martedì 25 luglio 2017
Di quella volta che fregai me stesso
Osservo il castello di S. Michele
ascoltando l'assolo di sax di Clarence Clemons in Trapped;
la versione di Springsteen con la “E” Street Band, non quella di
Jimmy Cliff.
Salta
fuori il mio Interlocutore Immaginario, che non vedo da tempo. Mi
demolisce una spalla con una pacca devastante e chiede: “Be', non
mi offri niente da bere, o almeno da mangiare?”
“Mi
dispiace, ma sono quasi a dieta.”
“Non
preoccuparti. In effetti, ho anche io 3-4 chiletti di troppo. Pensa
che ho dovuto eliminare il formaggio!”
“A
me”, rispondo, “quello non dice molto. Però non posso rinunciare
al pane ed al vino.”
“Eh”,
borbotta I.I., “la forma fisica è sempre un problema... Ma senti,
ultimamente stai leggendo qualcosa di interessante?”
“Docherty di
William Mc Illvanney. Parla dei minatori del nord della Scozia: un
gran bel romanzo; senza fronzoli, ma anche molto poetico.”
Noto
che si appunta il nome su qualcosa che sembra un'agenda elettronica.
Solo che i tasti sono tappi di sughero ed il display è di cartone;
neanche tanto pulito.
Ma non dico niente; se sapesse quanto è sporca
la coscienza di certi politici, banchieri, militari, poliziotti ed
alti prelati...
L'amico
apre la portiera della sua Jaguar Hooker-Berry e mi invita a saltar
dentro.
Salto,
ma poiché la dieta mi sta facendo riacquistare una forma eccessiva,
scavalco l'auto e volo in un canneto, dove la violenza
dell'atterraggio terrorizza papere, paperette ed anatroccoli (belli e
brutti).
Inoltre,
sollevo un'onda che richiama vari surfisti: soprattutto dalla Florida
e dalla California.
Li
caccio via a pedate, loro ed i loro vergognosi addominali, poi apro
una copia fradicia d'acqua e di alghe de Il mercante di
stoffe, della scrittrice ed
attrice catalana Coia Valls.
Poi
ecco Tana French. Chiedo sia alla Valls sia all'irlandese se alla
loro carriera di scrittrici abbia giovato l'essere state anche
attrici. Loro mi fissano e scoppiano a ridere.
Dalla
Jaguar, I.I. suona il clacson. Mi avvicino e lui: “Ci sei rimasto
male.”
“Un
po'. Mi hanno ricordato i tempi del liceo. Vabbe', pazienza.”
Lui
accende la radio, c'è Is it in my head? degli
Who. Gli chiedo: “E' nella mia testa? E qualcosa che sto
immaginando?”
“No,
Ric, ma tu non pensarci. Beh, dimmi, stai pensando di suonare
qualcosa di bello, con l'armonica?”
“Love reign o'er me,
sempre degli Who. Intendo il refrain.”
“Quadrophenia è
ancora un bel disco, vero?”
“Immenso,
I., immenso. Grandioso. Ed è grandioso anche il film. Nichilista,
forse, ma del resto, la vita è... be', sai come sia, Lady Life.”
“Già.
Bene, ora io devo andare”, sorride I.I. “Sai che Townshend deve
scrivere una Drowned part 2,
citando anche dei versi di T. S. Eliot?”
“Non
lo sapevo. Ma se non sbaglio, ora tu devi andare.”
“Vado,
vado”, fa lui, seccato. “Ma così che fine fa la tradizionale
ospitalità dei sardi? Complimenti!”
Però
sparì.
Per
una volta avevo avuto io l'ultima parola su me stesso.
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Un bellissimo e per nulla banale dialogo con te stesso. Bellissimo post
RispondiEliminaVisionario e nostalgico come sempre ;-)
RispondiEliminarif. Daniele Verzetti il Rockpoeta
RispondiEliminaTi ringrazio, Daniele!
Ogni tanto, cerco di scherzare su e con me stesso.
rif. Sonia Ognibene
RispondiEliminaEh, cara amica... un modo per esorcizzare un po' di demoni!
Vorrei dialogare anch'io,ma sarebe un soliloquio,l'altra me non ha cose tanto importanti da contestare o confutare.E se torno ai ricordi una delle due sfufferebbe..sempre la solita minestra,non se ne può piu.Voglio commentarti e invece mi racconto..Un caro saluto.
RispondiEliminaDivertente aver ragione in questa condizione!
RispondiEliminarif. Chcchina Acquadifuoco
RispondiEliminaMah, secondo me, quando parliamo con noi stessi salta sempre fuori qualcosa di interessante, sai?
Perchè soprattutto di fronte a noi stessi, dobbiamo dire le cose come stanno: il nostro "altro" non berrebbe mai certi alibi...
Un caro saluto anche a te!
rif. Enri1968
RispondiEliminaDivertente, è vero: ma a volte anche un po' pesante... non si sa mai che cosa potrebbe rinfacciarci "quell'altro"!
S troppe, troppe cose su noi.