martedì 5 novembre 2013
Frammentari pensieri su Stefano Rosso
E' con una certa emozione che
oggi vi parlo di Stefano Rosso: un cantautore purtroppo un po'
dimenticato ma che per il particolare insieme di ironia, cultura
musicale e per la varietà dei temi da lui trattati meriterebbe d'esser
riscoperto. Ed alla grande.
Le sue canzoni più note sono E
allora senti cosa fò e Una
storia disonesta: in effetti si
tratta di pezzi molto divertenti i cui ritornelli, scanzonati e naif,
sono entrati a far parte dell'ideale colonna sonora di una
generazione. Della mia,
certo: quella che a fine anni '70 aveva 16-17 anni e che adesso...
be', ne ha 34 in più. Che cosa volete che sia?
E
chi non ricorda quel refrain che faceva: “Che bello, con
la ragazza giusta e lo spinello”?
Secondo me la ricordiamo tutti/e noi. La ricordo perfino io che con
gli spinelli non ho mai avuto niente a che fare e con le ragazze, non
molto di più.
Ma benché
Stefano (Rosso è lo pseudonimo per “Rossi”) abbia avuto successo
appunto con pezzi come quelli citati, in lui esisteva anche una
profonda vena sociale e malinconica.
Del resto,
nel panorama di una canzone come quella della nostra d'Autore, molto
interessante ma (Guccini e Jannacci esclusi) anche un po' cupa, uno
come Rosso portava la classica ed indispensabile ventata d'aria
fresca.
Non
c'era quindi niente di male ad autoflagellarsi per es. sul problema
del tradimento subito: come Ste' fece in Allora senti cosa
fò. Tra l'altro con una suite
musicale finale che rimanda al
tabarin o ad atmosfere in qualche modo petroliniane.
Ma
quando ascolto o penso a Ste' risento immediatamente il suono delle
chitarre e la luce, il
sapore, ed i pensieri di quegli anni.
Sì, perché
allora non c'era praticamente piazza in cui non si sentisse suonare
qualche chitarra, delle armoniche e bongos o tamburi di vario tipo. A
Cagliari andava forte (oltre al Bastione di S. Remy) piazza Giovanni
XXIII, che era il punto di ritrovo di tante/i che vi confluivano per
suonare, parlare, scrivere, giocare, leggere, amoreggiare...
Sebbene
io non fossi un assiduo frequentatore di piazza Giovanni
(come la chiamiamo noi di
Cagliari) comunque la ricordo bene.
Soprattutto
ricordo l'atmosfera di
quegli anni, che Stefano ha saputo cogliere con occhio vigile,
umorismo ed anche con dolore: come in Bologna '77,
che parla della morte di Giorgiana Masi, rimasta uccisa durante
alcuni scontri con la polizia.
Un
pezzo poi come Il circo utilizza
l'immagine appunto del circo come metafora del Paese. In questo
“circo che sta in piazza” c'è posto per tutti: anche per chi
protesta, perché tanto: “Ci sono anche i leoni, ma che in
fondo sono buoni.”
Ma
quanto siano buoni,
questo (come tante altre
cose) “nessuno lo
sa.” E comunque: “Paga tutto certa gente...”
Altra
grande canzone è Libertà... e scusate se è poco,
dove vediamo come per Ste' (ma solo per lui?) questa libertà sia
diventata nel tempo qualcosa di sempre meno chiaro e reale.
Ed
ora Stefano pizzica le corde della sua chitarra come nel
fingerpicking di Letto 26,
si trova in una Via della scala un
po' diversa da quella della sua Trastevere, una via della scala piena
di nuvole, arpe ed altri grandi chitarristi. Senz'altro, Ste'.
Senz'altro.
P.s.:
mentre il post andava “in stampa” (avevo appena chiuso la mia
infallibile Bic), il mio pard Bruno
Manca mi ha segnalato il documentario su Ste': Stefano Rosso.
L'ultimo romano. Ne è Autore il cantautore Simone Avincola e...
be', è grande.
Partrop,
ormai il mio pezzo aveva una sua struttura che non avrei saputo
estendere o alterare, ma se volete capire che uomo e poeta fosse Ste'
(e la sua gente),
digitate “Simone Avincola” e trovate il docum. Gratis, poi!
Grazie di
nuovo a Bruno che con la sua poliedrica curiosità mi ha fornito
questa MUY preziosa informazione.
Ora
basta così o va a finire che questo post diventa il seguito
dell'Odissea e così
rompo le scatole a tutti quanti. Ma su Ste' ritornerò. Promesso.
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Ricordo benissimo quei ritornelli che hai citato, anche se all'inizio non avevo capito chi fosse Stefano Rossi, in quel periodo non seguivo tanto quel tipo di musica, ero attratta da quei cantautori più "cupi".
RispondiEliminaOra che mi hai incuriosito vado a vedere il documentario.
Ciao Riccardo, sempre interessante leggerti!
Un bel pezzo, Riccardo, scritto di cuore, oltre che con cognizione. Anche io ricordo le atmosfere di quegli anni, anni di occupazioni a scuola, di chitarre nelle piazze e di Georgiana Masi, appena più grande di noi e vittima di una fine maledetta. Non tornerei mai indietro, ma provo tenerezza e malinconia per la nostra ingenuità di quegli anni, per la nostra giovinezza e per la colonna sonora che l'ha accompagnata, Stefano Rosso compreso. Un saluto, a presto.
RispondiEliminarif. nina
RispondiEliminaAh, ero attratto anch'io da quelli... che comunque non erano tanto male, dico bene?
Il documentario, comunque, è davvero uno "spaccato" (come si suol dire) di un ambiente stimolante e creativo. E poi, pieno di amicizia.
Salutone ed a presto da te!
rif. Linda
RispondiEliminaCiao, Linda!
Ma siamo proprio sicuri che si trattasse di ingenuità? Pensiamoci bene...
A dire il vero, nel tempo ho rivalutato parecchio quegli annni.
Certo, non si torna indietro, ma secondo me lo "spirito" era quello giusto. Senz'altro!
Soprattutto alla luce dell'attuale "realismo", in realtà brutale cinismo ed egoismo a cui tanti vorrebbero che ci uniformassimo al fine di passare per "moderni."
Un caro saluto.
Buongiorno, sono Tommasino.
RispondiEliminaStefano era uno che sapeva molto molto bene le cose che diceva.
Ed in più, sapeva anche come dirle... perchè era un uomo sincero ed in più, era anche un poeta.
Ma non uno di quei poeti che imbrogliano o che vogliono che gli altri rimangano lì con la bocca aperta come se fossero altrettanti scemi!
A lui, gli effetti speciali" non interessavano proprio per niente.
Era molto bella anche quella canzone, "Letto 26".
Ciao!
rif. Tommasino
RispondiEliminaCiao a te e benvenuto, Tommasino.
Condivido senz'altro quello che dici. La sincerità era indubbiamente la "cifra" distintiva di un uomo a cui (come dici tu) non interessavano gli effetti speciali...
Infatti, un vero, autentico poeta vuol toccare il cuore delle persone che lo ascoltano, vuol con-dividere con loro tutto un mondo.
E' quello, in fondo, il suo modo di farsi amare, anche se sarebbe molto più facile (e redditizio in termini economici) scrivere qualcosa che va incontro ai gusti più comuni delle persone: romanticismo stile cuore- amore, tira a campà, il "destino cinico e baro" ecc.
"Letto 26" è davvero una grande canzone... che non mi stanco mai d'ascoltare.
Ciao e grazie per esser passato da me!
Sai che lo avevo coperto di polvere , il ricordo si Stefano Rosso???
RispondiEliminaCosì.mentre ti leggevo, attraverso le tue parole mi tornavano in mente i motivetti.. i refrain .. Li avevo completamente dimenticati!!!
Vado a cercare il documentario... grazie per questo bel tuffo nel mio passato... :) recente
rif. Perla
RispondiEliminaIn effetti, le sue canzoni (solo apparentemente semplici) sono molto interessanti.
Soprattutto quelle meno famose che poi, non erano così disimpegnate come qualcuno poteva pensare... in illo tempore.
Alcune contenevano (penso per es. a "Letto 26") una malinconia e delle riflessioni che a me toccano ancora molto.
A presto!
E' sempre stato uno dei miei grandi amori, e Letto 26 la considero una delle canzoni più belle mai scritte (Bologna '77 l'ho messa nel post che ho fatto per ricordare l'anniversario dell'assassinio di Giorgiana Masi), ma sono bellissime tutte. E' uno dei nostri grandissimi sottovalutati (come il vostro Piero Marras, e Andrea parodi), che andrebbero ascoltati almeno una volta al giorno per togliere il medico di torno.
RispondiEliminarif. ilblogdibarbara
RispondiEliminaCiao, Barbara.
Sono senz'altro d'accordo... "Letto 26" è grande, grandissima. Ed esistono dei "sottovalutati", come scrivi egregiamente, che meriterebbero d'essere riscoperti. Alla grande!
Anche perchè il posto che competerebbe loro è spesso occupato da personaggi artisticamente poco dotati.
Non so, a me verrebbero in mente Samuele Bersani e Max Gazzè.... che per carità, saranno anche dei bravi ragazzi ma sfornano canzoni che su di me hanno l'effetto della camomilla.
Vero, Marras e Parodi erano dei grandi artisti; soprattutto Parodi, con la voce faceva cose incredibili e cantava con un'intensità a dir poco unica.
Salutone!
E pensa che il CD che ho di Stefano me lo ha regalato un amico blogger sardo, all'epoca in trasferta a New York per fare la specializzazione in neurochirurgia.
EliminaDi Andrea ogni tanto mi riguardo la parte finale dell'ultimo concerto, a un paio di settimane dalla morte, uno scheletrino da non capire come stesse in piedi, e ancora con quella voce, ancora con quell'immenso amore per la vita (quale lezione per tutti noi!) e regolarmente mi ritrovo a piangere come una fontana.
rif. ilblogdi barbara
RispondiEliminaStrana combinazione, davvero strana!
Quanto ad Andrea Parodi, che dire?
Non ha abbandonato... è proprio il caso di dire fino alla fine, il suo grande amore: la musica.
Sembra che veramente l'arte possa portarci oltre il dolore e la sofferenza...
Sto ascoltando "Una storia disonesta", un video fatto di foto e ritratti di questo cantautore che, ammetto, non conoscevo neanche di nome. Sono quindi in sintonia con l'italiano medio del tuo incipit, che ha dimenticato (o nel mio caso mai conosciuto) Rosso..
RispondiEliminaSeppur diverso dal genere che sono solita ascoltare (è vero snobbo la musica italiana, me lo dicono tutti!) sono contentissima di aver APPRESO!
Ci sono vari video su youtube (più che altro audio).. provvedo!
Ciao Elena!
RispondiEliminaNessun problema: l'ignoranza o la rimozione di Rosso è grave soprattutto per noi "vecchietti", quelli quindi che con la sua musica sono cresciuti...
Felice di leggere che tu abbia "appreso"!
Appena possibile su di lui pubblicherò qualche altra cosa: sono molto belle e direi anche profonde canzoni come "Bologna '77", "Letto 26", "Compleanno", "L'osteria del tempo perso", "Il circo", "Libertà... e scusate se è poco" " "Anche se fosse peggio" ecc.
Salutone e buona giornata!