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venerdì 17 giugno 2022

“Joker”, di Todd Phillips

 

Questo film mi è piaciuto moltissimo.

Finora avevo trovato il personaggio del Joker solo in films in cui appariva come antagonista di Batman e benché (grazie alla sua follia e spietata irriverenza) in quel ruolo risultasse piuttosto interessante, era difficile non vederlo come un personaggio schiacciato sullo stereotipo del pazzo criminale.

Ma i vari Joker visti finora, incluso quello nicholsiano, secondo me alla lunga rivelavano una certa mancanza di complessità. Perfino la loro violenza risultava poco credibile.

Questo altro Joker no: è, infatti, più una persona che un semplice personaggio. Il regista ci presenta Arthur, un uomo che solo dopo assumerà l'identità grazie alla quale è conosciuto da tutti.

Egli è un uomo sulla quarantina che vive ancora con la madre ormai anziana e malata, di cui comunque si prende cura con grande affetto. I due vivono in un modesto appartamento che si trova in una zona disastrata della città immaginaria di Gotham. Povertà, degrado, isolamento, teppismo: sono questi gli “ingredienti” della vita di Arthur e dei dannati che popolano questo inferno suburbano.

Egli è seguito dai servizi sociali e deve assumere degli psicofarmaci per controllare alcuni disturbi mentali che immaginiamo importanti. Ma tutto sommato, tira avanti con una certa dignità. Questo, sebbene la disperazione faccia abbastanza spesso capolino.

La vita di Arthur, della madre e delle persone del loro mondo, che per l'élite economica e politica è quella di un volgare ed assurdo sottomondo, è più che altro sopravvivenza e potrebbe avere come ideale colonna sonora Cold, cold ground, Rosie, Jersey girl ed altre ballate e blues di Tom Waits, o anche Born in the U.S.A., Nebraska e The ghost of Tom Joad di Springsteen. Tutte quelle vite spezzate e costrette a girare eternamente in tondo, nel vano tentativo di riafferrare i pezzi perduti ed insanguinati del proprio cuore e della propria mente...

Come penso che sia già stato detto, se vogliamo cercare degli “antenati” di questo film o almeno delle sue atmosfere, possiamo trovarli in Mean streets ed in Taxi driver di Scorsese: films in cui violenza, squallore e divisione delle città in 2 dimensioni totalmente opposte sono innegabili. Films in cui regnano l'alienazione delle metropoli americane ed il potere della malavita.

Il discorso, infatti, svolto da queste pellicole è senz'altro quello della violenza, della solitudine e dell'isolamento e se lo troviamo (in dosi perfino più abbondanti) anche in altre, credo però che solo in quei 2 vi sia quella particolare miscela di realismo e visionarietà.

Ora, per me il film di Philips si inserisce perfettamente in quel solco, in quella particolare tradizione.

Comunque, l'Arthur di Phillips sembra quasi predestinato alla follia ed alla violenza: il suo mondo, che è poi anche il nostro, è spaccato esattamente a metà tra chi detiene il potere economico, poliziesco-giudiziario e militare ed ha anche quello di tagliare servizi sociali, prestazioni mediche e somministrazioni di farmaci e chi non ha e non è niente. E' un mondo lontanissimo da qualsiasi tipo di redenzione ed al quale, seguendo una logica folle eppure lucidissima, ci si può ribellare solo con altra follia e con nuova violenza.

Colpisce, nel Joker di Phillips, la capacità del protagonista Joaquin Phoenix di alternare con grande intensità momenti di tenerezza verso la madre all'odio verso di lei, fino all'uso di armi di vario tipo ed alla sua passione per la comicità; passione a cui però non corrisponde altrettanto talento. Ed anche questo inserirà nella vita di Arthur altri elementi di devastante, terribile caos.

Mi fermo aggiungendo solo questo: secondo me vale la pena di vedere “questo” Joker, perchè anche se talvolta è perfino brutale, ci aiuta a riflettere sulla nostra società, su noi stessi e sul rapporto-scontro con gli altri. Senza sconti e senza facili auto-assoluzioni.