martedì 21 marzo 2017
“Luce dei miei occhi” (2001), di Giuseppe Piccioni
Protagonisti: Luigi Lo Cascio
(Antonio), Sandra Ceccarelli (Maria), Silvio Orlando (Saverio),
Barbara Valente (Lisa), Tony Bertorelli (Mario).
Su tutti spicca la Ceccarelli,
bella (diciamo pure bellissima), ma soprattutto naturale e davvero
credibile nella complessità dei ruoli di madre, amante di Antonio,
lavoratrice, donna alle prese con tutta una serie di debiti, scadenze
e taglieggiata da un capobanda... inoltre in lotta con amanti che la
fanno soffrire tenendola a distanza.
Forse questa è la condizione di
tante donne che spesso devono diventare molto dure proprio per
crearsi una sorta di corazza per proteggere sé stesse, il loro
lavoro e/o i figli.
Poi ci siamo noi uomini che
liquidiamo il loro dolore col marchio dell'”emotività” o
“insoddisfazione” femminile. Ci siamo noi che magari ci
proviamo, come se con le donne
non si potesse far altro.
Nel dipingere
il personaggio di Maria, non dimenticherei la “mano” del regista,
che ha osservato le vicende dall'esterno, con grande delicatezza,
direi... con pudore.
Molto
valida anche la sceneggiatura, sempre di Piccioni e di Umberto
Contarello, perché fa parlare gli attori senza far dire loro troppo.
Anche quando parlano molto, il loro non è mai un dire banale o
ripetitivo: è invece una sorta di lavoro di scavo su sé stessi, che
può anche sembrare una confessione... ma senza ricerche di comodi
alibi o di facili assoluzioni.
Soprattutto
Maria è spesso (sia nei confronti di sé stessa sia in quelli di
Antonio) impietosa, dura, per niente conciliante.
Eppure, lei è
anche molto fragile: la scena in cui, dopo aver litigato con uno dei
suoi amanti, balla ubriaca e disperata sotto la pioggia, lascerebbe
indifferente solo un pezzo di granito.
Di
fronte ad un'attrice come questa,
perfino l'Antonio interpretato da Lo Cascio, rischia di rimanere
sullo sfondo.
Ma
in realtà, Antonio è proprio uno
che nella sua vita ha scelto questa dimensione: quella della presenza
che è anche assenza.
In un mondo in cui tanti cercano di primeggiare, spesso ben al di là
dei loro effettivi meriti o delle loro reali capacità, lui assume
una posizione davvero defilata.
Anche
quando aiuta Maria col suo taglieggiatore (rischiando del resto di
finire in guai grossi), non le dice mai niente: e neanche quando,
come dichiara il verme, potrebbe avvantaggiarsene per “portarsela a
letto.”
Antonio è un malinconico ed uno
che soffre in silenzio, è un uomo che ha mantenuto una sorta di
purezza e che vorrebbe risparmiare agli altri il male. Un personaggio
quasi dostoevskiano, un Raskolnikov senza però la lucida, terribile
coerenza che porta il protagonista di Delitto e castigo
all'omicidio.
Maria gli dirà: “Tu sei troppo
sentimentale”, e lui, col suo sorriso triste: “Lo so.”
Solo questo, in assoluta
semplicità e senza cercare di giustificarsi né di vantarsi.
Forse proprio questa semplicità
gli permette di entrare in contatto con la figlia di Maria: è quel
modo di essere (quello dei bambini) che crescendo, finiamo per perdere.
Ora, non che i bambini siano
sempre e soltanto semplici,
ma c'è in loro un modo di credere e di fidarsi e di affidarsi
che noi perdiamo presto.
Infine,
nel film ho apprezzato il fatto che i protagonisti non siano (secondo
un gergo che odio) dei vincenti.
Sono delle persone che vivono e lavorano in modo molto umile: Maria
in un negozio di surgelati, Antonio come autista.
Nessuno dei due può
concedersi grandi lussi: al massimo, una pizza. Sono dei lavoratori
che hanno accettato una vita di sacrifici, quando altri (che spesso
valgono molto meno di loro) campano alle loro spalle.
Come
ha dichiarato in un'intervista Giuseppe Piccioni, sono persone “senza
né arte né parte”... e lui
stesso si è sempre
sentito così.
In realtà a
loro interessa vivere con dignità e senza coltivare troppe
illusioni.
Alla
fine, dico io, sono quelle le
persone che rendono un Paese qualcosa di diverso e di migliore
da un paese dei balocchi.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Non ricordo di aver visto questo film, e visto il tuo post mi spiace e cercherò di rimediare. E' vero le persone come Antonio sono quasi pure e questo però le espone tanto,forse troppo, ai dolori ed alle cattiverie della vita. Però hai ragione, sono queste persone che possono rendere un Paese qualcosa di diverso e di dignitoso.
RispondiEliminaCaro Riccardo, trovo molto interessante tutto ciò che ai detto, e ti auguro una buona giornata.
RispondiEliminaTomaso
rif. Daniele Verzetti il Rockpoeta
RispondiEliminaSì, Daniele: persone come quelle vanno in giro (come dico io) "a cuore scoperto."
Ed in un mondo come questo, rischiano di essere ferite spesso e volentieri...
Eppure, la loro abnegazione, il loro spirito di sacrificio, sono esemplari!
rif. Tomaso
RispondiEliminaCaro Tomaso, ti ringrazio davvero per aver apprezzato.
Buona giornata anche a te!
Son quelli cosiddetti "senza arte ne parte", quelli fuori dal fascio di luce dei riflettori, che sgobbano tutto il giorno senza riconoscimento alcuno ad essere la vera forza della società. Quelli che nel pensiero di Verga sono "i vinti" ma che rappresentano l'essenza della vita. Buon fine settimana caro Riccardo.
RispondiEliminarif. Sergente Elias
RispondiEliminaSono totalmente d'accordo con te.
Purtroppo, si sta imponendo una mentalità che li dipinge come "sfigati", incapaci, privi di iniziativa etc. etc.
Una mentalità che detesto, anzi che odio... come ho detto già altre volte.
Buona domenica a te!