I commenti sono ovviamente graditi. Per leggerli cliccate sul titolo dell'articolo(post) di vostro interesse. Per scrivere(postare,pubblicare) un commento relativo all'articolo cliccate sulla voce commenti in calce al medesimo. Per un messaggio generico o un saluto al volo firmate il libro degli ospiti (guest book) dove sarete benvenuti. Buona lettura



sabato 23 aprile 2011

“Nanneddu meu”, di Peppino Mereu


Nella poesia Nanneddu meu Mereu si rivolge al suo grande amico, il dott. Nanni Sulis (Nanneddu significa Giannino, Giovannino ecc.); essa consta di 33 strofe, ognuna composta di 4 versi.
Di Nanneddu esistono varie versioni musicali: una è quella che fu eseguita a suo tempo dai Tazenda del grande e purtroppo scomparso Andrea Parodi; ne esistono comunque molte altre: molto bella anche quella del Coro Su Nugoresu (il nuorese) e quella del Coro di Neoneli, col quale ha collaborato anche Elio delle storie tese.
La 1/a strofa inizia coi versi che concludono il brano: “Nanneddu meu,/ su mundu est gai,/ a sicut erat/ non torrat mai”, Giovannino mio, così va il mondo, com’era un tempo non torna più1.
A quale tempo allude Mereu? Ad uno forse felice o che almeno, fu migliore dell’attuale; un tempo mitico? Chissà.
Intanto, possiamo notare l’ironia del latino sicut erat che a sua volta potrebbe rimandare al “latino da chiesa” di cui parlava Rimbaud nella Stagione all’inferno2.
Non sappiamo se Mereu, che era un autodidatta abbia mai letto Rimbaud e quali siano state, in generale, le sue letture; tuttavia gli si ascrive una “conoscenza del latino e della mitologia classica.”3
Il sicut di Peppinu ricorda il sicut in caelo et in terra (Matteo, 6,10), come in cielo così in terra che segue il fiat voluntas tua del Padre nostro. Ma se in quella preghiera si chiede che sia fatta la volontà del Padre, come vedremo Mereu dice come quella volontà (non certo per colpa del Padre) non si compia.
Quel sicut chiede infatti che ci sia dato il “pane quotidiano” (Mt., 6,11). Ma qual era la situazione che sperimentavano sia Mereu che tanti suoi contemporanei?
Como sos popolos/ cascant che cane,/ gridende forte:/ Cherimus pane, ora i popoli sbadigliano come cani affamati, gridando a gran voce: vogliamo pane. Ma noi: “Affamati, mangiamo pane di castagne, terra con ghiande.”4
Si verifica così un’evidente ed inquietante regressione sul piano morale ed umano se Mereu aggiunge: “Siamo assetati, alle fontane, lottando per l’acqua, sembriamo rane”5 ed ancora: “Avvocatucci, laureati, a tasche vuote e spiantati nelle campagne mangiano more, come capre magre lungo le siepi.”6
Ripeto: la regressione investe qui la stessa sfera umana e morale, si fa vera e propria involuzione; la fame conduce a negare in sé stessi l’umanità. Del resto, a proposito del pane Gramsci studiava con doloroso stupore l’atteggiamento dei suoi compagni di detenzione ed anche in lui si trova un’analisi del Pater noster e del pane quotidiano.7
La fame, il non potersi procurare il necessario per vivere neanche dopo lunghi e faticosi anni di studio8, la miseria che da fatto economico conduce ad una dimensione animalesca, non-umana, in Mereu sembra evocare un’autentica danse macabre. Una danza macabra ed insieme, folle.
Ma qui, a differenza dei celebri dipinti (tra gli altri) di Bosch, gli invitati al ballo non sono scheletri né figure comunque stregonesche bensì povera gente che cerca solo di sbarcare il lunario. E certo, questa condizione ricorda parecchio quella “generale tensione degli spiriti vitali” di cui parlava Gramsci nella lettera citata.9
Ed il ditirambo di Mereu colpisce con tutta la violenza che è concessa a chi con la sua arte si fa voce di chi, storicamente, non ne ha mai avuto.
Del resto egli: “Figlio di medico proprietario, si ribellò alla famiglia ed alla sua condizione piccolo-borghese” e dopo aver attraversato una profonda crisi esistenziale, diventò “su cantadore malaittu”, che “ripudiato dai ricchi parenti borghesi, viene assunto dalla comunità popolare tonarese a coscienza critica dell’ingiustizia sociale e dell’egoismo di classe.”10
Ancora, in Nanneddu si parla della filossera (Mereu morì nel 1901) e di impostas, tasse che nos distruint/ campos e binzas, ci distruggono i campi e le vigne.
Addirittura: “Terra c’a fangu/ torrat su poveru, la terra trasforma il povero in fango.11 Quella stessa terra che dovrebbe sostenere l’uomo diventa la sua maledizione; anzi, se prima alcuni regredivano allo stadio animale, ora eccoli perdere perfino la dimensione senziente, eccoli inghiottiti dalla materia inanimata.
Il furore del Nostro non risparmia neanche la Chiesa perché: “S’intulzu apostolu/ de su Segnore/ si finghet santu,/ ite impostore!”, l’avvoltoio del Signore si mostra santo, che impostore!12 E mentre Mereu attacca gli sgherri dell’avvoltoio, afferma con amarezza che tutti noi ci combattiamo l’un l’altro “Pro pagas dies/ de vida in terra, per pochi giorni di vita.13
Così non ci uniamo per cambiare alla radice questa situazione e coltiviamo solo la discordia, se non la classica guerra tra poveri,… sì che alla miseria si aggiunge la lacerazione del tessuto umano e sociale.
Tutto ciò perché “Semus in tempus/ de tirannias/ infamidades/ e carestias, viviamo in tempi di tirannia, soprusi e carestia: Mereu aveva infatti una chiara visione dei problemi storico-sociali della Sardegna e forse, non solo di quella.14
Certo, sia in Nanneddu che in altre poesie Mereu ha spesso un tono violento, in apparenza volgare, plebeo. Ma qui bisogna distinguere: il Gramsci del periodo “torinese” opererà appunto una fondamentale distinzione tra essere volgari e plebei.
Per Gramsci è volgare l’esibizione di un buon cuore che non si possiede, il che conduce spesso ad elargire doni tanto sfavillanti quanto inutili, espressione quindi un “filantropismo spagnolesco che irrita, non benefica.”15
E’ plebeo invece chi polemizza anche aspramente ma con finalità etico-sociali e mai per porsi in luce con alcuno, né per “una bassa ragione di risentimento personale.”16 Mereu è plebeo in questo senso: lo stesso che rivendicava per sé Gramsci.
Inoltre Peppino esclama: ”Scellerati, affamati, ladri, creiamo disordine e non si opponga nessuno.”17
Io penso che questo sia solo uno scherzo amaro, fatto per aggiungere nuovi “attori” a quella danza macabra che era iniziata con esseri umani che sbadigliano come cani affamati, mangiano terra con ghiande, uomini mutati in fango, altri assimilabili a capre o a rane e che si aggirano per la campagna… braccati da corvi ed avvoltoi “umani.”
Peraltro, le relazioni parlamentari del tempo, evidentemente non tenute alla presentazione di immagini di una poesia diciamo visionaria, non sono lontanissime dai versi di Mereu.
Risulta infatti da un’inchiesta condotta dal deputato Pais Serra su incarico di Crispi (con decreto ministeriale del 12 dic. 1894) che in vaste aeree della Sardegna si era ormai creato un intreccio davvero perverso comprendente criminalità comune, corruzione ed intrighi spesso orditi da funzionari ed amministratori pubblici, nascita illecita di grandi patrimoni ecc.18
E già tra il 1880 e l’82 l’avv. Salaris parla di chi “ è costretto a vagare di campo in campo in traccia di cardi selvatici, o di altre erbe per sfamare la sua famiglia”19; il viaggiatore francese Gaston Vuillier vede dei contadini che si sfamano con un “pane di ghiande, d’orzo e d’argilla.”20
Così, la ribellione cui Mereu pare inviti i sardi del suo tempo non parrebbe troppo irrazionale. Inoltre, la Sardegna fu spesso terreno di scontro armato tra dominatori prima spagnoli e poi sabaudi da una parte e popolo e nobiltà sarda dall’altra; il che abbracciò (benché con qualche stasi) il periodo compreso tra l’inizio del ‘600 e buona parte dell’’800. 21
Si può così parlare di “autentici corpi di guerriglieri che battono la montagna dopo aver rotto tutti i legami con la società civile.”22
Lo stesso Garibaldi denunciò come già dopo il 1860 un sistema economico-sociale iniquo avesse prodotto “nella parte meridionale della penisola, l’anarchia, il brigantaggio e la miseria”23.
La tesi di Garibaldi sarà riproposta ed ampliata, certo con maggior rigore argomentativo dal Gramsci che nella Questione meridionale parlerà (ma senza assolvere le locali camarille) de: “La borghesia settentrionale” che “ha soggiogato l’Italia meridionale e le isole e le ha ridotte a colonie di sfruttamento.”24
Naturalmente, come diceva Socrate “un poeta, per essere veramente tale, deve scrivere per immagini e non per deduzioni logiche”25; così, Mereu non era tenuto alla formulazione d’analisi di tipo storico, economico-sociale ecc. Eppure dal suo cuore di poeta e di uomo geniale, tormentato e generoso fuoriusciva comunque tutto lo sdegno per uno stato di cose ormai insostenibile… ed egli sapeva individuare e centrare i bersagli giusti.
Quando poi dice a Nanni: “Adiosu, Nanni/ tenedi contu,/ faghe su surdu,/ ettad’a tontu, arrivederci, Nanni, rifletti su questo, fai il sordo e fingi di non capire26, è come se lo invitasse ad indossare una maschera di bonomia. E’ come se dicesse: noi non la beviamo, conosciamo i rapporti di forza, sappiamo chi e dove siano i nemici ma per ora, fingiamo d’essere stupidi.
Questo è un atteggiamento che spesso gruppi e classi subalterne hanno dovuto assumere quando si trovavano nell’impossibilità di cambiare le cose: anche a costo di confermare nei loro dominatori l’idea di un’inferiorità sul piano morale, intellettuale ecc.27
Ma benché Mereu auspichi un radicale cambiamento28, egli non appoggiò mai il banditismo o fenomeni simili. Io penso che non avrebbe considerato, alla Satta, i banditi “belli, feroci e prodi”29 ma anzi, avrebbe condiviso il tagliente giudizio di Dessì.
In ogni caso, per Mereu lo scopo ed il senso dell’esistenza umana consiste nel superamento di tutte quelle ingiustizie e sofferenze che ci opprimono; per lui bisogna essere liberos, rispettados e uguales.30
Ed in questo spirito faccio a tutti voi i miei migliori auguri di buona Pasqua e di buona festa della Liberazione!


Note

1) Peppinu Mereu, Poesias, a c. del collettivo di ricerca « Peppinu Mereu », Sassari, 1978, pp.88 e 93.
2) Arthur Rimbaud, Una stagione all’inferno, Ten, Roma, 1995, p.57.
3) Nota biografica a c. del collettivo di ricerca “P. Mereu”, in P. Mereu, op. cit., p.16; egli inoltre, lesse i libri della “biblioteca paterna”; ibid. Il padre di Mereu era un medico.
4) P. Mereu, op. cit., pp. 88 e 93.
5) Ibid., p.94.
6) Ibid., p.94.
7) A. Gramsci, Lettere dal carcere, a c. di R. Uccheddu, D. Z. Editore, Cagliari, 2008, p.52.
8) Riferimento all’avvocazia, la classe degli avvocati; cfr. P. Mereu, op. cit., p.91.
9) A. Gramsci, op. cit., p. 51.
10) F. Masala, Un poeta, a Tonara, in P. Mereu, op. cit., pp. 10, 13. Senza nulla togliere ai maudits francesi, Masala traduce “cantadore malaittu” con “poeta maledetto.”
11) Ibid., pp. 88, 93.
12) Ibid., pp. 92, 94.
13) Ibid., pp. 92, 94.
14) Cfr. A Genesio Lamberti, in Ibid., p. 69 sgg.
15) A. Gramsci, Sotto la Mole (1916-1920), Einaudi, Torino, 1960, p.20.
16) A. Gramsci, op. cit., pp.38-39.
17) P. Mereu, op. cit., p. 95.
18) Manlio Brigaglia, Storia e miti del banditismo sardo, La biblioteca della Nuova Sardegna, Sassari, 2009, pp. 86-90.
19) M. Brigaglia, op. cit., p. 83. I corsivi sono miei.
20) Ibid., p. 84.
21) Ibid., pp. 47-60.
22) Ibid., p. 49.
23) G. Garibaldi, Clelia: il governo dei preti, a c. di R. Uccheddu, D. Z. Editore, Cagliari, 2008, p. 136.
24) A. Gramsci, La questione meridionale, Editori Riuniti, Roma, 1969, p. 132.
25) Platone, Fedone, Garzanti, Milano, 1980, IV, p. 77.
26) P. Mereu, op. cit., pp. 93, 95.
27) Nel caso dei Neri d’America abbiamo la deliberata autocaricatura che si trovava in spettacoli comico-musicali come la negro-minstrely, vicina nello spirito all’umorismo yiddish, quello ebraico-orientale; su questo cfr. F. Valentini, Sulle strade del blues, Gammalibri, Milano, 1984, pp. 81-85. Vi è poi un legame tra il parlare con “infinite sottigliezze”: F. Valentini, op. cit., p. 103 e le parole del siciliano principe di Salina sullo “spaccare i capelli in quattro”; cfr. Tomasi di Lampedusa, Il gattopardo, Feltrinelli, Milano, 158/a ed., p.161.
28) Mereu “manifesta idee che si ispirano al nascente movimento socialista”; cfr. Nota biografica, cit., pp. 17-18.
29) G. Dessì, Un pezzo di luna, Edizioni della torre, Cagliari, 1987, p. 86. Per Dessì i banditi “di oggi” sono “volgari ladri di strada, bastardi criminali”; G. Dessì, op. cit., p. 87. Ma con quel “di oggi”, in fondo neanche Dessì sembra del tutto immune dal fascino (?) degli antichi banditi.
30) Nota biografica, cit., p. 18.

28 commenti:

  1. Questo tuo post è stato un vero dono, una meravigliosa sorpresa.
    " ...la fame conduce a negare in sé stessi l’umanità." Che grande frase, Riccardo!
    Grazie per questo scritto, a cui tornerò volentieri ancora e tanti auguri anche a te di buona Pasqua e di buona festa della Liberazione!
    Lara

    RispondiElimina
  2. Un saluto veloce, auguri di una serena Pasqua, Mariacristina.

    RispondiElimina
  3. "Eppure dal suo cuore di poeta e di uomo geniale, tormentato e generoso fuoriusciva comunque tutto lo sdegno per uno stato di cose ormai insostenibile… ed egli sapeva individuare e centrare i bersagli giusti.... per Mereu lo scopo ed il senso dell’esistenza umana consiste nel superamento di tutte quelle ingiustizie e sofferenze che ci opprimono; per lui bisogna essere liberos, rispettados e uguales".
    Grande questo Mereu, e attualismo il suo NANNEDDU MEU. Grande già nel coraggio di rinunciare agli agi e la tranquillità d'aver sempre il suo pezzo di pane quotidiano!
    Sei tornato alla grande Ric, e trovo assolutamente giusta questa poesia x incarnare il 25 Aprile ma non quello di domani, quello ke è stato ed ha rappresentato nel passato perkè oggi come oggi siamo sempre meno liber ed affamati e coinvolti "nella guerra tra poveri"
    Buona Pasqua Ric a te e ai tuoi affetti e scusami se ti ho "amichevolmente tormentato" per la tua assenza.
    Allora, Prof Maestro Sardo... ti rinnovo ancora con affeto i miei auguri e a risentirci x il prossimo ferragosto!
    Strabaci
    Elisena (la scomunicata)

    RispondiElimina
  4. rif. Lara
    Grazie per la stima, cara Lara!
    In effetti, penso davvero che l’alienazione, o comunque forme profonde di sofferenza possano de-umanizzarci.
    Contraccambio gli auguri di vero cuore e…. a presto!

    RispondiElimina
  5. rif. Mariacristina
    Un saluto anche te ed ai tuoi, Mariacristina ed a presto, magari da te.

    RispondiElimina
  6. rif. Joe Black
    Ciao Eli, come vedi ce l’ho fatta a pubblicare… “ben” un giorno prima di Pasqua!
    Ma d’ora in poi, dovrei avere più tempo per il blog e per tutti voi.
    Mi fa piacere vedere che mi segui con tanta attenzione e direi, anche con tanto affetto: perciò non scusarti assolutamente.
    Magari, “prof maestro” è un po’ troppo; arrossisco come Topo Gigio.
    Di nuovo buona Pasqua e buona Liberazione e concludo dicendo che sta a noi fare in modo che la guerra tra poveri finisca.
    In ogni caso, NO PASARAN!

    RispondiElimina
  7. Giusto ciò ke affermi Ric, ma come porci una fine? Le conquiste democratike non so ke fine stiano facendo e le rivoluzioni non risolvono i problemi. Siamo oltre la frutta ma fin quando si avrà modo di aver anke un solo pezzo di pane sul tavolo, non si scenderà mai uniti a lottare!
    Ke tristezza questo periodo storico d' Italia!
    Un abbraccio
    Elisena

    RispondiElimina
  8. rif. Joe Black
    Certo la soluzione non è semplice...
    Ma io penso che si dovrebbe avviare un periodo, anche lungo, di ricostruzione morale e culturale, ancor prima che politica.
    Ovviamente, senza tacere mai nè senza far "sconti" su ciò che va male!
    Un processo "molecolare", come avrebbe detto Gramsci.
    Perchè c'è da riscoprire un senso della solidarietà e del diritto che in buona parte, si è perso e che non potrà rinascere dall'oggi al domani.
    Eppure, mi pare che stiamo risalendo...
    Non perdiamo la speranza; non era molto peggio durante il fascismo? Ma la storia ha dimostrato di sapere il fatto suo... ed i popoli non sono stati da meno!
    Un abbraccio.

    RispondiElimina
  9. Caro Riccardo,
    sembra una frase fatta,ma la storia si ripete.Leggendo mi veniva in mante il comportamento dei nostri politici,corruzione ruberie,gente senza lavoro,anziani e famiglie che sono costrette ad andare alla Caritas per un pasto.Ma soprattutto la colossale differenza tra nord e sud.Forse sbaglierò ma io ho interpetrato così il tuo post.
    Ciao Riccardo a presto e grazie tante.
    PS ricordati del libro.

    RispondiElimina
  10. rif. La fenice risorta
    Cara Lidia, hai "fotografato" benissimo sia il post, che i suoi collegamenti con l'attuale realtà del Paese...
    Ma io inizio a pensare (come ho già scritto a Joe Black) che le cose stiano cominciando, anche se lentamente, a cambiare.
    Ah, guarda che ti ho scritto sia da Spera di sole che sulla rivista "The best."
    Entro stasera spero di farcela, a farti sapere qualcosa del libro; sono un po' "legato" in queste cose...
    Un caro saluto!

    RispondiElimina
  11. Ho letto sia da Spera che su THE BEST.Ma su Spera mi avevi detto che avresti commentato un racconto.Quelli che hai fatto sono bellissimi ed e scesa qualche lacrima.
    Ti ringrazio di nuovo Riccardo sei un grande amico.
    Ciao Lidia.
    PS Questo computer per adesso è il mio antidepressivo.

    RispondiElimina
  12. rif. la fenice risorta
    Mi spiace per l'effetto che ho prodotto...
    Comunque ho scritto cose che sentivo, veramente.
    Appena possibile commenterò anche un racconto, (ogni promessa è debito); è solo che non vorrei scrivere scemenze, per questo mi sto prendendo un po' di tempo...
    L'amicizia è reciproca, Lidia!
    Quanto al pc, va benissimo in funzione antidepressiva ma speriamo che presto la primavera possa funzionare molto meglio di lui; crederci è importante.
    A presto e cerca di star su.
    Salutone!

    RispondiElimina
  13. Promessa mantenuta,Natale,ora Pasqua.Il prossimo per ferragosto?.Sono una impertinente impicciona ma mi piace leggerti e vorrei farlo più spesso.Quest'ultimo è un ritorno alla grande:spesso sottovalutiamo i nostri poeti,spesso non molto scolarizzati ma quando scrivono è perchè hanno macinato esperienze di vita che rende i loro versi molto veritieri,denunce sociali in versi,denunce di malesseri comunque sempre presenti,anzi oggi più di ieri perchè alle necessità vitali di molti si contrappongono macroscopiche esibizioni di benessere e di potere di pochi,non baciati sdalla fortuna,ma piuttosto arrivisti e profittatori senza remore e verghogna.
    Un saluto cordialissimo e spero a presto.

    RispondiElimina
  14. rif. chicchina
    Nessuna impertinenza da parte tua, come ho già avuto modo di dire anche a Joe Black, mi piace vedere che qualcuno mi segue con tanto affetto.
    Il prossimo post, però, non sarà a ferragosto: speriamo tra una settimana o poco più!
    Condivido l'analisi da te proposta sui nostri poeti e sui parallelismi che anche tu (giustamente) istituisci tra l'ieri e l'oggi.
    Contraccambio con la stessa cordialità gli auguri ed a presto!

    RispondiElimina
  15. A Riccardo e a quanti lo seguono un BUON PRIMO MAGGIO.

    RispondiElimina
  16. Quanto mi è difficile risponderti,non so mai se ciò che scrivo ti arriva o no.
    Un BUON PRIMO MAGGIO A TE E QUANTI I TUOI POST.
    Ciao

    RispondiElimina
  17. rif. la fenice risorta
    Grazie anche a nome di quanti mi seguono... e BUON PRIMO MAGGIO a che a te, Lidia!
    Circa quel che mi mandi, purtroppo ho dei problemi con la posta, è un una cosa che mi hanno segnalato anche altri.
    Comunque, a presto e coraggio!

    RispondiElimina
  18. Pensa che io l'ho pure suonata, tranquillo la cantante era sarda :), senza sapere tutte ste cose. Mo' la vorrei risuonare.
    Ciao caro

    RispondiElimina
  19. rif. Ormoled
    Ciao Ormo!
    Grande che l'abbia suonata anche tu, davvero...
    Passerò presto da te, purtroppo solo "bloggesticamente."
    Abbraccione!

    RispondiElimina
  20. Ciao Richy,la nostra amica ha pubblicato altri due pensieri,questi non sono tristi.
    Se ti fa piacere di leggerli.
    Ciao a presto Lidia.
    PS I tuo commenti sono linfa per me.

    RispondiElimina
  21. rif. la fenice risorta
    Ciao Lidia, passo subito a leggerli!
    Comunque leggo volentieri anche i brani o le poesie tristi, anche se ovviamente mi dispiace che possano nascere da tuoi momenti difficili.
    Sono contento di leggere che li apprezzi, davvero!
    A presto.

    RispondiElimina
  22. Eih Riccardo sei profondo e impegnativo come un filosofo.... ti ho letto a puntate, comunque complimenti, sei anche uno scrittore wow!!!

    Ciao, a presto.

    RispondiElimina
  23. rif. alicemate
    Ciao, benvenuta!
    Ti ringrazio per le belle parole.
    Diciamo che cerco di fare quello che posso... o meglio, quel che mi è consentito dalla complessità del mondo e dal mio, personale caos!
    A presto, ciao.

    RispondiElimina
  24. Il famoso "caos creativo";)
    Appena vado in libreria chiedo dei tuoi libri, mi hai fatto venir una voglia di vacanza per potermi perdere in letture e letture e ancora letture...

    Il tuo Giacomo mi sembra un personaggio tosto.
    Ciao, e tornerò...

    RispondiElimina
  25. Che storia questa celebre canzone!
    Grandissima poesia-canzone della tradizione sarda.

    RispondiElimina
  26. rif. La lanterna dei sogni
    Welcome su questo blog!
    Dici bene, poi: si tratta di un brano grandissimo.
    Aggiungo solo che che al suo interno "Nanneddu" racchiude tanti e complessi significati.
    Dovremmo cercare di riscoprire i nostri poeti... maladittus!
    Un caro saluto.

    RispondiElimina
  27. purtroppo quei tempi,son tornati.Semus torrande a papare terra cun lande

    RispondiElimina
  28. rif. andrea careddu
    Benvenuto, Andrea!
    Dobbiamo fare in modo che quei tempi vadano via. Ne va della nostra dignità. Non rassegnamoci!
    A presto.

    RispondiElimina

.
Al fine di evitare lo spam, I Vostri graditi commenti saranno pubblicati previa autorizzazione da parte dell'amministratore del Blog. Grazie.
.