Dico questo perché da sempre ogni filosofia si è posta interrogativi che (in modo talvolta confuso) si sono posti tanti esseri umani… domande sul bene e sul male, sulla giustizia, sulla libertà, sulla conoscenza, sul bello, sulla natura dell’amore ecc.
Si tratta di interrogativi che non di rado si sono intrecciati con l’arte, la mitologia, il diritto, la teologia... Nel corso dei secoli ad alcuni di tali interrogativi non si è risposto o lo si è fatto in modo funzionale ad interessi di parte. Ma l’uomo ha continuato a porseli.
Alla base quindi di quei quesiti stava e sta tuttora un’esigenza reale, una vera sete di verità ed anche di libertà e di giustizia. Prendendo infatti in un senso non solo religioso il detto evangelico: “La verità vi farà liberi” (Gv. 8,32) si potrebbe dire che la verità (o almeno la ricerca incessante di essa) aiuti a spezzare catene di ignoranza e di schiavitù.
Infatti nel ‘500 i contadini tedeschi esigevano che la Riforma promossa da Lutero, da teorica e teologica diventasse anche pratica, li liberasse insomma dalla tradizionale servitù. La nobiltà tedesca venne premurosamente incontro alle loro esigenze… sterminandoli e torturandoli a decine di migliaia (battaglie di Boblingen e Frankenhausen, 12 e 15 maggio 1525).
L’assunto di base dei contadini, che nel marzo avevano presentato il loro programma consisteva nel “non voler più essere considerati come cosa e proprietà del padrone; Cristo ha riscattato col suo sangue tutto il genere umano, il guardiano di armenti e l’imperatore” (il programma in G. Ubertazzi, Lutero, Fratelli Melita Editori, Genova, 1989, pp.209-211).
Evidente però il parallelismo tra le convinzioni di Lutero, che equiparava il contadino ad un “maiale” e quelle dei conquistadores, che consideravano l’indio una scimmia. Per “riformatori” che mantennero la Riforma su un terreno teologico del tutto astratto e per “evangelizzatori” che fecero altrettanto col vangelo, il linguaggio era solo una maschera che serviva per ingannare meglio contadini ed indios.
Insomma, quando si veniva al dunque tutte le motivazioni filosofiche, giuridiche, teologiche ecc. prodotte da riformatori e conquistadores si riducevano a questo: siete liberi… nell’anima; ma se “pretendete” d’esserlo anche quanto al corpo, chiunque ha diritto di “abbattervi.” Anzi, forse non l’avete neanche, un’anima!
Più in generale ed anche tralasciando casi tragici come questi, penso che si debba vedere che cosa certo linguaggio nasconda. E questo è un compito a cui la filosofia non può sottrarsi: esso è pratico e teorico. Come ha osservato Massimo Baldini in Contro il filosofese (Laterza, Bari, 1991) si è coltivato anche troppo un gergo per iniziati, che di realmente filosofico ha poco.
Certo, aggiungo io, la filosofia ha un suo linguaggio, suoi metodi, oggetti, ambiti ecc. e non bisogna neanche cadere nell’errore opposto, quello cioè di fare tabula rasa di esso bensì usarlo in modo sensato. Ma di questo, Baldini è più che consapevole; dovremmo esserlo tutti. Ovvio che ora vi chieda se abbiate trovato comprensibile il mio linguaggio.
Il tuo è più che chiaro. Personalmente mi areno un po' sui "decostruzionisti", tra i quali Jean-Luc Nancy, che ho avuto l'occasione di ascoltare a Torino Spiritualità l'autunno scorso. Da un lato questo tipo di linguaggio mi affascina, dall'altro onestamente mi innervosisce.
RispondiEliminamedito, devo rileggerti.. al momento medito su "siete liberi… nell’anima; ma se “pretendete” d’esserlo anche quanto al corpo, chiunque ha diritto di “abbattervi.” Anzi, forse non l’avete neanche, un’anima!"
RispondiEliminarif. fede
RispondiEliminaBenvenuta su questo blog, Fede. Inoltre ti ringrazio per la chiarezza che scorgi nel mio linguaggio.
Quanto ai filosofi ai quali ti riferisci, condivido in buona parte i tuoi dubbi ed anche il tuo nervosismo.
Penso infatti che spesso Nancy and co. dicano in modo eccessivamente tecnico cose che potrebbero dire in modo più chiaro e pertanto (credo) condivisibile.
Il discorso sul corpo svolto appunto da Nancy (benchè io non conosca bene tutta la sua opera) mi sembra un buon esempio di ciò.
A presto!
rif. lavale
RispondiEliminaImpressionante, vero? Sarebbe come dire: prego, nella tua interiorità sentiti pure libero quanto vuoi, non c'è problema.
Ma non azzardarti a VOLERLO essere al di fuori di quell'ambito o diventi un eretico o un pazzo pericoloso; a quel punto bisognerà proprio eliminarti.
Pensa all'"idea" di dignità ma non "pretendere" che la gente eviti di umiliarti. Ecc. ecc.
Hola figlio di un Dio minore, grazie di essere passato nel mio blog, incuriosita sono passata da te devo dire che la cosa che mi ha colpito è il pezzo dell'essere libero, del tipo cerca di sentirti libero fino ad un certo punto ma se poi vuoi esserlo troppo rischi di essere un esempio troppo eclatante che può destabilizzare la società e i cattivi esempi vanno eliminati!!! Quindi rimanere nella massa per essere sempre controllati!!!
RispondiEliminaHo capito bene???
Hasta siempre!!!!
rif. nadia
RispondiEliminaHola Nadia, benvenuta su queste ruote!
Hai capito perfettamente che cosa io volessi dire. Si tratta di un "copione" che è stato adottato per molto, moltissimo tempo.
Pensare va bene, ma senza "esagerare". Essere liberi? Va bene anche quello, però nella propria mente. Come diceva Epitteto, citato da Hegel? Si può può essere liberi sul trono ed anche in catene...
Hasta siempre!
Quanto tu affermi riguardo alla incoerenza tra le enunciazioni teoriche ed i comportamenti trova conferma anche in tempi recenti. Ha potuto verificarlo di persona il francescano brasiliano Leonardo Boff, fondatore della "Teologia della Liberazione", che nel 1985 fu costretto al silenzio dalla "Chiesa gerarchica", solo perché pretendeva che un buon cristiano dovesse almeno provare a realizzare in terra ciò che avrebbe avuto in Cielo.
RispondiEliminaLe incoerenze, ovviamente, non riguardano solo il mondo religioso, ma si verificano anche nelle Ideologie, più o meno laiche: la libertà di espressione, il diritto all'istruzione e al lavoro, alla salute,figurano ai primi posti nelle Costituzioni degli Stati moderni,e nei testi dei Pensatori moderni, ma sono ben lontani dall'essere realtà.
Il mondo palcoscenico... e l'uomo attore... che però recita "a soggetto"! Stando ovviamente attenti a non uscire troppo al di fuori del canovaccio o si rischia di sconvolgere "l'equilibrio" altrui. Tu sei stato chiarissimo... io non saprei!?
RispondiEliminarif. antonio murabito
RispondiEliminaConcordo sicuramente con te. Del resto, penso che l'utilizzazione del lato teorico per "anestetizzare" il lato pratico sia negativa per la stessa filosofia.
Infatti così la filosofia ed il suo linguaggio diventano una sorta di gioco intellettuale, che agli occhi un po' di tutti perde qualsiasi carattere di serietà e di contributo ad un miglioramento dell'esistenza.
Non a caso Boff (nè è l'unico teorico nell'ambito della teologia della liberazione a far questo) raccoglie in effetti il testimone di Bartolomè de Las Casas, che nel '500, prima da frate poi da vescovo si oppose sempre allo sfruttamento ed allo STERMINIO degli indios da parte degli spagnoli.
Anzi, egli arrivò a teorizzare il diritto di resistenza ARMATA da parte degli indios e negò con forza la loro, del tutto ipotetica, condizione di "bruti", "barbari" ecc. Tutto ciò, confrontandosi anche con opere come la "Politica" di Aristotele che sul problema della schiavitù era piuttosto... morbido mentre non lo era con gli schiavi...
rif. dailygodot
RispondiEliminaGrazie Daily, tu sei stata chiara almeno quanto me.
"L'importante" è comunicare col linguaggio filosofico in modo da NON comunicare. "Conta" che il linguaggio filosofico sia utilizzato alla Azzeccagarbugli.
Temo proprio che se resuscitasse Socrate, sarebbe considerato di nuovo uno che vuole (come dici tu) sconvolgere "l'equilibrio."
La filosofia ha un suo linguaggio che gli è indispensabile come il inguaggio scientifico lo è per la matematica, la fisica ecc. Mentre sono padrona del linguaggio scientifico fatico un po' con quello filosofico anche per gli studi che ho fatto e quelli che non ho fatto: al liceo avevo un pessima prof di filosofia e per me quello della filosofia è purtroppo un mondo oscuro, almeno per larga parte. Peccato, e penso che sia molto difficile scoprirlo da autodidatta anche per lo scoglio del linguaggio.
RispondiEliminaTu sei stato chiarissimo e il tuo articolo mi è piaciuto.
rif. euclide
RispondiEliminaDavvero grazie per i complimenti, Euc.! Comunque, con proff.ri e proff.sse di filosofia mi son trovato malino anch'io.
Forse la faccenda dipendeva dal fatto che talvolta potevano insegnare la materia persone che all'università avevano sostenuto solo qualche esame filosofico (io ho avuto una prof laureata in giurisprudenza) perciò le loro conoscenze erano lacunose.
O la cosa poteva dipendere dal ridurre, molti proff, la filosofia ad una specie di Rischiatutto filosofico. "In che capitolo Kant disse la tal cosa? In che anno Hegel disse la talaltra?" Ecc.
Nella mia classe c'era chi prendeva sempre 7, studiando a memoria le rispostine del philosophicus Rischiatutto. Una volta una prof (che purtroppo ebbi solo per pochi mesi) fece piangere una pappagalla, perchè cercò di portarla oltre le solite formulette. Avrei abbracciato quella donna: non perchè detestassi miss automa, ma perchè ho sempre rispettato il ragionamento.
Però non abbracciai l'anziana signora anche perchè ero innamorato di una ragazza di un'altra classe. Sarei stato più felice con una donna che aveva circa mezzo secolo più di me? Vabbe', sto divagando.
Comunque, penso che rispetto alla scienza la fil. possa usare il proprio linguaggio tecnico con maggior moderazione. Quanto allo studio della famigerata materia, diffido chi non ne abbia il tempo dallo scalare cataste di tomi di st. della fil. Sono scritti per specialisti o quasi e se non si affronta quello studio con metodo, pazienza ed un eroico grado di masochismo,fanno ululare alla luna!
Meglio leggere per conto proprio almeno un'opera di alcuni dei filosofi più rappresentativi e lasciar scorrere le cose... come diceva Eraclito.
Salludus!
più ci penso e più mi arrabbio, in effetti .. rispetto è una parola così complicata? leggerti mi piace proprio, grazie !
RispondiEliminaGrazie del consiglio, da quale classico della filosofia mi suggerisci di iniziare?
RispondiEliminarif. euclide
RispondiEliminaSicuramente dall'"Apologia di Socrate" di Platone.
Ricordo ancora la domanda che il prof. di Filosofia mi fece all'esame di Maturità... non parlami di... ma: "Se tu fossi Hegel cosa sarebbe per te la vita?" La mia risposta fu qualcosa del tipo: "Il susseguirsi di tesi antitesi e sitesi"... chissà... forse forse non è sbagliato!
RispondiEliminarif. dailygodot
RispondiEliminaBella risposta, Daily.
Quanto ad Hegel, credo che la sua vita non sia stata molto varia o interessante. Pensa che non rispondeva alle lettere (immagino che alcune potessero essere anche parecchio importanti)se si trovava immerso nella stesura di qualche opera!
Ciao Riccardo, il poco tempo a disposizione di questi ultimi tempi mi fa arrivare con notevole ritardo su questo tuo post, che come al solito ho trovato molto interessante.
RispondiEliminaNon ho studiato filosofia a scuola, ho seguito tutt'altro corso di studi e dico anche purtroppo. Sì, purtroppo perchè mi sarebbe piaciuto ma a 14 anni quando fai la scelta della scuola superiore non hai lo sguardo lungimirante, si fanno altre considerazioni e quindi...per me niente filosofia sui banchi di scuola.
Tuttavia ho poi "recuperato da grande" leggendo qualche illustre filosofo in base al mio gusto e per mia libera scelta, anche se concordo con chi ha detto che la filosofia non è materia che si possa apprendere da autodidatti.
Quanto al linguaggio specifico, credo che ogni settore abbia il suo (la politica, la scienza, la poesia e persino il corpo...) e tu non hai nulla da temere circa il tuo che non è certo "filosofichese" (passami il neologismo).
Anzi, uno dei motivi per cui mi piace seguire ciò che scrivi è proprio questo tuo arricchire (che non è ostentare) con questo tuo "sapere" (che non è cultura nozionistica) ogni argomento che vai ad affrontare.
Insomma, non sono una prof. ma promuovo a pieni voti il tuo linguaggio.
A presto...
e di colpe la filosofia ne prende anche quando, in realtà, c'entra poco se non nulla...
RispondiEliminama è ben dal passato che dovremmo farci insegnare come muoverci oggi, quello che facciamo è già stato fatto
ogniuno usa un suo lunguaggio, il risultato è spesso quello di non capirsi
pur affermando la stessa cosa.
rif. elle
RispondiEliminaBentornata, Elle: ma ho anch'io il problema del poco tempo; se mi consenti, tempus fugit!
Quanto alla filosofia, direi che hai recuperato alla grande, infatti quando "ti" leggo trovo una notevole attenzione ai vari problemi dell'esistenza.
In fondo, la filosofia è in buona parte un porsi di fronte alla vita in tutti i suoi aspetti in modo critico, ragionare su di essa autonomamente e cercare di scorgervi un senso.
Da questo punto di vista, come diceva Antonio Gramsci nei "Quaderni", "tutti gli uomini sono filosofi."
Naturalmente poi esistono anche i filosofi "professionali" o "tecnici" ma concordo senz'altro con Gramsci quando aggiungeva che il filosofo "specialista", professionale ecc., quando non si avvicina agli altri uomini può risultare una "caricatura."
Ed io penso che un linguaggio a tutti i costi tecnico faccia correre al filosofo questo rischio: perciò ti ringrazio davvero per la stima che mi manifesti.
Un piccolo aneddoto: all'università un prof mi disse che "non avevo il linguaggio kantiano." A me non sembrava, tuttavia all'esame pagai dazio (ma rifacendomi poi e bene). Che cosa sperava quell'uomo, che facessi delle sedute spiritiche per parlare come Kant oppure che capissi il suo pensiero?
A presto!
Rif. irish coffee
RispondiEliminaVerissimo, Irish. Spesso si accusa la filosofia perché non si vogliono vedere colpe che risiedono in altri ambiti.
Ovviamente anche la filosofia non può essere… immacolata, quando non aiuti (come dici tu) a “muoverci”, ma diventi un ostacolo al dialogo tra gli esseri umani.
Una volta lessi in un saggio teologico che l’Inferno (di cui però ora non intendo discutere l’esistenza) doveva essere dominato dal rumore e da un insieme di lingue, nessuna delle quali comunicava con le altre.
Mi hai fatto pensare, Riccardo, oltre a Foucault (rapporti Potere/discorso) un libro di Adorno,su Heidegger e certo "heideggerismo": "Il gergo dell'autenticità. Sull'ideologia tedesca". L'ho riaperto e trovo subito un brano che forse fa la caso nostro.
RispondiEliminaCito: "Sebbene pretenda di sgorgare da una commozione umanamente profonda, il gergo si è nel frattempo standardizzato, come il mondo da esso negato solo a parole; ciò è dovuto in parte al suo successo di massa, in parte anche al fatto che determina automaticamente il suo messaggio tramite la sua sola costituzione indipendentemente da quell'esperienza che dovrebbe animarlo. Esso dipende da un modesto numero di vocaboli che funzionano come segnale".
(tr. it Boringhieri, p. 9).
E poi, ti penso più del solito in questi giorni, a causa del convegno su Gramsci che si svolge proprio a Cagliari...
rif. rudy
RispondiEliminaBenchè non conosca in dettaglio il testo di Adorno, condivido in toto il brano da te citato. Penso infatti anch'io che esista una "standardizzazione." Essa determina una scissione tra lato umano, anche a livello semplicemente conviviale e lato conoscitivo.
Il linguaggio filosofico diventa così gergo per iniziati, o diciamo pure per ESALTATI e(qui mi riallaccio all'"Ideologia tedesca" di Marx ed Engels) "falsa coscienza" che serve per coprire o giustificare lo sfruttamento.
Del resto, il fatto di costituirsi, tale linguaggio "indipendentemente da quell'esperienza che dovrebbe animarlo", fa di esso un semplice latinorum! Qui penso anche al pensiero debole, divenuto poi ermeneutica... con sbocchi spesso conservatori e forse divenuto anche "l'hegelismo senza dialettica di Gadamer" (M. Vegetti, "L'etica degli antichi", Laterza, Bari, 1989, p.213).
Sto seguendo il convegno su Gramsci e ti informo del fatto che un relatore ha fatto rimbalzare un paio di volte il nome di Foucault; ma devo riordinare i miei appunti, ora non ricordo bene in quale contesto ciò sia avvenuto.
A presto!
P.S.: al convegno c'è anche Putnam, lo conosci di persona? Sembra un tipo a posto.
No, non conosco Putnam di persona, soltanto ho incrociato a volte suoi
RispondiEliminatesto o testi che si riferiscono al suoi lavori.
Penso che il testo di Adorno forse potrebbe interessarti. Il
sottotitolo ("zur deutschen Ideologie") direi che è una citazione
esplicita e senza virgolette di "Die Deutsche Ideologie" di Marx ed
Engels. Quindi, se ti riallacci a quel testo, secondo me sei nel solco
del rapporto che istituisce.
Ma sono "curioso del convegno di Cagliari, della mondializzazione in
(e di) Gramsci, penso a gente giunta a Cagliari un po' da tutto il
mondo, e immagino che sia una boccata d'ossigeno quest'apertura, oltre
i gretti confini nazionali, locali, le stolide e barrire etniciste, e
che sia un incontro ricco di fermenti intellettuali, animato da
tensioni positive e di un attivo interesse alla trasformazione.
Ieri. da lontano, ho ripubblicato nel mio blog la relazione di
apertura del convegno di Giorgio Baratta (traendola da Liberazione).
Ma se, prendendoti il tempo che ti occorre, ci racconterai qualcosa,
appunti, o impressioni, emozioni o qualche ti ha interessato e
colpito, o incuriosito, fatto nascere delle domande, intravedere nuove
questioni e temi, io e forse altr* che non hanno avuto occasione di
esserci, ti leggeremo con interesse.
(PS: spedisco ora questo commento che avevo tentato di inviarti ieri sera, ma non ero riuscito, forse per stanchezza e/o mia imperizia tecnica... E oggi ho trovato con piacere su "incidenze" un tuo competente commento alla relazione introduttiva di G, Baratta che ho pubblicato).
Rif. rudy
RispondiEliminaStimolante quanto dici sul testo di Adorno. Del resto, penso che in Heidegger e (come dicevi nel precedente commento) in “certo heideggerismo” si trovi parecchio di negativo.
Prendiamo il “pensiero debole”, divenuto poi “ermeneutica”, dagli esiti potenzialmente reazionari. Voglio limitarmi a 2 esempi: la sfiducia verso la logica e la ragione, che i postmoderni considerano elementi addirittura dittatoriali; la loro, gelida indifferenza per “l’uomo comune.”
Infatti “pensiero debole” e “postmoderno” hanno tra i loro padri spirituali filosofi come Gadamer e lo stesso Heidegger, che non si opposero mai al nazismo e Nietzche, di cui accolgono gli aspetti più antidemocratici.
Heidegger, come ricorda Viano, celebrò la “meccanizzazione della Wehrmacht” (!) ed i suoi nipotini si dimostrano scettici (Cacciari…) perfino sull’esprimere giudizi morali sui lager: tanto da non sapere più chi fosse la vittima e chi l’aguzzino (P. Rossi, “Paragone degli ingegni moderni e postmoderni”, Il Mulino, Bologna, 1989, p.168).
Inoltre, per i postmoderni una ricostruzione su basi etico-politiche della società è priva di senso. E già Popper nella “Società aperta e i suoi nemici” considerava Platone “totalitario”, di fatto ispiratore di sanguinari…
Quanto al convegno gramsciano, accolgo volentieri il tuo invito al… resoconto: se permetti anche sul tuo blog, sì da fare “rete”. Per ora aggiungo almeno 2 fatti: si sono imbattuti nel concetto di “inferiorità biologica” così come criticato da Gramsci nella “Questione meridionale”, anche africanisti che in tempi recenti ne hanno riscontrato la presenza nel Sudan. Inoltre, il pensiero gramsciano sta iniziando a diffondersi in alcuni Paesi arabi; il che, secondo me può costituire un ottimo antidoto al fondamentalismo.
A presto e grazie per i complimenti.
Arrivo un po' tardi sul tempo in cui è stato scritto il tuo post; quello che vorrei dire sul tema della filosofia e linguaggio, da laureata in filosofia (!) è che ho scelto questa disciplina, almeno dal punto di vista degli studi, grazie al linguaggio semplice, chiaro, "alla mano" della mia insegnante delle superiori nell'arte di spiegarla. E' vero, i filosofi spesso hanno un linguaggio ostico, infatti preferisco di gran lunga i filosofi schietti che parlano chiaro (come Michel de Montaigne). E' quasi impossibile, però, che se si traduce la filosofia in un linguaggio più alla portata d'orecchio di tutti, non appassioni: vita, esistenza, morte, verità sono problemi di tutti, prima o poi. Mi piacciono meno i filosofi meno filosofi, cioè quelli che, per dirla alla Socrate, "sanno di sapere" e si arenano ad un'interpretazione della realtà senza continuare a cercare la verità.
RispondiEliminaP.S.: se non sono stata chiara è colpa della filosofia :-)
se sono uscita fuori tema, invece, è colpa mia..
rif. giulia
RispondiEliminaBenvenuta su queste ruote, Giulia.
Il tuo discorso è chiarissimo: anche volendo.... complicare un po' le cose, è indiscutibile il fatto che per trasmettere dei concetti, si debba utilizzare un mezzo di comunicazione ed uno stile che possano essere recepiti in modo agevole e da molte persone.
Non è un caso, secondo me (benchè sia talvolta necessario un lessico "tecnico")che anche chi non si occupa spesso di filosofia, provi simpatia almeno per la figura UMANA di uomini come Socrate, S. Agostino, Montaigne, Gramsci... e pochi altri.
Questo anche prescindendo dal fatto che i non-filosofi (che però in senso assoluto non esistono) condividano l'insieme delle loro argomentazioni.
A presto!