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lunedì 31 ottobre 2016

Il martirio di una maestrina*


Il 5 novembre del 1957 la maestra Oretta Scalisi, romana, prese come di consueto il treno che da Cagliari la conduceva alla stazione di Barbusi.
Attualmente, Barbusi è un sobborgo di Piolanas, cittadina da cui Barbusi dista 4.600 km. A sua volta, Piolanas dista 10 km dalla città di Carbonia: ci troviamo quindi nel Sulcis-Iglesiente, per secoli la principale zona mineraria della Sardegna.
La maestra fu: “Ritrovata senza vita nelle campagne intorno alla chiesa sconsacrata che faceva da scuola.” http://www.ladonnasarda.it/storie/5897/oretta-la-maestrina-di-piolanas-uccisa-nel-cuore-del-sulcis.html La maestra fu trovata: “In una pozza di sangue e con la gola squarciata.”
Stando a L'Unità dell'8 novembre '57 http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1957_11/19571108_0007.pdf&query=C.B. la signora subì anche una violenza sessuale. Dalle indagini risultò che il suo assassino non la derubò: potremmo quindi ritenere che egli puntasse “solo” a distruggere quella giovane vita.
Sempre ne L'Unità si ipotizza che conoscesse il suo assassino. Del resto, ancora oggi risulta che la maggior parte degli autori di violenze e/o di femminicidi, sono persone conosciute dalle loro vittime: fidanzati, amici di famiglia, parenti, perfino mariti...
Ora, per recarsi a scuola, la maestra doveva percorrere un tratto di strada (come visto) piuttosto lungo... di mattina presto ed in aperta campagna. Condizioni spaziali e temporali, queste, ideali per un agguato.
Lei non andava quindi a divertirsi ma a insegnare, ed a insegnare a bambini che probabilmente, in quanto figli di operai e di contadini, erano considerati buoni solo per il lavoro.
Ora, del crimine fu accusato tale Angelo Manca, che 2 settimane dopo si suicidò in cella, a Carbonia.
Come ha fatto notare qualcuno in un commento all'art. cit., il marito della signora (il geometra Ugo Satta) fu denunciato anni dopo “dalla sua seconda moglie così poi lui confessò.”
Ovviamente, se le cose andarono così, è sacrosanto riabilitare la memoria del Manca.
In ogni caso, questo tragico fatto rivela quali siano stati i rischi (davvero mortali) che per tanto tempo hanno corso, nel nostro Paese, le insegnanti.
So da mia madre (insegnante ora in pensione) che negli anni '50, era quella la regola, in Sardegna: prendere un treno all'alba, dopo decine di km beccarsi una biciclettozza qualsiasi, farsi altri km in posti abbandonati da Dio e... sperare che non saltasse fuori qualcuno con un coltello a serramanico.
Persone della Penisola mi hanno confermato che quella era la regola anche da loro...
In effetti, spesso: “Le insegnanti”, erano “più numerose dei colleghi uomini e a loro”, erano assegnate, “le sedi più disagiate.” Ma grazie alla “protesta delle maestre sarde, la questione arriva in Parlamento.”
Rimane il fatto che per tanto, troppo tempo, ci sono state delle insegnanti che se non hanno subito la sorte della signora Scalisi, ci sono andate spesso vicino.
Dobbiamo perciò molto a quelle donne: al loro coraggio, alla loro intelligenza, alla loro generosità. Se il nostro Paese è diventato un po' più civile, lo dobbiamo anche a donne come loro ed alla maestra Scalisi, una ragazza di 25 anni di cui molti giovani dovrebbero conoscere il sacrificio... anziché i pettegolezzi sugli amorazzi di certe soubrettine e relativi palestrati.


* Quando non diversamente indicato, va inteso che le citazioni tra virgolette sono tratte dall'articolo dal giornale La donna sarda.

domenica 9 ottobre 2016

Un nuovo inizio


La battaglia era finita: i ribelli, quei maledetti banditi, erano stati sconfitti. Fatti a pezzi, in realtà.
Certo, erano stati degli ossi duri... impossibile negare una verità tanto evidente ma per il prestigio di Roma, anche dolorosa.
Quei dannati cani avevano scorrazzato per mezza Italia, prima d'esser finalmente bloccati e chiusi da ben due eserciti.
Ma ora la loro sovversione era stata (come era giusto anzi sacrosanto) stroncata senza pietà.
Del resto, come potevano anche solo sperare di sconfiggere Roma? Credevano forse che avrebbe permesso ad un'accozzaglia di straccioni di scatenare la rivoluzione nel cuore stesso dell'Impero? Credevano che Roma avrebbe tollerato di vedere lo schiavo godere degli stessi diritti del suo padrone?!
A questo pensiero il generale soffocò a stento una risata.
Bene, dopo questa grandissima vittoria avrebbe concesso oro, donne e vino a tutti i soldati.
“A proposito di soldati...”, mormorò tra sé e sé, “Centurione! E' stato trovato il capo di quei vermi, lo schifoso Spartaco?”
“No, generale. Lo stiamo cercando da ore, ma sembra che sia sparito. Dobbiamo continuare le ricerche?”
“Lascia stare: voleva la morte. L'ha trovata. I resti del suo corpaccio infame saranno sparpagliati per tutto il campo!”
Dicendo questo il generale scoppiò a ridere poi guardò il centurione e con un cenno indolente del mento, gli fece capire che dopo il suo comandante, ora poteva ridere anche lui.
Congedato il subalterno, il generale cominciò però a provare una certa inquietudine. Che quel dannato Spartaco se la fosse scampata?
No, è stato ucciso!”, gridò.
Ma egli non capì se la fine di quell'uomo non fosse in realtà un nuovo inizio.
Non capì neanche lui che cosa significasse questo suo pensiero, si trattava più che altro di una sensazione... però molto molesta.
E che lo tormentava.