mercoledì 30 agosto 2017
“Rip Van Winkle”, di Washington Irving*
Si tratta di un racconto che lo
scrittore americano W. Irving (1783-1859) scrisse nel 1819.
Gli scritti di Irving si trovano
agli inizi della letteratura statunitense; tra questi, forse il più
famoso è La leggenda della valle addormentata
(1820), che ha avuto vari adattamenti televisivi e cinematografici;
di questi, ho gustato molto il film Il mistero di Sleepy
Hollow (1999), che aveva come
protagonista Johnny Depp.
Ma
torniamo a Rip. Egli è un uomo semplice e buono. Non molto attivo o
intraprendente, o meglio: lo è quando qualcuno ha bisogno di una
mano... non sempre quando ne hanno bisogno la sua famiglia e la sua
fattoria. Egli lavora per gli altri ed è un po' l'idolo delle
massaie e dei ragazzini, che possono contare su di lui per
commissioni, lavoretti, giochi ed aiuti di vario tipo.
Quando
però deve curare i propri interessi, egli (con sognante
vagabondaggio), preferisce sparire nei boschi col suo cane Wolf.
Sì,
perché Rip contraddice in pieno l'immagine dell'americano
pragmatico, grintoso e pieno di spirito di iniziativa: lui, che vive
con la sua famiglia in un villaggio ai piedi dei monti Catskill,
pensa soprattutto a sottrarsi alla lingua di
sua moglie, la perfida Madama Van Winkle.
“Ma si sa che un
carattere acido non si addolcisce con l'età, e che una lingua
tagliente è l'unico strumento da taglio che si affili sempre meglio
con l'uso.”1
La
tendenza del Nostro forse più che alla “poltroneria” alla
mancanza di organizzazione, finisce per essere accentuata dalle
continue e violente strigliate che subisce dalla moglie. Infatti, per
sfuggire a tutto ciò, Rip si rifugia in un mondo tutto suo, fatto di
dialoghi col proprio cane Wolf, vagabondaggi senza meta né orario,
battute di caccia dall'esito incerto e chiacchierate con gli amici:
tutte persone placide ed alla buona come lui e che come lui, anche se
non sgobbano come muli, comunque alla famiglia non fanno mancare il
necessario.
Madama
V.W. aveva strigliato il marito una volta di troppo quando lui (come
sempre) si sottrasse al controllo della sua carceriera scivolando nei
boschi col fucile e col suo amato cane.
Così finì in un luogo in cui non si trovava anima viva per
miglia e miglia, e tutto era immerso in un silenzio quasi assoluto,
rotto solo dallo sporadico canto di qualche uccello o dal gorgoglio
di un ruscello.
Prima: “Si era arrampicato senza rendersene conto su una delle cime
più alte dei monti Kaatskill”2, ma verso il tramonto, da lì si
accingeva a scendere quando si sentì chiamare per nome. Pensò che
si trattasse di uno “scherzo della sua fantasia”, ma non era
così. Vide, infatti, qualcuno.
“Era un vecchio, basso di statura e
tarchiato, con un grande ciuffo di folti capelli e la barba
brizzolata. Vestiva un abito di foggia olandese antica (…).”3
In
effetti, prima che New York diventasse una città inglese poi
americana, si chiamava Nuova Amsterdam.
Ed era una città olandese. Inoltre esistevano comunità appunto dei
Paesi Bassi in tutta la regione attorno a Nieuw Amsterdam.
Quell'uomo
era Henry Hudson,
esploratore inglese che (tra gli altri), lavorò anche per gli
olandesi. Dopo esser stato chiamato dall'illustre personaggio, Rip
nota che: “Aveva sulle spalle un massiccio barilotto che sembrava
pieno di liquore e faceva segni a Rip perché si avvicinasse per
aiutarlo a portare il carico”4: quel che lui fece col solito buon
cuore.
Ma
ecco che al nostro eroe si presenta uno spettacolo davvero strano: un
gruppo di persone vestite come Hudson che in gran silenzio giocavano
a bocce. Inoltre: “Nulla rompeva il silenzio della scena salvo il
rumore delle bocce che, fatte rotolare, rimbombavano per le
montagne come il brontolio di un tuono.”5
A
Rip spetta il compito di versare da bere dal barilotto: si trattava
di “acquavite olandese di prima qualità”6; e che lo fosse, lo
sperimenta anche il nostro amico!
Al
risveglio, nessuna traccia né dei misteriosi ed inquietanti
giocatori, né del suo cane o del fucile, al cui posto Rip trovò
solo un vecchio archibugio.
Tornato
al villaggio, trovò molti cambiamenti... la sua vecchia casa in
rovina, Wolf che non lo riconosceva più ed: “Al posto del grande
albero che riparava la piccola locanda olandese, c'era adesso un palo
altissimo e nudo, con qualcosa sulla cima che somigliava a una
berretta da notte rossa,
e da quel palo sventolava una bandiera con una strana combinazione di
stelle e strisce (…).
Perfino il carattere delle persone sembrava mutato. Invece della
solita flemma e sonnolenza, tutti si mostravano affaccendati e
agitati a discutere.”7
In
sostanza: le colonie olandesi erano diventate da inglesi, americane;
tutto questo era accaduto durante al notte in cui Rip aveva smaltito
la sbronza. Solo che quella notte durata circa 20 anni
ed ora solo qualche vecchio si ricordava ancora di lui.
Però
ritrova il figlio e soprattutto la figlia, che lo prenderà a vivere
con sé. Quanto a Madama Van Winkle, era morta: “Le si ruppe una
vena un giorno che si arrabbiò tanto con un merciaio ambulante della
Nuova Inghilterra”; per Rip questa notizia fu “una goccia di
balsamo.”8
Poi,
un certo Vanderdonk riconobbe Rip ed affermò che i monti Kaatskill:
“Erano sempre stati infestati da esseri strani e che il grande
Hendrick Hudson, lo scopritore del fiume e del paese, vi teneva una
specie di veglia ogni vent'anni insieme con l'equipaggio della Half
Moon (….).” Suo padre: “Li
aveva visti una volta in una conca delle montagne intenti a giocare
ai birilli, vestiti con i loro costumi olandesi; e lui in persona, in
certi pomeriggi d'estate aveva sentito il rumore delle loro bocce che
sembrava un fragore di tuono lontano.”9
Questi
fatti, che in effetti sospendono il
tempo e la logica, non furono creduti da tutti; lo furono però
dai”vecchi abitanti di origine olandese”, che ancora oggi: “Ogni
volta che in un pomeriggio d'estate si sente un temporale sui monti
Kaatskill, dicono che Hendrick Hudson e la sua ciurma stanno facendo
una partita ai birilli.”10
Un
modo, questo, abbastanza simpatico di accettare il maltempo, non
credete?
Quanto
al resto: “Tutti i mariti del vicinato che hanno una moglie
bisbetica, quando non sanno più dove sbattere la testa, vorrebbero
poter gustare un sorso della bevanda consolatrice dal boccale di Rip
Van Winkle.”11
E
questo (dico io), anche quando si abbia la fortuna di non
avere una moglie di quel tipo,
sarebbe comunque un modo per rendere il matrimonio più rilassante.
O
almeno, penso che non sarebbe male vedere la faccenda in questi
termini.
Note
1
Washinton Irving, Rip Van Winkle,
Tea, Milano, 1992, p.12.
2
W. Irving, Rip Van Winkle,
op. cit., p.16.
3
W. Irving, op. cit., p.17.
4
Ibid., p.17.
5
Ibid., p.20. Il corsivo è mio.
6
Ibid., p.21.
7
Ibid., p.26. I corsivi sono miei.
8
Ibid., p. 32.
9
Ibid., pp.33-34. In inglese nel testo.
10
Ibid., pp.35-36.
11
Ibid., p.36.
mercoledì 23 agosto 2017
Mare, vento, nuvole ed altro
Come tutti saprete, siamo ad
agosto.
Agosto. Il nome di questo mese mi
fa pensare al grande romanzo umoristico di Achille Campanile Agosto,
moglie mia non ti conosco. Ecco,
secondo me, nella nostra letteratura di umorismo se ne trova ben
poco... Come se appunto in letteratura si debba essere solo seri.
Sempre ed a tutti i costi. Il che significa, in fondo essere seriosi.
E'
un po' come la differenza tra il sentimento ed
il sentimentalismo,
che come diceva Flannery O' Connor nel saggio Nel
territorio del Diavolo, più che
autentico sentimento, è una sua deformazione. Non sentimento sincero
e realistico, ma una sorta di teatralizzazione.
Vabbe', ora
lasciamo stare Campanile e la O' Connor (ma con mio grande
rammarico).
Un po' per
tutti, quindi anche per me, agosto significa mare.
Ma
per me il mare, agostano o meno, significa l'orizzonte che posso
scrutare in vari momenti ed il vento che increspa l'acqua. Per me, il
mare è quella strana fusione di vento, aria, acqua, sole e sabbia
che nella mia mente va oltre il
semplice concetto di mare.
Per
me, infatti, quel particolare insieme rappresenta il tempo,
ecco che cosa. Il tempo che scorre e che va, il tempo che crea
misteriosi mulinelli di acqua ed indecifrabili, imprevedibili vortici
di sabbia.
Mulinelli e
vortici che spesso sono simboli dei nostri sentimenti, delle nostre
paure, speranze e passioni.
Quel
che poi del mare non mi stanca mai è... il guardarlo.
La
mattina, perché il luccichio del sole sull'acqua è uno spettacolo
che arriva quasi ad ipnotizzarmi.
La sera, perché l'attenuarsi della
luce solare crea un'atmosfera... non saprei, come di qualcosa che
sfugge alla logica, o che ne crea una tutta sua. Un esempio
di questa sensazione? Mica
facile!
Ma vediamo...
osservare anzi scrutare il mare dall'alto di una scogliera, fissando
lo sguardo sulla spuma e sulle onde che si rincorrono fino a
lanciarsi sugli scogli: ebbene, a me tutto questo crea una piacevole,
intrigante inquietudine.
Le
nuvole, poi!
Fin da bambino
ho sempre amato star sdraiato a fissarle: al mare, ma anche sdraiato
su un prato, seduto su una panchina del porto o in piedi, dietro la
finestra di casa. Perché per me le nuvole sono sempre state come i
miei dubbi, le mie paure ed i miei progetti... qualcuno di questi
ultimi, non so come (!), non è neanche fallito completamente.
Be', per oggi
non mi pare di aver altro da dire.
A presto!
Iscriviti a:
Post (Atom)