Sintesi delle parti comprese
dall'8/a all'11/a parte, più alcune nuove considerazioni.
Nell'8/a abbiamo
visto che Platone considerava
l'arte in modo
estremamente negativo... per lui essa era inutile ed ingannatrice
sul piano filosofico e
pervertitrice su quello morale.
Accettando
queste tesi di Platone, risulta evidente che il dialogo tra
l'artista ed il filosofo risulta
impossibile o almeno, fortemente problematico.
Nella 9/a parte
ho proseguito l'analisi della condanna dell'arte pronunciata da
Platone.
Abbiamo
poi visto che alcuni artisti hanno dato alle loro creazioni carattere
non di semplice gioco (sia pure notevolmente raffinato e complesso)
ma soprattutto di ricerca
e di autoanalisi.
In
Joyce troviamo
addirittura la creazione di dimensioni del tutto alternative
a quelle del normale continuum
spazio-temporale. In lui, infatti, il linguaggio diventa vero e proprio strumento creatore...
e creatore di una realtà che si contrappone nettamente a quella del
resto dell'umanità.
L'aspro
umorismo del Portnoy di
Philip Roth e del Dostoevskij dei Ricordi dal sottosuolo
si pone come elemento di auto-fustigazione: si situa quindi ben al
di fuori di qualsiasi discorso
comico e perfino satirico.
Nella 10/a parte
abbiamo visto come il modo di essere e di sentire degli
artisti nasca come reazione ad una struttura sociale e ad un
complesso di norme che essi trovano opprimente, soffocante. Perciò
le creazioni artistiche sono direttamente collegate a queste loro
reazioni; esse rispecchiano il cuore appunto
dell'artista anche in quelli che
potrebbero, banalmente o moralisticamente, sembrare “volgari” o
“violenti” eccessi.
Naturalmente
il vero artista
irradia un'aura oltre che di creatività anche
di sincerità. Ed egli
è “volgare”, “violento”, “folle” ecc. non perché debba
o voglia interpretare un ruolo (anche
se i commedianti esisteranno sempre) ma perché appunto esprime
sé stesso senza cedere a censure o a limitazioni di sorta. Del
resto, l'artista non cede neanche all'autocensura …
che pure molte volte potrebbe fargli comodo.
Sempre
nella 10/a parte
evidenziavo come perfino in un severo censore dell'arte come Platone
si annidasse della duplicità:
nel suo modo di scrivere, infatti, egli “tradiva” una forse
inconscia ammirazione
per l'ambito e per le persone che condannava. In effetti, lo stile
letterario e certa capacità introspettiva rivelerebbero in Platone
doti artistiche...
Nell'11/a parte
sottolineavo quella che io considero (partendo proprio dal “mito
della caverna” di Platone) la sola e vera natura
della filosofia: una natura cioè sociale,
come tale aperta a
tutti gli
uomini, a tutte le
donne. Io considero infatti la filosofia non come una sorta di codice
per iniziati, insomma una
misteriosa disciplina segreta, astratta ed incomprensibile, ma anzi
qualcosa che riguarda
ogni essere umano.
Questa
idea
della filosofia si fonda sul fatto che essa nasce dai desideri
e dai sentimenti
di
uomini e donne in carne ed ossa e dotati della facoltà razionale.
Essi hanno quindi tutto il diritto
di
interrogare sé stessi e di confrontarsi con chiunque
su qualsiasi
lato
o aspetto dell'esistenza.
In
filosofia possono insomma esistere dei grandi filosofi ed in effetti,
ne sono esistiti molti. Ma nessuno,
per quanto grande possa essere la sua conoscenza appunto del discorso
filosofico, può impedire
o negare ad
un altro l'esercizio della propria ragione. E la filosofia, in fondo,
non è altro che questo: ragionare
(come
dice il popolo) con la propria testa, sebbene senza mancare mai di
rispetto a chi nel ragionare può aver fatto più strada di noi.
Nota
*
Ho
pubblicato su questo blog le precedenti parti di questo post
rispettivamente: la 1/a il 25 /03/2008; la 2/a il 4/4/2008; la 3/a il
17/6/2010; la 4/a l’11/10/2011, la 5/a il 27/11/2011; la 6/a il
15/11/2012; la 7/a l'8/12/2012.
Il riepilogo di questo post (sino
alla 7/a parte) è stato pubblicato il 21/02/2013.
Ho
pubblicato l'8/a parte il 20/03/2013 e la 9/a il 14/09/2013; la 10/a
il 5/10/2013 e l'11/a il 30/10/2013.
Caro Riccardo, di questi tempi, allora, dovremmo abbracciare la filosofia per imparare a "ragionare". Ne avremmo un bisogno assoluto. Siamo pecore e... neanche veri artisti. Ti abbraccio forte!
RispondiEliminaMi piacciono molto le conclusioni che trai da queste tue avvincenti "Discussioni filosofiche".
RispondiEliminaNiente c'è di più proficuo e divertente che ragionare e discutere con altri con l'intento di scambiarsi opinioni , mettendo in conto anche la possibilità di ricredersi.
Cristiana
rif. Sonia Ognibene
RispondiEliminaSì, cara Sonia: avremmo davvero bisogno di un po' più di filosofia (ovviamente, non nozionistica).
Perché tra l'essere delle aquile e l'essere invece delle "pecore", come dici bene, si può e si deve essere almeno... degli esseri umani!
Ed alla fine sarebbe quella, la sola alternativa degna e valida.
Ricambio l'abbraccio!
rif. cristiana2011-12
RispondiEliminaIn effetti sono fortemente convinto dell'utilità (che può contenere anche del divertimento) dello scambio delle opinioni.
Certo può sempre sorgere il pericolo dell'andare fuori tema, ma comunque quello "scambio" può rompere quella crosta di indifferenza e di scetticismo alla moda, che spesso conduce all'egoismo, alla banalità ed alla conservazione dello status quo.
Salutone!
Ragionare non per conseguire uno scopo, ma per il solo gusto di esplorare i concetti, i saperi, confrontarsi e incontrarsi con l'altro. Per me è uno dei lussi della vita.
RispondiEliminaConfesso che purtroppo, mentre una volta le occasioni erano più facili, e si poteva andare avanti nottate intere a parlare e discutere, oggi ne incontro molto meno: la quotidianità, la pigrizia, la disillusione, il rifugio nell'evasione spesso hanno la meglio.
Allora mi ritrovo a ragionare dentro la mia testa e a volte mi sembra di trovarmi in alto, che posso dare del tu ai più grandi pensatori, poi mi smonto da sola e mi opprime il dubbio della sconfortante mediocrità, poi in qualche modo mi riprendo...
Ciao Riccardo e grazie, passare da te è un ottimo stimolo!
rif. nina
RispondiEliminaIn effetti, nella nostra vita la discussione filosofica dovrebbe occupare ben altro spazio.
E dovrebbe anche condurre ad un cambiamento reale e sociale del mondo: non pura teoria, quindi, ma qualcosa anche di concreto: l'esempio della "caverna" di Platone dovrebbe dirci parecchio...
La "disillusione", come dici molto bene, finisce per prevalere.
Del resto, come dicevano gli antichi (mi pare, tra questi, Cicerone) non può essere occupazione a cui dedicarsi nei ritagli di tempo.
Ma le necessità della vita quotidiana urgono!
Un bel rebus!
Grazie per la stima...