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giovedì 2 agosto 2018

Strage di Bologna: finalmente i mandanti?


Sulla strage della stazione di Bologna, quando dell'esplosivo causò la morte di 85 persone ed il ferimento anche molto grave di altre 200, non si sono mai scoperti i mandanti. Del resto, non lo sono stati neanche quelli di tante, troppe altre stragi.
Sia chi indaga su questi tragici fatti sia il cittadino comune, si imbatte in sigle ed entità tra loro anche molto diverse, che rimandano però ad una realtà avente una sola costante: l'aver sempre agito nell'ombra e sempre contro la democrazia. Mi riferisco a neofascisti, settori della massoneria, uomini dei servizi segreti deviati, fondatori di organizzazioni segrete, mafia e criminali comuni che però si mettevano volentieri al servizio dei soggetti citati.
Così, l'impressione che ricaviamo un po' tutti è di una pazzesca confusione. Una confusione che non ci fa capire per niente chi abbia dato certi ordini; perché lo abbia fatto; da chi sia stato coperto prima, durante e dopo la strage.
Allora molti pensano di esser sprofondati all'interno di un tragico mistero, che per la sua oscurità ed assurdità, non potrà mai esser svelato.
Tuttavia, il perché qualcuno debba ordinare certi massacri, dovrebbe essere chiaro. L'obiettivo? Creare nel Paese un clima di terrore tale, per uscire dal quale le persone accettino o addirittura chiedano a gran voce qualsiasi misura... anche la più antidemocratica. A quel punto, respinte le masse dalla vita democratica, il lugubre intreccio di certi interessi & personaggi avrebbe in pugno tutto.
Ma finalmente: “L'avvocato generale Alberto Candi e il sostituto procuratore generale Nicola Proto”, hanno iscritto: “I primi nomi nelle scorse settimane, dopo aver sentito diversi testimoni e aver svolto rogatorie in Svizzera sui conti correnti riconducibili al venerabile maestro della loggia P2 Licio Gelli.”1
Ricordiamo che la loggia massonica P2 diretta da Gelli è stata considerata di natura eversiva, e pare che egli abbia avuto un ruolo nel colpo di Stato tentato tra il 7 e l'8 dicembre del 1970 dal capo della formazione repubblichina X MAS, Junio Valerio Borghese. Egli avrebbe ricevuto il contrordine appunto da Gelli: il che dà però un'idea del suo potere...2
Del resto, Gelli non fu mai estraneo al fascismo: infatti, a Pistoia, fu “l'ultimo federale del Pnf” (Partito nazionale fascista).3
Inoltre, non risulta che abbia mai preso la distanze dal regime mussoliniano né dal fascismo in generale; fu anzi in ottimi rapporti coi generali golpisti argentini. E dalle autorità argentine, ricevette “anche un passaporto diplomatico.4
Ancora: Gelli fu accusato di aver rivestito un ruolo attivo anche nel sequestro Moro, e comunque: “I principali posti di responsabilità all'interno dei servizi segreti erano occupati da uomini iscritti alla P2,come il comandante della Guardia di Finanza Raffaele Giudice.”5
Il quadro fin qui delineato potrebbe arricchirsi di molti altri, inquietanti, particolari, che vanno indietro nel tempo e che superano la figura di Gelli... benché egli non sia mai uscito da tale quadro. Appunto esso prevedeva la sopravvivenza di bande fasciste anche dopo la Liberazione; la raccolta di ingenti somme di danaro per la prosecuzione della lotta; “nuclei di sabotatori...”; movimenti di merci tra l'Italia e la Svizzera e coltivazione di conti bancari appunto in territorio elvetico; infiltrazione negli stessi partiti antifascisti di elementi che propugnassero le: “Tesi più paradossalmente radicali (…). Così, seminando sciagure su sciagure, suscitare il rimpianto del fascismo e, al momento opportuno... riacciuffare il potere.”6
Certo, il discorso è complesso, quasi folle... ma vicino a quel che leggiamo a proposito della follia di Amleto: in essa vi è “del metodo.”7 Ora però vorrei chiudere il cerchio.
Bene: “Sotto la lente dei magistrati è finito il cosiddetto 'documento Bologna',” un documento che “riporta il nome della città seguito dal numero di conto corrente di una banca svizzera e una serie di cifre affiancate da alcune diciture. Gli inquirenti a febbraio sono andati a Ginevra e hanno chiesto alle banche elvetiche tutte le informazioni su quel conto.”8
In attesa delle dovute risposte sono state però: “Sentite molte persone in veste di testimoni e qualcuno, che all'epoca era vicino a Gelli, ha raccontato di versamenti dai conti riconducibili all'ex capo della loggia massonica ad ambienti dei terroristi di estrema destra.”9
Entità dei versamenti in questione. Si parla di: “Milioni di dollari usciti dalla Svizzera tra luglio 1980 e febbraio 1981, e il documento ha l'intestazione 'Bologna 525779 xs', numero e sigle che corrispondono a un conto svizzero di Gelli.10
Inoltre: “Altre note, scritte a mano dal capo della P2, riguardano pacchi di contanti da portare in Italia: solo nel mese che precede la strage almeno quattro milioni di dollari.”11
Insomma, forse dopo 38 anni. stiamo arrivando ai mandanti. Certo, Gelli è morto, ma secondo me è comunque importante scoprirne almeno uno; probabilmente, il principale.
Però credo che non si debba considerare responsabile della carneficina del 2 agosto 1980 il solo Gelli, bensì tutto un insieme di forze che si sono opposte da sempre al benessere ed all'ascesa del nostro popolo. Una volta, come ai tempi di Bava-Beccaris o e di Mussolini, quelle forze agivano alla luce del sole; in tempi più recenti, hanno dovuto nascondersi e colpire nell'ombra. Ma non per questo si sono dimostrate meno feroci.
Dobbiamo però alla “tenuta” delle istituzioni democratiche ed alla maturità dimostrata dai lavoratori, se non abbiamo conosciuto soluzioni cilene o un revival del tragico ventennio.







Note

1 Il resto del Carlino, 23 luglio 2018, articolo di Gilberto Dondi, disponibile anche in rete col titolo Strage di Bologna, primi indagati nell'inchiesta sui mandanti.
2 Chi era Licio Gelli e che cos'era la P2, a cura di Ermes Antonucci, La Stampa, 16/12/2015.
3 Vincenzo Vasile, Turiddu Giuliano, il bandito che sapeva troppo, Roma 2005, p.90.
4 Chi era Licio Gelli, art. cit. Ancora nel 2008, durante la trasmissione su Odeontv Venerabile Italia, Gelli dichiarò fiero: “Io ho combattuto per il fascismo, sono fascista e morirò fascista.”
5 Chi era Licio Gelli, art. cit.
6 Per tutto questo cfr. V. Vasile, Turiddu Giuliano, il bandito che sapeva troppo, op. cit., pp.90-94 ed anche pp.95-99.
7 William Shakespeare, Amleto, Fabbri Editori, Milano 1985, atto secondo, scena seconda, p.161.
8 G. Dondi, Strage di Bologna, art. cit.
9 G. Dondi, Strage di Bologna, art. cit.
10 Strage di Bologna, così servizi segreti deviati e P2 aiutarono i terroristi, L' Espresso on-line, 28 luglio 2018.
11 Strage di Bologna, così servizi segreti deviati e P2 aiutarono i terroristi, art. cit.

martedì 31 luglio 2018

Un discreto 31 luglio


Luglio è quasi finito, ma ovviamente, questa non è colpa mia.
Sono qui, nel mio regno (la cucina) con un programmino niente male: scrivere qualcosa per alimentare il mio blog denutrito con in sottofondo Tracy Chapman, B.B. King, Corelli, Vivaldi e Telemann.
Purtroppo, Tracy mi ricorda il periodo del militare, in cui conobbi il grande sergente Pilia (non lo dico ironicamente) ed alcuni cari amici, però si concluse con la morte di mio padre.
Vabbe', lasciamo perdere.
Con Fast car la Chapman scrisse una canzone che prima o poi commenterò su questi telematici schermi.
Sorseggio il caffè. Sono in piedi dalle 7.45.Chi me lo fa fare? Perché non dormo, dato che sono in vacanza?
Semplice: ho bisogno di impiastrare i fogli. E la bile va espulsa sotto forma di aggettivi, punti esclamativi, interrogativi, dialoghi, riflessioni... Sotto forma di scrittura, insomma.
Ma ecco che riappare I.I., il mio interlocutore immaginario. Spero che non abbia la luna storta... né altre parti del firmamento.
Ciao, Riccardo. Che cosa fai, come al solito perdi tempo scrivendo le tue scemenze?”
Aveva la luna storta. E magari anche qualche asteroide.
Ciao, Interlocutore. Beh, non posso certo scrivere le scemenze di un altro.”
Dovresti cercarti un editore in grazia di Dio e piantarla di rompere le scatole a tutti quanti.”
Non sopporto più editori che non rispondono mai.”
Andai al lavandino e lavai un bicchiere, la tazzina del caffè, il cucchiaino ed il piano cottura. Sono sempre stato uno dei tipi + disordinati di tutti i tempi, ma quando scrivo, odio essere circondato dal disordine.
Ecco, bravo... lava, lava... Vuoi un suggerimento? Cercati un lavoro come lavapiatti.”
Già fatto. Non mi hanno neanche risposto. Comunque, a settembre spero di riprendere ad insegnare: andrei (come sempre) ovunque. Se ricordi, ero disposto a trasferirmi perfino a S. Antioco, che si trova a 90 km da Cagliari.”
Sì, in effetti non ti ho mai considerato un poltrone. Però non ti sai... accidenti, non ti sai vendere! Se sul mercato uno non sa fare una cosa come quella, è finito. Finito, bello mio. Kaputt.”
Io sono sempre stato finito: però anche in questo, I.I., consiste la mia gloria o almeno, la mia fama.”
Gloria, fama? Ma se non ti conoscono neanche i tuoi parenti! Ieri sera ti ha incontrato zio Gino e ha pensato che fossi il suo idraulico.”
Risi, ma con notevole agilità finsi di aumentare il volume della radio. In realtà scivolai alle spalle di I.I. e ringhiai: “Non muoverti o ti pianto un aggettivo nella schiena.”
Ma Ric...”
Zitto! Un'altra parola e ti taglio la gola con un superlativo. Ora sparisci. In questa casa nessuno può venire a disturbare il sottoscritto, soprattutto quando scrive ed ascolta della musica!”
Sparì.

venerdì 29 giugno 2018

Da questa terra di roccia e di vento


Spingo avanti il mio niente
ma, sai, sto benissimo...
anche perché potrebbe andare peggio che malissimo.
Da questa terra di roccia e di vento
un giorno, bello o brutto, mi sono alzato
ed ho iniziato a correre...
qualche volta perfino a camminare.

Perché da questa terra di roccia e di vento
dove la gente muore d'amore, di vendetta o di zero lavoro,
ho imparato a nascondere le lacrime
e purtroppo, perfino la gioia.

Apro il mio cuore ed il blues si accomoda,
chiudo i miei occhi ed i vecchi sogni ritornano...
sogni di giustizia e di verità
che però, sia chiaro,
nessuno potrà realizzare solo con baci e sorrisi.

Perché questa terra di roccia e di vento ci ha insegnato
che nessuno, davvero nessuno regala niente
ed a chi ha troppo,
quel troppo bisogna strappare...
anche col ferro e col fuoco, se necessario.

Ridicolo becchino di me stesso,
trascino ogni giorno un carretto pieno di ossa e di incubi,
ma tutto questo non mi rende amaro o cattivo...
solo consapevole di quel che mi ha reso uomo
e di quel che ancora dovrò fare per rimanerlo...
o per diventare un uomo migliore di quello che sono...
su questa terra, su questa terra di roccia
su questa terra di roccia e di vento.

lunedì 21 maggio 2018

Pioggia, ruote, pozzanghere ecc. ecc.


Alle 07.15 di oggi 21 maggio, a Cagliari piove. Ed anche molto. In questo periodo e per la mia città, questo fatto è piuttosto inconsueto. Da noi è abbastanza raro che piova in dicembre, figuriamoci a fine maggio e con questa abbondanza.
Però niente da eccepire sulla pioggia: talvolta, d'estate, per le scarse o talvolta inesistenti piogge, rischiamo il razionamento dell'acqua. Quindi, anche io come tanti miei concittadini, canto Singing in the rain.
Purtroppo, the rain trasforma molta gente in altrettanti piloti di Formula 1. Persone che magari di solito non superano i 60 km/h, quando piove diventano delle saette su ruote.
Il che non è per niente piacevole per chi (come il sottoscritto) viaggia solo in pulman e/o in corriera, e di mattina presto si trova alla fermata dell'uno o dell'altra... e si trova letteralmente innaffiato dall'acqua delle pozzanghere che gentili piloti e pilotesse, gentilmente gli schizzano addosso. Che cosa significa, questo? Che cos'è... la pluvialità come stimolo alla velocità automobilistica?
Buoni concittadini, stimate concittadine che vi inoltrate nella giornata con indomito spirito lavorativo, commerciale, esplorativo ecc. ecc., una preghiera: non inzuppate più questo ormai stagionato precario della scuola. Mentre sfrecciate col vostro consueto eroismo, siate indulgenti con chi nei suoi romanzi & racconti, vi celebra con affetto.. sia pure, talvolta, anche con qualche stilettata satirica.
Del resto, anche il sottoscritto satirizza sé stesso. Molto. Parecchio. A volte, perfino volentieri.
Comunque, tutto bene. Amo la pioggia. Adoro sentire Lady Rain tintinnare sui tetti e rimbalzare sui vetri delle finestre. Apprezzo ancor di più la pioggia, che come si chiedevano i Creedence, chi potrà fermare (Who'll stop the rain?), quando corre sulla Terra scortata da una certa foschia... e da un'improvvisa nebbia. Sarà il mio gusto per il misterioso, il gothicus o addirittura per lo spaventoso. Chissà.
Comunque, ora sono le 11.25 e sto tornando a casa; tra corriera e pulman vari, non arriverò prima delle 12.30.
Sto attraversando Capoterra, una cittadina a 13 km da Cagliari. Le campagne appunto di tale cittadina sono molto rilassanti, se accarezzate dalla pioggia. Cabuderra (in sardo) è stata dotata dal Gran Capo che sta nei Cieli di alcune montagne, che in inverno sono avvolte da nebbie e nuvole che spesso, nascondono le cime appunto delle mountains.
In questo momento la strada sta pensando bene di condurmi da Capoterra verso la spiaggia che si trova in località “Giorgino” e già che c'è, il simpatico nastro d'asfalto attraversa anche parte della laguna di Santa Gilla.
A poca distanza vedo il porto-canale, che purtroppo chiuderà (ma spero proprio di no!) tra non molto...
Alla mia sinistra ecco Sa illedda (L'isoletta, sempre in sardo) ed il ponte che conduce a Cagliari. Mi preparo per scendere: tra poco raggiungeremo la stazione delle corriere.
A presto!

mercoledì 25 aprile 2018

Alcune riflessioni sul fascismo


Il fascismo sorse in Italia il 21 marzo del 1919. Finì dopo la Liberazione avvenuta il 25 aprile e dopo l'esecuzione (28 aprile) da parte dei partigiani del suo fondatore, Benito Mussolini.
Egli aveva preso il potere il 31 ottobre del 1922, in seguito alla marcia su Roma di tre giorni prima; tuttavia, tale marcia non fu certo contrastata dalla monarchia, dall'esercito, dall'alta borghesia e dal governo del tempo, allora guidato da Facta.1 Essa fu quindi più che una dura ed avversata azione militare (benché i fascisti fossero piuttosto agguerriti), un giocare per così dire sul velluto. Ma evidentemente, questo non toglie nulla al suo carattere profondamente intimidatorio ed antidemocratico.2
Comunque, un discorso sul fascismo non può prescindere dalla figura del suo capo. A rigore, si potrebbe parlare di “mussolinismo.” Probabilmente egli incarnò molte delle tare tipiche dei membri di certe classi del nostro Paese.
Come scrisse, infatti, Gramsci, già da quando l'allora socialista Mussolini avrebbe potuto guidare i lavoratori durante la “settimana rossa” del 1914: “Egli era allora, come oggi, il tipo concentrato del piccolo borghese italiano, rabbioso, feroce impasto di tutti i detriti lasciati sul suolo nazionale dai vari secoli di dominazione dagli stranieri e dai preti: non poteva essere il capo del proletariato; divenne il dittatore della borghesia.”3
Gramsci sottolinea inoltre quel: “Roteare degli occhi nelle orbite che nel passato dovevano, con la loro ferocia meccanica, far venire i vermi alla borghesia e oggi al proletariato.”4
Si trattava di un insieme di atteggiamenti volti ad impressionare, più che a convincere; a dirigere l'attenzione verso la figura di un mitico combattente, non ad orientare il pensiero verso i problemi reali. Egli si fece chiamare “duce”, dal latino dux che significa comandante, generale; l'uomo vedeva sé stesso come una sorta di invincibile condottiero romano. Forse un nuovo Giulio Cesare, chissà.
Ma Mussolini non guidò personalmente la marcia su Roma: raggiunse la capitale senza correre alcun rischio viaggiando in vagone-letto.5
Forse durante la settimana rossa egli dimostrò del coraggio. Si trattava però di qualcosa di puramente fisico, dote questa che lo calava nel ruolo dell'uomo duro, pronto a guidare scontri e rivolte. Non vi era però in lui la capacità morale ed intellettuale del vero capo, cioè l'attitudine al ragionamento, la disponibilità all'ascolto, la capacità di accogliere in una sintesi anche posizioni magari contrarie alle sue.6
Del resto, diede prova del suo preteso coraggio quando travestito da soldato tedesco, cercò di fuggire dall'Italia.7 Ancora: la prova dell'amore provato da lui e dal suo regime per il Paese, è dimostrata dalla creazione della repubblica di Salò... quella che fu: “In realtà uno Stato fantoccio,  un regime collaborazionista dei tedeschi.”8
Le crudeltà commesse anche da italiani, sia pure fascisti, nei confronti dei loro connazionali nonché l'interiorizzazione di stili di comportamento nazisti (sul piano simbolico come su quello pratico), risultano già dal fatto che il regime repubblichino si prestò alla creazione di SS italiane.9 Tutto questo condusse ad un'ondata di massacri, devastazioni, saccheggi, furti, stupri, torture: il che fu sempre sostenuto ed anche compiuto dai repubblichini. Del restò, come provò il gen. Karl Wolff, comandante delle SS tedesche in Italia, il Mussolini di Salò era totalmente controllato da lui e da funzionari nazisti.10
Esiste comunque un filo che lega dall'inizio alla fine il fascismo a sé stesso ed al nazismo: la sua natura, che era profondamente violenta. Ancor prima della marcia su Roma, bande fasciste si erano abbandonate a centinaia di atti di violenza contro avversari politici, avevano incendiato sedi di giornali e di cooperative, umiliato e seviziato uomini e donne ecc. ecc.11 
Subito dopo la conquista del potere, Mussolini dichiarò che avrebbe potuto fare del parlamento, da lui definito “aula grigia e sorda”, un “bivacco “ per i suoi “manipoli.”
Ed infatti, dal '22 fino alla fine della guerra, parlamento e libertà democratiche non esisteranno più; dal 1935 al 1939 sulla sola Etiopia, le truppe fasciste lanciarono anche sui civili, “non meno di 500 tonnellate di aggressivi chimici”12; tutto questo, benché i vertici del fascismo fossero pienamente consapevoli d'aver sottoscritto la Convenzione con la quale si erano impegnati“a non fare uso dei gas.”13
Ancora: “Spesso i carnefici italiani si fanno fotografare in posa dinanzi alle forche o reggendo per i capelli le teste mozzate dei patrioti etiopici.”14 Fucilazione di civili, stupri, torture, avvelenamento dei pozzi ecc. ec. Furono in quel periodo la regola.
Dal 1936 al 1939 l'Italia fascista appoggiò militarmente, insieme alla Germania nazista, la ribellione del generale spagnolo Franco contro un governo democraticamente eletto; nel 1938 varò le leggi razziali contro gli ebrei; nell'aprile del 1939 occupò l'Albania; nel maggio sempre del '39 firmò il Patto d'Acciaio: l'alleanza col nazismo.
Nel 1940 entrò in guerra a fianco di Hitler e del Giappone... guerra che si concluse con la distruzione di tantissime nostre città, con la morte ed il ferimento di centinaia di migliaia di persone, la distruzione di infrastrutture, impianti industriali,, opere artistiche ecc. ecc.
Questo è stato il fascismo. Ed è bene che nessuno di noi lo dimentichi. Mai.

 


Note

1 Al riguardo, si è giustamente parlato di “fiancheggiatori” che comprendevano buona parte di quella che allora rappresentava la classe dirigente. Cfr. Marco Palla, Mussolini e il fascismo, Giunti, Firenze, 1996, p.25.
2 M. Palla, Mussolini e il fascismo, op. cit., pp.28-29.
3 Antonio Gramsci, “Capo”, in Antonio Gramsci, Le opere. Antologia, a cura di Antonio A. Santucci, Editori Riuniti/L'Unità, Roma, 2007, p.144.
4 A. Gramsci, “Capo”, op. cit., p.144.
5 Cfr. Roberto Battaglia Giuseppe Garritano, Breve storia della Resistenza italiana, Editori Riuniti, Roma, p.7; M. Palla, op. cit., p.29.
6 A. Gramsci, op. cit., pp.143-144.
7 M. Palla, op. cit., 141.
8 M. Palla, op. cit., p.136; Tale “Stato” nacque dopo l'8 settembre 1943. Per il regime di Salò cfr. M. Palla, op, cit., pp.136-139; R. Battaglia G. Garritano, op. cit., pp.117-123; Lutz Klinkhammer, Stragi naziste in Italia. 1943-44, Donzelli, Roma, 2006, pp.146-148. Per sottomissione di Mussolini al nazismo, nonché per massacri, torture ed atrocità di varia natura, cfr. Primo de Lazzari, Le SS italiane, Teti Editore, Milano, pp.45-80.
9 Cfr. P. de Lazzari, Le SS italiane, op. cit., pp.81-116.
10 P. de Lazzari, op. cit., pp.71-72.
11 Per tutto questo cfr. M. Palla, op. cit., pp.19-22; R. Battaglia G. Garritano, op. cit., pp.5-7; Federico Chabod, L'Italia contemporanea (1918-1948), Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 1961, pp. 60-61.
12 Angelo Del Boca, I gas di Mussolini, Editori Riuniti, Roma, 1996, p.20.
13 A. Del Boca, I gas di Mussolini, op. cit., p.38.
14 Ibid., p.47.

venerdì 30 marzo 2018

Buona Pasqua a chi lo merita


Oggi il cielo è pieno di nuvole. Diciamo pure che è un totale lenzuolo di nuvole, il che mi fa venire un sonno pazzesco.
Però ecco che liquido the clouds (le nuvole) e cerco di mettere un po' d'ordine in casa.
Soprattutto nel salotto, che è pieno come sempre di libri, giornali, appunti per scuola, cd, carta di caramelle, penne che non scrivono più e cassette. Musicassette, come si diceva una volta; mica cassette di frutta o di verdura, chiaro?!
Bene: dopo un'oretta di lavoro, il tavolo del salotto non sembra più una discarica comunale, ma appunto un tavolo. E va bene, me lo dico da solo: quando voglio sono anche bravo a mettere ordine.
In questo momento sto ascoltando un disco de The Klezmatics, Jews with horns: si tratta di musica appunto klezmer, cioè un particolare miscuglio di melodie ebraiche, slave e jazz molto originali e divertenti.
Molto bello Freyt aykh, Yidlekh, che significa Siate felici, ebrei. Un brano se vogliamo anche ballabile, sorretto e portato sempre più su (se l'udito non mi inganna) da trombe, clarinetti ed altri strumenti a fiato, nonché da una batteria allegra e saltellante.
Altro molto brano bello è Heyser Tartar-tants, Danza Tartara. Qui oriente, jazz e burlesque si fondono in qualcosa di talmente divertente, che a me ricorda certe comiche di Chaplin.
Potrei parlarvi anche di altri brani, come per esempio In kampf, un canto di lotta dei lavoratori ebrei, scritto in America nel 1889. Ma sarà per una prossima volta.
Ora sto pensando al fatto che il mio ennesimo contratto scadrà il 30 giugno; se non altro, un mese di lavoro in più rispetto al passato. Poi però, sarò daccapo con la ricerca di un altro contratto. Vede, mr. Lou Reed, ci sono molti modi per camminare sulla wilde side, il lato selvaggio. Purtroppo, la disoccupazione è uno di quelli.
Comunque stasera sto bene... tra poco andrò a comprare il vino binu wine vin vinus oinos wein etc. etc.
Presto sarà Pasqua, ma non sarà una Pasqua di resurrezione per gli operai di Livorno; spero però che esista un Paradiso dei lavoratori in cui possano riposare davvero. Possibilmente, senza passare per l'Inferno che hanno dovuto vivere quaggiù. Le righe che ho scritto oggi, per quello che valgono, sono per loro.

mercoledì 28 febbraio 2018

“American idiot”, dei Green Day


Si tratta di un rock senza fronzoli, tutto centrato su basso-chitarra-batteria, e con al centro una voce aggressiva il giusto. Un rock di quelli che ormai, in giro si sentono sempre meno.
A me questo brano ricorda parecchio la musica dei Clash, ma come uno che si riallaccia ad una tradizione, non come una volgare scopiazzatura. Un po' come certe canzoni di Ryan Adams possono ricordare qualcosa di Neil Young, o Ruminations di Conor Oberst, il Dylan di Blonde on blonde o quello di Desire.
Ripeto: il pezzo si basa tutto su una ritmica basso-chitarra molto serrata, sostenuta da una batteria essenziale... un drumming che fa pensare ad un durissimo metronomo. Nel brano, si inseriscono poi degli improvvisi stop di tempo e dei violenti strappi di chitarra: insomma, la chitarra si blocca di scatto e nello stesso modo, riparte. L'effetto complessivo è spiazzante ed insieme esaltante.
Il testo non è meno diretto della musica. American idiot significa “idiota americano.” Billie Joe Armstrong, cantante e chitarrista del gruppo, canta spesso: “Non voglio essere un idiota americano.” Egli aggiunge che non vuole una nazione succube dei nuovi media, quindi chiede ad ognuno: “Senti il suono dell'isteria?”
Il pezzo condanna i “sogni televisivi del futuro” e denuncia un “nuovo tipo di tensione” che manipola le menti e condiziona le azioni delle persone... . spesso in modo davvero invasivo
Così, per rifiutare un incubo in cui non vorrebbe vivere nessuno, Billie ripete fiero: “Non voglio essere un idiota americano” e vede una nazione: "Controllata dai media/ la nazione dell'informazione e dell'isterismo/ che dilaga nell'America idiota.”
In effetti, la mania di trovarsi a tutti i costi sui cosiddetti social e di filmare, registrare e fotografare qualsiasi cosa... anche fatti ed ambienti ben poco interessanti (spesso solo quelli), ebbene, tutto questo ci impedisce di conoscere davvero la realtà. Soprattutto, ci impedisce di vederla in modo critico e personale.
Ma come cantano i Green Day, anche per smentire un ottimismo spesso illusorio: “Non tutto deve andare bene per forza.”
Purtroppo, spesso finiamo un po' tutti per uniformarci a questo discutibile miscuglio di ottimismo a buon mercato e di tecnologia, che talvolta utilizziamo con poco buon senso. Allora anche un bel rock vecchio stile può contribuire a svegliarci un po'.
Inoltre, secondo me è molto utile il confronto tra American idiot e Working class hero di John Lennon, che non a caso è stata ripresa qualche anno fa dai Green Day in versione rockeggiante. Il pezzo di Lennon, infatti, denunciava una tendenza a rimbambire la gente con un uso distorto di sesso, alcol e tv.
Sempre Lennon, stavolta in Remember, attaccava la mania di sognare una società di “divi del cinema.”
In breve: secondo me, nel loro pezzo i Green Day hanno saputo fondere protesta sociale e rock; quello che sa e vuole usare chitarra, basso e batteria come altrettante “armi” e che ci fa ballare coi piedi, ma senza calpestare il nostro cervello. E magari, neanche quello degli altri.

mercoledì 31 gennaio 2018

L'ultimo giorno del primo mese

Oggi,
è l'ultimo giorno del primo mese
dell'anno,
gusto la luce che sopravvive orgogliosa
e quasi gioiosa,
purtroppo ancora molto lontana dalla primavera.




Raccolgo i miei pensieri
ma
archivio il mio dolore o almeno:
ne archivio una buona parte.
Ho deciso, pensato e solennemente stabilito
che
al dolore ed al suo ottuso fascino
è meglio suonarle.

Ho incontrato mr. T.S. Eliot una sera,
mentre vagabondavo nello scintillante ghetto della mia anima...
riflettevo
senza particolari angoli di riflessione
sul lavoro...
che per fortuna ho
e su ordinarie questioni
che di solito,
insolitamente mi tormentano.

Il dolore ritorna
ma stavolta gliele suono davvero:
grandi, sarde testate sulla sua sfrontata fronte
finché mr. Chuck Berry
non immerge la chitarra in acque splendide e fangose
per poi brandirla come Excalibur...
ed io, pur dal crossroad/crocicchio in cui ho sempre
o almeno spesso, spesso, spesso vissuto,
faccio marameo a zio Satana.

Stasera,
ultima sera del primo mese dell'anno,
sono contento
        e la felicità
potrebbe
non esser più
                    un fantasma.

sabato 30 dicembre 2017

Bella presenza


21 dicembre 2017: sul Corriere della sera, nella rubrica Il caffè di Massimo Gramellini, leggo il pezzo Di bella presenza. Come già in altre occasioni, egli ha saputo rivestire il suo articolo del consueto garbo.
Tuttavia, l'argomento da lui trattato è di quelli che fanno saltare su dalla sedia. E non per colpa sua. Veniamo al punto.
Sul portale istituzionale di Garanzie Giovani è comparso questo annuncio: “Cercasi impiegata di bella presenza per tirocinio, durata 6 mesi più proroghe, part time 20 ore settimanali, retribuzione 400 euro mensili.”
Ora, il contrattato ha una durata ridicolmente breve, appena 6 mesi: con quelli puoi pagarci l'affitto? E come ti procuri da mangiare, come paghi eventuali spese mediche, come fai coi vestiti, con la luce, l'acqua, il gas ecc. ecc.?
Si dirà: magari in contemporanea ti trovi un altro lavoro; per esempio in nero.
E comunque, se lavori dalle 9 alle 13 e poi becchi un altro lavoro dalle 15 alle 19, c'è il problema della distanza... metti che si tratti "solo" di 50 km. Puoi raggiungere il nuovo posto in 45 minuti, ammesso che non becchi traffico; così, si sono fatte almeno le 13.45.
Ah, certo, c'è la seccatura del pranzo, seccatura che puoi toglierti prima di partire o dopo, appena arrivato. Ma se non ce la fai col tempo, puoi sempre non mangiare, giusto?
Ancora: magari, sul 1° posto di lavoro potrebbero trattenerti ben oltre le 13; così come fai ad arrivare in orario dall'altra parte del Paradiso lavorativo? Capace che quando ci arrivi (per es. alle 15.30) scatti il licenziamento.
"Soldi": 400 euro mensili. Come dice bene Gramellini, fanno 5 euro l'ora. Non bastano neanche per la benzina. Però puoi andare a piedi e coi soldi risparmiati comprarti un panino ed una bibita.
Nell'annuncio si parla anche di 6 mesi più proroghe. Bello!
Ma in base a che cosa dovrebbero scattare, 'ste proroghe? In un sito (come scrive Gramellini) “di un progetto di governo e regioni finanziato dalla Reverendissima Unione Europea”, ci si aspetterebbe maggior chiarezza. E comunque, ha senso prorogare un regime salariale come quello?
Ma quel che fa davvero imbufalire, è il fatto che si cerchi un'impiegata di bella presenza! Siamo ancora a questa idiozia? Conta non la donna intelligente, preparata, coscienziosa, ma la classica bella ragazza?
Sia chiaro: non ho niente contro le belle. Ma per me, soprattutto sul lavoro, la bellezza conta zero. Possibile che in pieno XXI secolo il lato estetico sia considerato più importante di tutti gli altri?
Spero proprio che questo Natale e l'anno nuovo spazzino via certi contratti, quelli cioè che si è costretti a firmare per pura e semplice fame. Allora e solo allora, alcuni avrebbero il diritto di augurare Buon Natale e felice anno nuovo, senza che questo sembri una crudele presa in giro.

giovedì 30 novembre 2017

Perché scrittori e scrittrici... scrivono?


Scrivono perché: è quello che sanno fare meglio; non sanno farne a meno ed anche perché a loro piace.
Vediamo di spiegare queste risposte, per ovvie che possano sembrare.
Scrivono perché è quello che sanno fare meglio. Sì. Loro padroneggiano la lingua in un modo che ad altri (persone magari ben più colte di loro) non è dato.
A volte quell'abilità è una condanna o addirittura una maledizione, nel senso che secondo me, a scrittori & scrittrici si applica quello che il filosofo Cioran diceva dei poeti quando li definiva: “Vittime e carnefici dell'aggettivo.” C'è insomma in chi scrive, una volontà quasi maniacale di piegare il linguaggio ad usi ed a significati che si solito, non ha. O che ha perso.
C'è la volontà di inventare nuovi mondi e nuovi legami di spazio e di tempo. C'è la necessità di esplorare i motivi più oscuri e profondi del comportamento di ognuno, e di non farsi intrappolare da un'ottusa, avvilente routine.
Se scrivere è questo, allora porta con sé anche quanto detto prima: perché se è quello che sai fare meglio, deve anche piacerti... perché ti piace vedere che stai creando cose che non sa fare nessun altro.
Vanità? Probabile. Comunque la scrittura ti fa ignorare il banale ticchettio del tempo e scrivere su un marciapiede anche quando piove e tira un ventaccio che ti gela le ossa. Inoltre, ti mette di fronte a te stesso ed al tuo cumulo di peccati, follie e reati senza possibilità di mentire... come potresti fare con un giudice, uno psicoanalista o un prete.
Alla fine, non puoi proprio farne a meno: come ho detto migliaia di volte, la scrittura è il miglior sballo del mondo... di questo e per quanto ne so, di qualsiasi altro. Se inquadriamo la faccenda sotto questa luce, capiamo perché la scrittrice della Germania Est Christa Wolf dicesse che un giorno senza scrivere una pagina, le sembrava “sprecato.”
Certo, poi possono ingannare certi contenuti: in Bukowski, Philip Roth ed Erica Jong molti vedono solo il sesso; in Hemingway, il macho; in Dostoevskij, potrebbero vedere una giustificazione della violenza (pensiamo a Delitto e castigo o a I demoni). Più recentemente, potremmo applicare questo discorso anche al Mario Puzo de Il padrino ed al Burgess di Arancia meccanica.
Del resto, il compito di chi scrive è porci dei dubbi, non fornirci dei pannicelli caldi. Ma poi, siamo tanto sicuri di averne bisogno? Leggiamo Catullo e partecipiamo al suo dolore per la donna che odia e che ama; leggiamo il Furioso dell'Ariosto e ci fa piacere scoprire che sulla luna c'è tutto tranne la follia, che è rimasta tutta sulla Terra!
Si dirà: vabbe', ma quelli erano poeti. Vero. Ma quando scrivi, l'impulso e la passione per la scrittura vanno oltre la forma o la tecnica espressiva... romanzo, racconto, poesia, pièce teatrale, canzone... che importa?
Ma per oggi basta così. Tornerò sull'argomento a giorni.



martedì 31 ottobre 2017

Majakovskij, il progresso e magari anche io


Vladimir Majakovskij (1893-1930), poeta dal verso imprevedibile, uomo dall'umore ora cupo ora follemente gioioso, rivoluzionario pieno di passione e di grande senso dell'umorismo. Ho riletto alcune sue poesie, trovandole ancora molto belle, attuali e stimolanti. Prendiamo per esempio Il ponte di Brooklyn.
Benchè Majakovskij sia sempre stato un comunista convinto, visitò ed osservò con grande curiosità e simpatia gli USA ed il Messico.
Del resto, certe sue immagini sono anche caustiche, taglienti, molto polemiche: come quando rivolgendosi agli statunitensi dice:
Voi siete
i dis-united States of
America.
C'è molta polemica anche quando aggiunge:
Di qui
        i disoccupati
si buttavano
                  a capofitto
nello Hudson.”
Eppure, Volodia (diminutivo russo per Valdimir), si descrive:
Ubriaco di gloria,
affamato di vita”,
uomo che penetra:
superbo,
sul ponte di Brooklyn.”
La fantasia di Majakovskij continua a correre libera e selvaggia per tutta la poesia, forgiando metafore, iperboli e paralleli come solo un grande poeta potrebbe.
Ma ora voglio parlarvi di un altro aspetto. So che da tempo va di moda attaccare il progresso e le sue conquiste, ma pensiamoci bene: che cosa sarebbe il mondo senza di esso? Un mondo senza elettricità, treni, aerei, auto, pc, rock... acqua corrente in casa!
Certo, adoro la campagna. Secondo mia moglie potrei vivere in cima ad una montagna con solo una penna, qualche foglio e la mia armonica. Ma dopo un po', avrei di nuovo bisogno del caos cittadino. Ok, so che la tecnologia esiste anche in campagna, però avete capito.
Tutto sta, come sempre, nell'uso che facciamo di una cosa: progresso incluso.
Comunque, spesso certi strali nascondono una mentalità che vorrebbe far tornare l'umanità ad una situazione quasi schiavistica. Niente scuola, andate a lavorare. E lavorate come e quanto decidiamo noi. E vi pagheremo come decideremo noi. Non vi va bene? Abbiamo tanti manganelli, mitra e laser!
E niente medicine, quelle sono per noi, che dobbiamo curarci per farvi ammalare meglio. E zero treni e zero aerei; servono per il trasporto truppe.”
E le leggi?”
Niente leggi. Basta una stretta di mano.”
Mi scusi, eccellenza, ma io la mano non ce l'ho più; mi è stata strappata via insieme al braccio da una bomba.”
E allora? Vuol dire che eri un peccatore o un sovversivo! Prega per i tuoi peccati e per i tuoi reati: ora che ti abbiamo dato l'ergastolo, hai tanto di quel tempo...”
Insomma, non facciamo fregare: le critiche non al cattivo uso del progresso, ma al progresso sempre e comunque, nascondono branchi interi di aspiranti schiavisti!
Allora ben venga Majakovskij, che cantava i bulloni del ponte di Brooklyn, la musica delle rotaie e sognava partite di calcio da giocarsi fra astronavi nello spazio!
Ben venga questa fede forse ingenua nel progresso tecnologico, che però per lui doveva essere anche umano e sociale.
Quanto a certi critici, che magari sognano per tutti noi antri e caverne, che salgano pure su qualche carretto e spariscano. Di loro non abbiamo proprio bisogno.



sabato 30 settembre 2017

Sogni, incubi, progetti: insomma, un sacco di scemenze


Prendo la penna e parlo di me, prendo l'armonica
e faccio finta di suonare
(non bene che cosa o perché)...
prendo la rabbia, ma penso che tante, troppe volte
sia troppo collegata al cervello
e prendo il cervello, ma temo che spesso
sia troppo collegato alla rabbia.

Litigo coi secoli che sembrano trascorsi invano,
e litigo coi mie versi.
Bisticcio coi sogni che diventano incubi
e coi progetti che non so come né perché, si realizzano.

Continuo (mio sport preferito) a pensare alla Morte.
Almeno,
ho smesso di pensare all'Inferno.
E tu, carissimo Satana, a chi pensi oggi
o
a chi penserai domani?

Faccio il surf sul filo spinato dei miei sogni
e rimbalzo su sabbie di monotona disoccupazione:
però devi essere un asso per sbagliare sempre e di continuo,
per essere un Pelè del niente.

Poi mi riprendo,
dopotutto tiro il fiato ed anche qualche pietra
alle ansie, alle paure ed alle gioie che mi fanno marameo
più o meno da sempre o anche da prima.

Be', a volte penso che
non sia male
saper sprecare così bene sè stessi!

lunedì 25 settembre 2017

Chiacchiere settembrine


Giorni fa, nel riordinare i miei libri di filosofia e di testi di canzoni, appare il mio Interlocutore Immaginario. Aveva portato un infermiere della vicina clinica psichiatrica, che però liquidai con un cagliaritano colpo di testa che gli ruppe il setto nasale.
Mentre l'infermiere smammava, I. I. pulì il sangue che stava imbrattando un libro di S. Francesco e commentò acido: “Sempre cordiale e collaborativo, vero, Riccardo?”
“Be'”, sorrisi stappando una bottiglia di vino aromatizzato al limone, “tu mi porti un infermiere di qualche specie di manicomio...”
Non ricambiò il sorriso però afferrò il bicchiere che gli porgevo: sembrava un naufrago a cui finalmente qualcuno avesse gettato un salvagente. Bevemmo in silenzio quindi mi chiese che cosa stessi ascoltando.
“I Decemberists.”
Affermò che trovava molto interessante quel loro miscuglio di folk, rock, blues e vari altri stili musicali americani.
“Mi pare che nella loro musica”, osservò con ammirazione, “si trovi anche qualcosa di irlandese.” Aggiunse che la sua canzone preferita era Lake song.
Ma forse, anche perché mi piace tutto quel che ha a che fare con l'acqua; sai, Lake song significa 'la canzone del lago'.”
Annuii e versai ad entrambi un altro bicchiere di vino limonalizzato. Poi mi alzai e presa l'armonica, cercai di accompagnare i Decemberists. I risultati non furono esattamente esaltanti, così riposi lo strumento e gli feci educatamente capire che dovevo scrivere.
“Insomma”, ridacchiò, “devo levarmi dai piedi!”
“No, però vorrei che smettessi di parlare per un po'. Pensi di poterci riuscire?”
Per tutta risposta lui prese da uno scaffale un libro di poesie e racconti di Yeats e sparì in fondo al salotto. Sapeva che trovavo la letteratura davvero stimolante quando si confronta oltre che con la realtà, anche col fantastico, col soprannaturale e così via delirando.
Rave on, rave on, John Donne”, canticchiò, “delira, delira, John Donne.”
Era una citazione da una canzone del grande Van Morrison, ma gli imposi comunque il silenzio. Macché. Peggio che andar di notte.
“Stai pensando di continuare il romanzo che hai interrotto all'inizio di agosto?”, chiese con aria indifferente.
Esasperato, gli lessi qualche capitolo.
Lui ascoltò con grande concentrazione poi commentò: “E' molto buono. I dialoghi (perfino i più lunghi) non stancano. La psicologia dei personaggi è credibile, davvero realistica. La scena poi in cui il protagonista incontra Spinoza, è uno spasso.”
Ma...?
Nessun 'ma.' Stai scrivendo una bella storia, dove hai messo umorismo, cultura, sesso, lavoro ed una solitudine che il protagonista affronta con coraggio e dignità. E le sue conquiste sono dipinte come delle donne, non come delle prede. Dovresti essere orgoglioso del libro che stai scrivendo.”
“Chissà se la penserà così anche qualche editore...”
Quello dovrebbe essere l'ultimo dei tuoi problemi. Come diceva T.S. Eliot? Per il genere umano non esiste che il tentare. Un'altra cosa: nel romanzo ci sono anche molto alcol e molta violenza, ma nel presentare questi elementi non dimostri nessun compiacimento; ed appunto alcol e violenza arrivano sempre quando la storia lo richiede. Perciò, avanti così, caro me stesso... possibilmente, con un po' di autostima.”
“Eh, per quella penso che dovrò aspettare altri 55 anni...”
Scoppiammo a ridere e stappammo una 2/a bottiglia di limone avvinato (speravo non avvinazzato). Ascoltammo la colonna sonora di C'era una volta in America e quando vidi che si stava addormentando, gli misi sulle spalle un plaid ed andai a dormire anche io.

mercoledì 30 agosto 2017

“Rip Van Winkle”, di Washington Irving*


Si tratta di un racconto che lo scrittore americano W. Irving (1783-1859) scrisse nel 1819.
Gli scritti di Irving si trovano agli inizi della letteratura statunitense; tra questi, forse il più famoso è La leggenda della valle addormentata (1820), che ha avuto vari adattamenti televisivi e cinematografici; di questi, ho gustato molto il film Il mistero di Sleepy Hollow (1999), che aveva come protagonista Johnny Depp.
Ma torniamo a Rip. Egli è un uomo semplice e buono. Non molto attivo o intraprendente, o meglio: lo è quando qualcuno ha bisogno di una mano... non sempre quando ne hanno bisogno la sua famiglia e la sua fattoria. Egli lavora per gli altri ed è un po' l'idolo delle massaie e dei ragazzini, che possono contare su di lui per commissioni, lavoretti, giochi ed aiuti di vario tipo.
Quando però deve curare i propri interessi, egli (con sognante vagabondaggio), preferisce sparire nei boschi col suo cane Wolf.
Sì, perché Rip contraddice in pieno l'immagine dell'americano pragmatico, grintoso e pieno di spirito di iniziativa: lui, che vive con la sua famiglia in un villaggio ai piedi dei monti Catskill, pensa soprattutto a sottrarsi alla lingua di sua moglie, la perfida Madama Van Winkle.
“Ma si sa che un carattere acido non si addolcisce con l'età, e che una lingua tagliente è l'unico strumento da taglio che si affili sempre meglio con l'uso.”1
La tendenza del Nostro forse più che alla “poltroneria” alla mancanza di organizzazione, finisce per essere accentuata dalle continue e violente strigliate che subisce dalla moglie. Infatti, per sfuggire a tutto ciò, Rip si rifugia in un mondo tutto suo, fatto di dialoghi col proprio cane Wolf, vagabondaggi senza meta né orario, battute di caccia dall'esito incerto e chiacchierate con gli amici: tutte persone placide ed alla buona come lui e che come lui, anche se non sgobbano come muli, comunque alla famiglia non fanno mancare il necessario.
Madama V.W. aveva strigliato il marito una volta di troppo quando lui (come sempre) si sottrasse al controllo della sua carceriera scivolando nei boschi col fucile e col suo amato cane.
Così finì in un luogo in cui non si trovava anima viva per miglia e miglia, e tutto era immerso in un silenzio quasi assoluto, rotto solo dallo sporadico canto di qualche uccello o dal gorgoglio di un ruscello.
Prima: “Si era arrampicato senza rendersene conto su una delle cime più alte dei monti Kaatskill”2, ma verso il tramonto, da lì si accingeva a scendere quando si sentì chiamare per nome. Pensò che si trattasse di uno “scherzo della sua fantasia”, ma non era così. Vide, infatti, qualcuno.
“Era un vecchio, basso di statura e tarchiato, con un grande ciuffo di folti capelli e la barba brizzolata. Vestiva un abito di foggia olandese antica (…).”3
In effetti, prima che New York diventasse una città inglese poi americana, si chiamava Nuova Amsterdam. Ed era una città olandese. Inoltre esistevano comunità appunto dei Paesi Bassi in tutta la regione attorno a Nieuw Amsterdam.
Quell'uomo era Henry Hudson, esploratore inglese che (tra gli altri), lavorò anche per gli olandesi. Dopo esser stato chiamato dall'illustre personaggio, Rip nota che: “Aveva sulle spalle un massiccio barilotto che sembrava pieno di liquore e faceva segni a Rip perché si avvicinasse per aiutarlo a portare il carico”4: quel che lui fece col solito buon cuore.
Ma ecco che al nostro eroe si presenta uno spettacolo davvero strano: un gruppo di persone vestite come Hudson che in gran silenzio giocavano a bocce. Inoltre: “Nulla rompeva il silenzio della scena salvo il rumore delle bocce che, fatte rotolare, rimbombavano per le montagne come il brontolio di un tuono.”5
A Rip spetta il compito di versare da bere dal barilotto: si trattava di “acquavite olandese di prima qualità”6; e che lo fosse, lo sperimenta anche il nostro amico!
Al risveglio, nessuna traccia né dei misteriosi ed inquietanti giocatori, né del suo cane o del fucile, al cui posto Rip trovò solo un vecchio archibugio.
Tornato al villaggio, trovò molti cambiamenti... la sua vecchia casa in rovina, Wolf che non lo riconosceva più ed: “Al posto del grande albero che riparava la piccola locanda olandese, c'era adesso un palo altissimo e nudo, con qualcosa sulla cima che somigliava a una berretta da notte rossa, e da quel palo sventolava una bandiera con una strana combinazione di stelle e strisce (…). Perfino il carattere delle persone sembrava mutato. Invece della solita flemma e sonnolenza, tutti si mostravano affaccendati e agitati a discutere.”7
In sostanza: le colonie olandesi erano diventate da inglesi, americane; tutto questo era accaduto durante al notte in cui Rip aveva smaltito la sbronza. Solo che quella notte durata circa 20 anni ed ora solo qualche vecchio si ricordava ancora di lui.
Però ritrova il figlio e soprattutto la figlia, che lo prenderà a vivere con sé. Quanto a Madama Van Winkle, era morta: “Le si ruppe una vena un giorno che si arrabbiò tanto con un merciaio ambulante della Nuova Inghilterra”; per Rip questa notizia fu “una goccia di balsamo.”8
Poi, un certo Vanderdonk riconobbe Rip ed affermò che i monti Kaatskill: “Erano sempre stati infestati da esseri strani e che il grande Hendrick Hudson, lo scopritore del fiume e del paese, vi teneva una specie di veglia ogni vent'anni insieme con l'equipaggio della Half Moon (….).” Suo padre: “Li aveva visti una volta in una conca delle montagne intenti a giocare ai birilli, vestiti con i loro costumi olandesi; e lui in persona, in certi pomeriggi d'estate aveva sentito il rumore delle loro bocce che sembrava un fragore di tuono lontano.”9
Questi fatti, che in effetti sospendono il tempo e la logica, non furono creduti da tutti; lo furono però dai”vecchi abitanti di origine olandese”, che ancora oggi: “Ogni volta che in un pomeriggio d'estate si sente un temporale sui monti Kaatskill, dicono che Hendrick Hudson e la sua ciurma stanno facendo una partita ai birilli.”10
Un modo, questo, abbastanza simpatico di accettare il maltempo, non credete?
Quanto al resto: “Tutti i mariti del vicinato che hanno una moglie bisbetica, quando non sanno più dove sbattere la testa, vorrebbero poter gustare un sorso della bevanda consolatrice dal boccale di Rip Van Winkle.”11
E questo (dico io), anche quando si abbia la fortuna di non avere una moglie di quel tipo, sarebbe comunque un modo per rendere il matrimonio più rilassante.
O almeno, penso che non sarebbe male vedere la faccenda in questi termini. 

 



Note

1 Washinton Irving, Rip Van Winkle, Tea, Milano, 1992, p.12.
2 W. Irving, Rip Van Winkle, op. cit., p.16.
3 W. Irving, op. cit., p.17.
4 Ibid., p.17.
5 Ibid., p.20. Il corsivo è mio.
6 Ibid., p.21.
7 Ibid., p.26. I corsivi sono miei.
8 Ibid., p. 32.
9 Ibid., pp.33-34. In inglese nel testo.
10 Ibid., pp.35-36.
11 Ibid., p.36.


 

mercoledì 23 agosto 2017

Mare, vento, nuvole ed altro


Come tutti saprete, siamo ad agosto.
Agosto. Il nome di questo mese mi fa pensare al grande romanzo umoristico di Achille Campanile Agosto, moglie mia non ti conosco. Ecco, secondo me, nella nostra letteratura di umorismo se ne trova ben poco... Come se appunto in letteratura si debba essere solo seri. Sempre ed a tutti i costi. Il che significa, in fondo essere seriosi.
E' un po' come la differenza tra il sentimento ed il sentimentalismo, che come diceva Flannery O' Connor nel saggio Nel territorio del Diavolo, più che autentico sentimento, è una sua deformazione. Non sentimento sincero e realistico, ma una sorta di teatralizzazione.
Vabbe', ora lasciamo stare Campanile e la O' Connor (ma con mio grande rammarico).
Un po' per tutti, quindi anche per me, agosto significa mare.
Ma per me il mare, agostano o meno, significa l'orizzonte che posso scrutare in vari momenti ed il vento che increspa l'acqua. Per me, il mare è quella strana fusione di vento, aria, acqua, sole e sabbia che nella mia mente va oltre il semplice concetto di mare.
Per me, infatti, quel particolare insieme rappresenta il tempo, ecco che cosa. Il tempo che scorre e che va, il tempo che crea misteriosi mulinelli di acqua ed indecifrabili, imprevedibili vortici di sabbia.
Mulinelli e vortici che spesso sono simboli dei nostri sentimenti, delle nostre paure, speranze e passioni.
Quel che poi del mare non mi stanca mai è... il guardarlo.
La mattina, perché il luccichio del sole sull'acqua è uno spettacolo che arriva quasi ad ipnotizzarmi.
La sera, perché l'attenuarsi della luce solare crea un'atmosfera... non saprei, come di qualcosa che sfugge alla logica, o che ne crea una tutta sua. Un esempio di questa sensazione? Mica facile!
Ma vediamo... osservare anzi scrutare il mare dall'alto di una scogliera, fissando lo sguardo sulla spuma e sulle onde che si rincorrono fino a lanciarsi sugli scogli: ebbene, a me tutto questo crea una piacevole, intrigante inquietudine.
Le nuvole, poi!
Fin da bambino ho sempre amato star sdraiato a fissarle: al mare, ma anche sdraiato su un prato, seduto su una panchina del porto o in piedi, dietro la finestra di casa. Perché per me le nuvole sono sempre state come i miei dubbi, le mie paure ed i miei progetti... qualcuno di questi ultimi, non so come (!), non è neanche fallito completamente.
Be', per oggi non mi pare di aver altro da dire.
A presto!

lunedì 31 luglio 2017

Ancora liberi Espenhahn e Priegnitz


Nella notte tra il 5 ed il 6 dicembre 2007 morirono nel rogo della Thyssen Krupp di Torino ben 7 operai. Erano: Antonio Schiavone, Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo e Bruno Santino.
Di questa vera e propria strage, secondo la sentenza emessa dai giudici, sono risultati colpevoli 4 dirigenti italiani e 2 tedeschi. Gli italiani, dopo che il processo si è concluso definitivamente il 13 maggio 2016, si trovano in carcere.
Invece i tedeschi Harald Espenhahn (amministratore delegato) e Gerald Priegnitz (consigliere d'amministrazione) sono ancora liberi. Espenhahn ha riportato una condanna a 9 anni ed 8 mesi: Priegnitz, invece, a 6 anni e 3 mesi.
Come ho letto ne Il fatto quotidiano (29 luglio 2017, p.9): “Un accordo bilaterale prevede che un cittadino tedesco condannato in Italia possa scontare la detenzione nel suo paese e che la durata non possa superare il massimo previsto dal codice penale tedesco, che per l'omicidio colposo ammonta a 5 anni.”
Insomma, soprattutto per il maggior colpevole la condanna, anche quando dovesse essere applicata, sarebbe in sostanza dimezzata; probabilmente, l'altro (Priegnitz), se la caverebbe al massimo con 1 o 2 anni.
Ora, il processo è durato poco meno di 9 anni: in tutto quel tempo la tragedia della Thyssen è stata analizzata a fondo fornendo agli imputati tutte le possibili tutele e garanzie sul piano giuridico. Niente da eccepire, quindi, sulla correttezza della nostra magistratura e su quella delle nostre forze dell'ordine.
Purtroppo, c'è da eccepire sulla correttezza delle autorità tedesche. Infatti: “Tre giorni dopo la sentenza, il 16 maggio, la Procura generale ha emesso un mandato di arresto europeo.”
Attenzione a questo che non è un semplice particolare: si tratta di un mandato di arresto europeo, mica di un capriccio della magistratura italiana. Un mandato di questo tipo, prevede la sua esecuzione anche al di fuori del territorio italiano; richiede, inoltre, un'esecuzione che non può essere procrastinata, insomma rimandata sine die.
Ma sempre nell'art. de Il fatto leggiamo che: “Il 25 maggio sono state diramate le ricerche dei due condannati, individuati in Germania, dove è stata inviata una prima parte degli atti, ma il 4 agosto la Procura generale di Hamm ha comunicato al ministero della Giustizia di Roma di essersi rifiutata di arrestare i due cittadini, facoltà concessa dalle norme che regolano il mandato di arresto europeo” (il corsivo è mio).
A questo punto io mi chiedo: che razza di validità e di serietà può mai avere un mandato di arresto europeo che però, concede ad un Paese il diritto di non arrestare chi in base ad una sentenza definitiva risulta colpevole?
Però sono state inviate in Germania le traduzioni delle sentenze (quelle di appello e quella della Cassazione), depositate a dicembre. “Le traduzioni sono arrivate un mese dopo e subito, il 17 gennaio scorso, gli atti sono stati inviati a Berlino.”
I tedeschi, a cui il recht cioè il diritto sta molto a cuore, hanno richiesto altre garanzie, atti ed informazioni, così: “Ai primi di giugno sono partiti da Roma i nuovi documenti. Da allora la questione è in mano alla Procura generale di Hamm e alle autorità giudiziarie di Essen, ma non è ancora conclusa.”
Pare che il ministro della giustizia Orlando debba incontrare il suo omologo tedesco Heiko Hess “al prossimo consiglio europeo dedicato alla giustizia, il 12 ottobre.”
Intanto, saranno passati altri 3 mesi e francamente, dubito che la questione possa trovare immediata o almeno rapida soluzione.
Spero soltanto che di rinvio in rinvio, il reato commesso anche dai 2 manager non cada in prescrizione.
Comunque, anche se il dott. Hess ed il suo ministero dovessero procedere all'arresto, dalla sentenza sarebbero comunque passati 17 mesi. Troppi, maledettamente troppi per la giustizia e per quei poveri operai, morti in modo così ingiusto ed inumano. Ma meglio tardi che mai.

martedì 25 luglio 2017

Di quella volta che fregai me stesso


Osservo il castello di S. Michele ascoltando l'assolo di sax di Clarence Clemons in Trapped; la versione di Springsteen con la “E” Street Band, non quella di Jimmy Cliff.
Salta fuori il mio Interlocutore Immaginario, che non vedo da tempo. Mi demolisce una spalla con una pacca devastante e chiede: “Be', non mi offri niente da bere, o almeno da mangiare?”
Mi dispiace, ma sono quasi a dieta.”
Non preoccuparti. In effetti, ho anche io 3-4 chiletti di troppo. Pensa che ho dovuto eliminare il formaggio!”
A me”, rispondo, “quello non dice molto. Però non posso rinunciare al pane ed al vino.”
Eh”, borbotta I.I., “la forma fisica è sempre un problema... Ma senti, ultimamente stai leggendo qualcosa di interessante?”
Docherty di William Mc Illvanney. Parla dei minatori del nord della Scozia: un gran bel romanzo; senza fronzoli, ma anche molto poetico.”
Noto che si appunta il nome su qualcosa che sembra un'agenda elettronica. Solo che i tasti sono tappi di sughero ed il display è di cartone; neanche tanto pulito.
Ma non dico niente; se sapesse quanto è sporca la coscienza di certi politici, banchieri, militari, poliziotti ed alti prelati...
L'amico apre la portiera della sua Jaguar Hooker-Berry e mi invita a saltar dentro.
Salto, ma poiché la dieta mi sta facendo riacquistare una forma eccessiva, scavalco l'auto e volo in un canneto, dove la violenza dell'atterraggio terrorizza papere, paperette ed anatroccoli (belli e brutti).
Inoltre, sollevo un'onda che richiama vari surfisti: soprattutto dalla Florida e dalla California.
Li caccio via a pedate, loro ed i loro vergognosi addominali, poi apro una copia fradicia d'acqua e di alghe de Il mercante di stoffe, della scrittrice ed attrice catalana Coia Valls.
Poi ecco Tana French. Chiedo sia alla Valls sia all'irlandese se alla loro carriera di scrittrici abbia giovato l'essere state anche attrici. Loro mi fissano e scoppiano a ridere.
Dalla Jaguar, I.I. suona il clacson. Mi avvicino e lui: “Ci sei rimasto male.”
Un po'. Mi hanno ricordato i tempi del liceo. Vabbe', pazienza.”
Lui accende la radio, c'è Is it in my head? degli Who. Gli chiedo: “E' nella mia testa? E qualcosa che sto immaginando?”
No, Ric, ma tu non pensarci. Beh, dimmi, stai pensando di suonare qualcosa di bello, con l'armonica?”
Love reign o'er me, sempre degli Who. Intendo il refrain.”
Quadrophenia è ancora un bel disco, vero?”
Immenso, I., immenso. Grandioso. Ed è grandioso anche il film. Nichilista, forse, ma del resto, la vita è... be', sai come sia, Lady Life.”
Già. Bene, ora io devo andare”, sorride I.I. “Sai che Townshend deve scrivere una Drowned part 2, citando anche dei versi di T. S. Eliot?”
Non lo sapevo. Ma se non sbaglio, ora tu devi andare.”
Vado, vado”, fa lui, seccato. “Ma così che fine fa la tradizionale ospitalità dei sardi? Complimenti!”
Però sparì.
Per una volta avevo avuto io l'ultima parola su me stesso.

venerdì 30 giugno 2017

Lavorare per vivere


Dovrebbe essere scontato che per vivere, gli esseri umani devono lavorare; ed in modo dignitoso.
Dovrebbe essere chiaro che il lavoro deve essere retribuito in modo giusto, adeguato.
Dovrebbe essere chiaro che sul posto di lavoro, le norme ed i contratti devono essere rispettati sia dal lavoratore sia dal datore.
Dovrebbe essere evidente che nessun datore possa usare la violenza fisica o psicologica nei confronti di chi lavora.
Ma a queste più che ovvie considerazioni, alcuni ribattono: “Belle parole. Tu vuoi fare della filosofia, ma la realtà è un'altra cosa.”
Filosofia la mia? Può darsi, ma se la intendiamo come un tentativo di capire, attraverso la ragione, la realtà. Non si tratta quindi di qualcosa di “astratto.” Infatti, che cosa possono fare gli esseri umani, che sono esseri razionali, se non utilizzare ciò che li caratterizza cioè la ragione? Devono usarla per forza, perché quella è la loro natura: così come è nella natura del pesce nuotare.
Ma vediamola, questa realtà.
Oggi vorrei parlarvi di una fatto gravissimo rivelato nei giorni scorsi da giornali e tg. Come fonte sono ricorso a bari.repubblica.it del 19 giugno 2017.
I fatti.
Nel Brindisino, sono state arrestate 4 persone che sfruttavano e minacciavano, oltretutto approfittando del loro “stato di bisogno”, 15 donne che dovevano lavorare più di 8 ore al giorno “a fronte delle sei ore e mezzo previste dal contratto.”
Dalla paga sarebbero stati poi scalati 8 euro per il trasporto da Villa Castelli (Brindisi) e da altri comuni del Brindisino e del Tarantino, per essere condotte “nel Barese.” Così, dalla paga giornaliera di 55 euro, si scendeva a 38.
Aggiungo che ipotizzando una settimana lavorativa piena, cioè di 7 giorni su 7, un'ora e mezzo (facciamo anche 2) di lavoro in più al giorno, significa 14 ore a settimana di lavoro gratis.
Questa pessima vicenda è emersa perché una delle donne ha raccontato agli investigatori di essere stata picchiata per aver chiesto “la regolarizzazione del contratto.”
Le persone arrestate: “Michelangelo Veccari, la compagna Valentina Filomeno, Grazia Ricci e Maria Rosa Putzu.”
Le 4 persone arrestate gestivano un sistema tristemente efficiente: il giro era gestito da Veccari-Filomeno, le altre 2 arrestate si occupavano una di “procacciare la manodopera” ed un'altra, era una dipendente dell'azienda ritenuta “committente.”
Il clima di paura e di ricatto è stato provato anche dalle intercettazioni telefoniche. In una una di queste si sente: “Alle femmine pizze e mazzate ci vogliono, altrimenti non imparano”; in un'altra: “Femmine, mule e capre tutte con la stessa testa.”
Non sappiamo (benché pare che qualche giornale abbia avanzato questa ipotesi) se via siano state anche minacce o avances di tipo sessuale, ma il quadro mi sembra abbastanza pesante anche così.
Comunque, in tante parti del sud, spesso la situazione di chi lavora nelle campagne è questa: sfruttamento, botte, minacce, ricatti di vario tipo. Non di rado, della gestione di questo genere di “lavoro” si occupano mafie e camorra. E come sappiamo, molte aziende sono controllate da certe organizzazioni.
Ma talvolta, dati i profitti che si possono ottenere con certi aiutini, forse si può parlare più che di controllo, di una cordiale... collaborazione.
Stroncare questo sistema feudale e mafioso è una delle emergenze di questo Paese: non si può assolutamente ammettere che chi lavora nei campi di ciliegie, nelle vigne o si occupa della raccolta dei pomodori, debba vivere in condizioni semi-schiavistiche. Altro che filosofia!