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mercoledì 12 marzo 2014

“La visita della vecchia signora”, di Friedrich Dürrenmatt


Quando avevo 11 o 12 anni vidi alla tv questa pièce dello scrittore e drammaturgo svizzero F. Dürrenmatt. La visita mi turbò molto e quel turbamento mi accompagnò per non poco tempo.
Negli anni ho approfondito (leggendo alcuni romanzi di F. D.) la conoscenza del suo mondo, che trovo notevolissimo. I suoi “gialli” o “polizieschi”, per es., superano il solito discorso assassino-vittima-detective, magari condito da abbondanti dosi di whisky, sesso e cocaina.
Esattamente al contrario, i gialli del Nostro sembrano dei pretesti per parlare di questioni etiche, morali e sociali. In Dürrenmatt il giallo è la cornice, ma il il quadro è la condizione dell'uomo nel mondo, le ingiustizie e l'assurdo che deve subire ed anche imporre agli altri. Insomma, a D. più che raccontare la morte della vittima, preme raccontare quella della società.
Veniamo ora a La visita.
Dopo tantissimi anni nella cittadina di Güllen torna la signora Zachanassian.
In realtà si tratta di quella che da ragazza si chiamava Kläri Wäscher. Ora, di solito un romanziere (e penso anche un drammaturgo) non sceglie i nomi a caso: seguitemi perchè farò un discorso apparentemente contorto.
In tedesco, “lavare” si dice “waschen” e “lavandaia”, wäscherin. L'assonanza quindi tra il termine tedesco per “lavandaia” (wäscherin) ed il nome da ragazza della vecchia signora (Wäscher) è evidente. Sempre in lingua tedesca, “lavanderia” si dice Wascherei.
Bene, secondo me D. con questo ci vuol dire che quando era giovane, quella che ora è una vecchia e ricca signora, era una donna povera, umile e che lavorava duro; ma che per vivere doveva lavare lo sporco degli altri.
Tutto questo a livello simbolico, perché ne La visita non lo si dice esplicitamente, ma ripeto: chi scrive non usa a caso neanche i nomi delle persone, che spesso sono come delle spie che l'Autore utilizza per segnalare qualcosa al lettore o allo spettatore.
Bene, la Zachanassian, ormai miliardaria in seguito al matrimonio col sig. Zachanassian (e dopo quelli con altri 8-9 uomini) torna in una Güllen ormai a pezzi e viene accolta come una star.
Sì, quella che una volta era una ragazzina come tante o meno di tante, ora si degna di visitare per qualche giorno i luoghi della sua gioventù.
Decide così di far risplendere la sua fama & ricchezza su una città ormai devastata da miseria, disoccupazione ed assoluta mancanza di fiducia nel futuro.
La signora è infatti disposta a donare alla città un miliardo (non si sa se di dollari, franchi svizzeri o marchi tedeschi)... ma ad una condizione: che i suoi vecchi concittadini uccidano l'uomo che in passato le fece un grave torto.
Lei chiede: “Giustizia per un miliardo.
Così siamo portati domandarci: fino a che punto possiamo spingerci pur di uscire dalla miseria? Di fronte ad essa quanto valgono i nostri concetti morali, giuridici, religiosi ecc.?
E soprattutto, dove si situa il confine tra giustizia e vendetta?
Come vedete, in questo dramma (ed in effetti anche nei polizieschi) al grande Dürrenmatt non interessa raccontare semplicemente una “storia.”
Comunque ne La visita troviamo anche molti momenti divertenti: spassosissimo il discorso del sindaco. Quest'uomo, non si sa se più per servilismo, per amnesia o per entrambe le cose, esalta la famiglia della Zachanassian.
La madre, magnifica, il ritratto della salute.”
Ma qualcuno gli fa notare, discretamente, che la donna morì di “tubercolosi polmonare.”
Il padre”, che “costruì accanto alla stazione un edificio assai frequentato.
Si trattava di un vespasiano.
Il sindaco esalta poi il profitto scolastico della ragazza, il suo “amore di giustizia e il suo spirito di beneficenza.
La signora replica che a scuola era tutt'altro che studiosa, tanto che veniva “picchiata.” Ed una volta non comprò delle patate ad una vedova per salvarla “dall'inedia”, ma solo per “stare una volta tanto in letto insieme ad Ill, più comodi che nel bosco.”
E potrei continuare a lungo...
Certo, il riso de La visita è un riso amaro: ma molte volte quello è un riso salutare. Ci sveglia da torpore, indifferenza ed ipocrisia; mentre ridiamo ci fa guardare allo specchio.



16 commenti:

  1. La chiusura:il riso libera principalmente dall'ipocrisia,in questo caso.
    Ultimamente sto diventando più attenta a ciò che leggo,cercando dentro le parole,perché si trovano verità non scontate.Credo anche per te la rilettura sia stata un po una scoperta.Salto i tuoi post filosofici,non me ne vorrai.Un cordialissimo saluto e alla prossima.

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  2. rif. chicchina
    Dici bene, sai?
    Veramente è importante, come scrivi, cercare "dentro le parole."
    Questo perché la realtà è talmente complessa che anche quando ci sembra d'averla capita o afferrata, di colpo... ci sfugge di nuovo.
    E naturalmente, questo vale anche per me. Decisamente.
    Quanto ai post filosofici, non pensarci: forse ne sto scrivendo troppi e tra un po', la "serie" sarà terminata.
    In un certo senso, forse "l'operazione" filosofica sta risultando un po' pesante!
    Ricambio il tuo saluto con pari cordialità e passerò presto da te.

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  3. E' complicato per me,seguire ragionamenti seri ,ma non è certo un'appunto negativo,figuriamoci.Poi tu hai la capacità di rendere i ragionamenti chiari e comprensibili ,mi impegnassi un po di più anch'io...Ancora ciao

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  4. rif. chicchina
    Ti ringrazio per la stima, davvero!
    In ogni caso, (piccola autocritica da parte mia) dovrei essere più essenziale e scorrevole.
    La strada, però, è ancora lunga.
    Salutone!

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  5. La nostra forza così come i nostri limiti, li comprendiamo quando la vita ci pone davanti a una qualunque scelta che mette in gioco radicate convinzioni. Senza onestà intellettuale ogni verità diventa bugia. Ipocrisia e indifferenza fermano il processo evolutivo che ogni uomo ha, avrebbe il dovere di perseguire, ma molti non sanno nemmeno di cosa si tratti.
    Il libro sarà fra i miei prossimi acquisti, lo leggere.
    Buona notte, un abbraccio.

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  6. rif. Francy274
    Ciao Francesca!
    Sì, sono assolutamente d'accordo con te.
    Troppe volte va a finire che ci creiamo tutta una serie di alibi, di pseudo-giustificazioni che giustificano solo la nostra falsa coscienza.
    E comunque, quanta oscurità dietro tanti "buoni costumi" e dietro a tanto danaro...
    Abbraccione.

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  7. La cosa che mi ha più di ogni altra colpito, e che secondo me rappresenta la morale della favola (cito a memoria, è passata una quarantina d'anni da quando l'ho letto), è la frase che lei sbatte in faccia ai suoi concittadini: "Sono diventata puttana perché VOI, giudicandomi puttana, mi avete resa tale".
    Capolavoro, come tutte le opere di Dürrenmatt.

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  8. rif. ilblogdibarbara
    Sì, davvero un capolavoro: concordo alla grande!
    Spesso l'aspettativa degli altri agisce come un "incentivo" a agire o a pensare come non vorremmo.
    Il moralismo (che punta sempre a moralizzare gli altri e comunque quasi sempre chi versa in condizioni di grave difficoltà) è poi la... bestia peggiore.

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  9. Ciao! Appena riesco guardo il tuo film ;)
    Mi ha richiamato un po' Il conte di Montecristo? come sviluppo dei fatti: dall'ingiustizia spesso si reagisce per riemergere in modo talmente forte e faticoso che non ti lascia libero da rancori, rabbia e ... vendetta! Non ne varrebbe la pena , ma succede, bisogna starci moooolto attenti!
    "La vita è il nostro dono e non dobbiamo giocarcelo per i nemici, ma per gli amici!!!"
    :)

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  10. A volte e, se ricordo bene, anche in questo caso, si tratta di qualcosa in più di un incentivo. Penso per esempio, alle ragazze madri del passato: succedeva facilmente che la famiglia, giudicandola una puttana e un disonore per la famiglia, la buttava fuori, succedeva che nessuno le dava un qualsiasi lavoro di serva o di sguattera perché "non mi vado mica a mettere in casa una puttana", e alla fine dovendo pur mangiare a avendo un figlio da nutrire, non restava che il marciapiede, scelta praticamente senza alternative.

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  11. rif. alicemate
    Sì, sono senz'altro d'accordo: spesso non è facile reagire all'ingiustizia in modo... giusto.
    E' come quando qualcuno ti spinge la testa o anche tutto il corpo sott'acqua ed allora tu, per riemergere e non annegare, finisci per scalciare e divincolarti come capita.
    A quel punto, puoi anche colpire chi magari non ha colpa, o ne ha ma finisci per fargli più male di quanto non meriti.
    Salutone!

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  12. rif. ilblogdibarbara
    Verissimo, verissimo.
    Molto spesso, in casi come quelli, non si dava proprio nessuna alternativa.
    Ed il moralismo faceva il resto, finendo per rivelarsi ben peggiore della (ipotetica) colpa.
    Ma il moralismo, anche quello che conduce a conseguenze totalmente negative, va sempre bene a chi vuole spassarsela a spese delle donne. Poi, magari, si può sempre continuare a parlare della bellezza e santità della famiglia...

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  13. Proprio ieri parlavo con una mia studentessa dell'attualità e dell'inesauribile forza - ironia, lucidità, sarcasmo, inventiva - della scrittura di Dürrenmatt. Bello trovare qui le tue riflessioni su "Der Besuch der alten Dame" che ebbi la ventura di vedere rappresentato con fervore da una classe di studenti di scuola media. Grazie!

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  14. rif. Anna Maria Curci
    Willkommen, davvero benvenuta!
    Sì, i punti di forza di Durrenmatt sono proprio quelli a cui hai accennato... oltre allo sguardo a dir poco disincantato che riserva alla sua terra, la Svizzera...
    Grande scrittore, il Nostro, di cui forse si parla poco: del resto, non che dell'austriaco Thomas Bernhard si parli di più, giusto?
    Bis bald (a presto).

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  15. visto... che tristezza!!! Non bisogna mai umiliare nessun essere vivente, se si pensasse a quanto gli si può sconvolgere la vita...
    Trigu, trigu, trigu e salludi!

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  16. rif. alicemate
    Più che d'accordo!
    Purtroppo, sembra proprio che per molti umiliare il prossimo sia fonte di grandi soddisfazioni...
    Poveretti (ma anche, un po', maledettacci!).
    Trigu e salludi forever!

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