venerdì 17 luglio 2020
Sul primo disco di Tracy Chapman
Oggi vi parlerò del primo disco
di Tracy Chapman, che si intitolava appunto Tracy Chapman.
Ricordo
che lo sentii per la 1/a volta sul treno che da Civitavecchia via
Cagliari conduceva me e qualche
altra decina di sardi a Taranto, per il C.A.R. (corso addestramento
reclute).
Era
il il 1988 ed all'epoca io ed altri futuri vecchi-ragazzi ascoltavamo
la musica in cassetta. A volte anche in porchetta. Un altro “compagno
d'arme”, tale Campagna, mi passò un walk-man e così conobbi il
soul-blues della Chapman.
Tuttora
la musica della bravissima Tracy mi ricorda l'anno di leva e quel
particolare miscuglio di solitudine, rabbia, ma anche di lunghe
suonate, chiacchierate, bevute e certo anche notti di guardia con
ragazzi che purtroppo ho perso di vista.
Non con tutti, per fortuna: col
caro amico e pard (grazie
Tex Willer!) Bruno Manca ci sentiamo ancora spesso.
Bene,
nella musica di T.C. mi ha sempre colpito la capacità di fondere
buona musica, bei testi e l'evidente volontà di non piegarsi allo
show-business: le sue canzoni, infatti, non hanno mai seguito mode;
lei è sempre stata gradevole ma mai ruffianamente orecchiabile.
Per
esempio, For my lover è
un pezzo ritmato e che dal vivo potrebbe far ballare anche un
pubblico groenlandese; però non ricerca il ritmo e la danza in modo
ossessivo. Per niente.
Baby can I hold you e
For you sono dei pezzi
romantici ma mai sdolcinati, che suggeriscono all'ascoltatore di
porsi di fronte all'amore con un atteggiamento che implica sofferenza
e forse anche un certo distacco, ma non cinismo o freddezza.
Behind the wall è
una storia di violenza coniugale e di isolamento, raccontata però
con un tono volutamente dimesso, ma non per questo indifferente. In
effetti, che cosa sappiamo della sofferenza dei nostri vicini, per
non parlare di quella degli sconosciuti e soprattutto di quella delle donne?
I
due pezzi più noti, cioè Talkin' abou a revolution e
Fast car meriterebbero
almeno un post a testa, che prima o poi scriverò.
Per
oggi, dirò solo che Fast car parla
di una storia d'amore che la protagonista vede trascinarsi ed insieme
sfumare nell'incapacità del partner di crescere ed assumersi le
proprie responsabilità di uomo e di padre. Intanto lui continua a
correre ( ma ormai senza più la sana ed un po' folle gioia che
provavano da giovani) sulla loro fast car,
la veloce auto su cui sognavano.
A
parte quella canzone, il disco è tutto acustico: la musica è quindi
molto scarna, tuttavia ricca.
La ricchezza è data
dai contenuti e dalle atmosfere, che ti rimangono in testa fin dai
primi secondi di ogni canzone.
Il
disco di Tracy è del 1988 quindi arriva a soli 6 anni di distanza da
un altro molto simile per temi, atmosfere ed impostazione musicale:
mi riferisco Nebraska di
Springsteen. Entrambi i dischi contengono lo stesso senso di
desolazione e forse,
anche di disperazione.
Comunque,
nessuno dei due lavori spinge alla resa: prendono anzi atto del fatto
che molte vite sono spezzate e
non invitano a coltivare false speranze.
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Gran disco, gran disco... io allora ero ancora minorenne e quindi non lo ascoltai sotto naia (poi ho fatto il servizio civile), ma sullo stereo di casa che dividevo con il fratello maggiore (che aveva già fatto la naia). Sì, hai detto bene, era tanto semplice quanto ricca, e il suo talento era (ed è) pari alla sua modestia. Allora acoltavo pure gli U2, che ora mi stanno molto sulle palle (Bono in primis), mentre Traci rimane una delle mie voci preferite degli anni '80 (ma anche dopo).
RispondiEliminarif. Alligatore
RispondiEliminaBrava, eh?
E negli anni mi pare che abbia mantenuto un livello senz'altro buono sia per quanto riguarda i testi sia per quanto concerne le musiche.
Su Bono condivido alla grande, non lo reggo proprio, anche se come frontman niente da dire.
A presto!