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martedì 25 aprile 2023

Su via Rasella e sulle Fosse Ardeatine

 

Il 23 marzo del 1944 la Resistenza romana attaccò ed uccise 33 membri del 3° battaglione di polizia SS Bozen.

In seguito a questo attacco i nazisti stabilirono, contro qualsiasi legge di guerra, di uccidere 10 italiani per ognuno di loro. Arrivati però a 330, decisero di ucciderne anche altri 5. Nota bene: una rappresaglia è sempre e comunque, quindi in sé stessa: 1) azione moralmente vile; 2) atto giuridicamente ingiustificabile: Questo perché appunto la rappresaglia viene scatenata contro delle persone disarmate e che comunque, non possiedono alcuna esperienza né preparazione di tipo militare, né pratica né teorica.

Ma quell'azione non trova nessuna giustificazione morale o giuridica neanche sul piano del diritto di guerra. Ipotizziamo, infatti, che i 335 martiri delle Ardeatine fossero stati militari o poliziotti (anche se sappiamo che non lo erano). Bene, il soldato o l'agente di polizia che sia stato fatto prigioniero ha diritto di non subire alcun tipo di violenza, di pressione, ricatto ecc. ecc.: né sul piano fisico né su quello psicologico, morale e così via.

Del resto, il rispetto sia per i civili sia per il personale militare o di polizia che si trovasse in stato di detenzione o di prigionia, era prescritto dalle stesse leggi a cui doveva attenersi l'esercito di Hitler. Riporto, infatti, da I dieci comandamenti del soldato tedesco almeno questi articoli: “Combattendo per la vittoria, il soldato tedesco osserverà le regole della guerra cavalleresca. Le crudeltà e le distruzioni insensate sono indegne di lui.

Il nemico che si è arreso, anche se è partigiano o spia, non deve essere ucciso. Sarà debitamente punito dai tribunali.

I prigionieri di guerra non devono essere maltrattati o offesi.

La popolazione civile è sacrosanta.”1

Sappiamo bene come non solo le S.S., ma anche la Gestapo, la Luftwaffe (l'aviazione militare) e la Wehrmacht (le truppe di terra) ignorarono questi pur nobili articoli.

Si dirà: ma i soldati tedeschi temevano, non eseguendo gli ordini crudeli ed insensati dei loro comandanti, di essere anche loro torturati ed uccisi. In effetti, l'ultimo art. di questi “comandamenti” recita: “Solo dietro ordine del comando superiore sono permesse azioni di rappresaglia.”2

Dunque si dice in modo abbastanza chiaro che la Vergeltung appunto in tedesco la rappresaglia era ammessa: e non si dice fino a che punto di inumanità essa potesse o dovesse spingersi, né si specifica se di fronte a quella il soldato avesse un qualche margine di discrezionalità o perfino di insubordinazione.

Da quel punto di vista, si potrebbe pensare che il soldato del Terzo Reich (per il momento lasciamo stare il suo senso morale e la sua umanità), fosse portato ad eseguire certi ordini per paura.

Ma in realtà la paura non c'entrava. Nel caso, infatti, della reazione nazista a via Rasella, sappiamo che Hitler aveva chiesto di far saltare una parte di Roma e di uccidere più di mille italiani. Ma attenzione: “Il capo di stato maggiore di Kesserling, Siegfried Westphal”, fu informato dal: “Colonnello Baelitz”, dell'attacco di via Rasella e di una disputa tra altri due grandi alti ufficiali, cioè Möllhausen e Mälzer, “della selvaggia richiesta di Hitler.” Comunque: “I due uomini concordarono nell'opinione che sarebbe stata un'azione irragionevole, benché ambedue fossero persuasi che gli italiani dovevano essere puniti.”3

Bene, a nessuno degli ufficiali poc'anzi nominati accadde qualcosa. Addirittura, rifiutò di prestarsi a quell'infamia perfino il maggiore Dobbrick, benché toccasse: “A lui, quale comandante del 3° battaglione, vendicare i suoi uomini”, e come se non bastasse: “Il colonnello Hauser, che ben presto sarebbe stato promosso generale, oppose anche lui un rifiuto.”4

Tutto ciò prova che chi voleva, poteva rifiutarsi di eseguire ordini barbari, o a dir poco inumani. Insomma, chi certi ordini impartiva ed eseguiva, lo faceva con assoluta cognizione di causa, senza alcuna remora di tipo morale, conscio che volendo avrebbe potuto rifiutarsi e probabilmente, obbediva anche con un certo entusiasmo.

Torniamo ora al punto da cui siamo partiti, cioè alla composizione degli uomini della Bozen. E' stato sostenuto perfino da massime autorità della Repubblica, che quegli uomini fossero: “Una banda musicale di semi-pensionati, e non nazisti delle SS.”5

Lo storico tedesco Lutz Klinkhammer, infatti, afferma afferma che quei battaglioni di polizia furono creati da Himmler, il capo delle SS e che quei reparti: “Parteciparono allo sterminio degli ebrei dell'Est Europa. E il quindicesimo reggimento di polizia, che precedette a Roma i soldati della Bozen, prese parte al rastrellamento degli ebrei il 16 ottobre del 1943.”

Klinkhammer, per fugare poi ogni dubbio su compiti e funzioni di queste che non erano semplici squadre di polizia, aggiunge che anche i soldati della Bozen: “Portavano la stessa divisa della polizia d'ordine nazista che era quella indossata dai rastrellatori. Formalmente erano tutti inquadrati nell'impero delle SS, sotto Himmler, che infatti il 24 febbraio – un mese prima dell'attentato di via Rasella – emanò un decreto per il quale i reggimenti di polizia dovevano prendere il nome di: 'Reggimenti di polizia SS.'”6

Affermare poi che quelli della Bozen fossero “semi-pensionati”, risulta quantomai falso. Il più “anziano”, infatti, era un certo Jakob Erlacher, classe 1901; egli aveva dunque 43 anni.”7

Davvero risulta quantomai falso affermare che si trattasse di “semi-pensionati,” membri di una banda militare ecc. ecc. In quei casi si potrebbe pensare che fossero poco addestrati, mal armati e magari anche privi della necessaria copertura da parte di mezzi militari pesanti: una sorta insomma di versione tedesca dell'armata Brancaleone.

Come afferma, infatti, lo stoico americano Robert Katz, la colonna di soldati che al momento dell'attacco partigiano si apprestava ad imboccare via Rasella: “Era scortata da una mezza dozzina di uomini con fucili mitragliatori mitragliatori allineati in testa. Un autocarro armato con una mitragliatrice montata su una piattaforma chiudeva la colonna. La formazione si snodava per una lunghezza di circa cento metri: più di centocinquanta uomini, che portavano a tracolla i nastri delle munizioni. Ognuno era armato di un fucile e di una pistola.”8

Altra falsità sul piano storico consiste nell'affermare che i partigiani fossero al corrente, anzi dire con una certa decisione che “sapevano” che compiere atti di ostilità contro i nazisti, avrebbe causato delle rappresaglie. Dopo l'attacco, infatti, compiuto dai Gap di Roma, l'autorità militare che in quel momento era seconda solo al feldmaresciallo Kesserling, cioè Mackensen: “Fissò la proporzione dei fucilati nella misura di 10 italiani per ogni tedesco ucciso in via Rasella.”9

Ora, se Mackensen ebbe bisogno di “fissare” quella terribile proporzione, risulta evidente che prima non era ancora stato fissato proprio nulla. Dunque i partigiani non potevano “sapere” assolutamente niente.

A chi poi obietta che i nazisti avrebbero voluto giustiziare solo chi li aveva attaccati, va ricordato che durante il processo tenutosi in Italia nel 1948, chi organizzò e diresse il massacro delle Ardeatine cioè il maggiore Herbert Kappler, affermò che si era deciso di mantenerlo: “Segreto per ragioni di sicurezza, cioè per paura di un tentativo da parte dei partigiani di impedire ai tedeschi di portar a termine le rappresaglie.”10

Comunque, dal dopoguerra ad oggi, a riprova del persistere di una mentalità che simpatizzava e forse simpatizza tuttora col nazifascismo, si è parlato di: “Pubblici proclami affissi alle vie di Roma all'inizio dell'occupazione e che avvertivano la popolazione che rappresaglie di dieci uomini contro uno sarebbero state all'ordine del giorno. Nessun annuncio del genere fu mai esposto al pubblico sotto nessuna forma, e la verità è che prima di quella delle Ardeatine in Italia i tedeschi non attuarono alcuna rappresaglia.”11

Del resto, e questa è la classica prova del nove, quando furono processati sia Kappler sia Kesserling, alla domanda se rivolsero ai gappisti un qualche appello perché si costituissero, o anche uno in cui si informasse la “cittadinanza romana” di una rappresaglia: “Il cui rapporto sarebbe stato di dieci italiani per ogni tedesco”12 sia Kappler sia Kesserling risposero negativamente. Kesserling fece questo anche quando la Corte gli chiese: “Ma potrebbe aver detto: 'Se la cittadinanza non denuncerà i responsabili entro una certa data, ordinerò di uccidere dieci italiani per ogni tedesco?”13

Forse alla questione ho dato anche troppo spazio. Comunque che cosa pretende, chi parla di fantomatici “appelli”, del fatto che i partigiani “sapevano” del rapporto di 10 italiani per 1 tedesco ecc. ecc.? Solo una cosa: scaricare su chi combatteva per liberare l'Italia dal nazifascismo la responsabilità delle stragi appunto nazifasciste. “Solo” che l'Italia si arrendesse senza combattere. Nient'altro.

Comunque, quando si trattava di massacrare barbaramente dei civili e tra questi anche donne, vecchi e bambini, i nazisti non avevano certo bisogno di nascondersi dietro l'alibi di attacchi da parte dei partigiani. Come prova lo storico tedesco Lutz Klinkhammer: “In effetti, le stragi di Marzabotto, Sant'Anna di Stazzema, Padule di Fucecchio, Pietransieri o Vallucciole, nelle quali furono trucidate in modo bestiale prevalentemente donne e bambini, senza che vi fosse stato precedentemente un attentato come a via Rasella, sono esempi ancora più eclatanti del terrore tedesco in Italia.”14

Di più: la città olandese di Rotterdam, che pure decise di arrendersi all'aggressore nazista, fu comunque bombardata e rasa al suolo dalla Luftwaffe, tanto che alla fine della 2/a guerra mondiale dovette essere in buona parte ricostruita. Dunque per i nazisti il fatto che ci si potesse arrendere e consegnare nelle loro mani non contava proprio niente: quel che contava era colpire nel modo più duro sia chi combatteva sia chi non lo faceva. In questo modo essi puntavano ad ottenere dei (peraltro discutibili) successi sul piano militare, ma l'obiettivo era soprattutto un altro: il terrore, col quale credevano di poter fiaccare il morale della popolazione, in modo anche che appunto la popolazione facesse mancare il suo appoggio tanto al movimento partigiano quanto all'avanzata degli Alleati.

Inoltre, della guerra aerea contro le città e contro i civili, non solo contro eventuali infrastrutture militari o anche industriali adibite a fini militari, uno dei maggiori artefici fu proprio Kesserling...15 egli, infatti, fu responsabile di varie stragi, in Italia e non solo.

Inoltre, quando si parla di stragi compiute dai nazisti in Italia, non bisogna dimenticare la fattiva collaborazione o per meglio dire complicità che in esse ebbero le autorità fasciste italiane: senza quella complicità, ben difficilmente i nazisti avrebbero potuto accedere ai nominativi di ebrei, oppositori politici e partigiani.16 Chi dimentica o non conosce questo vergognoso fatto, farebbe meglio a documentarsi e se proprio non ci riesce, non sbaglierebbe se decidesse di occuparsi di altro, invece che della parte più tragica della storia d'Italia del XX secolo.

Vorrei concludere ribadendo come il concetto di “obbedienza” non abbia alcun valore di fronte allo sterminio di persone innocenti o perfino di prigionieri che pure siano ritenuti dei pericolosi nemici. I membri della Wehrmacht, delle SS, della Luftwaffe e della Gestapo che durante i processi dichiaravano di esser stati costretti ad eseguire certi ordini perché in caso contrario sarebbero stati giustiziati, come abbiamo visto, in realtà mentivano. E questo lo sapevano benissimo.

Come ricorda al riguardo il Klinkhammer: “Per far valere tale meccanismo di discolpa si inventò allora una parola nuova 'Befehlsnotstand' (impossibilità di disubbidire). Ormai sappiamo da diverso tempo che tale 'Befehlsnotstand' non è mai esistito.”17

Personalmente, aggiungo che anche quando tale “impossibilità” fosse esistita, ci sarebbe però stata almeno una possibilità: quella di comportarsi da esseri umani. Sempre. Comunque.

Inoltre, dobbiamo ricordare come nel corso della Storia, determinati orrori siano stati ispirati (sebbene certe “ispirazioni”solo volgarissimi alibi) da altri che li hanno preceduti. Hitler, per es., sosteneva di voler applicare alle popolazioni dell'Europa orientale, ma come abbiamo visto non solo a quelle, i sistemi che furono applicati dagli Americani ai cosiddetti Indiani. Perciò dalla teorizzazione della legittimità di certi massacri alla loro realizzazione pratica, il passo era davvero breve; né a tutto ciò si sottrasse il regime di Mussolini, per es. in Etiopia.18

Da tutto ciò consegue che le Fosse Ardeatine e tanti altri massacri non nacquero diciamo così da qualche raptus, o come reazione allo stress psicologico a cui in guerra i soldati sono spesso sottoposti ecc. ecc., ma furono il prodotto di un lucido e freddo piano criminale. Ecco perché si poté arrivare al punto, alle Ardeatine, che con alcuni spari: “Alcune teste”, fossero, “letteralmente staccate dal busto. Ne schizzarono brandelli sul soffitto della galleria. Quando i cadaveri vennero esumati, se ne trovarono 39 decapitati.”

A proposito delle pallottole esplose dai carnefici, sappiamo anche che: “Non attraversarono il cervello, ma soltanto la faccia, strappando occhi e nasi in un fiume di sangue. Non tutti morirono subito anzi molte vittime: “Giacquero prive di sensi per i colpi ricevuti, agonizzando nel cumulo dei cadaveri.”19

Era la guerra cavalleresca dei nazisti, che ebbero come alleati i non meno cavallereschi fascisti nostrani.



Note


1 Lord Russell, Il flagello della svastica (1954), Feltrinelli, Milano 1991, artt. 1,3,4,7, p.239. I corsivi sono miei.

2 Lord Russell, Il flagello della svastica, op. cit.,art. 10, p.240.

3 Per tutto questo, cfr. Robert Katz, Morte a Roma. Il massacro delle Fosse Ardeatine (1967), Editori Riunti, Roma 1996, pp.82-83.

L'ed. cit. non è una semplice ristampa, ma un testo che tiene conto anche di nuovi fatti emersi dopo il 1967: in primis l'inspiegabile inerzia del Vaticano di fronte alla Vergeltung nazista; cfr. R. Katz, Introduzione alla nuova edizione a Id., Morte a Roma, op. cit., pp.IX-XIII.

4 Cfr. R. Katz, Morte a Roma, op. cit., rispettivamente pp. 115 e 116. In un primo momento si mostrò esitante lo stesso Kappler; cfr. R. Katz, op. cit., p.116.

Cfr. Robert Katz, Dossier Priebke. Anatomia di un processo, Rizzoli, Milano 1996, pp.135-136. Più in generale, per decine di casi di soldati che si rifiutarono di eseguire ordini chiaramente criminali, ma senza subire alcuna conseguenza, cfr. R. Katz, Dossier Priebke, op. cit., pp.126-127. Come testimoniò durante il processo Priebke il capitano della Marina tedesca Gerard Schreiber, per nessuna di di quelle insubordinazioni: “Ci fu mai un caso di pena capitale.” R. Katz, Dossier Priebke, op. cit., p.127.

5 Cfr. Lo storico smentisce Ignazio La Russa su via Rasella: “Altro che pensionati, quelli erano soldati nazisti”, da https://www.open.online

L'on. La Russa si è poi scusato per quella sua dichiarazione, ammettendo però con sorprendente nonchalance che si trattava di soldati nazisti: l'esatto contrario quindi di quel che aveva dichiarato solo pochi giorni prima, che faceva pensare a quelli della Bozen come persone del tutto pacifiche ed inoffensive. Perciò ben difficilmente questa sua rettifica è apparsa come granché argomentata, o convincente.

6 Per tutte le affermazioni citate, cfr. Lo storico smentisce La Russa, art. cit. I corsivi sono miei.

7 Cfr. Il combattimento di via Rasella, di Andrea Dominici, in http://docenti.ing.unipi.it

8 R. Katz, Morte a Roma, op. cit., p.7

9 Id., Morte a Roma, op. cit., p.82.

10 Id., Morte a Roma, op. cit., p.217. Sull'eccidio delle Ardeatine e sulle vicende processuali ad esso relative, cfr. anche L'eccidio delle Fosse Ardeatine in https://encyclopedia.ushmm.org

11 R. Katz, Dossier Priebke. Anatomia di un processo, op. cit., p.43. I corsivi sono miei.

12 Per la domanda in questione, cfr. R. Katz, Morte a Roma, op. cit., p.217.

Richiesto a bruciapelo dal presidente del tribunale se fosse stato rivolto ai partigiani uno 'specifico appello' a consegnarsi, Kappler rispose: 'Io non avevo l'autorità per fare appelli di questo genere.” In un altro contesto dichiarò: 'Mi mancava il tempo per farlo...'” Cfr. Testimonianza di Kappler, in R. Katz, Morte a Roma, op. cit., p.217 n.1. Sulla medesima questione, cfr. Id., Dossier Priebke, op. cit., p.70.

13 Riguardo a Kesserling, cfr. R. Katz, Dossier Priebke, op. cit., pp.70-71.

14 Lutz Klinkhammer, Stragi naziste in Italia. 1943-1944, Donzelli, Roma 2006, p.24.

15 R. Katz, Morte a Roma, op. cit., p.90 e n.1.

16 L. Klinkhammer, Stragi naziste in Italia. 1943-1944, op. cit., almeno pp.67-69. Cfr. anche R. Katz, R. Katz, Morte a Roma, op. cit., pp.176-177 n.6, dove l'A. sostiene come anche nel caso del: “Massacro tedesco di quindici partigiani, in cui furono esposti a pubblico ludibrio in piazzale Loreto, a Milano, (…) fosse stata la polizia fascista a prelevare le vittime da una prigione italiana per consegnarle ai tedeschi.”

17 L. Klinkhammer, Prefazione a Stragi naziste in Italia. 1943-1944, op. cit., p.IX.

18 Per tutto questo, cfr. Domenico Losurdo, Il peccato originale del Novecento, Laterza, Roma-Bari 1998, pp.8-11.

19 R. Katz, Morte a Roma, op. cit., p.150. Il corsivo è mio.

Sulle Ardeatine, cfr. anche Roberto Battaglia Giuseppe Garritano, Breve storia della Resistenza italiana, Editori Riuniti, Roma VI ed. 1997, pp.105-108.




4 commenti:

  1. Leggere questo post è come sfogliare tanti libti di storia,ma anche rivisitare ango0li della nostra memoria.Non esistevano regooe per chi doveva uccidere,a comando,non codici di guerra ed anche quelo che ormai rimaneva di umanità era ..in vacanza.A lle persone di buona volo0ntà,ai sopravvissuti,a chi in qualche modo c'era resta imperativo l'obligo del ricordo,della testimonianza del rispetto dei fatti dela storia.Sono poco sui blog a immaginavo già che da te avrei trovato qualcosa di molto inteessante.Grazie Ricardo.

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  2. Grazie per questo post che argomenta e documenta della rappresaglia e dell'eccidio.
    Vogliono cambiare la storia, ma non credo possano riuscirci.
    Ogni 25 Aprile trovo qualcuno che provoca quando esprimo il mio odio verso il fascismo. Lo so che ne spunta sempre qualcuno,
    ma non rinuncio.
    Ciao Riccardo, un abbraccio

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  3. rif. chicchina
    Ciao!!!
    Innanzitutto, grazie a te per aver apprezzato e come sempre, mi scuso per il ritardo, per i tempi biblici nel rispondere.
    Sì, i nazisti non rispettavano alcuna legge, regola o regolamento: neanche quando si trattava di norme da loro stessi stabilite.
    Ecco perché resta, come scrivi, l'imperativo del ricordo: soprattutto per far capire che i nazisti non erano un esercito come gli altri e che non si limitavano a combattere né cercavano solo di vincere: volevano letteralmente cancellare, negli altri ed in sé stessi, qualsiasi traccia di umanità...

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  4. rif. Nou
    Mi scuso anche con te, Nou!
    Fai bene a non rinunciare, anche perché il tentativo di cambiare la storia è una tentazione che hanno sempre e la non-conoscenza della storia, potrebbe aiutarli...
    Un abbraccio tardivo ma sempre sentito!

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