mercoledì 29 luglio 2015
"L'amuleto" (2014), di Claudia Zedda
Bene, Claudia scrive che il
libro è dedicato alla Sardegna ed a tutte le donne che la abitano,
forti come tori. Quest'ultima
frase sarà ripetuta spesso dalle donne che popolano L'amuleto;
come uomo e come sardo, posso confermarla.
Ora, non sempre la forza
delle nostre donne contribuisce al relax... però origina rapporti
fondati su un'indiscutibile onestà.
Il paesino de L'amuleto non
esiste realmente. Come
leggiamo nell'Introduzione
esso: “E' un pot-pourri di
tanti che ho avuto la fortuna di vivere, visitare e conoscere.”
Questo
espediente ha permesso a Claudia la giusta libertà narrativa, ma col
dirci che questa cittadina si trova a 2 ore di auto da Cagliari, l'A.
ci fa capire che essa può trovarsi nella provincia di Sassari o di
Nuoro.
E
per la protagonista, Virginia,
questo è già un bel problema: in alcune parti dell'Isola, chi viene
da Cagliari è spesso malvisto.
Come
le dirà una ragazza del paese, Elena Desogus: _ I cagliaritani ci
incuriosiscono sempre, in un senso o nell'altro.
Sotto quella
frase si celava un certo atavico fastidio, una certa innata
diffidenza per lo 'straniero'.” (p.99. Il corsivo è mio).
Bene, dal
punto di vista di Elena, Virginia è una ladra cagliaritana:
viene dal capoluogo per “rubarle” Costantino, il suo uomo. Non
conta il fatto che ormai per lui quella con Elena sia una storia
chiusa. La faccenda
è poi complicata dall'appartenere Elena ad una famiglia di
possidenti, le cui donne avrebbero inoltre dei poteri magici, o
malefici.
Virginia è
l'ultima discendente di donne forti come tori. La loro
capostipite è Cecilia (1860), a cui seguono Chiarella
(1880), Callina (1898) e la nonna appunto di Virginia cioè
Agnese (1920). Da Agnese nasceranno nel 1939 Luxia (Lucia)
e nel 1941 la madre di Virginia, Dominiga (Domenica). Virginia
sarà tra noi nel 1981.
Il rapporto
tra lei e Domenica (come anche tra altre figure di donna del romanzo)
è sempre stato difficile, conflittuale: ma nel romanzo ciò è
rievocato solo da veloci (benché significativi) cenni e da qualche
flash-back.
L'amuleto
comincia con l'annuncio della morte di Domenica. Da questo
momento V. dovrà tornare per qualche tempo al paese della
madre.
Così lei va
in cerca della casa dei nonni: “Quella bella casa dal tetto color
del muschio vecchio e dalle pareti di un giallo sbiadito”, che “si
sarebbe mostrata svogliatamente, come chi sta in un medesimo luogo da
sempre, per sempre.” (p.11)
Quella casa
indica la stabilità degli affetti nel tempo ed attraverso la
tempesta delle passioni, personali e collettive. E' rifugio, salvezza.
Ma è
circondata da un mare apparentemente tranquillo di persone e
di ricordi. Per es., la famiglia della madre di Virginia (i Tanca)
ebbe serissimi contrasti con quella dei Desogus. Ed in quel
paese la credenza nel cosiddetto ogu malu (il malocchio) è
ancora forte. Né manca chi confeziona delle pipias, vale a
dire delle “fatture” (p.115).
Certe
credenze nascono, o sono scatenate, da amori giudicati illeciti: come
quello tra Luxia, la zia di Virginia ed Ilario, della famiglia
Desogus.
E perfino
giovani colti come Costantino pare che temano di poter incontrare sa
reula: “La schiera dei defunti dannati.” (pp.149-150)
Sembra
quindi che la vita di questo paesino scorra su due binari: quello
della logica e della modernità e quello del soprannaturale, dove le
janas (le fate) possono essere “invidiose” di una “coppia
felice, inciampata nell'amore.” (p.125)
Sì, perché
anche l'amore può essere qualcosa in cui inciampiamo: questa
definizione di Claudia mi piace molto, indica la casualità appunto
dell'amore, che non per questo si rivela meno bello. E' quasi un
destino, a cui non possiamo sottrarci.
In effetti, L'amuleto
è anche la storia dell'amicizia poi scemata tra 3 donne
(Luxia, Dominiga, Chiriga).
Virginia è
tormentata dal rapporto rimasto irrisolto (e non solo perché è
morta) con la madre, ma vorrebbe anche scoprire che fine
abbia fatto sua zia Luxia, scomparsa nel nulla oltre 50 anni
prima.
Questo
inquietante intreccio di passioni, credenze ancestrali, ricordi, rivalità ecc. ecc. ha poi come scenario una natura aspra, che sembra assistere
alle vicende umane con affetto ed insieme con indifferenza. Claudia,
del resto, dipinge appunto la natura in un modo che denota sia
rispetto che timore.
Infine,
protagonista è non solo Virginia ma anche le altre donne che ho già
elencato, che si inseriscono nel flusso narrativo in modo molto
armonico: così la prospettiva del romanzo risulta più complessa ma
nello stesso tempo, anche più chiara.
La polifonia, il suono
cioè di più voci, fa della vicenda narrata qualcosa di
collettivo, che così sfugge alle sole emozioni della classica
protagonista, tipica della maggior parte dei romanzi.
Ma una
sola voce non è mai sufficiente (né in campo letterario né in
campo sociale) quando si tratta di vicende complesse...
Brava,
Claudia: davvero una bella penna, la tua.
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Verissimo, una sola voce non basta, perché ogni cosa, ogni individuo, ogni sensazione contiene una sua verità.
RispondiEliminaTi abbraccio, Riccardo.
rif. Sonia Ognibene
RispondiEliminaNe sono profondamente convinto, sai?
Benché la voce del protagonista (che non necessariamente deve o può identificarsi con quella dell'A.), sia comunque necessaria, bisogna sempre allargare l'angolo di visuale.
La vita e la letteratura sono così complicate!
Abbraccione anche da me, Sonia!
Ci vorrebbero delle biblioteche ben fornite,perché non riesco più a stare dietro alle cose che vorrei leggere,anche sollecitata da suggerimenti intelligenti che trovo qua da te,e altrove.Un buon libro è sempre il benvenuto,e chissà,prima o poi ci arriverà.Ciao Ricardo
RispondiEliminarif. Chicchina Acquadifuoco
RispondiEliminaHo un po' il tuo problema, anche se spero proprio di continuare a soffrire di una sorta di bulimia da libro, che con un po' di fortuna non mi abbandonerà mai!
Scherzi a parte, l'importante è prendere nota e prima o poi, leggere i libri che ci sono suggeriti.
Il difetto sta nel giorno: 24 ore sono troppo poche, secondo me...