Bene, chi fa della teratologia
dunque vede nell'avversario
filosofico solo un mostro,
può anche credere d'averlo liquidato. Lasciamo che questo
non-filosofo si culli
pure nelle sue illusioni. Ma secondo me per non ripetere o riprodurre
questo deleterio meccanismo dobbiamo cercare di capire la sua
dinamica.
Anche
qui torna molto utile il ragionamento di Gramsci che col criticare il
Manuale di Bucharin
osservava che la demonizzazione del pensiero altrui è un grave
errore sia perché contiene la “pretesa anacronistica
che nel passato si dovesse pensare come oggi”, sia perché si
presenta come un “residuo di metafisica perché suppone un pensiero
dogmatico valido in tutti i tempi e in tutti i paesi, alla cui
stregua si giudica tutto il passato.”1
Chiariamo
ulteriormente il discorso svolto da Gramsci.
Nel
passo citato, egli ci mette in guardia dal pericolo di credere che
nelle varie epoche storiche le opinioni filosofiche, sociali,
culturali ecc. siano state errate perché non si uniformavano a
quello che noi pensiamo oggi.
Il che era ovviamente impossibile: uomini e donne dell'epoca
classica, del Medioevo, del '500, del '600 ecc. pensavano secondo
quello che Hegel ha chiamato Zeitgeist,
spirito del (loro) tempo.2
Tutto
ciò che noi pensiamo, infatti, dipende sì da condizioni
filosofico-culturali “pure”: conoscenza per es. della storia del
pensiero, dell'arte, del diritto, delle varie religioni ecc.; ma
nello stesso tempo tutto ciò dipende dalle condizioni materiali e
soprattutto sociali in
cui viviamo.3
Per
es. nel Medioevo,
escludendo dal quadro che sto dipingendo re, nobili, alto clero, capi
dell'esercito, teologi e filosofi (meno quindi dell'1% di quella
società), agli uomini ed alle donne del tempo risultava impossibile
una costante riflessione
autonoma e critica. Analfabetismo, epidemie, carestie, sfruttamento
economico e lavorativo pressoché schiavistico (servitù
della gleba), violenze fisiche
e/o sessuali, superstizione, repressione militare e religiosa
soffocavano anche la semplice ipotesi di
una riflessione.
Come
del resto affermato da Marx ed Engels, di solito le idee prevalenti
di un determinato tempo e di una determinata società sono le idee
che le classi dominanti hanno imposto alla società da esse dominata.
Così, uomini e donne finiscono per assorbire, pur soffrendo,
la mentalità che consente ai loro dominatori di continuare... a
dominarli!4
A
proposito infatti della coscienza,
Marx ed Engels affermano: “Anche questa non esiste fin dall'inizio,
come 'pura coscienza.'” Lo stesso linguaggio, del resto: “E'
antico quanto la coscienza, il linguaggio è la
coscienza reale, pratica, che esiste anche per gli altri uomini e che
dunque è la sola esistente anche per me stesso, e il linguaggio,
come la coscienza, sorge soltanto dal bisogno, dalla necessità di
rapporti con altri uomini.” Così: “La coscienza è dunque fin
dall'inizio un prodotto sociale e tale resta fin tanto che in genere
esistono uomini.”5
Un
prodotto sociale:
qualcosa che quindi nasce in società, ma in una società che è
fortemente controllata da chi controlla integralmente. Se
così non fosse, il dominato si
ribellerebbe; invece soffre ma pensa: è stato così da sempre, ma
perfino una vita come la mia è in fondo naturale anzi giusta.
Poi come non pensarla così quando fin da bambini si deve assorbire
la mentalità che il dominatore spaccia
per vera? Diritto,
religione, filosofia, informazione ecc. ribadiscono continuamente
questo concetto; certo non giustificano la ribellione.
Fino
allo scoppio della Rivoluzione francese, la struttura della società
e la sua ideologia di fondo sancivano (non solo in Francia) la
“legittimità” di una separazione netta tra alcuni e
pochi che avevano ogni
diritto, agio, lusso ecc. e
moltitudini che non ne
avevano nessuno. Sul
versante quindi dei rapporti di forza dice
bene il Le Goff quando sostiene (in modo solo apparentemente
paradossale) che il Medioevo non finì nel 1492 ma proseguì fino
all''800.6
Nel
Medioevo, tutto ciò riposava sul: “Revival
dell'antichissima dottrina dei
tre ordini: la società umana divisa in tre schiere, coloro che
pregano, coloro che combattono e quelli, la maggior parte, che
faticano lavorando la terra. Ripartizione che affonda le radici in
tempi lontanissimi, all'origine della civiltà indo-europea e ripete
la scansione famosa di Platone nella sua Repubblica;
nell'XI secolo il vescovo Adalberone di Laon la riconferma a sostegno
e struttura portante della monarchia.”7
Dalla
rivoluzione industriale ad oggi, a “coloro che pregano” ed alla
teologia subentrano i magnati di industria, economia e finanza, ma la
struttura di fondo rimane in effetti immutata. L'agricoltura è in
buona parte sostituita da attività lavorative più complesse
(industria pesante, peraltro presto ultra-tecnologizzata,
informatica, servizi ecc.) ma la subordinazione del lavoratore
salariato rimane dura, benché un po' tutelata dall'ambito giuridico.
Si dirà: ma
dato questo dominio, allora come mai sono scoppiate e scoppiano
rivolte e rivoluzioni? Esso avrebbe dovuto rendere la ribellione
impossibile.
La risposta
è che l'uomo non è una macchina o un bruto. Come diceva Gramsci:
“L'uomo è soprattutto spirito, cioè creazione storica,
e non natura.”8 L'uomo, insomma, non subisce passivamente la
sua condizione ma nel tempo sa prendere coscienza della
sua situazione e può lavorare per modificarla.
Certo, questo
processo non è facile né automatico: perché il punto è acquisire
“coscienza del proprio valore.”9 E l'acquisto di tale
coscienza è sempre stato ostacolato da chi ha tutto l'interesse a
mantenere le masse in condizioni di non-coscienza.
Il giro è
stato molto lungo ma penso che si sia capito perché Gramsci
denunciasse la sommarietà del pensiero di Bucharin: non vedere
quanto nel pensiero altrui possa esservi o esservi stato di positivo,
conduce ad una del tutto infondata autocelebrazione e ad abbandonare
un pensiero realmente dialettico.
Comunque:
“Che i sistemi filosofici passati siano stati superati non
esclude che essi siano stati validi storicamente e abbiano
svolto una funzione necessaria: la loro caducità è da considerare
da un punto di vista dell'intero svolgimento storico e della
dialettica reale; che essi fossero degni di cadere non è un
giudizio morale o di igiene del pensiero emesso da un punto di vista
'obiettivo', ma un giudizio dialettico-storico.”10
Vediamo
quindi come nella discussione filosofica abbiano pieno diritto di
cittadinanza anche filosofie da noi lontane; il che, beninteso, non
significa approvarle o accoglierle a priori. La filosofia non
esclude dunque lo scontro ma non si limita a tale ambito.
Inoltre,
dall'ambito in questione dobbiamo escludere attacchi ad personam.
Qui penso allo sconcertante attacco portato da Roscellino al suo
vecchio allievo Abelardo che (in quanto segnato dalla tragica
esperienza dell'evirazione) dovette leggere quanto segue: “Tolta
quella parte che ti rendeva uomo tu non devi più esser chiamato
Pietro ma 'quasi Pietro'.”11
Ma vedo che
circa il problema del primo pericolo cioè l'eccesso di
critica non potrò concludere neanche stavolta. Alla prossima.
Note
*
Ho pubblicato su questo blog le precedenti parti di questo post
rispettivamente: la 1/a il 25 /03/2008; la 2/a il 4/4/2008; la 3/a il
17/6/2010; la 4/a l’11/10/2011, la 5/a il 27/11/2011;
La
6/a il 15/11/2012; la 7/a l'8/12/2012.
Il
riepilogo di questo post (sino alla 7/a parte) è stato pubblicato il
21/02/2013.
Ho pubblicato l'8/a parte il 20/03/2013 e la 9/a il
14/09/2013; la 10/a il 5/10/2013, l'11/a il 30/10/2013, la 12/a il
16/11/213.
Il
riepilogo di questo post (dall'8/a all'11/a parte) è stato
pubblicato il 13/12/2013.
La
13/a parte è stata pubblicata il 19/01/2014 e la 14/a l'8/02/2014.
1
Antonio Gramsci, Quaderni del carcere,
Edizione critica dell'Istituto Gramsci,, a cura di Valentino
Gerratana, Einaudi, Torino, 2007, p.1417.
2
“La storia mondiale, lo sappiamo, è dunque in generale
l'esposizione dello spirito.” G.W. F. Hegel, Lezioni
sulla filosofia della storia,
Laterza, Roma-Bari, 2003,
p.64.
3 Karl Marx,
Prefazione a Per la critica dell'economia politica, Edizioni Lotta
comunista, Milano, pp.16-17.
4 K. Marx
Friedrich Engels, L'ideologia tedesca, Editori Riuniti, Roma,
1958, pp.43-44 sgg.
5 K. Marx F.
Engels, L'ideologia tedesca, op. cit., pp.26-27. Il corsivo è
degli AA.
6 Jacques Le
Goff, Intervista sulla storia, a cura di Francesco Maiello,
Mondadori “Oscar”, Laterza, Roma-Bari, pp.81-85.
7
Maria Teresa F. B. Brocchieri, Eloisa e Abelardo, Mondadori
“Oscar”, Milano, 1987, p.149. In
inglese
nel
testo.
8
A. Gramsci, Socialismo
e cultura, in
Id., Le
opere. Antologia,
a cura di Antonio A. Santucci, Editori
Riuniti/l'Unità, Roma, 2007, p.14.
I corsivi sono miei.
9
A. Gramsci, Socialismo
e cultura, op. cit., p.14. Il
corsivo è mio.
10
Id., Quaderni
del carcere, op. cit., p.1417.
Corsivo dell'A. Sui gravi limiti di Bucharin (il che non significa
certo giustificare il suo carnefice Stalin) già Lenin trovava che
“le sue concezioni teoriche solo con grandissima perplessità
possono essere considerate pienamente marxiste, perché in lui vi è
qualcosa di scolastico (egli non ha mai appreso e, penso, mai
compreso pienamente la dialettica).” Vladimir Ilic Lenin, “Le
tesi di aprile e il testamento, Edizioni Alegre, Roma, 2006,
pp.34-35.
11
Maria Teresa F. B. Brocchieri, Storia
della filosofia medievale, Laterza, Roma-Bari, 1989, p.173.
E' evidente che Gramsci non ha avuto la disgrazia di conoscere Berlusconi.
RispondiElimina:-) Cristiana
rif. cristiana
RispondiEliminaHa avuto una disgrazia ben peggiore: finire sotto il Tribunale speciale fascista...
“La risposta è che l'uomo non è una macchina o un bruto. Come diceva Gramsci: “L'uomo è soprattutto spirito, cioè creazione storica, e non natura.”8 L'uomo, insomma, non subisce passivamente la sua condizione ma nel tempo sa prendere coscienza della sua situazione e può lavorare per modificarla. “
RispondiEliminaVoglio che Gramsci sia sempre attuale a costo di far la figura della citrulla. Mahhh, prendere coscienza spesso è trovare il modo per stare al riparo dai fastidi, succube ma protetto, pecora ma amica del lupo...
Ciao! Sono stanca :)
rif. alicemate
RispondiEliminaConsiderando Gramsci attuale non farai mai la figura della "citrulla"; al contrario!
La coscienza ci permette di agire e di riflettere senza cedere né al mito dell'azione per l'azione né a quello del pensiero come staccato dalla vita reale.
Ovviamente non si tratta di una cosa facile... tutt'altro. Certo, bisogna provarci, pur consapevoli appunto della difficoltà dell'impresa.
Buon fine settimana: gli ultimi mesi di scuola sono sempre i più faticosi... lo so bene...