sabato 8 febbraio 2014
La discussione filosofica (14/a parte)
Ecco quali sono per me i due
“grandissimi pericoli” cui accennavo nella 13/a parte; si tratta
di pericoli tra loro molto diversi ma che in fondo sortiscono lo
stesso effetto.
Il primo:
l'eccesso di critica.
Il secondo:
non l'assoluta mancanza di
critica quanto una radicale sfiducia verso
la filosofia. Così non è che alcuni decidano di non
esercitare più il proprio senso
critico; lo esercitano... ma contro la filosofia.
Tuttavia,
come abbiamo visto nella 12/a parte, questo non è possibile né
desiderabile: equivale a filosofare sul rifiuto della
filosofia e del ragionamento in generale... che significa comunque
filosofare.
Spesso
si ritiene che in filosofia si proceda polemizzando con tutti,
talvolta anche denigrandoli; oppure esaltando sé stessi.
Come abbiamo visto nella 1/a parte, spesso questo errore è stato
commesso anche da grandi filosofi.
Per
me, qui scattano motivazioni legate più che al ragionamento,
a questioni di tipo personale, di carriera o anche volgarmente
economiche. Il caso delle invettive lanciate da Schopenhauer
(alle cui lezioni per molto
tempo non assisteva quasi nessuno) verso Hegel ed il suo sistema è
tipico... né purtroppo, isolato.1
Il
pericolo consistente in tale eccesso di
critica (spesso non sostenuto da validi contro-ragionamenti) trova
uno dei suoi esempi più eclatanti per es. nel XII secolo, nel modo
in cui S. Bernardo attaccò
Abelardo. Bernardo, infatti,
scrisse: “Noi siamo come guerrieri che
vivono accampati sotto una tenda o cercando di conquistare il cielo
con la violenza.”2
Ora,
per un uomo che aveva questa visione
della vita religiosa e dell'attività filosofica, con l'avversario
non si discuteva: lo si schiacciava. Circa poi chi leggesse opere di
Abelardo come la Teologia ed
il Conosci te stesso,
Bernardo sentenzia: “Sia chiusa per sempre la bocca di
chi parla male.”3
In
una visione sul piano letterario peraltro piuttosto suggestiva,
Bernardo definisce un allievo di Abelardo come Arnaldo da Brescia,
suo “armigero” ed inoltre “serpente”
che appunto ad Abelardo “si unisce squama a squama”4
C'è in effetti qualcosa di inquietante ma che colpisce, stimola la
fantasia nell'immagine di questo bi-uomo
che per la ”pretesa” di spiegare in termini umani quelle che
Bernardo chiama “le cose divine”, finisce per essere abbassato
dal suo avversario alla condizione del rettile...
animale spregevole che spregevolmente striscia per terra, si confonde
nello sporco o comunque si nasconde per poi attaccare.
Del
resto, fin dal libro della Genesi il
Serpente rappresenta
il Diavolo: quello che
stando alla tradizione cristiana ed all'etimo greco sarebbe il
Diàbolos cioè il
calunniatore. Il
Malvagio, colui che accusa su
basi del tutto false sia Dio che l'uomo.
Ed
a chi parla così si può forse rispondere? Mai! Infatti Bernardo
tuona: “Non sarebbe più giusto colpire e frustare una
bocca che parla così, piuttosto
che ribattere con argomenti?5
Inoltre,
la tradizione ebraica vede in Satana colui
che: “Compie tre funzioni: seduce gli uomini, li accusa dinanzi a
Dio, e infligge la pena di morte”; altra sua funzione consiste nel
“seminare discordia sulla terra.”6
Ora,
per Bernardo, un uomo che come Abelardo era dotato di “diabolica”
abilità nell'arte della discussione, incarnava in pieno
il perverso ideale satanico. Dal punto di vista di Bernardo si poteva
anche affermare che la filosofia di Abelardo seminasse intollerabile spirito di
divisione, di discordia ecc..; ragionare equivaleva per l'avversario del Bretone a
sragionare... o a
bestemmiare.
Infatti
nella sua Etica Abelardo
contestava alla Chiesa il diritto di “sciogliere e legare” (cioè
assolvere e condannare) dai peccati; in fondo, egli contestava anche
il diritto di ricorrere essa alla scomunica.
Per Abelardo la Chiesa aveva
quei diritti solo a patto che i prelati fossero dotati di specchiate
qualità morali e religiose.7
Certo
qui il Nostro si manteneva su un terreno prevalentemente
filosofico-teologico. Ma il suo allievo Arnaldo da Brescia trasse
dagli insegnamenti del maestro conseguenze anche politiche
se dichiarò con nettezza: ”I chierici che
hanno proprietà, i vescovi che hanno diritti sulle cose (regalia),
i monaci che posseggono la terra non possono salvarsi.”8
Fautore
di una Chiesa povera per i poveri, Arnaldo “abate a Brescia aveva
sollevato il popolo contro il vescovo corrotto.”9 Ed a Roma, dove
sostenne con forza un movimento popolare-comunale che si opponeva al
papa, fu condannato a morte (1155). La motivazione ufficiale della
condanna fu l'esser stato egli ereticus10
ma a mio avviso i reali motivi
furono più che di tipo teologico o religioso, di tipo invece
politico-sociale.
Insomma,
da quanto detto sinora emerge come talvolta, nella discussione
filosofica alcuni puntino a
demonizzare l'avversario. E' quel che Gramsci scorgeva e denunciava
nel Manuale di sociologia popolare di
Bucharin: “Nel Saggio si
giudica il passato come 'irrazionale' e 'mostruoso' e la storia della
filosofia diventa un trattato di teratologia.”11
Teratologia significa
“discorso sui mostri”: l'avversario filosofico diventa così un
essere a cui per definizione non
si può né si deve dar credito; coi mostri non si discute, semmai li
si scaccia. Tutto ciò che non rientra nella nostra
filosofia è così
tranquillamente scartato perché considerato al di fuori di qualsiasi
dimensione sociale e razionale.
Ovviamente
questa soluzione è molto comoda perché ci esenta dalla fatica del
ragionamento! Ma tale “soluzione” fa sprofondare anche noi nel
pericolo della teratologia;
non ragionando, infatti, diventiamo noi stessi gli
ipotetici mostri che
condannavamo.
C'è
ancora molto altro da dire sia per quanto riguarda il 1°
pericolo (eccesso di
critica) sia per quanto riguarda il 2° (assoluta
mancanza); ma non vorrei mettere
troppa carne al fuoco. Alla prossima, quindi. Volta, non carne.
Note
1
Sul “caso” Hegel-Schopenhauer cfr. la 1/a parte della presente
Discussione dove
ricordo che il 2° definì il pensiero hegeliano “una buffonata
filosofica”; soprattutto cfr. Nicola Abbagnano, Storia
della filosofia, Utet, Torino, 1979, vol. III, p.141.
2
Maria Teresa Fumagalli Beonio Brocchieri, Eloisa e
Abelardo, Mondadori
“Oscar”, Milano, 1987, p.167.
I corsivi sono miei.
3
Maria Teresa F. B. Brocchieri, Eloisa e Abelardo, op.
cit., p.168.
Il corsivo è mio.
4
Id., Storia della filosofia medievale. Da Boezio a Wyclif,
Laterza, Roma-Bari, 1989, p.190.
I corsivi sono miei.
5
Id., Eloisa e Abelardo, op.
cit., p.177.
Il corsivo è mio.
6
Dr. A. Cohen, Il Talmud (1935),
Laterza, Bari, 1989, p.86.
7
Pietro Abelardo, Etica o conosci te stesso, La Nuova
Italia, Firenze, 1976, pp.107-121
e spec. pp.112-113.
8
Maria Teresa Fumagalli Beonio Brocchieri, Storia della
filosofia medievale, op.
cit., p.191.
In latino nel testo.
9
Ibid., p.190.
10
Ibid, p.191.
11
Antonio Gramsci, Quaderni del carcere (1975),
Edizione critica dell'Istituto
Gramsci, a cura di Valentino Gerratana, Einaudi, Torino,
2007, p.1417.
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Ciao Riccardo. Le tue sono lezioni stimolanti. Come dici tu ragionare è faticoso, cercare il confronto piuttosto che lo scontro avendo demonizzato l'avversario, implica il suo riconoscimento quale tuo pari e quindi presuppone la propria messa in gioco e la disponibilità a riconoscere eventualmente la vittoria altrui. Un altro aspetto molto interessante è che, pur partendo dalla filosofia o dalla teologia, a voler essere conseguenti, è inevitabile giungere all'impegno civile e sociale, cosa che disturba molto i potenti e che ha portato e ancor oggi porta alla scomunica dei non allineati.
RispondiEliminaTrovo molto interessante e attuale ragionare e applicare il ragionamento al mondo che ci circonda.
Grazie per l'opportunità.
rif. nina
RispondiEliminaCiao Nina.
Però definire questi scrittini "lezioni" è un po' troppo! Deliri organizzati, diciamo...
Comunque è vero: demonizzare è del tutto inutile, oltre che fin troppo facile; non è che costi molto!
E come noti davvero bene, anche forme di ragionamento in apparenza astratte, portano a cercare un aggancio con la realtà, con la società, con gli esseri umani in carne ed ossa.
Da qui l'ira dei potenti...
Salutone e buon fine settimana!
Ottimi "deliri organizzati", allora!
RispondiEliminarif. nina
RispondiEliminaMuchas gracias e arrivederci o meglio... spassiba e dasvidania!
L’impressione che ricevo di Bernardo è che era un uomo rigido, che non amava interrogarsi e pretendeva che nessuno lo facesse. Un uomo votato al magistero ecclesiastico. Povera me, se fossi stata una contemporanea, per come non accetto i dogmi. Per fortuna che nei secoli ci sono stati dei filosofi e teologi che avevano la mente aperta alla speculazione e che hanno contribuito a concepire il vivere con più sfaccettature e hanno cercato di cambiare la sorte dei loro contemporanei con idee di cambiamento che, in molti casi, hanno provocato la propria condanna a morte.
RispondiEliminaMi spiace di non riuscire ad argomentare in modo specifico le parti della tua Discussione Filosofica che trovo interessante e che leggo con attenzione al meglio delle mie possibilità. Le ho raccolte in un documento che stamperò per avere facilità di rilettura.
Grazie Riccardo, per volerle postare e quindi darci la possibilità di ragionarci sopra…a poco a poco nel mio caso.
Un abbraccio
Nou
rif. Nou
RispondiEliminaL'impressione è quella giusta!
Si ha la sensazione, leggendo gli scritti di certe persone, che che in loro non vi fosse traccia alcuna di umanità, generosità e senso della misura.
Bernardo era certamente un uomo molto intelligente, ma secondo me utilizzava appunto la sua intelligenza contro le persone, non faceva quindi dell'intelligenza un "ponte"per entrare in contatto con esse ma un muro, una trincea o cose simili a quelle.... per combatterle.
Grazie a te per la stima ed in ogni caso, sappi che spesso non è facile capire certe cose neanche per chi le pubblica... ma sono sicuro che tu te la cavi alla grande!
Un abbraccio anche da me.