lunedì 17 dicembre 2012
Quelli di “Borgo Polesinino”, di Franca Fusetti (1/a parte)
Tempo fa la cara amica blogger Franca Fusetti (Nou) mi
ha inviato alcuni suoi scritti, sia in versi che in prosa. Si tratta di lavori
che nella sua modestia lei non ha ritenuto meritevoli di pubblicazione, ma
per me questo è un male, perché non di rado in libreria troviamo volumi che non
possiedono di certo la freschezza della scrittura appunto di Franca…
Io spero che lei cambi idea, così
come penso che in Veneto non manchino case editrici in grado di “lanciarla”
come merita.
Comunque oggi vorrei parlarvi
della raccolta di racconti Quelli di Borgo Polesinino. Si tratta di
racconti brevi, bozzetti pieni di garbo ma che sono nello stesso testimonianze
autentiche e sofferte di un mondo forse oggi scomparso.
Come leggiamo in Lungo
l’argine: “Borgo Polesinino era una località sperduta, un gruppuscolo di
case”; “Polesnin, così era chiamato il borgo per semplificare.”
Si trattava di una piccola
cittadina situata nel Delta del Po, un micromondo di contadini, artigiani,
pescatori ed altri umili lavoratori che conducevano una dura vita di lavoro ma
che si aiutavano reciprocamente.
L’economia del Borgo non
permetteva troppi sogni o svolazzi, se come leggiamo in Rosa e Tonino il
fatto di sposarsi in inverno era considerato un “vantaggio” perché permetteva
di “aggiungere al corredo un bel cappotto nuovo rispetto a chi sposa nella
stagione calda.”
Ogni passo nella vita delle
persone era insomma strettamente commisurata a quanto ed a quel che
occorreva loro; l’idea del lusso (non parliamo nemmeno dello spreco) non
esisteva proprio.
Sempre in Rosa e Tonino assistiamo
ai preparativi per le nozze ed all’atteggiamento irritante e colpevolizzante
del parroco, che non sopporta affatto il fatto che Rosa debba sposarsi in stato
interessante...
In segno di “penitenza” la peccatrice non poteva
sposarsi con l’abito bianco e quel che è peggio, non durante la messa grande
bensì a quella delle 8 del mattino… come se dovesse nascondere chissà quale
colpa o infamia.
Questo nonostante Bice, la madre
di Rosa, si batta per difendere la figlia da quell’umiliazione. Nella sua
saggezza, infatti, Bice afferma che Rosa e Tonino: “Hanno seguito una legge
naturale”… quella cioè che porta un uomo ed una donna che si amino ad unire
oltre che i loro corpi, anche i cuori.
Ma malgrado l’intransigenza del
sacerdote, che viene percepito come uno che “sembrava contro di loro”,
la comunità accoglie e festeggia i due senza assurdi moralismi… a riprova di
come, tante volte, la cosiddetta povera gente possieda un cuore ben più ricco.
In Inseguendo un toast la
protagonista (Nara) è una ragazza che alle soglie del diploma assiste
all’irruzione all’interno della nostra lingua di varie parole straniere.
“Parole di lingue diverse erano
inserite qua e là con una certa noncuranza, nonchalance appunto, da persone
ricercate nei loro discorsi. Vocaboli come cocktail, sandwich, yogurt,
pass-partout, reception, suite, knock-out ed altri ancora, venivano usati a
profusione.”
Subisce questa irruzione anche
quel mondo rurale a cui Nara appartiene e che Franca sa dipingere con
affettuosa ironia. Ma quel che colpisce la fantasia di Nara e delle sue amiche
è la parola “toast”, alimento di cui lei e la sorella si toglieranno lo sfizio
a Milano.
La pagina in cui le due sorelle e
compagne d’avventura sbarcano alla stazione centrale della metropoli lombarda,
beh, a me ha ricordato la gag di Totò e Peppino in un famoso film… con in più,
da parte delle ragazze della provincia veneta, una grande compostezza, un… aplomb
di tutto rispetto.
Del resto: “Contrariamente alle
sue abitudini, Nara lasciò un pourboire.”
Molto bello l’incontro di Nara
con alcuni ragazzi delle borgate romane da lei incontrati “quando, con la
solita valigia, modello emigrante, Nara scese dall’autobus in Via Appia
Nuova.”
In Viaggio a Roma Nara
presenta questi ragazzini senza pesanti finalità pedagogiche; del resto, loro
non le mancarono di rispetto anzi la scortarono “a destinazione, in Via Appia
Antica, dove la stavano aspettando.”
In Ragazza alla pari troviamo
Nara a Bruxelles. In seguito alla tragica alluvione del 4 o 5 novembre del 1966
la Nostra perse l’impiego che aveva a Ca’ Tiepolo ma nella capitale belga sa
farsi benvolere; inoltre acquisisce “un buon livello di conoscenza del francese
parlato e scritto.”
Il carattere di Nara:
quando M.me Dumais (la donna del cui bebè si occupa) si pone come intermediaria
tra lei ed un suo lontano parente… ed inoltre si offre di trovarle un impiego
presso l’ambasciata italiana… ma a quel punto Nara opta per il rientro in patria.
Forse altre donne avrebbero colto
quelle occasioni al volo: un possibile marito (probabilmente ricco) ed un
lavoro sicuro… ma non Nara, che volle rimanere padrona della sua vita. E lo
rimase.
Benché i racconti di Borgo siano
tutti in italiano, ogni fa tanto fa capolino anche il dialetto veneto, con
effetti devo dire spesso molto divertenti.
Per es., in Comari si
parla di uomini ormai attempati che riprendono a “vardarse”, guardarsi
(attorno). Ma: “Tanto cossa voto che i trova? Più de qualche gallinassa
vecia, gnanca più bona per el brodo, no ghe xe altro in giro!” Più di
qualche vecchia gallina, neanche più buona per fare il brodo, in giro non c’è
altro!”
Franca mi scuserà se la mia traduzione non è abbastanza
accurata; del resto, spesso i dialetti possiedono un’incisività che talvolta
alla lingua manca. Tuttavia io ho capito sempre almeno il senso delle frasi in
veneto.
In Nina e Baldo troviamo
una famiglia il cui capo (?) beve troppo e picchia la moglie, tanto che “un
infausto giorno sono intervenute le assistenti sociali togliendo loro le
figlie.”
Questi dell’alcol e della
violenza domestica sono problemi che in varie parti del Paese rendono la vita
di molte famiglie un inferno, ma Franca ha saputo affrontarli evitando
d’assumere “abiti” morbosi o scandalistici… ma senza per questo dimostrare
superficialità o fatalismo.
2/a parte
Per ragioni di spazio non posso
parlare di tutti i racconti di Borgo, comunque ora vorrei ricordare Parole,
in cui Franca cede la… parola alla signora Elena Zerbin.
La signora appartiene ad un tempo
in cui, come scrive: “Non si conosceva nemmeno una stuffa a legna e si poteva
anche contrarre il tifo ma: “Allora si pagava tutto, medicine e pure
l’ospedale.”
La vita, nella valle del Po, era
durissima: si lavorava nelle risaie, anche: “Dieci campi di risaia, come dire,
melma si zappava! Non ci conoscevamo se eravamo persone o bestie: tutti
pieni di terra sporca. E a fine anno quando andavamo a fare i conti col
padrone, eravamo rimasti in debito.”
La drammaticità di questo quadro
era poi simile a quella di tantissime famiglie operaie e contadine del nostro
Paese e questo, per tanto, troppo tempo. Così è fondamentale che certe realtà
siano ricordate e denunciate da chi le visse sulla propria pelle e non cede
alla tentazione o alla menzogna del “bel tempo antico.”
La signora Elena ricorda inoltre
il suo sicuro rifiuto del nazifascismo quando dice: “Dentro di me non mi
sentivo per quel fare, mi sentivo ad essere alleata con tutti e
aiutarsi nel modo più umano della nostra vita.”
Ecco, forse è questa la sintesi
migliore sia del suo breve scritto che delle prose di Franca: questo sentimento
di umanità e di giustizia che rifugge dalla retorica, dalla violenza e
dall’inganno perché si desidera ardentemente un mondo più giusto… che non sia
insomma né una giungla né una caserma.
3/a ed ultima parte
Ciò che costituisce la parte più
autentica di uomini e donne oggi anziani e che furono duri ed umili lavoratori,
è questo profondo sentimento e desiderio di una vita migliore: una vita cioè
che non punta certo a lussi, applausi e riverenze ma solo a potersi godere in
pace i frutti del loro lavoro coi loro cari, senza essere più tormentati dagli
spettri della fame, della guerra e dell’ingiustizia… che purtroppo, ai nostri
giorni sono ben più che spettri!
Per quegli anziani ed anche per
noi, una vita migliore significa davvero “aiutarsi nel modo più umano”; il che
non significa né correre come dannati per ammassare più danaro possibile,
magari calpestando gli altri né vivere nell’ozio.
No, vuol dire fare in modo che
ognuno possa avere qualcosa in proporzione a quanto ha fatto ed a quanto gli
spetta.
Spesso è difficile, a volte
sembra quasi impossibile esprimere con parole chiare queste più che legittime
aspirazioni: ma quali mezzi possiamo utilizzare se non le parole? E
talvolta quelle possono essere fraintese: non sempre in buona fede.
Ma come dice benissimo Franca:
“Elena, abbiamo scritto le nostre parole. Ora si sono incamminate. Non
conosceremo il loro percorso. Sicuramente non cesseranno, mai più, di vivere.”
E questo è verissimo: soprattutto quando si tratta di parole che nascono dall'esperienza e dal cuore di persone generose.... persone che oltretutto non hanno subito la vita ma hanno cercato di capirne il senso, hanno tentato (secondo me con successo) di ricomporre quello che spesso sembra un puzzle assurdo, incomprensibile e talvolta anche crudele.
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C'è un modo per leggere questi vostri testi interessanti?
RispondiEliminaSiamo molto curiosi perchè sembrano degli spaccati di un'Italia che ormai non si trova più, un pò come quella descritta nei libri di Pasolini.
Un saluto!
rif. Jene
RispondiEliminaSecondo me, non c'è altro da fare che cercare di convincere Franca a pubblicarli...
E comunque hai senz'altro ragione: in certi testi ritroviamo il Paese che non c'è più, ormai in buona parte scomparso.
Ma le persone che lo hanno abitato e... sofferto ci sono ancora, coi loro ricordi e sentimenti. Ed il peso di quel passato.
Ciao, a presto!
P.s.: ti è arrivato il commento che ti ho inviato?
Franca mi sembra dotata di una sensibilità e di una capacità letterale fuori dal comune.
RispondiEliminaDifficilissimo è raccontare le piccole cose di tutti i giorni, storie e malinconie del passato, ma soprattutto la solidarietà,la dignità della povertà , cosa che ormai manca totalmente ai nostri giorni, regni dell'apparire e del menefreghismo totale!
Brava Franca e bravo come sempre a raccontarcerle il nostro blood -brother Riccardo!
Buona serata e gioiose feste di Natale e un radioso 2013...( speriamo meglio per tutti noi...!!!)
Una vita molto dura, che ritorna ai giorni nostri.
RispondiEliminaSaluti a presto.
Ho pubblicato "Quelli di Borgo Polesinino" nel post natalizio del 16 Dicembre.
RispondiEliminaTi ringrazio tanto Riccardo. La tua recensione è preziosa per me, come già ho scritto nella e-mail che ti ho inviato il giorno 18 (spero sia arrivata, non sono mai sicura ai comandi della mia tastiera), nel dubbio ne riporto una parte:
" Mi aspettavo
qualcosa di bello, conoscendoti, ma non così tanto bello,
conoscendomi! Ora posso dire che ho avuto riconoscimento al mio
scrivere e mi sento consapevole che non è stato vano.
I racconti sono stati letti da un discreto numero di persone e tutti
mi hanno espresso il loro gradimento. Ma oggi, con la tua
recensione/saggio, è come se i miei racconti si specchiassero in uno
specchio a più sfaccettature e riflettessero la loro unica anima che,
come hai sottolineato, è lontana dalla retorica e prova un vivo
sentimento di giustizia.
Sono ancora emozionata anche se ho lasciato passare qualche ora. Mi
scendevano le lacrime mentre leggevo, soprattutto nella parte che
ricorda Elena Zerbin alla quale porterò il tuo testo da leggere."
Vorrei concludere osservando che mi sento onorata e privilegiata di aver incontrato un amico come te che sa leggere fra le parole e interpretare l'animo di chi le ha scritte.
Un abbraccio
Franca alias Nou
rif. nella
RispondiEliminaD'accordissimo, Nella!
Nell'affrontare temi spesso tanto delicati ed anche dolorosi, si può correre il rischio d'esagerare, di andare sopra le righe.
Ma così, la narrazione ne risente parecchio; questo anche quando le storie narrate siano vere.
La solidarietà poi tra i poveri è una di quelle cose che abbiamo in buona parte perso...
Forse anche per questo è così facile imporci "ricette" economico-sociali tanto dure.
Contraccambio gli auguri alla grande: ne abbiamo tutti un grandissimo anzi incredibile bisogno!!!
No surrender, nessuna resa!
rif. Cavaliere oscuro del web
RispondiEliminaEè vero, quei tempi stanno tornando.
Cerchiamo allora di stare in guardia... per quanto possiamo.
Ciao.
rif. Nou
RispondiEliminaPurtroppo, cara Nou, il mio pc sta facendo le bizze: temo d’aver perso parecchia roba; oppure, qualcosa mi arriva ma con vari giorni di ritardo.
Ti ringrazio per le bellissime parole, davvero!
Infatti, vedere che sono riuscito ad entrare in sintonia con quello che hai scritto e soprattutto con l’esperienza tua e della tua comunità, beh, quello mi ha fatto capire una cosa molto importante…
Vale a dire che quando si crea appunto quella sintonia, allora le cose che io o altri possiamo scrivere o pensare non sono un inutile o stupido ammasso di teorie.
Sono piuttosto un “ponte” che ci collega a persone che hanno fatto una vita molto più dura della nostra…
Persone che a ben vedere han ricostruito col loro duro e spesso umile lavoro, un Paese distrutto dal fascismo e dalla guerra.
A quel punto, ci si sente felici d’aver potuto contribuire a dare un po’ più di voce a persone come te.
Ed inoltre ci si sente consapevoli di non aver sprecato la vita sui libri.
Mi farà molto piacere anche se vorrai far leggere il testo alla signora Elena; poi fammi sapere, eh?
Come hai scritto, carissima Nou: “Le parole si sono incamminate”..
Non so dire altro perché anche se sono un “sardaccio”(ehi, ovviamente scherzo, non vorrei che i miei conterranei si offendessero!) mi sto commuovendo anch’io.
Abbraccione.
Una dolce e tenera parte dei racconti-ricordi di Nou che hai fatto benissimo a postare. Ho letto anche gli altri ed ho detto a lei di pubblicarli.
RispondiEliminaNe vale la pena.
Grazie tanto Riccardo e BUONE FESTE.
Un caro saluto,
aldo.
rif. il monticiano
RispondiEliminaMi fa piacere vedere che hai approvato la mia scelta, caro Aldo.
La nostra Nou sa davvero come e che cosa scrivere...
Due qualità, queste, che non si trovano troppo spesso riunite in una sola persona!
Un caro saluto ed auguri di un sereno Natale anche a te ed ai tuoi.
A presto!
Doppio regalo in queste tue pagine caro Riccardo. Molto molto bello per me scoprire questa poetica Nou e scoprirla grazie al tuo essere Rimbaud "io è l'altro"....una grande nausea per la legge che ormai gravita sui grandi editori e che nei piccoli , come in qualsiasi altra arte , eccede come sempre delle piccole mafiette e critici e direttori editoriali pieni di chissa quale prosopopea. Speriamo per la nostra Nou, anche con questo tuo gesto pieno di amore, possa esserci quell'incontro fra autore editore che finora non c'è stato.
RispondiEliminaTi abbraccio forte di augurio affettuoso , pieno di riconoscenza dei tuoi valori...Buon Natale e Buon Anno a te e i tuoi cari...l'abbraccio è come hai detto del tuo , pienamente gramsciano.
:-)
rò
Ric, non ho tempo ora per leggere i racconti di Nou ma son certa che lei li abbia scritti con quella sua grazia ed eleganza che la contraddistingue, sapendo dar loro quel giusto sapore d'antico, quello che hanno solo i veri ricordi.............
RispondiEliminaVolevo darti un abbraccione e augurarti di passare serenamente queste giornate di festa.
Grazie per la visita nel mio blog Prof.
A presto
rif. Ro' o'
RispondiEliminaImbarazzanti ma graditissimi i tuoi elogi, sempre combattiva-acuta-chiarissima Ro'!
E bentornata sulle "rive" di questo caminetto virtuale.
Nou merita davvero maggiore visibilità e speriamo proprio che possa riceverne...
Contraccambio gli auguri con lo stesso affetto, speriamo (gramscianamente) in un Natale ed in un anno davvero nuovo...
Che si portino via tutte le brutture ed i vampiri (più o meno finanziari, politici o tecnici)che ci hanno funestato nel 2012!
rif. Elisena
RispondiEliminaPur non avendoli (ancora) letti, i racconti di Nou, hai colto senz'altro nel segno.
Si tratta del resto di di un "sapore d'antico" che dovrebbe farci tenere gli occhi aperti sul presente ed anche sul futuro...
Abbraccione anche a te ed appena possibile reitererò il reato, pardon, le visite!
Tanti Auguroni di Buon Natale e Felice Anno Nuovo a te e ai tuoi cari, Fabio
RispondiEliminarif. Blogaventura
RispondiEliminaTantissimi auguroni anche a te ed alla tua famiglia, caro Fabio.
E spero che si sia risolto tutto nel migliore dei modi.
A presto!
Un mare grande come il tuo di AUGURI a te e family.
RispondiEliminaCiao Ciao Lidia.
rif. Gibran
RispondiEliminaTantissimi e fortissimi auguri anche a ta, cara Lidia!
E tanta serenità, sperando che il 2013 ti faccia stare molto meglio, in tutti i possibili sensi...
Un abbraccio.
Riccardo sono passata per gli auguri, ho dato uno sguardo veloce a questo tuo post che ho intravisto notevole e che mi ha dato modo di avere alre curiosità tornerò presto a trovarti ed intanto un caro abbraccio a te ed ai tuoi con l'augurio di un Natale di nascita serena gioiosa, di pace ed amore...
RispondiEliminaA presto
rif. strega bugiarda
RispondiEliminaCiao, grazie per la stima...
Anche anzi soprattutto da parte di Nou!
Contraccambio gli auguri e spero davvero che possa essere così come dici....
Sarebbe ora, dopo tanti problemi per il Paese ed anche per alcuni di noi.
Salutone!
Caro Riccardo, passo per ringraziarti di nuovo e per ringraziare, per i loro commenti, gli amici che ti seguono.
RispondiEliminaAuguro un Felice Natale a te e alla tua famiglia.
Un abbraccio festoso e affettuoso.
Nou
:)
rif. Nou
RispondiEliminaCara Nou, tantissimissimi auguri anche a te ed alla tua famiglia!
Per noi è' stato un buon Natale e spero che lo sia stato anche per te e per i tuoi cari.
Ti abbraccio anch'io e ti auguro tante bellissime cose anche per tutti i prossimi giorni di festa, di vero cuore!
A presto.