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domenica 7 aprile 2019

Dama Natura

Benchè il XII sec. non sia stato per la maggior parte delle persone un’epoca… vivibilissima, comunque durante tale epoca il rinnovamento culturale conobbe grandi momenti.
Per esempio, in vari punti della Philosophia mundi (“Filosofia del mondo”) Guglielmo di Conches attaccava quanti criticavano l’uso della ragione e della ricerca di cause naturali nell’investigare appunto sulla natura. Costoro consideravano con sospetto anche le indagini di tipo più scientifico, quelle cioè che non richiedevano particolari giustificazioni di tipo religioso o teologico.
Con una certa amarezza, Guglielmo scrive che se tali persone sanno che qualcuno investiga basandosi solo sulla propria ragione, haereticum clamant, lo proclamano eretico. E’ evidente che così la ricerca rischia di rimanere bloccata per generazioni… con ripercussioni piuttosto negative anche sul piano della fede.
Del resto proprio il libro della Genesi insegnava che il mondo, l’uomo e la sua stessa ragione erano stati creati da Dio. Dunque in tutto ciò esisteva una certa bellezza e razionalità.
Era perciò arduo capire quale male o colpa vi fosse nell’investigare su realtà così positive, la cui positività era “garantita” dal loro Creatore.
Dirà perciò Guglielmo: “Ignorando le forze della natura, vogliono che rimaniamo impaniati nella loro ignoranza, ci negano il diritto alla ricerca e ci condannano a rimanere come zotici in una fede senza intelligenza” (M.D. Chenu, La teologia nel XII secolo, Jaca Book, Milano, 1999, pp.30-31).
Osservo che Guglielmo respinge l’idea di una fede cieca così come faceva non solo il suo contemporaneo Abelardo, ma come nell’XI secolo faceva già Anselmo d’Aosta che diceva: “Credo ut intelligam”, capisco per poter credere.
Del resto, Anselmo aggiungeva: “E’ negligenza non cercare di intendere ciò che si crede, dopo che ci si è confermati nella fede” (cfr. Proslogion, 1; Cur Deus homo, I,2).1
Livello strettamente filosofico a parte, il problema dell’indagine razionale sulla natura prendeva anche accenti di commossa poesia se Alano di Lilla, nel De planctu Naturae (“Il lamento della natura”) chiamava appunto la natura genitrixque rerum e regula mundi, genitrice delle cose e regola del mondo.
Ottimo quindi Chenu quando dichiara: “Diciamo allora Natura, con la maiuscola, perché eccola personificata, come una dea” (M.D. Chenu, op. cit., p.35. Il corsivo è mio).


Nota

1) Il termine Proslogion significa “colloquio.” Cur Deus Homo significa invece “Perchè un Dio Uomo, con riferimento evidente a Gesù Cristo.

6 commenti:

  1. Natura, investigazione, fede e non fede, mi sembrano dei buoni elementi per un libro ;)

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  2. Ho letto tutto,ma mi sono fermata sull'ultima citazione.Natura,generatrice di tutte le cose,e regola del mondo.Mi piace.E spero che mettendoci pesantemente lo zampino,l'homo sapiens non continui a sconvolgere queste regole e la bellezza che na Natura ci riserva.Il tuo era un altro ragionamento,probabilmente ne ho deviato il corso..Ciao Riccardo.

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  3. rif. Alligatore

    Sono senz'altro d'accordo, Diego.
    Diciamo che quegli elementi possono essere della buona "nafta" sia per un romanzo che per un libro di filosofia.
    Il romanzo, naturalmente, dovrebbe basarsi su una filosofia meno tecnica, soprattutto a livello di linguaggio.
    Ciao!

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  4. rif. chicchina
    In realtà non hai "deviato" il corso del mio ragionamento: nel post si parla, infatti, di una Natura che in un certo senso è Madre... e che quindi, non possiamo assolutamente profanare.
    Invece possiamo e dobbiamo rispettarLa ed in questo devono aiutarci anche la nostra ragione e la nostra volontà.

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  5. Ciao Riccardo, passo per un saluto e un abbraccio.
    Spero che tu e i tuoi cari abbiate trascorso una Buona Pasqua e Pasquetta.
    Noi bene tutto sommato.
    A presto
    Nou

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  6. rif. Nou
    Ciao Nou, ricambio l'abbraccio.
    Sì, la Pasqua è stata buona, idem la pasquetta... un po' di vento, magari... ma pazienza.
    E tu, e voi?
    Scusa se rispondo solo ora, ma internet mi ha fatto qualche scherzetto.
    Salutone!

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