La Sala, sfarzosa ed insieme austera ha per me un che di misterioso: si trova infatti all’interno di un antico palazzo della città vecchia. E pare quasi che il palazzo voglia nascondersi o sottrarsi alla complessa, intricata rete di vicoli e viuzze appunto della Cagliari vecchia.
All’interno della sala, uno specchio rifletteva parte dei relatori e del pubblico; ma come se il vetro fosse appannato ed il tempo scorresse in modo lento e veloce; comunque, discontinuo. Ciò mi ha quasi turbato.
Considero queste immagini una metafora (spero buona) di quella macchina di pensiero-guida per l’azione che chiamiamo Quaderni del carcere.
I Qq., infatti, inizialmente possono sembrare intricati o frammentari e che si dirigano in mille, opposte direzioni; talvolta pare che siano tenuti insieme da un’armoniosa unità di temi e motivi. Ma Gramsci aveva sottolineato in partenza il carattere di work in progress (lavori in corso) dell’op.
“In generale ricordare che tutte queste note sono provvisorie e scritte a penna corrente: esse sono da rivedere e da controllare minutamente, perché certamente contengono inesattezze, anacronismi, falsi accostamenti ecc. che non importano danno perché le note hanno solo l’ufficio di promemoria rapido” (A. Gramsci, Quaderni del carcere, a c. di Valentino Gerratana, Einaudi, Torino, 1975, p.438).
Ma chi legga i Qq. attentamente non avrà più l’iniziale impressione di caoticità. Infatti, scrisse Gramsci, da “tali note e appunti”, “potranno risultare dei saggi indipendenti”; questo, pur tenendo conto del “carattere provvisorio” di quei materiali (A. Gramsci, Quaderni, op. cit., p.935; cfr. anche p.1365).
Questo piano di lavoro rispondeva a costanti e precedenti interessi culturali nonché al rigore metodologico del Nostro. Gramsci, insomma, non improvvisava ma sviluppava temi di cui si interessava da tempo. “Non si possono infatti capire i Quaderni senza aver letto con attenzione le Lettere (V. Gerratana, Gramsci. Problemi di metodo, Editori Riuniti, Roma, 1997, p.76).
Certo, i Qq. esigono lettori che sappiano leggerli ed interrogarli e che quindi conoscano i complessi temi da Gramsci trattati. Così, potremmo dire che i Qq. non sono per tutti… ma non per colpa di Gramsci.
E’ possibile istituire uno parallelo con lo sport, che è certo duro, sfiancante. Ma è tale soprattutto per chi scansi l’allenamento serio, metodico e certo, anche intelligente.
Mai letti Riccardo!Ma il tuo modo di parlarne ha suscitato interesse.
RispondiEliminaCosì come vedere la sala di cui parli.Chissà magari nella prossima puntatina a Cagliari!Sempre se è aperta al pubblico.
Buona serata!
rif. guernica
RispondiEliminaE' una lettura che in effetti, raccomando caldamente.
Magari preceduta da quella delle "Lettere", che saldano la grande umanità di Gramsci al suo sottile spirito critico.
Quanto alla sala, se ricapiti a Cagliari, fatti sentire, eh?
Buona serata anche a te!
Sono d'accordo, la cosa, inoltre, che affascina di Antonio Gramsci è proprio il suo essere uomo politico, militante, dirigente di partito e allo stesso tempo - senza soluzione di continuità -, intellettuale, giornalista polemista e educatore.
RispondiEliminaBasti pensare come la sua opera intellettuale, sia penetrata dentro al lessico comune, anche purtroppo stravolgendosi: la questione morale, la questione meridionale, la cultura nazional-popolare, l'egemonia, il sovversivismo delle classi dirigenti, lo studio sulla lingua e il dialetto e così via.
Le opere di Gramsci: i Quaderni da carcere, le lettere, ma anche gli scritti precedenti, La Città Futura, L'Ordine Nuovo, sono sempre fonte di grande riflessione per l'oggi e il domani; qui credo stia la grandezza di Gramsci.
Nessuno come lui, infatti, seppe analizzare, scientificamente la cultura e la società italiana.
Tutto ciò senza toccare l'aspetto teorico e politico che i vari marxisti in circolazione, pare abbiano dimenticato. Infatti, direi che non è Gramsci che manca all'Italia, quanto i gramsciani.
Rispetto i Quaderni, però, è doveroso ricordare l'opera di organizzazione e poi di divulgazione, che attraverso l'Einaudi, fecero Togliatti e l'amico personale di Gramsci, Pietro Sraffa, esule e cattedratico a Cambridge, senza i quali i famosi scritti gramsciani, forse, non avrebbero avuto così tanto successo, da essere tra i testi italiani più tradotti al mondo.
rif. Alessandro Perrone
RispondiEliminaMolto ben detto, Alessandro!
Uno degli aspetti principali del fascino di Gramsci consiste proprio nel non aver egli scisso la propria personalità in tanti compartimenti stagni.
Una lezione, questa, per tanti e tante che invece vivacchiano come persone che si spostano da una “stanza” all’altra dei propri interessi senza saper bene quale indirizzo dare alla propria vita.
Forse anche per questo molti dei concetti-chiave di Gramsci sono stati stravolti: mancando infatti la continuità di vita e pensiero da parte di chi quei concetti doveva illustrare e difendere, se ne sono impadroniti altri.
Condivido inoltre la tua sottolineatura di opere precedenti ai “Quaderni” ed alle “Lettere”, di cui soprattutto i “Quaderni” rappresentano, credo, lo sviluppo morale e naturale (benché con variazioni anche importanti) e non una radicale rottura.
Molto valida anche la sottolineatura dell’opera di divulgazione dei Quaderni”, così come tu la ricordi. Infatti l’edizione tematica dei “Quaderni” ha permesso a tanti (specialisti e non) d’accostarsi all’op. in modo più immediato.
Hanno potuto far questo anche generazioni di persone magari di scarsa cultura che però dai “Qq” hanno tratto nutrimento intellettuale e guida per l’azione; oltre che coscienza del proprio valore di esseri umani e non quello di… bestie da soma.
Hai ragione anche sull’assenza dei gramsciani in Italia; su quel punto vorrei tanto poterti dar torto ma purtroppo non posso, accidenti.
Non posso proprio!
Un abbraccio.
Bel parallelo. Forse é per questo che non nascono più "campioni" nel campo della letteratura italiana e soprattutto tra i lettori italiani dediti soprattutto a..."letture" di ben altro e più basso livello.
RispondiEliminaUn'opera fondamentale, forse tra le migliori opere italiane che siano mai state scritte, e come tutte le grandi opere "non finiscono mai" nel senso che ogni volte che ne si legge una riga, un passo una frase, si può scoprire qualcosa di nuovo. Un "classico", perché è tutt'ora ancora attuale e fondamentale per capire la società italiana non solo di allora, ma anche di oggi.
RispondiEliminaSe fosse vivo oggi, forse Gramsci scriverebbe su di un blog. Quaderni dal blog, il nostro carcere moderno?
RispondiEliminarif. daniele verzetti, il rockpoeta
RispondiEliminaD’accordissimo: spesso molti (giovani, Autori, esordienti e non solo) si rivolgono a maestri ed a letture di scarso livello.
Tra quelle invece di notevole livello, io segnalerei S. Agostino, Beccaria, Rimbaud, Hemingway, Garin, Dylan Thomas, Gobetti, Kafka, Dostoevskij…
Tornando a Gramsci, già negli anni ’80 lo storico Paolo Spriano lamentava con un certo rammarico il fatto che ormai pochi leggessero l’A. dei “Quaderni.”
Anche da questo dipende, secondo me, il certo non eccellente stato di nostra letteratura, cultura e… società.
rif. la mente persa
RispondiEliminaMolto ben detto, Gio.
Infatti, Gramsci oltre ad esser stato un intellettuale di prim’ordine ed un rivoluzionario coerente coi suoi ideali fino alla fine, era anche un attento osservatore della società.
Questa attenzione lo portò (come critico letterario e teatrale) ad “investigare” anche su Autori al grande pubblico non ancora noti.
Uno degli Autori in questione era appunto Pirandello, infatti Gramsci nelle “Lettere” ricorda come lo avesse “scoperto” quando il grande Siciliano non era ancora famoso.
Ma fece questo, Gramsci, in tutta modestia; senza (come avrebbero fatto tanti) senza darsi per niente delle arie.
rif. matteo
RispondiEliminaIl Gramsci dei “Quaderni”, e non solo di quelli!, ha saputo vedere nella società italiana del suo tempo molti e differenti aspetti, anche piuttosto complessi.
Tra questi la genesi del fascismo, che nella “Questione meridionale” egli definisce “ideologia della borghesia italiana”; non, quindi, mero coacervo di irrazionalismo e violenza ma logico e naturale contenitore di dis-valori tipici di tale classe.
Ancora, Gramsci vide il pericolo del nazionalismo (cfr. “Lettere”, “Sotto la Mole” ecc.) ed analizzò il razzismo, la stratificazione regionale delle varie delinquenze e l’attaccamento in una metropoli come Milano, che appunto i milanesi avevano per le loro tradizioni.
Nei “Quaderni” si occupò di ruolo, peso e forza degli intellettuali di fronte al potere e delle loro eventuali rese ad esso.
In “Sotto la Mole” si occupò di una scuola che si rinnovava solo in apparenza e denunciò il legame tra giornali, finanza e politica.
In scritti in seguito raccolti, con altri, ne “La questione sarda”, egli individuò la tendenza quasi secessionistica di molte borghesia del nord-est.
Insomma, tanti dei temi trattati da Gramsci hanno degli agganci anche con la nostra epoca; interessante, perciò, vederli anche in opere diverse dai “Quaderni”, benché in quelli siano sviluppati in modo più compiuto.
Un classico, quindi, come dici bene e nel senso in cui lo dici.
rif. alligatore
RispondiEliminaStimolante, questa tua idea!
In effetti, Gramsci era una persona molto curiosa ed aperta a nuove e varie forme di comunicazione.
Per es., in certi suoi scritti troviamo dei riferimenti al "music hall" ed alle "jazz bands" (qualche accenno a queste ultime anche nei "Quaderni").
Sia pure in modo critico, scrisse (prima d'essere incarcerato dal fascismo) sul teatro dialettale piemontese, sul mondo delle balere, dei "tabarin" ecc.
Perciò, chissà: forse si sarebbe almeno interessato ad una forma di comunicazione come questa!
Certo!Ti faccio sapere eventualmente!
RispondiEliminaGrazie per il tuo ultimo commento Riccardo e buona settimana.
rif. guernica
RispondiEliminaBenissimo, Guernica!
Buona settimana anche a te e quanto ai commenti, sappi che ne sto scrivendo un altro in questo momento.
Un po' strano e senz'altro, logorroico...