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mercoledì 5 agosto 2020

40 anni dalla strage dalla stazione di Bologna

Il 2 agosto del 1980 dell'esplosivo distrusse la stazione ferroviaria di Bologna. 85 i morti, oltre 200 i feriti.

Si tratta di una tragedia che non potrò dimenticare mai e che nessuno potrà mai cancellare. Già, perché in Italia, per un malinteso senso della “modernità” e di buonismo che però con la bontà non c'entra niente, si tende a negare o almeno o a minimizzare tutto.

Risultato? Le giovani generazioni, di quella e di tante altre stragi (Portella della Ginestra, 1947; piazza Fontana, Milano 1969; piazza della Loggia, Brescia, 1974 etc. etc.) non sanno e non vogliono sapere niente.

Ed in questo clima di ignoranza, cinismo, menefreghismo, ed altre porcherie assortite, a ben pochi e non solo giovani, interessa sapere e capire. Quasi a nessuno interessa che siano smascherati e condannati i mandanti.

Eppure, non dobbiamo cedere al pessimismo, soprattutto a quello che può farci dire: tanto non si saprà mai niente; tanto, andrà sempre così. Del resto, quello è anche fatalismo, il credere cioè che esista un fato, un destino che nessuno potrà cambiare. Mai.

Inoltre, è falso dire che sulle varie stragi non si sia mai scoperto niente. E' quanto contesta, per es. a proposito di piazza Fontana l'ex-magistrato Giuliano Turone.1 Alcune cose si sanno e gli esecutori di stragi terrificanti sono stati acciuffati. Alcuni legami tra questi mostri ed altri che appartenevano alla medesima area ed allo stesso “intreccio” (formazioni neofasciste, servizi segreti deviati, alcuni politici, P2, mafia, militari o funzionari di Paesi esteri) sono stati provati.

Ora, per motivi di spazio non riprodurrò tutta la lunga, complessa e contraddittoria sequenza dei vari processi. Del resto, l'11 febbraio 2020 la procura generale della Repubblica di Bologna ha chiuso la nuova inchiesta sulla strage. E probabilmente vi saranno anche altre inchieste.

Nel corso di tanti processi, alcuni che furono condannati all'ergastolo per il “delitto di strage”, furono prima assolti poi di nuovo condannati. Emersero complicità, coperture, si scoprirono depistaggi e finanziamenti da parte di uomini dello Stato, di Licio Gelli etc. etc.

Il quadro è quindi estremamente caotico, spesso perfino assurdo. Tuttavia, a distanza di tanto tempo, sono stati riconosciuti colpevoli di quell'orrore i terroristi neofascisti Fioravanti, Mambro, Ciavardini e Cavallini.

Abbiamo quindi gli esecutori materiali. Abbiamo anche qualcuno che fu condannato per depistaggio come: Licio Gelli; Pietro Musumeci, generale del Sismi (il servizio segreto italiano) legato alla P2; il tenente colonnello Belmonte ed il faccendiere Francesco Pazienza.

Ma non è ancora tutto. Come infatti scrive sull'Espresso Paolo Biondani: “Ora la procura generale aggrava le accuse contro i vertici della P2: Licio Gelli e il suo tesoriere Umberto Ortolani sono considerati 'mandanti' e 'finanziatori' della strage.” In questo c'è una logica: “Gelli ha depistato le indagini perché lui stesso ha pianificato la strage. D'intesa con Ortolani, il cervello finanziario della P2, accusato di aver procurato tra cinque e dieci milioni di dollari usati per finanziare i terroristi neri e comprare complicità di apparati dello Stato, politici di estrema destra e servizi segreti, militari e civili.2

Del resto, la vicinanza di Gelli al fascismo era di antica data: ricordiamo che egli fu l'ultimo federale di Pistoia del Pnf (partito nazionale fascista).3

Inoltre, la “volpe argentata”4 Carla Costa, che “decedeva l'11 ottobre 1980 in circostanze poco chiare”, si ritiene che sul finire del 1979 stesse “svolgendo una indagine sui trascorsi repubblichini di Gelli.”5

Né i legami di Gelli col fascismo si limitarono al solo ambito italiano, infatti: “Molto discussi furono gli ottimi rapporti che Gelli intraprese con il generale e presidente argentino Roberto Eduardo Viola e l'ammiraglio Emilio Massera durante il periodo della dittatura nel paese sudamericano (1976-1983).” Così: “Pochi giorni dopo il golpe, Gelli, sostenitore dei militari argentini, ricevette una lettera da parte di Massera, dove quest'ultimo espresse 'la sua sincera allegria' per come tutto si fosse sviluppato secondo i piani prestabiliti.”

Ed a dimostrazione dei buoni rapporti, il Gran Maestro della P2 ottenne dalle autorità argentine anche un passaporto diplomatico.6

Del resto, da noi esistettero legami senz'altro organici anche tra altre figure del vecchio e del nuovo fascismo. Per es.: “E' interessante notare che uno degli addestratori della struttura militare coperta di Ordine Nuovo, nei tardi anni sessanta, era appunto un ex-ufficiale del battaglione Np della X Mas.”7

Perciò, in Italia la contiguità ed affinità tra fascismo e neofascismo non è mai stata solo di tipo nostalgico: ha fornito addestramento militare; ha portato ingenti somme di danaro; ha fatto sviluppare e ha coperto strutture eversive e scatenato terrificanti attentati terroristici.

Tutto questo, con un fine ben preciso, per fortuna fallito. Infatti, dopo il 2 agosto l'allora sindaco di Bologna Zangheri si chiedeva che cosa si fosse voluto con quel massacro e concludeva che forse si voleva: “Suscitare una reazione violenta, per poi, dopo averla provocata, preparare le condizioni della repressione”8

Insomma: suscitare l'orrore e la rabbia della popolazione, che una volta scesa furiosa nelle piazze, avrebbe “costretto” le autorità a spazzarla via da quelle stesse piazze con l'esercito. Da lì all'instaurazione di un regime di tipo greco o cileno, il passo sarebbe stato breve. Del resto, il modello era proprio quello di un colpo di Stato come quello realizzato dai colonnelli greci nel 1967. E per questo si organizzavano anche dei campi paramilitari.9

Certo, per centrare l'obiettivo bisognava compiere azioni terribili. E fin dagli ultimi mesi del 1969(!), l'intenzione era di: “Organizzare attentati dimostrativi ai treni che impressionassero l'opinione pubblica e favorissero un rovesciamento politico.” Del resto non bisognava temere conseguenze perché “erano coinvolti i servizi segreti di sicurezza italiani.”10

Risulta evidente come qui cada la possibilità di intendere la politica, la vita in società ed il diritto in modo anche solo minimamente morale e civile. Del resto, come è stato purtroppo osservato, in Italia lo stragismo è sempre stato considerato (e perfino codificato, per es. dal Machiavelli) come fatto del tutto “normale” perfino dalle classi dirigenti.11

Fatto quindi a cui ricorrere sia per conquistare sia per mantenere il potere. Ed in un quadro che gronda letteralmente sangue, chi può curarsi dell'infiltrazione di gruppi neofascisti, mafiosi, collegati a servizi segreti deviati etc. etc.?

Sorge anzi il sospetto (se non la certezza) che questa infiltrazione diventi spesso collaborazione, che si richiede, accoglie e ricambia con grande gioia e non minore riconoscenza.

Concludendo: dal 2 agosto 1980 sono passati 40 anni, ma si comincia finalmente a scorgere almeno una verità storica.12 Su quella giudiziaria e relativa ai mandanti, speriamo di non dover attendere altri 40 anni; anche perché a 98 temo che non sarei neanche più in grado di capirla.


Note


1 Giuliano Turone, Prefazione a Antonella Beccaria, Piazza Fontana. I colpevoli, PaperFirst, Roma 2019, p.12.

2 Vanessa Roghi, La strage di Bologna aspetta ancora il lavoro degli storici, Internazionale, 2 agosto 2020. Purtroppo, Gelli e Belmonte sono morti: il 1° nel 2015 , il 2° nel 1998.

3 Vincenzo Vasile, Turiddu Giuliano. Il bandito che sapeva troppo, Roma 2005, p.90 n.11.

4 L'”allevamento delle volpi argentate” era una rete di donne-spie fasciste. Cfr. Le volpi argentate in www.sicurezzanazionale.gov.it

5 V. Vasile, Turiddu Giuliano, op. cit., p.90 n.11. Il corsivo è mio.

6 Per i fatti citati cfr. Chi era Licio Gelli e che cos'era la P2, a cura di Ermes Antonucci, La Stampa, 16 dicembre 2015. Il corsivo è mio.

7 V. Vasile, op. cit., p.90 n.10. Np sta per “Nuotatori-paracadutisti.” Il corsivo è mio.

8 V. Roghi, La strage di Bologna, art. cit.

9 Per tutto questo cfr. A. Beccaria, op. cit., p.78.

10 A. Beccaria, op. cit., p.63. I corsivi sono miei. Il riferimento ai servizi si trova nella Sentenza n.15/61, p.671. Cfr. A. Beccaria, op. cit., p.63 n.70.

11 Saverio Lodato-Roberto Scarpinato, Il ritorno del Principe. La criminalità dei potenti in Italia, Chiarelettere, Milano 2017, pp.46-48, 52-54.

12 Vanessa Roghi osserva però che finora sulla tragedia di Bologna i nostri storici non hanno prodotto molto, ove si eccettuino Cinzia Venturoli, Storia di una bomba, Castelvecchi 2020 e forse anche Miguel Gotor, L'Italia nel novecento, Einaudi, Torino 2019.