ed autoritarie ed il loro successivo
“completamento” nazifascista.
Del resto, Accardo e Fresu evidenziano come i liberali e
lo stesso Croce pervennero ad una “sostanziale accettazione
del sistema di violenze squadriste.”11 E Gramsci aveva
scorto un “parallelismo fra certi infelici discorsi di Gentile e la
bonaria difesa crociana (maggio del '24) delle 'piogge di pugni'”12
Il campione infatti del liberalismo e della “democrazia”, appunto
il Croce, scrisse: “Non è detto... che la eventuale pioggia di
pugni non sia, in certi casi, utilmente e opportunamente
somministrata.”13
Croce parlerà poi del fascismo come di un “infatuamento
o un giochetto.”14 Il quadro quindi politico-culturale era
gravemente inadeguato a contrastare o anche semplicemente a
comprendere la forza e le cause scatenanti del fascismo.
Oltre al lato politico-culturale vi era poi quello
economico-sociale, ma Accardo e Fresu, fedeli anche qui
all'insegnamento di Gramsci, non si limitano solo all'esame di
quest'ultimo. Del resto, lo stesso marxismo di Gramsci abbracciava
anche la dimensione culturale, quella relativa alla mentalità, al
costume, si estendeva allo studio di dialetti, letterature, filosofie
ecc.
Ora, gli AA rimarcano come in Italia esistesse da tempo
un “brodo di cultura nazionalista”15 cioè un confuso miscuglio
di militarismo, nazionalismo appunto, disprezzo per la cultura, miti
romaneggianti, integralismo religioso...
Tutto questo si collegava
alla devastante crisi nata dalla Grande guerra: con tutto il suo
carico oltre che di lutti, anche di mutilati, militari ormai privi
oltre che di paga di un ruolo certo e di fatto sbandati, arrivisti,
avventurieri, criminali comuni ecc. Fu questa, fin dall'inizio, la
massa di manovra del fascismo: che le forze politiche del tempo non
vollero o non seppero contrastare.
2/a parte
Tra i pochi che capirono l'indisponibilità fascista a
farsi controllare dalla monarchia e dal sistema liberale bensì il
proposito di puntare al potere assoluto, vi furono solo
Gramsci e pochi altri.16 Non fu poi appoggiato il tentativo degli
“Arditi del popolo” di contrastare militarmente i
fascisti: ciò anche per il “purismo” dei comunisti di allora...
con la sola eccezione costituita ancora da Gramsci.17 E per
giustificare la viltà di fronte al dilagare della violenza fascista,
il “socialista” Turati dirà: “Se fosse una viltà bisognerebbe
avere il coraggio della viltà.”18
Del resto, Gramsci vedeva il fascismo come un qualcosa
che “si è identificato con la psicologia barbarica e antisociale
di alcuni strati del popolo italiano, non modificati ancora da una
tradizione nuova, dalla scuola, dalla convivenza in uno Stato bene
ordinato e bene amministrato.”19
Da noi, soprattutto allora l'esercizio della
violenza, sia nell'educazione dei figli che nei rapporti
sociali e lavorativi era elemento quasi normale, così come lo erano
l'assenza di dialogo, senso critico, di sentimenti di vera simpatia
per l'altro ecc.20
Così, il lato politico-culturale e quello relativo al
costume erano predisposti al regime fascista, non vedevano cioè in
esso molto che contrastasse con elementi purtroppo negativi di buona
parte della vita nazionale... benché di tutto questo il fascismo
costituisse il netto peggioramento.
Del resto, lo Stato sabaudo reagì sempre spietatamente
alle rivendicazioni provenienti dalle classi meno agiate: il Sotgiu
ricorda come a livello nazionale si ebbero solo tra il 1901 ed il il
1904 ben “11 conflitti a fuoco tra scioperanti ed esercito”, con
“242 morti accertati”21... morti che appartenevano quasi tutti
alle classi lavoratrici. Già nel 1898, a Milano, i cannoni del gen.
Bava-Beccaris provocarono un centinaio di vittime.
Il fascismo, dopo il clima quasi pre-rivoluzionario del
“biennio rosso” 1918-1920, fu l'optimum per industriali, agrari,
proprietari fondiari, alti ufficiali, grandi giornalisti, nobili,
capi della massoneria ecc.22 Ma già a fine 1920 quel clima era
cambiato: lo slancio rivoluzionario, che come spiegherà Gramsci nei
Quaderni è in occidente fatto molto complesso e da seguire
non applicando solo modelli classici (idea della “guerra di
posizione”) non esisteva più.
Il fascismo si presenta quindi come
una “spinta psicologica di ritorsione, di vendetta, quella che è
stata chiamata la 'controrivoluzione preventiva'”23
A quel punto si realizzò una perfetta fusione tra: i
veri “sentimenti” di Mussolini per il popolo, che definirà “un
gregge in balia di istinti e di impulsi primordiali”24; il
delirante “pensiero” del dittatore per il quale: “Solo la
guerra porta al massimo di tensione tutte le energie umane e
imprime un sigillo di nobiltà ai popoli che hanno la virtù
di affrontarla”25; gli interessi economico-sociali di una
ristrettissima élite.
Del resto, già nel 1920 erano state scoperte alla Fiat
delle “liste nere” di “operai sovversivi da licenziare”
nonché l'esistenza di una “organizzazione interna di 'spionaggio'
nei confronti dei lavoratori”26: lavoratori che quando si
opponevano alla direzione appunto Fiat passavano per “nemici.”27
La concomitanza di tutti questi fattori spiega perché
la stessa marcia su Roma non ebbe bisogno di una reale dimensione
militare, né incontrò alcuna opposizione da parte della monarchia e
delle classi dirigenti del tempo, che anzi al fascismo aprirono
tranquillamente le porte.28
3/a ed ultima parte
Perciò, dal suo sorgere fino alla sua rovina ed a
quella dell'Italia, tutto ciò che il fascismo fece: dai 20
anni di dittatura fino alle guerre in Africa ed al sostegno militare
al gen. golpista Franco, dalle leggi razziali alla guerra combattuta
al fianco della Germania di Hitler ecc., tutto questo era
connaturato alla natura di quel regime.
E tra fascismo e nazismo vi fu sempre affinità...
Hitler riconobbe anzi al fascismo una sorta di “primogenitura”29
e “l'esempio” fornito dal primo dette al nazismo una certa “base
ideologica.”30
Che poi il dittatore tedesco ed i suoi abbiano sempre
trattato quello italiano (popolo e dittatore) come dei “servi,”31
come peraltro Mussolini ammise, lungi dal cambiare la verità dei
fatti la rafforza: perché in un'ottica di potenza, il più forte si
dimostra assoluto padrone, non amico o “alleato.”
Così le stesse “proteste” di Mussolini (ammesso che
vi siano mai state) per vari massacri, compresa quella delle
Fosse Ardeatine contarono zero. Del resto, è plausibile ritenere che
già in occasione delle Ardeatine sia stata la “polizia fascista
a prelevare le vittime da una prigione italiana per consegnarle
ai tedeschi.”32
La natura che del resto non si saprebbe definire se più
folle o macabra del fascismo emerse anche durante il processo a
Gramsci, Terracini ed altri: “Doveva essere un grande show
giudiziario: furono impiegate tutte le forme della liturgia
fascista, un doppio cordone di militi in elmetto nero, il pugnale sul
fianco ed i moschetti con la baionetta in canna, i giudici in alta
uniforme e tutt'un rituale sinistro da corte marziale.”33
L'essenza di quel regime fu ben riassunta da quel pm
che rivolgendosi a Gramsci tuonò: “Per vent'anni, dobbiamo
impedire a questo cervello di funzionare”34; regime che sarà
però travolto dalla violenza da lui stesso scatenata.
Comunque nel testo di Accardo e Fresu si possono leggere
in controluce varie questioni rimaste irrisolte e che permisero
l'avvento del fascismo, o che perlomeno non fanno ancora del nostro
un Paese davvero civile.
Cito soltanto la questione meridionale, il
disprezzo per la cultura, la rinuncia a difendere i diritti
dei lavoratori, l'inclinazione alla violenza e come
denunciava Gramsci, la diffidenza verso forme politico-sindacali
organizzate a cui si preferiscono “le cricche, più di carattere
malavitoso o camorristico che politico”35, l'ammirazione fanatica
per l'oratore e per il suo “carisma”... il tutto su base emotiva
e su quella di “ideologie incoerenti ed arruffate” ecc.36
La libertà insomma conquistata per noi dai partigiani e
da tanti combattenti è ancora e sempre da difendere; spetta a
noi dimostrare d'esserne degni.
Ora e sempre Resistenza!
Note
1. Enzo
Collotti, Hitler e il nazismo, Giunti, Firenze, 1994, pp.
108-111.
2. Lettere
di condannati a morte della Resistenza italiana, Torino, Einaudi,
Torino, 1975, p. 104.
La Gnr era la Guardia repubblicana nazionale, un corpo militare
fascista.
3. Lettere
di condannati a morte della Resistenza italiana, op.
cit., p.
109. Il corsivo è mio.
4. Antonio
Gramsci, Lettere dal carcere, Editrice L'Unione Sarda,
Cagliari, 2003, p.
52. Lettera del 26/02/27 alla
madre.
5. Guido
Liguori, Introduzione a Id., Gramsci conteso.
Storia di un dibattito 1922-1996, Editori Riuniti, Roma,
1997, p. ix.
6 Aldo
Accardo Gianni Fresu, Oltre la parentesi, Carocci, Roma,
2009, p. 167.
7. A.
Accardo G. Fresu, Oltre la parentesi, op.
cit., pp.
23-24. Il corsivo è mio.
8. Ibid.,
p. 24.
I corsivi sono miei.
9. Ibid.,
pp. 19-22;
cfr. anche Federico Chabod,
L'Italia contemporanea, Einaudi, Torino, 1961, p.
106.
10. A.
Accardo G. Fresu, op.
cit. p.
21.
11. Ibid.,
p.26. Il corsivo è
mio.
12. Eugenio
Garin, Con Gramsci, Editori Riuniti, Roma, 1997, p.43.
13. E.
Garin, Con Gramsci, op.
cit., p.147,
n.6.
14. E.
Garin, op. cit.,
p.147, n.6.
Il corsivo è mio.
15. A.
Accardo G. Fresu, op.
cit., p.35.
Qui essi si collegano anche alle analisi del Tranfaglia di Dallo
Stato liberale al regime fascista, Feltrinelli, Milano, 1973.
16. Paolo
Spriano, Storia del partito comunista italiano, l'Unità
Einaudi, 1990, vol. I, p.95.
L'ed. da me utilizzata è quella autorizzata dalla Einaudi, che
stampò l'ed. originale dell'op. di Spriano (in 5 voll.) nel 1967.
17. P.
Spriano, Storia, op.
cit., vol.
I, p.143.
Per un inquadramento complessivo di questo movimento cfr. Ibid.,
pp.139-151.
18. P.
Spriano, op. cit.,
p.132.
Il corsivo è mio.
19. A.
Accardo G. Fresu, op.
cit., p.91.
20. Ibid.,
p.91.
21. Girolamo
Sotgiu, Questione sarda e movimento operaio, Edizioni
sarde, Cagliari, 1968, p.106.
22 Su
tutto questo cfr. rispettivamente: A. Accardo G. Fresu, op.
cit., p.18; F. Chabod, op. cit.,
p.60; Marco Palla, Mussolini e il fascismo, Giunti,
Firenze, 1996, p.25; P. Spriano, L'occupazione delle
fabbriche, Einaudi, Torino, 1964, p.140.
23. P.
Spriano, Storia, op. cit., vol. I, p.122.
Il corsivo è mio.
24. A.
Accardo G. Fresu, op. cit., p.109.
25. M.
Palla, Mussolini e il fascismo, op. cit., p.67.
I corsivi sono miei.
26. P.
Spriano, L'occupazione delle fabbriche, op. cit.,
p.102
27 Ibid., p.157.
28. M.
Palla, op. cit.,
pp. 28-29.
29. Enzo
Collotti, Hitler e il nazismo, op. cit., pp.106-107.
30. A.
Accardo G. Fresu, op. cit., p.99 E' questo per
es. il parere del Nolte.
31. Roberto
Battaglia Giuseppe Garritano, Breve storia della Resistenza
italiana, Editori Riuniti, Roma, 1997, p.249.
32. Per
tutto questo cfr. Robert Katz, Morte a Roma, Editori Riuniti,
Roma, 1996, pp.176-177. Il corsivo è mio.
33. Giuseppe
Fiori, Vita di Antonio Gramsci, Ilisso, Nuoro, 2003, p.268. In
inglese nel testo.
34. G.
Fiori, Vita di Antonio Gramsci, op. cit., p.270.
Il corsivo è mio.
35. A.
Accardo G. Fresu, op. cit., p.154.
36 Antonio
Gramsci, Quaderni del carcere, a c. di Valentino Gerratana,
Einaudi, Torino, 1975, p.233.
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Come dici bene! E' sempre il concorrere di più cause, non sempre visibili e prevedibili che porta a fatti, soluzioni o catastrofi ritenute poi di origine e natura completamente differente da quella che il giudizio dei contemporanei aveva delineato. Tutta la vita è un ingarbuglio, uno gnommero come lo chiama Gadda, impossibile da districare completamente perchè è così la natura umana.
RispondiEliminaTuttavia credo fermamente che noi non dobbiamo mai perdere la pazienza e il giusto desiderio di trovare il bandolo alla matassa e avvolgere il gomitolo, evitando il più possibile tagli di filo, strappi da nascondere perchè con gomitoli violentemente avvolti non si potrà che tessere cattivi tessuti, dove i nodi e i tagli non si potranno più sistemare.
Quindi per avere un tessuto sociale buono, sano, nato da filo ben curato, bisogna che la filatura sia buona... fatta con molta attenzione.
E siamo sempre al punto di partenza: l'educazione, la formazione non violente creano società non violente... ma quanta più fatica occorre a lavorare bene!
Ciao Riccardo!
rif. alicemate
RispondiEliminaSi tratta in buonissima parte proprio di quel che intendevo dire...
Cause spesso contraddittorie, a volte nascoste o comunque difficili da comprendere, ma che comunque agiscono... e non per il bene della società.
Cause pre-politiche che finiscono, non di rado, per tramutarsi in assetti sociali altamente negativi, cause tante volte "cavalcate" da chi può guadagnarci, sia come potere politico che come arricchimento economico.
Purtroppo l'indifferenza di tanti di fronte al bene comune ed alla giustizia, come diceva Gramsci in un articolo intitolato "L'indifferenza", porta però spesso alla formazione di "nodi"che poi potranno essere eliminati solo dalla "spada".
Così come accadde in tutti i Paesi attaccati ed invasi dai giapponesi e dai nazifascisti, quando l'opposizione a quei regimi non potè essere altro che armata.
Buona domenica!
Ho letto con molto interesse questo tuo ponderoso post e non posso che condividere il tuo pensiero. Un incrociarsi di cause e concause che possono riportare ai tempi oscuri delle guerre, espressioni insensate di feroci lotte di potere.
RispondiEliminaIntanto ti auguro buona dommenica e ti ringrazio per la tua visita.
rif. Ambra
RispondiEliminaCiao Ambra!
Grazie per aver apprezzato, davvero...
In effetti certe, disgraziatissime dinamiche storiche possono tendere a ripetersi... quando non si provveda a nautralizzare quel folle intreccio di cause e concause.
Buon... lunedì e scusa il ritardo nella risposta!
rif. Ambra
RispondiEliminaErrata corrige: "neutralizzare", non nautralizzare (il Nautilus non c'entra!).
Riccardo, il tuo post è ben attualizzabile e concordo sul fatto che l'intreccio, magari dolorosamente, sicuro inevitabilmente, vada "stroncato" da una spada ben affilata. A maggior ragione il terrore di ricadere negli errori, negli intrecci, del passato dovrebbe spronarci a salvaguardare ciò che abbiamo. La nostra libertà ci è stata data con la sofferenza di chi ci ha preceduto: tuteliamola.
RispondiEliminaUn abbraccio
rif. Elena
RispondiEliminaBentornata, Elena!
Hai detto davvero bene...
In effetti, la democrazia è un bene che va difeso e direi anche rilanciato di continuo... questo benchè a volte ci si senta stanchi, si provi una certa delusione ed insomma, si provi la sensazione di dover affrontare una vera e propria fatica di Sisifo.
Perchè la democrazia senza la giustizia sociale, senza la difesa della cultura (che non è banale o sterile nozionismo) e senza il fondamentale valore dell'uguaglianza (pur nelle comprensibili ed auspicabili diversità) è solo un guscio vuoto.
Un caro saluto e... a presto!